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sabato 5 dicembre 2015

Regredientes ergo, experientiam facite.


Non più "euntes ergo, docete gentes, baptizantes eos..", andate e insegnate, "ammaestrate" le Nazioni ecc..
Da decenni non solo è bene "non andare", il che implicherebbe mettere un piede davanti all'altro e fare "passi in avanti"; al contrario, pur restando (ammesso rimanga ancora qualcuno) è meglio fare "molti passi indietro"
Figurarsi battezzare nel nome di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo: urta la sensibilità ed è motivo di discordia.
Al massimo, "fare esperienza".

Infatti sta scritto: "Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo".
Ma "Io" (un io collettivo divinizzato) vi dico:

"Il regno dei cieli è simile ad un uomo in ricerca: animato dal dubbio, che non dà mai nulla di definitivo e che rifugge certezze, foss'anche quell' unica, scarna e fondante il cominciamento della ricerca: nel campo c'è un tesoro nascosto "da cercare". Anche questa premessa, va da sè, non è certa."
L'importante è la ricerca, la ricerca ad oltranza. La ricerca di cosa? Della ricerca: fare esperienza della Ricerca.
Perchè qualora si dovesse mai trovare qualcosa, il malcapitato sarebbe immancabilmente vincolato ad un'evidenza che gli si imporrebbe: ho trovato "questa cosa qui", e "questa cosa" è "così", impegnando la mia intelligenza a scandagliare la realtà di ciò che ho trovato: "è grande, blu, è solida, ha sporgenze indaco, sembra legno".. La sua ricerca continuerebbe per dipanare le incertezze SULLA COSA TROVATA ( "sembra" legno, o "è" legno?.. e se si, che tipo di legno? Da dove? Chi è il falegname che l'ha modellata ?).
La sua libertà rimarrebbe integra e piena, ma non più assoluta, svincolata (ab-soluta, sciolta da) dal fatto che liberamente ha trovato qualcosa, e che quella cosa "è", indipendentemente da come egli voglia raffigurarsela. La sua ricerca libera è ora legata ad una realtà che il malcapitato può interrogare per chiederle ragione di ciò che essa è.

Può. Ma anche no.
Liberamente può:
Un francobollo per tre religioni: Il Rabbino, il Gambero, l'Imam

1- innervosirsi, ributtarla dove l'ha trovata, coprirla di terra e foglie...cambiare direzione e fare "passi indietro", tornandosene da dove era venuto:
1.a Consapevole dell'accaduto, può, in mala fede, far finta di niente, ributtarsi nell'esperienza continua della ricerca, "combattendo" tutti coloro che hanno assistito al ritrovamento come dei visionari che credono a favole medievali per bambini, tanto più pericolosi fondamentalisti quanto più si ostinino a sostenere come vero il fatto del ritrovamento e a descrivere con precisione la cosa trovata;
1.b Diventa schizofrenico: una parte della personalità, cosciente, SA con certezza che qualcosa è stato trovato; ne rammenta le fattezze e le comunica agli altri, pur nell'incertezza figurativa attraverso la quale tale realtà rimonta le fumosità del ricordo; l'altra parte della personalità, al contrario, pur accogliendo la bella narrazione, non ammetterà che possa esser considerata cronaca oggettiva di un FATTO, e convincerà l'altra parte a ritenerla sì valida, ma per sè. Il tutto nell'unità del soggetto schizoide, ovviamente.

L'1.a, sono praticamente Teilhard de Chardin, Rahner & derivate transgeniche ( Küng, Mancuso, Bianchi...).
L'1.b, è Maritain.

Cultori del Logos?
Continuare a umiliare e infangare "la dottrina" e "il dogma" quasi fosse "super-stitio", paccottiglia umana sovrapposta nel tempo al "vero cuore pulsante della Fede" che attenderebbe invece il soffio dello Spirito per esser liberata da questa zavorrosa incrostazione.. è LA tentazione gnostica per eccellenza, presente nel Cristianesimo sin dai primissimi secoli, combattuta con la piuma intinta nel sangue dai Padri e dai Dottori; tentazione che, ripetendo il peccato gnostico dei Progenitori, ossìa il desiderare un bene spirituale (la somiglianza con Dio) in modo peccaminioso, "non ordinato", non conforme cioè alla volontà espressa di Dio, arriva  1. ad una grave amputazione antropologica ( l'intelletto non più di per sè ordinato alla verità, che comprende il reale sotto forma di "verum" in quanto intelleggibile, ma  ridotto a accessorio corrotto e quindi impossibilitato a cogliere la verità: l'uomo viene di fatto privato dell'intelletto, divenendo un enigma a sè) e 2. ad un apofatismo pratico ( di Dio, non possiamo dire nulla) che equivale ad un rigetto del Logos ( che fonda la verità degli enti creati, verità che è a sua volta fondamento e misura dell'intelletto umano) e del Logos incarnato.

Da liberi figli di Dio, a illusi figli dei fiori.
Dottrinaristi? Specialisti del Logos? Cultori di rigide strutture speculative che "abbandonano la fede e la trasformano in ideologia moralistica, casuistica, senza Gesù" ? Probet autem se ipsum homo.
Ciò che non vogliamo essere è eretici bonari che, illudendosi di pensare liberamente, si perdono e chiudono in concezioni fluide e diluite di "persona", "Dio", "esperienza", "fede" ecc.. più vicine al vitalismo che all'obiettiva solidità dell'essere. 
E' un circolo vizioso da cui non si esce: ogni volta che ci si illude di "pensare liberamente" svincolandosi dall'intelligenza del reale e dal Magistero perenne della Chiesa, si cade NECESSARIAMENTE in sistemi di pensiero che negano l'obiettività del reale extramentale e scartano il ruolo cogente e salvifico del Magistero infallibile; "si fanno passi indietro" sul terreno così arduamente conquistato dalla recta ratio, "si fanno passi indietro" rispetto al genio di Aristotele e, ancor peggio, all'insegnamento degli Apostoli, dei Padri, dei Dottori e dei Confessori per ingoiare acriticamente il pensiero nominalista e soggettivista, immanentista e idealista, Cartesiano, Kantiano, Hegeliano... e via discorrendo.

Qualche aiuto per comprendere meglio:

"Si sente ripetere spesso che “il cristianesimo non è una dottrina”. L’espressione di per sé è ambigua, ma può essere intesa nel modo giusto se completata con il riferimento alla persona di Cristo, come fa talvolta Benedetto XVI. Ma dire che il cristianesimo non è una dottrina non equivale affatto a dire che “il cristianesimo non ha una dottrina”, perché nessuno può aderire con la fede a Cristo se non accetta la sua dottrina (ci si scorda che Egli ha detto: “La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha mandato”). E la dottrina della fede non è, non può essere, qualcosa di vago e indeterminato, ma ha una precisa determinazione nelle “formule dogmatiche”[…].” 
Lettera aperta a Enzo Bianchi, Mons. Antonio Livi, 2.4.2012

"Il Cristianesimo, certo, è anche esperienza, ma l’esperienza è per sé stessa, incomunicabile; mentre ciò che si può comunicare sono i princìpi che precedono l’esperienza e da cui l’esperienza dipende. Nessuno mette in dubbio l’esistenza dell’esperienza religiosa che, sotto certi aspetti, è la forma più alta di vita cristiana. L’esperienza è infatti una conoscenza immediata e diretta della realtà. Ma l’esperienza religiosa non solo non nega la credibilità razionale della fede, ma la presuppone. [...]
Per i modernisti di oggi, come per i protestanti di una volta, la fede appartiene alla sfera affettiva e irrazionale. L’oggetto della fede, le verità credute, diventa secondario. Si rigetta in blocco il realismo greco-cristiano, negando valore al Logos, ai primi princìpi della ragione e al primato della metafisica. Ciò che conta è l’esperienza individuale del credente, quello che egli vive nella sua sensibilità. L’esperienza intima del soggetto diviene l’unica esperienza della vita cristiana e la coscienza religiosa l’essenza della vita della Grazia. Questa “esperienza di fede” rifugge dalle affermazioni dogmatiche, nella convinzione che ciò che è assoluto divide e solo ciò che muta e si adatta può unire gli uomini tra loro e a Dio.
In questa religione dell’umanità caratteristica dei nostri tempi l’affermazione netta della verità è un atto di intolleranza verso il prossimo e il compromesso tra la fede e il mondo diviene il modello di ciò che definito “incontro” con Dio. La fede però non è irenica: si alimenta con lo studio, con la discussione, anche con la polemica. Quando si discute con passione, vuol dire che si crede e il calore della polemica è talvolta la misura dell’amore verso ciò in cui si crede. Ma all’interno dello stesso clero, chi crede oggi, e in che cosa? Perché l’esperienza religiosa sia vera e non sia un’illusione ci vuole invece un criterio di verità. Il problema di fondo è come determinare l’autenticità dell’esperienza. L’esperienza religiosa può essere solo esperienza del vero Dio e della vera religione: non è un generico sentimento di dipendenza dall’assoluto.[...]

La massima della Chiesa secondo cui la lex orandi traduce la lex credendi presuppone l’esistenza di una integra e coerente dottrina, di cui la liturgia è visibile espressione. Ma se la dottrina è assorbita dalla vita, la liturgia non può che essere condannata all’estinzione. L’amore per la liturgia tradizionale presuppone necessariamente l’amore per le verità tradizionali. E il tanto bistrattato “tradizionalismo” non è altro che questo: amore alla verità della Chiesa in tutte le sue espressioni, da quelle liturgiche a quelle politiche e sociali.
I cosiddetti “tradizionalisti”, che sono solo cattolici senza compromessi, si richiamano all’insegnamento immutabile della Chiesa: non idolatrano il potere, ma credono nella Regalità sociale di Gesù Cristo, ossia sul suo diritto a regnare su ogni uomo e sulla società intera. L’“esperienza religiosa” a cui si rifanno è quella di coloro che testimoniarono col sangue la loro visione cristiana della società, come i Vandeani in Francia e i Cristeros in Messico.[…]  
da Processo ai nuovi modernisti
Roberto de Mattei, Il Foglio, 26.11.2013


Zac