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venerdì 28 aprile 2017

Divieto dell'Universae Ecclesiae alle ordinazioni in rito antico.Studio canonistico di don M. G.

A fronte di diverse richieste da parte dei lettori, riproponiamo un articolo del 2015 che uno stimato lettore,  don M. G., ci inviò tempo fa. Lo ringraziamo per averci concesso gentilmente di pubblicare questo suo dotto studio canonistico sulle ordinazioni in rito antico secondo quanto disposto dall'Universae Ecclesiae. 
Roberto 

Sulla domanda quanto la posizione restrittiva riguardo il conferimento degli ordini nella forma classica del rito romano si possa inserire senza rottura della logica giuridica di Summorum Pontificum

Il contenuto di questi nostri riflessioni sarà un’analisi, se la posizione restrittiva della Santa Sede quanto riguarda l’amministrazione degli sacri ordini come fu l’usanza nel 1962, in confronto alle altre leggi riguardo quella forma del rito romano, rappresentino una rottura oppure se siano piuttosto una loro conseguenza, logica in se stessa.
Prima di tutto vale: Roma locuta, causa finita. Senza dubbio è un buon diritto della Santa Sede di promulgare una qualsiasi legge, logica o meno che sia. Perciò, in questo articolo ci limitiamo di analizzare, se questa decisione fosse stata chiara anche prima dell’istruzione Universae Ecclesiae, oppure se si tratti di una legge che non entri bene nella logica delle altre leggi che riguardono la forma straordinaria.
Innanzitutto dobbiamo essere consapevoli del fatto, che il Moto Proprio Summorum Pontificum non è il vero motivo della legittimazione (oppure, se vogliamo, della liceità) dell’usanza tradizionale, ma che il Motu Proprio metteva in luce la legittimazione già (o meglio: ancora) esistente. Non aveva allora nuovamente rintrodotto una forma di un rito abilita, ma ha sottolineato che questa forma è ancora, ininterrottamente, in vigore che dal punto di vista legislativo non fu mai abrogata, e quindi di principio sempre concesso e legittimo.
Se allora il Sommo Pontefice Benedetto XVI affermava che il Missale 1962 non fu mai vietato
e quindi rimase de iure sempre in uso e che fu sempre lecito farne uso, (anche se sappiamo che de facto si diceva spesso il contrario!) e che quindi non si trattava di una riammissione, ma di una conferma dell’ammissione sempre esistita, lo stesso vale anche per gli altri libri liturgici, che non furono “abrogati” in maniera diversa del Missale Romanum. Se no, come si potrebbe pensare che il missale fosse stato l’unico libro liturgico non abrogato, gli altri invece sì? 
È vero che Summorum Pontificum non nomina il sacramento dell’ordine, mentre nomina tutti gli altri Sacramenti in una maniera o nell’altra. Ma questo di per sé non fu nessun motivo di presumere prima di Universae Ecclesiae, che Summorum Pontificum non si riferisse anche al sacro Sacramento dell’ordine.
È vero che Summorum Pontificom pone l’accento sul Sacramento dell’Eucaristia, ma questo non vuol dire che esclude altri sacramenti o sacramentali – il fatto che questa sottolineatura non esclude altri sacramenti si evidenzia ancora di più in Universae Ecclesiae. Ponere l’accento su un sacramento, cioè sull’Eucaristia permette di trovare le caratteristiche che vanno applicate analogicamente anche ad altri sacramenti e sacramentali, che sono trattati in maniera meno precisa per non ripetere ciò che si diceva già. Perciò, Summorum Pontificum non entra nei dettagli neanche quanto riguarda il Breviario, il battesimo, la cresima ecc, perché presuppone che il profondo trattamento di un Sacramento fosse sufficiente per capire come sono da applicare le regole in casi analoghe. Non tutti i casi possibili sono menzionati in Summorum Pontificum, ma fa capire palesemente, che un vieto oppure un quasi - vieto degli altri Sacramenti e Sacramentali fosse al contrario di ciò che era la mens legislatoris, cioè la volontà del sommo legislatore e quindi il Pontefice, che diceva che ora non può essere considerato vietato oppure dannoso ciò che ieri fu ancora lecito e santo (cfr. la lettera del Papa ai Vescovi allegata a Summorum Pontificum). Ogni volta che Summorum Pontificum parla di un sacramento oppure un altro tipo di liturgia, lo permette. Non c’era nessun indizio di cui si poteva dedurre che proprio il sacramento dell’ordine fosse vietato nel rito classico.
Va ricordato anche al fatto, che un Motu Proprio è un testo legislativo la cui forma letteraria richiede necessariamente una certa ristrettezza. Ma la prassi canonistica si aspetta proprio conclusioni analogiche, deducendole dal testo legislativo. Sono regole generali che vanno messe in pratica regolarmente in ogni tipo di testo legislativo, e come sono, tra l’altro, regolate dalla legge stessa (CIC e altro).
Considerando questo, vediamo che sarebbe stato legittimo fino alla promulgazione di Universae Ecclesiae conferire gli ordini nella forma antica del rito romano.
Ma mettiamo anche il caso, che prima della promulgazione di Universae Ecclesiae ci fosse stato davvero un dubbio legislativo e applichiamo le leggi interpretative a questo presunto dubbio:
Nel can. 17 del CIC 1983 leggiamo, che bisogna ricorrere ai luoghi paralleli in caso di dubbi oppure oscure, e che si deve anche considerare l’obiettivo e le circostanze della legge: “Le leggi ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto; che se rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne sono, al fine e alle circostanze della legge e all'intendimento del legislatore” (can. 17 CIC 1983).
Dapprima sarebbero da considerare allora le circostanze e la mens legislatoris: chiedendosi quale sarebbe l’intenzione del Motu Proprio riguardo il conferimento degli sacri ordini nella forma straordinaria quando ci si tiene presenta la situazione generica, solo una risposta affermativa si fa inserire senza rotture nell’insieme del testo legislativo. Il Motu proprio non dimostra nessuna tendenza di limitare la forma straordinaria, anzi, punta verso una generosissima legittimazione della forma straordinaria in tutti i punti menzionati in esso. Tutto ciò che il Motu Proprio richiama, viene permesso di celebrare anche nella forma straordinaria secondo i libri del 1962, siano i sacramenti, i sacramentali oppure il breviario.
Considerando poi le circostanze che hanno reso necessaria l’intervento papale vediamo, che furono proprio le oppressioni che l’uso dei libri che erano in vigore nel 1962 aveva subito e le quali portavano alla promulgazione di Summorum Pontificum. L’obiettivo del Motu Proprio è stato di ridare una nuova garanzia giuridica a un rito buono e legittimo in sé. Che questo non dovesse valere anche per i sacri ordini non fu deducibile da niente.
Inoltre, bisogna applicare anche il can. 19 del CIC che cita: “Se una determinata materia manca una espressa disposizione di legge sia universale sia particolare o una consuetudine, la causa, se non è penale, è da dirimersi tenute presenti le leggi date per casi simili, i principi generali del diritto applicati con equità canonica, la giurisprudenza e la prassi della Curia Romana, il modo di sentire comune e costante dei giuristi.”
Senza dubbio manca in Summorum Pontificum la materia che regolasse la legittimazione dell’ordine secondo i libri che furono in uso nel 1962, e ovviamente non si tratta neanche di una materia penale. Perciò vanno considerate le “leggi date per casi simili”, e la prassi della Curia Romana.
Quanto riguarda le “leggi date per casi simili”, questo si presenta nel nostro caso concreto sotto due aspetti:
Da una parte dobbiamo chiedere: “quali assomiglianze ci sono in altri sacramenti?”, dall’altra parte bisogna porsi la domanda: “quali sono le assomiglianze in altri casi non menzionati expressi verbis in Summorum pontificum?”. E sarà proprio quest’ultima domanda a condurci alla giurisprudenza e la prassi giuridica della Curia Romana.
Ma rimaniamo ancora un attimo alla prima domanda. Riguardo gli altri sei sacramenti bisogna costatare, che senza dubbio Summorum Pontificum ha ammessi tutti, ma non solo essi ma anche le varie liturgie non-sacramentali (funerali, breviario ecc.). Ciò leggiamo indubbiamente negli articoli 1ff. (Santa Messa), art. 9 §2 (Santa Cresima), art 9 §1 (battesimo, penitenza, estrema unzione, matrimonio). Per quell’ultimo, cioè il matrimonio, bisognerebbe aggiungere anche art. 5 §3, nel quale è detto lo stesso anche per i funerali.
E qui, nell’art. 5 §3 siamo arrivati a un’altra assomiglianza, ma sempre appartenendo alla prima domanda: il paragrafo 3 dell’articolo cinque parla di “occasioni speciali”, i quali deve permettere il parroco ai fedeli che lo richiedono. Sono elencati alcuni esempi di questi “occasioni particolari”, cioè i funerali, il matrimonio e celebrazioni in occasioni speciali, come per esempio pellegrinaggi. Esplicitamente non si tratta di una elencazione completa delle possibilità a cui pensa il legislatore – cosa che risulta evidente per esempio tramite l’uso di “per esempio”. Il legislatore intende allora anche i casuali (“occasioni speciali”, “celebrazioni in occasioni particolari”) e cita alcuni esempi, i quali evidenzia come tali.
Allora abbiamo a che fare con altre “casi simili”, ai quali rimanda il codice come aiuto d’interpretazione per casi non menzionati: anche l’ordinazione è una tale “occasione particolare” e fa parte del “per esempio”. Che in questo caso, però, la legge si riferisce al vescovo e non al parroco, come detto in art. 5 §3 risulta dalla natura del caso stesso, perché in quel caso l’amministratore del Sacramento non può essere il parroco ma per forza il Vescovo. Perciò bisogna applicare la legge analogicamente al vescovo, perché l’accento dell’art. 5 §3 non è messo sul “parroco”, ma il legislatore intende di regolare casi eccezionali e casuali e di far sì che anche in questi casi si possano celebrare le liturgie relative secondo il rito come fu usato nel 1962.
Quanto riguarda il secondo caso d similitudine, cioè quello che si riferisce alla questione dell’ordinamento in altri casi che non sono nominati esplicitamente, possiamo attingere a un concreto caso risolto, e addirittura coincide con un altro principio di ermeneutica canonistica per i casi non trattati esplicitamente, ovvero quello della concezione canonistica e della prassi canonistica come istruttiva base d’interpretazione. Si tratta della questione, se Summorum Pontificum valesse pure per il rito ambrosiano, il quale non è nominato in maniera esplicita dal Motu proprio Summorum Pontificum, che parla esclusivamente dal “Ritus Romanus”. Da questo fatto qualcuno concludeva, che non riguardasse anche il rito ambrosiano di Milano, e quindi Summorum Pontificum non potesse essere applicato pure a quel rito. Però, una risposta, in seguito di un dubium presentato in data 7. Gennaio 2009, al dicastero interessato della Santa Sede dice espressamente, che il Motu Proprio Summorum Pontificum sarebbe in vigore anche per il Rito ambrosiano, pur non essendo nominato appositamente. Letteralmente lo scritto di risposta della pontificia commissione Ecclesia Dei, datato 22. Maggio 2009, (Prot. Nr. 73/2009), dice: “Mentre è vero che il motu proprio del Santo Padre non cita esplicitamente il rito ambrosiano non esclude nemmeno gli altri riti latini; se la volontà del Sommo Pontefice vale per il rito romano, considerato il superiore in dignità, di conseguenza, tanto più per gli altri riti latini, incluso il rito ambrosiano.”
Quindi è palese qual è la posizione giuridica della Curia Romana: il fatto, che Summorum Pontificum non fa esplicito riferimento a una certa cosa, non significa di per sé, che il Motu Proprio non si riferisse anche su essa. Quindi, un’eccezione dovrebbe essere citata appositamente come tale; Un semplice non essere nominato non può essere interpretato in tal maniera, che Summorum Pontificum non si riferisse anche al sacramento dell’ordinazione.
All’ultimo è da considerare anche il principio interpretativo del can. 21 del CIC 1983, che cita:
“Nel dubbio la revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è possibile.”
Anche da qui risulta, che ci vorrebbe un divieto chiaro ed esplicitamente nominato, nel caso che il sacramento dell’ordinazione fosse come unico dei sette sacramenti eccettuato dalla validità del Motu Proprio Summorum Pontificum.
Conclusivamente possiamo allora riassumere, che la posizione restrittiva nei confronti del conferimento dei sacri ordini nella forma straordinaria del Rito romano non si fa inserire né nel testo del Motu Proprio, né nei criteri della ermeneutica canonistica senza rompere la loro logica intrinseca.
Comunque, una instructio non promulga mai una nuova legge, essendo la definizione autentica di una legge già esistente prima, e quindi è sempre da considerare come vincolante coma la legge stessa, perché non si può affermare nel senso più stretto, che, nel caso delle ordinazioni, il regolamento di Universae Ecclesiae sarebbe proprio una contraddizione alla legge che interpreta. Ma nonostante ciò non si vede nessuna vera logica, perché proprio il sacramento dell’ordinazione dovrebbe essere eccettuato dalla liceità generale di tutti gli altri sacramenti, sacramentali e preghiere di essere fatti nella forma straordinaria.
Almeno prima della promulgazione di Universae Ecclesiae non si poteva presupporre, che Summorum Pontificum non valesse anche per il sacramento dell’ordinazione. Era proprio quel dubbio legislativo stesso che indicava la liceità del conferimento della ordinazione nella forma straordinaria.
Pure la mens legislatoris dimostra altrettanto palesemente, che l’intenzione del legislatore era di precisare, che l’usus come era in vigore nel 1962 è pure oggi pienamente legittimo, senza nessuna restrizione.
Anche casi diversi ma comparabili, e non per l’ultimo la concezione giuridica e la prassi della Curia Romana dimostrano, a differenza dell’interpretazione di Universae Ecclesiae, che il Motu Proprio Summorum Pontificum avesse avuto illimitato vigore anche per il sacro sacramento dell’ordinazione: perché non si dimostrava come un privilegio concesso, bensì si tratta di un vere e proprio diritto.

7 commenti:

  1. I monsignori del Vaticano, in spasmodica attesa di promozione, non sanno più quale subdolo cavillo inventarsi per ostacolare la tradizione canonica e l'applicazione del SP del, da loro, odiato papa Benedetto gratificato di insulti proprio dall'interno del Vaticano, ad iniziare dal famigerato ex ministro delle cerimonie. La FSSPX non si faccia imbrogliare dalla sirena sudamericana perché rischia di fare la fine dei FI, cardinali, Istituto GPII. Ordine di Malta, etc. etc.

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  2. All'interno del Vaticano? Qua qualsiasi pretonzolo si permetteva insulti e critiche feroci al Papa e il muro di opposizione fu invalicabile...... pur non essendo tradi, mi permetto di consigliare di non fidarsi affatto, vale per tutti i gruppi tradi, sento puzza di inganno.

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  3. Per quanto giuristi.. canonisti.. intellettuali vari possano con i loro scritti illuminare sul senso e la validita' delle disposizioni che vanno in favore della tradizione, non ci rimane che prendere atto ogni qual volta, di come tali leggi vengano ignorate e osteggiate da chi governa la chiesa: il bianco diventa nero.. ed il nero bianco pur di riuscire ad impedire le celebrazioni in forma antica!!
    Visto l' andazzo attuale e' il totale disorientamento in cui mi ritrovo dall' elezione del Papa attuale che piu' d' una volta ho chiesto a Nostrosignore durante le mie preghiere, di farmi concludere la vita terrena prima di vedere il completo annientamento del cattolicesimo.

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  4. I signori che hanno introdotto il Novus Ordo Missae e hanno modificato i Sacramenti avevano, a mio giudizio, un unico obiettivo: abolire il Sacrificio sulla faccia della Terra e in generale rendere nulli tutti i Sacramenti.

    La Madonna de La Salette è stata del resto molto chiara affermando nel 1846: "La Chiesa sarà eclissata, il mondo sarà nella costernazione." Eclissata ma non cancellata! Infatti il Sacrificio, sempre a mio giudizio, viene ormai celebrato solo in pochi luoghi sulla Terra. Tolto Cristo, che è Luce e Verità, l'uomo non può che restare nelle tenebre, come in un'eclissi.

    Solo così è possibile spiegare l'odio satanico di cui sono oggetto i Sacramenti amministrati secondo la Tradizione della Chiesa Cattolica.

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  5. Gli Ordini sacri conferiti col Vetus Ordo sono certamente validi. Quelli conferiti col Novus Ordo non si sa. Viene da pensare male, molto male, ma forse ci si azzecca. Il Nemico che pretende di cancellare l'Eucaristia dalla faccia della terra certamente sa il fatto suo.... e ci prova.
    TEOFILATTO

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  6. La FSSPX non si deve fare imbrogliare sono d'accordo. Quando e se Roma riavrà un Papa sulle orme dottrinali di Pio XII allora ne potremo parlare.

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