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domenica 4 dicembre 2016

Anatomia di una cattolica guerra civile


Un articolo di Damian Thompson di più di un anno fa. Veramente inquetante rileggerlo ora.
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 9-11-2015
Domenica 1° novembre, il quotidiano italiano la Repubblica ha pubblicato un editoriale a firma di Eugenio Scalfari, uno dei più celebri giornalisti del Paese, in cui questi sosteneva che il Papa gli avrebbe confidato che «alla fine di percorsi più veloci o più lenti tutti i divorziati che lo chiedono saranno ammessi» al sacramento della comunione. L’opinione pubblica cattolica è rimasta di sasso: il Papa aveva appena terminato di presiedere un sinodo di tre settimane, in cui erano emerse ampie divergenze proprio attorno alla questione dell’ammissione o meno dei divorziati cattolici risposati alla comunione. Sinodo che, alla fine, aveva votato per un nulla di fatto. Lunedì scorso, il portavoce del Papa, padre Federico Lombardi, ha dichiarato che quanto riferito da Scalfari «non è in alcun modo affidabile» e «non può essere considerato il pensiero del Papa».


Abbastanza normale, potreste pensare: Scalfari ha 91 anni, e poi non è solito prendere note o usare registratori durante le sue interviste. Ovvio che egli non sia «affidabile». Ma ciò non ha soddisfatto i media, che hanno segnalato come il Papa sapesse benissimo a cosa stava andando incontro. In fondo questa era la quarta volta che aveva deciso di farsi intervistare da una persona che confida nella sua memoria da novantenne. Dopo il loro ultimo colloquio, Scalfari aveva attribuito al Papa l’affermazione per cui la pedofilia all’interno della Chiesa coinvolge il 2% dei preti, inclusi vescovi e cardinali. Il povero Lombardi aveva dovuto smentire tutto anche allora. La volta scorsa, i cattolici hanno concesso a Francesco il beneficio del dubbio. Stavolta, invece, molti di loro stanno dicendo: lasciando perdere Scalfari, come si può avere fiducia in ciò che dice il Papa? Sono passati due anni e mezzo dall’inizio del pontificato, ma è solo nell’ultimo mese che i semplici cattolici conservatori, e non i tradizionalisti più irriducibili, hanno cominciato a sostenere che papa Francesco è fuori controllo. Notare: «fuori controllo», non «sta perdendo il controllo», che sarebbe un problema meno grave. Nessun pontefice, infatti, a memoria d’uomo, ha mai lasciato spazio alla specifica paura che ora sta avvolgendo la Chiesa: che il magistero conferito a Pietro da Gesù non è sicuro nelle sue mani.

I media non-cattolici non hanno ancora colto il pericolo mortale insito nella sfida che si trova ad affrontare il papa argentino. Dal modo rilassato e audace con cui si comporta in pubblico, e dai suoi commenti improvvisati, concludono che si è di fronte a un papa liberale (sempre secondo gli standard papali) attorno alle tematiche più sensibili relative alla morale sessuale, e invece guardano ai vescovi conservatori dal cuore duro come a degli ipocriti.

Tutto questo è vero, ma su una cosa i giornalisti – e i milioni di fan laici del Papa – si sbagliano di grosso. Per il suo modo di comportarsi alla mano e per la sua preferenza per il modesto titolo di «vescovo di Roma», loro credono che papa Bergoglio rivesta la carica di Supremo Pontefice con molta leggerezza. Ma chiunque lavori in Vaticano vi dirà che non è così. È vero, Francesco esercita il potere con una sicurezza di sé pari a quella di Giovanni Paolo II, il papa polacco la cui guerra santa contro il comunismo si concluse con il crollo dell’Unione Sovietica, ma le similitudini tra i due finiscono qui. Giovanni Paolo II non ha mai nascosto la natura della sua missione. Egli era deciso a chiarire e a consolidare gli insegnamenti della Chiesa. Francesco, al contrario, mira a muoversi verso una Chiesa più compassionevole e meno attaccata alle regole, ma si rifiuta di dire fino a dove voglia arrivare. A volte egli assomiglia a un automobilista che guida alla massima velocità senza cartina e specchietto retrovisore. E quando l’auto si ferma, come nel caso del sinodo dello scorso ottobre, egli come Basil Fawlty comincia a colpire disperatamente il cofano della propria auto con un bastone (celebre scena comica di una nota sitcom britannica, ndt).

I non-cattolici sono apparsi molto più interessati agli “storici” pronunciamenti di  Francesco sul cambiamento climatico che non al sinodo, dominato dalla disputa circa il diritto dei divorziati cattolici risposati a ricevere la comunione. E ciò ha reso la situazione paradossale. L’enciclica del Papa Laudato si’ ha conferito una temporanea vitalità agli attivisti ambientali, mentre la conferenza sulla famiglia è stata storica, ma non nella maniera giusta. Durante il sinodo, i fedeli cattolici hanno cominciato a chiedersi se il Papa sia stato abbandonato dal proprio giudizio, oppure se sia sempre stata una persona ben diversa di quanto la sua spensierata immagine pubblica suggerisce.

Nei circoli della Chiesa le preoccupazioni sono cominciate a emergere nell’ottobre dello scorso anno, quando il Papa convocò un sinodo straordinario e preparatorio che fallì sotto i suoi occhi. A metà assemblea, gli organizzatori – nominati da Francesco – annunciarono il raggiungimento di un consenso sulla revoca del divieto di comunione e sulla volontà di riconoscere gli aspetti positivi delle relazioni tra gay. I media esultarono, prima di scoprire che erano tutte sciocchezze. I vescovi sinodali, inclusi i cardinali più anziani, non avevano affatto espresso il favore a queste aperture. Il cardinale George Pell, il conservatore australiano che ricopre il ruolo di «ministro dell’Economia» del Papa, perse le staffe – e quando Pell si arrabbia non passa inosservato. Il voto finale bocciò entrambe le proposte. Nonostante ciò, Francesco ha chiesto al sinodo di quest’anno di riesaminare la questione della comunione ai divorziati. Il primo sinodo non è stato soltanto sconfortante per il Papa, ma anche bizzarro. Perché Francesco permise ai suoi stretti collaboratori, il cardinale Lorenzo Baldisseri e l’arcivescovo Bruno Forte, di organizzare una conferenza stampa in cui, nella pratica, si dispensarono bugie?

Qualsiasi altro pontefice avrebbe spedito Baldisseri e Forte in una parrocchia in Antartide per aver mandato tutto a rotoli. Al contrario, nello stupore generale, il Papa li ha invitati a gestire il sinodo del mese scorso, e ha altresì invitato anche il cardinale Walter Kasper, un 82enne teologo tedesco ultra-liberale che intende spazzare via ogni impedimento alla comunione per i divorziati risposati. Insomma a farla breve, Francesco ha fatto capire di pensarla come Kasper, pur sapendo che la maggior parte dei vescovi del recente sinodo voleva mantenere il divieto alla comunione. Perché dunque il Papa ha insistito così tanto affinché i vescovi affrontassero questa tematica nella discussione, consapevole che questi non avrebbero mai votato come lui voleva?

I cardinali più anziani erano stupefatti – e infuriati – all’idea che il sinodo sulla crisi della famiglia in tutto il mondo sarebbe stato dominato dal bisticcio attorno a tale questione. Una settimana prima che questo cominciasse, 13 cardinali, guidati da Pell, hanno scritto una lettera al Papa chiedendogli di non permettere che ciò accadesse, e anche esprimendogli i propri sospetti sul fatto che il programma del sinodo fosse stato allestito proprio per dare la massima visibilità alle idee minoritarie di Kasper. Come prevedibile, il sinodo ha immediatamente cestinato il piano di Kasper, ma ha comunque lasciato aperta la possibilità di introdurre piccoli cambiamenti, ma questo solo perché un mese prima che il sinodo cominciasse Francesco ne ha alterato gli equilibri interni, invitando vescovi aggiuntivi che condividevano le sue idee liberali. E questo ci porta a sottolineare un fatto inquietante, che ha seriamente indebolito la fiducia verso Francesco: tra le persone invitate, infatti, vi era anche il molto liberal cardinale belga Godfried Danneels, che cinque anni fa si ritirò in maniera disonorevole dopo essere stato registrato mentre chiedeva a un uomo di tacere sugli abusi subiti da un vescovo prima che quest’ultimo andasse in pensione. Il vescovo era lo zio della vittima. In altre parole, Danneels tentò di coprire abusi sessuali che avevano avuto luogo all’interno di una famiglia. Papa Francesco ne era al corrente, ma ha comunque deciso di dargli un posto d’onore al sinodo dedicato alla famiglia. Ma perché, per amor di Dio? «Per ringraziarlo dei voti nel conclave» sibilano i conservatori – una calunnia, forse, ma di certo non aiuta il fatto che Danneels vada in giro a vantarsi di aver permesso l’elezione di Bergoglio.

Il sinodo si è concluso in maniera confusa, con un documento che ammette o non ammette la revoca del divieto alla comunione in circostanze speciali. Entrambe le parti si sono attribuite la vittoria – e il Papa, dicono gli osservatori, ha perso le staffe. Nel discorso conclusivo, Francesco si è duramente scagliato contro i «cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa» e contro la «chiusura di prospettive», aggiungendo che «i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito». L’allusione era chiara: i chierici che avevano difeso incondizionatamente il divieto di comunione rappresentavano i Farisei del Gesù di Francesco. Il Papa stava inviando insulti cifrati verso almeno metà di tutto il mondo vescovile – e, a quanto pare, stava anche dando ai preti il permesso di contestare le istruzioni circa la comunione e il divorzio. Un prete vicino al Vaticano è rimasto scioccato, ma non sorpreso. «State vedendo il vero Francesco», ha detto.

«È un brontolone, non riesce a nascondere il suo disprezzo verso la propria Curia. A differenza di Benedetto questo signore premia i suoi compagni e punisce i suoi nemici». Normalmente gli uomini di Chiesa non si riferiscono al Santo Padre con l’espressione «questo signore», anche se non gradiscono la sua teologia, ma in realtà oggi questa è una delle descrizioni di Francesco più gentili; le altre non possono essere pubblicate in una rivista destinata alle famiglie.

La Chiesa cattolica non è mai sembrata così vicina alla Comunione anglicana, che andò in mille pezzi quando i credenti ortodossi, specialmente in Africa, credettero che i propri vescovi avessero abbandonato gli insegnamenti di Gesù. Nel caso del cattolicesimo, però, la crisi strisciante si colloca in una scala molto più grande. Per milioni di cattolici, la forza più importante della Chiesa è certamente la sua coerenza e la sua immutabilità. Si aspettano che il vicario di Cristo sulla terra preservi la stabilità. Se i papi precedenti sono apparsi come delle figure elevate e distanti, questo è perché essi avevano bisogno proprio di questo, per evitare che potesse emergere uno scisma all’interno di una Chiesa che ha radici in tante culture diverse.

Oggi invece il successore di Pietro si sta comportando come un politico, litigando con i propri avversari, ammiccando al pubblico con citazioni, e telefonando ai giornalisti per rilasciare dichiarazioni sorprendenti che il suo ufficio stampa può tranquillamente smentire. Egli sta facendo capire di non trovarsi d’accordo con gli insegnamenti della sua stessa Chiesa. Ma un Papa non può comportarsi in questo modo senza cambiare la natura stessa della Chiesa. Forse è ciò che Francesco intende fare, ma questo lo si può solo immaginare, visto che egli deve ancora articolare un programma coerente di cambiamento, né è chiaro se sia intellettualmente attrezzato per metterlo in pratica. I cattolici fedeli credono che l’ufficio di Pietro sopravviverà a prescindere da chi lo detiene. Gesù l’ha promesso. Ma dopo il caos dell’ultimo mese, la loro fede è messa alla prova fino al punto di rottura. Bergoglio sembra rivelarsi l’uomo che ha ereditato il papato e l’ha distrutto.

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