Historia magistra vitae: in così difficili frangenti della vita della Chiesa, questa aurea massima può esserci d'aiuto. Perciò, riprendiamo volentieri dal sito del CNSP questo bell'articolo di Don Roberto Spataro SdB, che si riferisce ad epoche assai travagliate del nostro passato, di cui, forse, abbiamo perso memoria.
STORIA DELLA CHIESA
IL “MARTIRIO TEOLOGICO” DEL
DIACONO RUSTICO
E GLI ERRORI DI PAPA
VIGILIO (VI sec.)
È sempre
molto istruttivo rivisitare la Storia della Chiesa.
Nel VI
secolo dopo Cristo, il diacono romano Rustico, un teologo di prima classe, di
cui ci resta un’opera di cristologia intitolata Disputatio contra Acephalos (con questo termine si indicavano i
Monofisiti che negavano il dogma cristologico definito dal Concilio di
Calcedonia nel 451) entrò in disaccordo con il Pontefice romano, Vigilio, al
quale era legato da vincoli di parentela: era il figlio del fratello del Papa.
Vigilio giunse a scomunicare il nipote e a deporlo dall’ordo diaconorum.
Entrambi
si trovavano a Costantinopoli, dove una buona parte dell’aristocrazia romana si
era rifugiata a seguito delle interminabili guerre gotiche che stavano devastando
la penisola. Il Papa, eletto, stando ad alcune fonti, per una serie di torbide
manovre, era stato di fatto arrestato dall’Imperatore Giustiniano e tradotto a
Costantinopoli per confermare la condanna dei Tre Capitoli, fortemente voluta
dall’Imperatore. “Tre Capitoli” sono tre autori, Teodoro di Mopsuestia,
Teodoreto di Ciro, Iba di Edessa, ritenuti eretici dai monofisiti. In realtà,
erano autori che, pur ispirandosi ad una cristologia formulata in modo ancora
immaturo, erano giustamente considerati ortodossi da coloro che difendevano il
Concilio di Calcedonia. In altre parole, per i monofisiti condannare i “Tre
Capitoli” significava rimettere in discussione le decisioni del Concilio di
Calcedonia, il più importante nella storia della Chiesa per la definizione
dello statuto ontologico di Gesù Cristo, due nature, integre e perfette, unite,
senza divisione e senza confusione, in un’unica persona. Giustiniano, pur di
placare le contese religiose che indebolivano l’Impero, sotto la pressione
della moglie Teodora, dichiaratamente monofisita, era disponibile a sacrificare
i “Tre Capitoli”, con una condanna post
mortem, pur di placare la ribellione dei monofisiti.
Il Papa
cedette e con il suo Iudicatum
confermò la condanna. Successivamente, con un atteggiamento ondivago, confuso,
ambiguo, ritrasse la condanna per poi ribadirla, sia pure con alcuni distinguo
che aumentarono le incertezze. La Chiesa in Occidente reagì opponendosi alle
decisioni del Papa. Le Chiese di Aquileia e Milano ruppero persino la comunione
con Roma e si consumò un doloroso scisma ricucito dopo un secolo.
In queste
infelici circostanze, operò il diacono Rustico, strenuo difensore del Concilio
di Calcedonia, dotato di una pietas
sincera e fervorosa, uomo di fede e di preghiera, animato dalle autentiche
motivazioni di una coscienza religiosa sensibile e schietta. La sua intensa
attività di corrispondenza aiutò l’episcopato a formulare un giudizio retto
sulla “posta in gioco” e sull’atteggiamento assunto dal Pontefice che, cedendo
alle minacce, alle lusinghe, alle pressioni della corte imperiale, con i suoi
pronunciamenti, rischiava di rimettere in discussione il dogma cristologico.
Che cosa pensare del dissenso
apertamente manifestato dal diacono Rustico nei confronti del Pontefice? Il
clima generale dell’epoca imponeva di “schierarsi”: perché ogni moderazione
appariva un cedimento o un compromesso. In tale situazione, il comportamento
del papa Vigilio lasciava disorientati anche i suoi più fedeli collaboratori. Tutti
erano ben consapevoli della pretestuosità della questione dei Tre Capitoli: la
loro riprovazione serviva da “maschera” per coprire un atto teologicamente
molto più grave: la condanna della definizione cristologica del Concilio di
Calcedonia. L’atteggiamento vago e incomprensibile di Vigilio, giustificabile forse
per le circostanze sfavorevoli in cui venne a trovarsi, non aiutava certamente
a rasserenare gli animi di coloro che erano sinceramente e giustamente
preoccupati di non intaccare l’autorità e il valore del IV Concilio Ecumenico.
La storia recente aveva dimostrato che i tentativi di oscurarlo e di
minimizzarlo erano sempre possibili e, una volta attuati, le loro conseguenze
potevano risultare devastanti. Di qui la fermezza adoperata da Rustico e, in
questo senso, ci sentiamo di giustificare il suo operato: il suo fu un “martirio
teologico” per la difesa del bene più prezioso nella Chiesa, la fede in Gesù
Cristo.
W Rustico!
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RispondiElimina"Serpente antico":dicono le profezie.
EliminaQuindi non è ne' Azazel ,ne' Legione e nemmeno Mammona.
Se è quello della mela siamo nella melma fino al collo.
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EliminaConcordo con anonimo delle 21.11.
RispondiEliminaIl povero Mons.Guido Marini non è riuscito a far indossare la mozzetta poichè è arduo posarla sulle spalle di un crocefisso.
A ciò si aggiunga la visione della Pastorella di Fatima che ha visto un Vescovo vestito di bianco che ha preferito farsi ammazzare piuttosto che inginocchiarsi dinanzi alla Croce di legno grezzo.
Il ladrone poi si è portato appresso tutti i suoi preti che non hanno ascoltato l'Angelo che richiamava alla Penitenza.
Tempi ormai lontani quelli di vera fede in cui, co coraggio, i papi proclamavano la verità contro l'eresia e comunità cristiane si ribellavano contro papi eretici!
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