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sabato 15 luglio 2017

Sodomia: i deliri di Padre James Martin


Dagli amici di Campari e de Maistre. Sull'argomento si può leggere anche QUI QUI e QUI. E anche in Italia i Pilato vestiti di viola prosperano (QUI)
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di Paolo Spaziani

E’ ancora possibile per un Vescovo ricordare ai propri fedeli quale sia il bimillenario magistero della Chiesa? E’ una domanda che è lecito farsi dopo il “commento” di Padre James Martin alle indicazioni pastorali del Vescovo statunitense di Springfield, Monsignor Thomas Paprocki. Il Vescovo nei giorni scorsi ha ricordato ai propri fedeli che “la Chiesa non solo ha l’autorità, ma ha anche l’obbligo grave di riaffermare il suo autentico insegnamento sul matrimonio, nonché di preservare e promuovere il valore sacro della condizione nuziale. Stante la natura oggettivamente immorale della relazione intrinseca ai cosiddetti ‘matrimoni’ omosessuali, chi si trovi in tale stato non si presenti per ricevere la Santa Comunione, né vi venga ammesso. Se il “coniuge” omosessuale fosse in pericolo di morte può comunicarsi previo pentimento di tutti i propri peccati, compresi quelli legati alla pratica omosessuale. Se ciò non avvenisse la Comunione deve essere vietata e costoro devono essere privati dei riti funebri ecclesiastici”. Le indicazioni pastorali di Monsignor Paprocki devono aver mandato se tutte le furie Padre James Martin, consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano e paladino delle cause LGBT.
Il 22 giugno scorso Martin, pur non citando mai Monsignor Paprocki, ha pubblicato diversi tweet (sette per la precisione) in cui precisa che: “se i vescovi vietano ai componenti di coppie dello stesso sesso il rito funebre, devono anche vietarlo ai divorziati e risposati cattolici che non hanno ottenuto l’annullamento, alle donne che hanno avuto figli fuori dal matrimonio, ai componenti delle coppie che vivono insieme prima del matrimonio e a chiunque utilizzi il controllo delle nascite. Sono tutti peccati contro l'insegnamento della Chiesa sulla sessualità. Inoltre, si dovrebbero proibire i funerali cattolici a chiunque sia andato contro l'insegnamento della Chiesa per la cura dei poveri e dell'ambiente. (…) Concentrarsi solo sulle persone LGBT, anche quelle unite in matrimonio, senza la stessa attenzione al comportamento sessuale o morale delle persone rette è, come dice il Catechismo, un "segno di ingiusta discriminazione". La dichiarazione di Padre James Martin non è un fatto isolato, bensì si colloca in una precisa strategia di promozione del mondo LGBT che il prelato gesuita conduce a ritmo incalzante con presentazioni del suo ultimo libro “Building a Bridge” che prevede eventi con donazioni a favore delle comunità LGBT del territorio. In un tweet del 25 giugno scorso Martin ha, inoltre, augurato agli amici LGBT un buon pride weekend, perché “anche loro sono figli amati da Dio e creati a Sua immagine a somiglianza”. Potremmo continuare ad elencare iniziative ed esternazioni, ma ci soffermiamo sulla delirante dichiarazione di Martin in merito all’accesso ai funerali. La Chiesa cattolica non ha mai sostenuto che i riti funebri debbono essere negati ai peccatori o addirittura ai peccatori gravi. La Chiesa ha tradizionalmente affermato che i riti funebri possano essere negati a quei peccatori che hanno rifiutato costantemente di pentirsi o di riconciliarsi alla Chiesa. I riti funebri della Chiesa Cattolica sono proprio per coloro che, seppur peccatori, riconoscono il proprio peccato, confessandolo e chiedendo perdono a Dio (Canone 915 del Codice di Diritto Canonico). Martin paragona la situazione di una coppia LGBT a quella di una coppia di divorziati risposati e il raffronto non è poi così errato. Infatti, in entrambi i casi, la Chiesa spera che vi sia, almeno in punto di morte, il pentimento per la situazione di peccato grave in cui queste coppie hanno vissuto. Quello che Martin tralascia, e per il consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano non sembra essere una “dimenticanza” da poco, è  la questione del pentimento. Da promotore del mondo LGBT Martin intenderebbe scardinare la dottrina e il magistero della Chiesa con il semplice scopo di ammettere all’Eucaristia e ai riti funebri persone che ostentano apertamente il loro orientamento sessuale e sono orgogliose di compiere atti intrinsecamente disordinati (CCC 2357). Martin sa benissimo che l’ingiusta discriminazione verso le persone con tendenze omosessuali è ben altra cosa e riguarda il rispetto della persona che deve essere accolta con “rispetto, compassione e delicatezza” (CCC 2358). Quello di Martin è un comportamento sconcertante che trova libero sfogo in questo momento di confusione in cui sembra contare di più differenziare bene i rifiuti rispetto ad impegnarsi per salvare la vita di un bambino innocente. A conferma (se ce n’era ancora bisogno) di quali siano le priorità della Chiesa della misericordia Martin cita i peccati contro l’ambiente e le omissioni nella cura dei poveri che, secondo lo stesso, dovrebbero avere lo stesso grado gravità dei peccati relativi alla morale sessuale e quindi comportare le stesse conseguenze. Seguendo il delirante ragionamento di Martin per potere ricevere l’Eucaristia e avere i riti funebri dovrei confessare di aver differenziato male i rifiuti, inserendo l’involucro di carta stagnola nel bidone della plastica invece che nel sacco dell’indifferenziato. Le conseguenze di quanto sostenuto da Martin sono ovvie e devastanti: se tutto è peccato più nulla è peccato. E se più nulla è peccato tutto è concesso. Ora anche coloro che consideravano una “svista” la nomina di Martin a consulente del Segretariato per le Comunicazioni del Vaticano cominciano a ricredersi. Martin anche dopo la nomina continua imperterrito nelle sue campagne a favore del mondo LGBT, non esitando a contraddire i vescovi che coraggiosamente rimangono fedeli al magistero della Chiesa. La conferma di Martin nel suo ruolo anche dopo le sue innumerevoli uscite è la prova che quanto promosso da Martin sia condiviso altrimenti, come già successo per altri casi, Papa Bergoglio lo avrebbe rimosso dall’incarico. Come diceva Agatha Christie: “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

3 commenti:

  1. Mi pare ovvio che sia oramai un laico e non più consacrato, visto che non professa più la fede cattolica. Le sue "messe" saranno sicuramente invalide.
    Non essendoci un'autorità nella Chiesa non viene nè ammonito nè scomunicato.

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  2. ... il rispetto della persona che deve essere accolta con “rispetto, compassione e delicatezza” (CCC 2358): queste tre parole sono pericolose. E' la persona che è portatrice della perversione, quindi il rispetto che le si deve è correlato all'atteggiamento che la medesima assume nei confronti di se stessa e del prossimo. Avere rispetto, compassione e delicatezza per chi sfila ai gay pride in condizioni spudorate, e per il Martin e per quelli come lui mi sembra una stupida forzatura.

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