Da alcuni nostri amici che l'hanno gentilmente segnalato e tradotto, un interessante articolo sulla situazione ecclesiale in relazione alla prossima Esortazione Postsinodale. Essendo ormai in Settimana Santa possiamo solo dire, "Miserere nostri, miserere!", confidando però nella sicura Provvidenza Divina.
L
Il Cardinale Kasper, in occasione di una conferenza pubblica a Lucca, lunedì sera (14 marzo, ndt), ha annunciato l'imminente pubblicazione dell'esortazione post-sinodale sulla famiglia. Sorridente e soddisfatto, ha dichiarato: "fra pochi giorni (19 marzo) uscirà un documento di circa 200 pagine nel quale papa Francesco si esprimerà definitivamente sui temi della famiglia sollevati in occasione dell'ultimo Sinodo, e in particolare sulla partecipazione dei fedeli divorziati e risposati alla vita attiva della comunità cattolica. Sarà il primo passo di una riforma che farà voltar pagina alla Chiesa al termine di un periodo di 1.700 anni".
Secondo il giornale locale il Tirreno, il cardinale ha anche affermato: "Non dobbiamo ripetere le formule del passato né barricarci dietro il muro dell'esclusivismo e del clericalismo, la Chiesa deve vivere il nostro tempo e saperlo interpretare". Il Card. Kasper ha anche detto: "in questo senso sarà fondamentale una rivalutazione del ruolo della donna che dovrà avere la possibilità di accedere a posizioni chiave anche nella vita amministrativa della Curia e delle diocesi. Nella Curia romana c'è un dicastero sulla famiglia dove non è presente nessuna donna; ciò deve cambiare, le donne sono una parte fondamentale della famiglia".
Il moderatore dell'incontro, il giornalista Raffaele Luise, era tutto incantato. "Quello che abbiamo avuto la fortuna di sentire (sic) stasera a Lucca da un membro chiave della Curia è rivoluzionario", ha commentato dopo l'intervento del cardinale.
Che cosa possiamo concludere in base a tutto questo?
Innanzi tutto, che il cardinal Kasper è al corrente del contenuto dell'esortazione. Ancor prima di lui, Mons. Paglia aveva annunciato la firma del testo per il 19 marzo, festa di San Giuseppe: cosa che sembra dunque confermata, anche se fonti vaticane avevano precisato che la pubblicazione avverrà nel mese di aprile. Informazione ribadita giovedì ad alcuni giornalisti, tra cui Edward Pentin, da p. Lombardi, che ha parlato della prima metà del mese di aprile.
In secondo luogo, il cardinal Kasper sembra felice. Ciò non pregiudica realmente il contenuto dell'esortazione, come non lo pregiudica l'accento - preannunciato dal cardinale - sulla questione dei divorziati "risposati", che è in qualche modo la "sua" questione. Da parte del cardinale tedesco, può trattarsi di un classico tentativo di tirare la coperta dalla sua parte. Ciò non toglie che i suoi commenti siano preoccupanti.
Mi si obietterà che non serve a nulla preoccuparsi, finché il contenuto dell'esortazione non è ancora pubblico, e che lo Spirito Santo assiste la chiesa. Capisco questo atteggiamento di fede. C'è tuttavia un tal fascio di fatti e di dichiarazioni che hanno seminato confusione in settori dove non c'è alcun bisogno di sollevarne, che mi sembra necessario evocare l'eventualità di un documento deludente, o peggio. Perché? Proprio per non lasciarsi tentare da una mancanza di fede o di speranza: l'esortazione non sarà rivestita dall'infallibilità, il papa può, umanamente, sbagliare, o formulare un insegnamento che manchi di quella chiarezza di cui il nostro mondo ha, invece, bisogno. E proprio per concentrarci sulla preghiera per il papa e per il pesante compito che gli è proprio.
Il Cardinale Kasper evoca un cambiamento che "farà voltar pagina alla chiesa dopo 1.700 anni". Ecco il punto interessante. Il numero evidentemente non è scelto a caso, identifica un'epoca precisa della Chiesa; sembra indicare una nuova pratica che romperà con quanto la Chiesa fatto - quasi - dall'anno 316.
Questi 1.700 anni, osserva Robert Moynihan di Inside the Vatican, rinviano approssimativamente al primo concilio ecumenico, quello di Nicea nel 325, principalmente noto per aver proclamato la divinità di Cristo contro l'eresia ariana. "Ma c'è un passaggio del Concilio di Nicea che riguarda l'accettazione delle persone impegnate in un secondo matrimonio". È il Canone VIII: "Quanto a quelli che si definiscono catari, cioè puri, qualora si accostino alla chiesa cattolica e apostolica, questo santo e grande concilio stabilisce che, ricevuta l'imposizione delle mani, rimangano senz'altro nel clero. E’ necessario però, prima di ogni altra cosa, che essi dichiarino apertamente, per iscritto, di accettare e seguire gli insegnamenti della chiesa cattolica, che cioè essi comunicheranno con chi si è sposato per la seconda volta e con chi è venuto meno durante la persecuzione, per i quali sono stabiliti il tempo e le circostanze della penitenza, così da seguire in ogni cosa le decisioni della chiesa cattolica e apostolica"
I "puri", i catari di quell'epoca erano i sostenitori di Novaziano, che contestava il perdono dato a coloro che non avevano perseverato di fronte alla persecuzione. Davanti al rifiuto della Chiesa di dargli ragione, si era fatto ordinare vescovo per fondare la propria chiesa scismatica, caratterizzata da una eclatante mancanza di misericordia.
Moyhihan prosegue: "la dottrina del novazianismo era esattamente la stessa della Chiesa Cattolica, tranne per quanto concerneva il rifiuto del perdono a coloro che avevano apostatato nel corso delle persecuzioni. Essi rifiutavano anche la comunione a coloro che avevano divorziato e si erano risposati in quanto cristiani".
Ecco quindi - molto probabilmente - la chiave delle dichiarazioni del Cardinale Kasper. Kasper ha nostalgia di un'epoca in cui la Chiesa si mostrava altrettanto misericordiosa nei confronti degli apostati pentiti quanto "dei divorziati risposati", atteggiamento, quest'ultimo, che da allora sarebbe stato dimenticato e sarebbe andato perso... In tal modo, su questo tema, la Chiesa sarebbe "novazianista", "catara", attaccata ad una eccessiva purezza di costumi, ed anche ad una colpevole durezza di cuore...
Se questa è dunque la spiegazione del preannunciato "voltar pagina", cioè una rottura rispetto a una pratica antica, siamo di fronte ad un doppio inganno.
Il primo riguarda l'assimilazione del caso degli apostati pentiti, impegnati in un "percorso penitenziale" che sfocia nel ritorno alla comunione poiché hanno rotto visibilmente e seriamente con il precedente rinnegamento della loro fede, al (presunto) caso dei divorziati risposati che rimangano sempre e comunque impegnati nel loro secondo matrimonio, indipendentemente dall'eventuale pentimento, tanto che esso non determina alcun cambiamento di vita.
Il secondo inganno è quello espresso da Moynihan con il riferimento a "coloro che avevano divorziato e si erano risposati in quanto cristiani": questo riferimento è falso.
Il Canone VIII del Concilio di Nicea non riguarda affatto i divorziati, ma i vedovi e le vedove, per definizione liberati dai vincoli del loro primo matrimonio, che si sposavano nuovamente. Il rigorismo dei catari consisteva appunto nel ricusare questa pratica: essi rifiutavano la comunione a coloro che versavano in questa situazione. La Chiesa Cattolica, invece, riconosceva, come ha sempre riconosciuto, il matrimonio di queste persone che si ritrovavano sole e libere dai vincoli del matrimonio a causa della morte del marito o della moglie. Così, la Chiesa aveva posto come condizione per il ritorno dei catari la loro disponibilità a rientrare in comunione con coloro che non se ne erano mai allontanati, i vedovi e le vedove risposati religiosamente secondo le leggi della Chiesa.
Anche il Cardinale Kasper, proponendo un nuovo approccio rispetto ai divorziati risposati nel suo discorso al concistoro del febbraio 2014, ha invocato il Canone VIII nel senso riferito da Moynihan. Si può pensare che non abbia cambiato di uno iota le argomentazioni con cui sosteneva allora la sua proposta. Ma gli studi che respingono il suo punto di vista non mancano. E sulla scia del suo discorso, il libro Permanere nella verità di Cristo, firmato collettivamente da cinque cardinali, da canonisti e da storici, ha fatto il punto spiegando che la chiesa ammette le seconde nozze dei vedovi, ma non dei divorziati. La soddisfazione attualmente ostentata dal cardinal Kasper sembra indicare che egli si aspetti un ammorbidimento con riguardo ai divorziati risposati, ma non si tratterebbe di un "voltar pagina dopo 1.700 anni", ma di una rivoluzione e di un rifiuto dell'insegnamento stesso di Cristo di 2.000 anni fa, e della pratica costante della chiesa, mediante la manipolazione delle parole e dei fatti.
Si può sperare che, con la grazia di Dio, l'esortazione postsinodale non imboccherà un tale cammino di rottura. Ma si può temere qualche ambiguità.
Secondo il giornale locale il Tirreno, il cardinale ha anche affermato: "Non dobbiamo ripetere le formule del passato né barricarci dietro il muro dell'esclusivismo e del clericalismo, la Chiesa deve vivere il nostro tempo e saperlo interpretare". Il Card. Kasper ha anche detto: "in questo senso sarà fondamentale una rivalutazione del ruolo della donna che dovrà avere la possibilità di accedere a posizioni chiave anche nella vita amministrativa della Curia e delle diocesi. Nella Curia romana c'è un dicastero sulla famiglia dove non è presente nessuna donna; ciò deve cambiare, le donne sono una parte fondamentale della famiglia".
Il moderatore dell'incontro, il giornalista Raffaele Luise, era tutto incantato. "Quello che abbiamo avuto la fortuna di sentire (sic) stasera a Lucca da un membro chiave della Curia è rivoluzionario", ha commentato dopo l'intervento del cardinale.
Che cosa possiamo concludere in base a tutto questo?
Innanzi tutto, che il cardinal Kasper è al corrente del contenuto dell'esortazione. Ancor prima di lui, Mons. Paglia aveva annunciato la firma del testo per il 19 marzo, festa di San Giuseppe: cosa che sembra dunque confermata, anche se fonti vaticane avevano precisato che la pubblicazione avverrà nel mese di aprile. Informazione ribadita giovedì ad alcuni giornalisti, tra cui Edward Pentin, da p. Lombardi, che ha parlato della prima metà del mese di aprile.
In secondo luogo, il cardinal Kasper sembra felice. Ciò non pregiudica realmente il contenuto dell'esortazione, come non lo pregiudica l'accento - preannunciato dal cardinale - sulla questione dei divorziati "risposati", che è in qualche modo la "sua" questione. Da parte del cardinale tedesco, può trattarsi di un classico tentativo di tirare la coperta dalla sua parte. Ciò non toglie che i suoi commenti siano preoccupanti.
Mi si obietterà che non serve a nulla preoccuparsi, finché il contenuto dell'esortazione non è ancora pubblico, e che lo Spirito Santo assiste la chiesa. Capisco questo atteggiamento di fede. C'è tuttavia un tal fascio di fatti e di dichiarazioni che hanno seminato confusione in settori dove non c'è alcun bisogno di sollevarne, che mi sembra necessario evocare l'eventualità di un documento deludente, o peggio. Perché? Proprio per non lasciarsi tentare da una mancanza di fede o di speranza: l'esortazione non sarà rivestita dall'infallibilità, il papa può, umanamente, sbagliare, o formulare un insegnamento che manchi di quella chiarezza di cui il nostro mondo ha, invece, bisogno. E proprio per concentrarci sulla preghiera per il papa e per il pesante compito che gli è proprio.
Il Cardinale Kasper evoca un cambiamento che "farà voltar pagina alla chiesa dopo 1.700 anni". Ecco il punto interessante. Il numero evidentemente non è scelto a caso, identifica un'epoca precisa della Chiesa; sembra indicare una nuova pratica che romperà con quanto la Chiesa fatto - quasi - dall'anno 316.
Questi 1.700 anni, osserva Robert Moynihan di Inside the Vatican, rinviano approssimativamente al primo concilio ecumenico, quello di Nicea nel 325, principalmente noto per aver proclamato la divinità di Cristo contro l'eresia ariana. "Ma c'è un passaggio del Concilio di Nicea che riguarda l'accettazione delle persone impegnate in un secondo matrimonio". È il Canone VIII: "Quanto a quelli che si definiscono catari, cioè puri, qualora si accostino alla chiesa cattolica e apostolica, questo santo e grande concilio stabilisce che, ricevuta l'imposizione delle mani, rimangano senz'altro nel clero. E’ necessario però, prima di ogni altra cosa, che essi dichiarino apertamente, per iscritto, di accettare e seguire gli insegnamenti della chiesa cattolica, che cioè essi comunicheranno con chi si è sposato per la seconda volta e con chi è venuto meno durante la persecuzione, per i quali sono stabiliti il tempo e le circostanze della penitenza, così da seguire in ogni cosa le decisioni della chiesa cattolica e apostolica"
I "puri", i catari di quell'epoca erano i sostenitori di Novaziano, che contestava il perdono dato a coloro che non avevano perseverato di fronte alla persecuzione. Davanti al rifiuto della Chiesa di dargli ragione, si era fatto ordinare vescovo per fondare la propria chiesa scismatica, caratterizzata da una eclatante mancanza di misericordia.
Moyhihan prosegue: "la dottrina del novazianismo era esattamente la stessa della Chiesa Cattolica, tranne per quanto concerneva il rifiuto del perdono a coloro che avevano apostatato nel corso delle persecuzioni. Essi rifiutavano anche la comunione a coloro che avevano divorziato e si erano risposati in quanto cristiani".
Ecco quindi - molto probabilmente - la chiave delle dichiarazioni del Cardinale Kasper. Kasper ha nostalgia di un'epoca in cui la Chiesa si mostrava altrettanto misericordiosa nei confronti degli apostati pentiti quanto "dei divorziati risposati", atteggiamento, quest'ultimo, che da allora sarebbe stato dimenticato e sarebbe andato perso... In tal modo, su questo tema, la Chiesa sarebbe "novazianista", "catara", attaccata ad una eccessiva purezza di costumi, ed anche ad una colpevole durezza di cuore...
Se questa è dunque la spiegazione del preannunciato "voltar pagina", cioè una rottura rispetto a una pratica antica, siamo di fronte ad un doppio inganno.
Il primo riguarda l'assimilazione del caso degli apostati pentiti, impegnati in un "percorso penitenziale" che sfocia nel ritorno alla comunione poiché hanno rotto visibilmente e seriamente con il precedente rinnegamento della loro fede, al (presunto) caso dei divorziati risposati che rimangano sempre e comunque impegnati nel loro secondo matrimonio, indipendentemente dall'eventuale pentimento, tanto che esso non determina alcun cambiamento di vita.
Il secondo inganno è quello espresso da Moynihan con il riferimento a "coloro che avevano divorziato e si erano risposati in quanto cristiani": questo riferimento è falso.
Il Canone VIII del Concilio di Nicea non riguarda affatto i divorziati, ma i vedovi e le vedove, per definizione liberati dai vincoli del loro primo matrimonio, che si sposavano nuovamente. Il rigorismo dei catari consisteva appunto nel ricusare questa pratica: essi rifiutavano la comunione a coloro che versavano in questa situazione. La Chiesa Cattolica, invece, riconosceva, come ha sempre riconosciuto, il matrimonio di queste persone che si ritrovavano sole e libere dai vincoli del matrimonio a causa della morte del marito o della moglie. Così, la Chiesa aveva posto come condizione per il ritorno dei catari la loro disponibilità a rientrare in comunione con coloro che non se ne erano mai allontanati, i vedovi e le vedove risposati religiosamente secondo le leggi della Chiesa.
Anche il Cardinale Kasper, proponendo un nuovo approccio rispetto ai divorziati risposati nel suo discorso al concistoro del febbraio 2014, ha invocato il Canone VIII nel senso riferito da Moynihan. Si può pensare che non abbia cambiato di uno iota le argomentazioni con cui sosteneva allora la sua proposta. Ma gli studi che respingono il suo punto di vista non mancano. E sulla scia del suo discorso, il libro Permanere nella verità di Cristo, firmato collettivamente da cinque cardinali, da canonisti e da storici, ha fatto il punto spiegando che la chiesa ammette le seconde nozze dei vedovi, ma non dei divorziati. La soddisfazione attualmente ostentata dal cardinal Kasper sembra indicare che egli si aspetti un ammorbidimento con riguardo ai divorziati risposati, ma non si tratterebbe di un "voltar pagina dopo 1.700 anni", ma di una rivoluzione e di un rifiuto dell'insegnamento stesso di Cristo di 2.000 anni fa, e della pratica costante della chiesa, mediante la manipolazione delle parole e dei fatti.
Si può sperare che, con la grazia di Dio, l'esortazione postsinodale non imboccherà un tale cammino di rottura. Ma si può temere qualche ambiguità.