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venerdì 23 febbraio 2018

Miracolo eucaristico ad Arquata del Tronto: quaranta Ostie perfettamente conservate dopo circa 16 mesi «ecco la Presenza»

Arquata del Tronto ( Ascoli Piceno). Dalle macerie della chiesa di Santa Maria Assunta distrutta dal terremoto del 2016 sono state recuperate quaranta Sacre Particole perfettamente conservate, integre senza muffa o alterazione alcuna nonostante sedici lunghi mesi trascorsi dalle devastanti scosse e le intemperie che inevitabilmente vi avevano infierito. 
Un miracolo eucaristico dei nostri giorni che fa piegare le ginocchia nell'atto di adorazione della Santissima Eucaristia, Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo.
La Divina Provvidenza ha disposto che la scoperta e la divulgazione di questo miracolo  fosse avvenuta in concomitanza con l'uscita del libro di don Federico Bortoli: La distribuzione della comunione sulla mano. Profili storici, giuridici e pastorali (Cantagalli Edizioni),la prefazione è  stata scritta dal Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti Cardinale Robert Sarah ( QUI ). 
Una pubblicazione, su cui più volte ritorneremo, che cerca di favorire un ripensamento generale sul modo di distribuire la Santa Comunione preservando il Santissimo Sacramento dalle rovine sacrileghe che si stanno moltiplicando anche a causa  della "comunione sulle mani".
Prendiamo dalla Prefazione del Cardinale al libro di don Federico Bortoli: La distribuzione della comunione sulla mano. Profili storici, giuridici e pastorali (Cantagalli Edizioni) scritta dal Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti Cardinale Robert Sarah " ... Vediamo ora come la fede nella presenza reale può influenzare il modo di ricevere la Comunione, e viceversa. Ricevere la Comunione sulla mano comporta indubbiamente una grande dispersione di frammenti; al contrario, l’attenzione alle più piccole bricioline, la cura nel purificare i vasi sacri, non toccare l’Ostia con le mani sudate, diventano professioni di fede nella presenza reale di Gesù, anche nelle parti più piccole delle specie consacrate: se Gesù è la sostanza del Pane Eucaristico, e se le dimensioni dei frammenti sono accidenti soltanto del pane, ha poca importanza quanto un pezzo di Ostia sia grande o piccolo! La sostanza è la medesima! È Lui! 
Al contrario, la disattenzione ai frammenti fa perdere di vista il dogma: pian piano potrebbe prevalere il pensiero: “Se anche il parroco non fa attenzione ai frammenti, se amministra la Comunione in modo che i frammenti possano essere dispersi, allora vuol dire che in essi non c’è Gesù, oppure c’è ‘fino a un certo punto’”. […] La liturgia è fatta da molti piccoli riti e gesti – ognuno di essi è capace di esprimere questi atteggiamenti carichi di amore, di rispetto filiale e di adorazione verso Dio.  Proprio per questo è opportuno promuovere la bellezza, l’appropriatezza e il valore pastorale di una pratica sviluppata durante la lunga vita e tradizione della Chiesa, cioè l’atto di ricevere la Santa Comunione sulla lingua e in ginocchio. 
La grandezza e la nobiltà dell’uomo, così come la più alta espressione del suo amore verso il suo Creatore, consiste nel mettersi in ginocchio davanti a Dio. Gesù stesso ha pregato in ginocchio alla presenza del Padre: «Poi si allontanò da loro quasi un tiro di sasso e, inginocchiatosi, pregava: Pater, si vis, transfer calicem istum a me; verumtamen non mea voluntas sed tua fiat: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”» (Lc 22,42; Mc 14,35-36; Mt 26,38-39). 
La liturgia del Cielo insiste e raccomanda che, davanti all’Agnello immolato, ci si prostri: «Poi vidi ritto in mezzo al trono circondato dai quattro esseri viventi e dai vegliardi un Agnello, come immolato. Egli aveva sette corna e sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra. E l’Agnello giunse e prese il libro dalla destra di Colui che era seduto sul trono. 
E quando l’ebbe preso, i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi» (Ap 5,6-8). 
A tal proposito vorrei proporre l’esempio di due grandi santi dei nostri tempi: san Giovanni Paolo II e santa Teresa di Calcutta. 
L’intera vita di Karol Wojtyła è stata segnata da un profondo rispetto per la Santa Eucaristia. 
Ci sarebbe da dire molto e molto è stato scritto su questo. 
Basti semplicemente ricordare agli ultimi anni del suo ministero petrino: un uomo segnato nel corpo dalla malattia, che lo condusse progressivamente ed irreversibilmente verso un deterioramento fisico quasi totale. 
Ma, malgrado fosse estenuato e senza forze, letteralmente distrutto dalla malattia, quasi inchiodato con Cristo, Giovanni Paolo II non si permetteva mai di sedersi al cospetto del Santissimo Sacramento esposto. 
Chi non si ricorda con emozione ed affetto quelle immagini di Papa Giovanni Paolo II, schiacciato dalla malattia, stremato, ma sempre in ginocchio davanti al Santissimo durante il percorso della processione del Corpus Domini da San Giovanni in Laterano alla Basilica di Santa Maria Maggiore? Il Papa ammalatissimo si è sempre imposto di inginocchiarsi davanti al Santissimo. Era incapace di inginocchiarsi e alzarsi da solo. Aveva bisogno di altri per piegare le ginocchia e poi alzarsi. Fino ai suoi ultimi giorni, ha voluto darci una grande testimonianza di riverenza al Santissimo Sacramento. Perché siamo così orgogliosi ed insensibili ai segni che Dio stesso ci offre per la nostra crescita spirituale e la nostra intima relazione con Lui? Perché non ci inginocchiamo per ricevere la santa Comunione sull’esempio dei santi? È veramente troppo umiliante prostrarsi e stare in ginocchio davanti al Signore Gesù Cristo? Eppure, «Egli, pur essendo nella condizione di Dio, […] umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e ad una morte di Croce» (Fil 2, 6-8). 
Santa Madre Teresa di Calcutta, religiosa eccezionale che nessuno oserebbe trattare da tradizionalista, fondamentalista o estremista, la cui fede, santità e dono totale di sé a Dio e ai poveri sono da tutti noti, aveva un rispetto ed un culto assoluto verso il Corpo divino di Gesù Cristo. Certamente, ella toccava quotidianamente la “carne” di Cristo nei corpi deteriorati e sofferenti dei più poveri dei poveri. 
Eppure, riempita di stupore e di rispettosa venerazione, Madre Teresa si asteneva di toccare il Corpo transustanziato del Cristo; piuttosto ella lo adorava e lo contemplava silenziosamente, rimaneva per lungo tempo in ginocchio e prostrata davanti a Gesù Eucaristia. Inoltre, ella riceveva la Santa Comunione nella sua bocca, come un piccolo bambino che si lasciava umilmente nutrire dal suo Dio. 
La Santa si rattristava ed era in pena allorché vedeva i cristiani ricevere la Santa Comunione nelle loro mani. In più ella affermò che, secondo quanto era di sua conoscenza, tutte le sue sorelle ricevevano la Comunione soltanto sulla lingua. 
Non è questa l’esortazione che Dio stesso rivolge a noi: «Sono io il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto; apri la tua bocca, la voglio riempire»? (Ps 81,11). 
Perché ci ostiniamo a comunicare in piedi e sulla mano? Perché questo atteggiamento di mancanza di sottomissione ai segni di Dio? 
Che nessun sacerdote osi pretendere di imporre la propria autorità su questa questione rifiutando o maltrattando coloro che desiderano ricevere la Comunione in ginocchio e sulla lingua: veniamo come i bambini e riceviamo umilmente in ginocchio e sulla lingua il Corpo di Cristo.
I santi ci danno l’esempio. Loro sono i modelli da imitare che Dio ci offre! "
***
Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento!
 AC  

Terremoto. 
Ostie trovate intatte nel tabernacolo. 
«Gesù sotto le macerie» di Arquata 

di Alessia Guerrieri  
Era in una chiesa crollata. All'interno la pisside era riversa ma non si era aperta. 
E le particole nonostante i tanti mesi passati si presentano integre: nessuna muffa o alterazione  

Quasi subito la mente è volata al miracolo eucaristico di Siena del 1730. ( QUI )
Un tabernacolo del ’500 sepolto per mesi sotto le macerie della chiesa di Santa Maria Assunta di Arquata, distrutta dal terremoto del 2016. 
Il dubbio ormai di aver perduto questa opera tanto cara ai parrocchiani. 
Poi il ritrovamento in un magazzino dove, settimane fa, i carabinieri del nucleo Tutela beni culturali lo aveva riposto con cura sottraendolo alle intemperie. 
E infine l’apertura, con all’interno la pisside che, ben chiusa, manteneva intatte quaranta ostie. 
Perfettamente conservate. «Si sentiva ancora il profumo, è qualcosa che ci commuove – sono le prime parole del vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole – è un segno di speranza per tutti. Ci dice che anche Gesù è terremotato come tutti, ma è uscito vivo dalle macerie». 
Non riesce a trattenere le lacrime neppure don Angelo Ciancotti, sacerdote della cattedrale di Ascoli Piceno, che per primo ha avuto tra le mani quel ritrovamento. 
Madre di Pescara del Tronto e padre di Arquata del Tronto, dopo il sisma del Centro Italia il parroco si è impegnato per recuperare «quei pezzi della mia storia e della storia di tanti, a cui la gente è affezionata», dice. 
Qualche settimana fa è riuscito a riportarlo, impolverato e malmesso, nella sagrestia della chiesa principale di Ascoli. 
«Il problema era aprirlo – racconta – ma la mia passione per le chiavi dei tabernacoli mi ha aiutato». In un cassetto dove custodisce la sua collezione c’era una chiave singola ed ha iniziato da quella. «Al primo colpo il tabernacolo si è aperto – prosegue emozionato – dentro la pisside era orizzontale, ma chiusa. E al suo interno il corpo di Cristo dopo più di un anno e mezzo intatto, sia nel colore che nella forma e nell’odore. 
Nessun batterio o muffa come capita a tutte le ostie dopo qualche settimana. E invece quelle, ad un anno e mezzo di distanza, sembravano fatte il giorno prima». 
Allora si è sentito come Giovanni Paolo II che davanti al miracolo eucaristico di Siena esclamò: «Ecco la presenza»
La stessa frase che adesso don Angelo continua a ripetere a chi insieme a lui ha assistito al «prodigioso e inspiegabile ritrovamento». 
Per chi ha fede, «e per me è un miracolo – dice – ma soprattutto un messaggio per tutti: è un segno che ci richiama alla centralità dell’Eucarestia». 
E inoltre, secondo lui, è un inno alla speranza per i giovani: «Gesù ci dice io ci sono, sono in mezzo a voi. Fidatevi di me». 

Fonte: Avvenire QUI 
Foto 1: Avvenire ( link sopra)

Leggere anche Il Resto del Carlino ( Cronaca di Ascoli Piceno) QUI 


1 commento:

  1. Chi ha dichiarato il Miracolo? Il sacerdote o l'Autorità ecclesiastica competente?
    Sono state fatte analisi scientifiche?
    Come è possibile gridare al Miracolo con tanta superficialità? Esiste ancora una Gerarchia cui sottomettersi o ognuno può far di testa sua e dar credito a ciò che più gli aggrada?
    Su queste realtà non si scherza, occorre prudenza, sobrietà e discernimento! Non sono già abbastanza i otivi che diamo ai non credenti per credere che i cattolicic siano dei poveri sprovveduti! Se Miracolo c'è stato occorre rispetto per il grande Segno Divino a che serve buttarla in caciara, favorendo l'anarchia?

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