25/11/2015
Pro Vita Onlus prende occasione dalla pubblicazione recente dei dati OSCE sugli Hate Crimes (Crimini motivati da odio) in 46 Stati, soprattutto europei, in particolare in Italia per affermare che non esiste un'emergenza omofobia. Secondo Alessandro Fiore le cifre “contribuiscono a smentire ciò che molte associazioni LGBT e organi di stampa continuano a ripetere rispetto a una presunta "emergenza omofobia" nel nostro paese, cioè che i crimini contro le persone LGBT sarebbero diffusi in modo allarmante in Italia.
"Benché non si possa dire che il rapporto dell'OSCE ci fornisca una conoscenza totalmente esauriente del numero di casi di crimini d'odio, - ha dichiarato il portavoce di ProVita Onlus - l'ordine di grandezza dei numeri (27 hate crimes contro persone LGBT su un totale di 596 durante l'anno 2014 in Italia, molto meno dei crimini xenofobici, razzisti o anti-religiosi) corrisponde a quello fornito da fonti nazionali come l'OSCAD e lo stesso Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali. E' quindi disonesto pretendere legislazioni speciali o focalizzare l'attenzione mediatica quasi esclusivamente su un certo tipo di crimine che, per quanto possano essere drammatici i singoli casi, nel complesso non conosce una diffusione allarmante nel nostro paese".
Pro Vita inoltre critica il comportamento dell'Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (Unar), perché istituito con legge per contrastare discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica, “ha da diversi anni focalizzato la sua attenzione sulle vere o presunte discriminazioni omofobiche o transfobiche, violando il principio di legalità dell'azione amministrativa. Basandosi su una presunta 'emergenza omofobia' ha speso soldi pubblici per elaborare azioni e strategie fuori dalle competenze attribuitegli per legge". ProVita non esclude il ricorso a vie legali per ripristinare la legalità. Un numero grande e crescente di “hate crimes” ha invece obiettivi religiosi. In Italia nel 2014 sono stati 153 non solo contro le "minoranze", ma anche contro le "maggioranze". Mattia Ferrero, delegato per le attività internazionali dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha notato come "gli hate crimes contro le maggioranze, ad esempio fondati sull'odio verso la religione cristiana, vengono sottovalutati. Eppure i crimini motivati dall'odio contro i cristiani, principalmente gli atti di violenza contro luoghi di culto, rappresentano un numero molto significativo, comparabile, e qualche volta superiore, a quelli fondati sull'odio verso altre religioni".
Sulla stessa lunghezza d’onda è stato un recente intervento del rappresentante del Vaticano all’Osce, Mons. Janusz Urbanczyk, secondo cui i crimini perpetrati contro i cristiani spesso non vengono riferiti o catalogati come “hate crimes”. Secondo Urbanczyk le statistiche a disposizione “implicano che i crimini d’odio contro i membri delle religioni, e in particolare cristiani, sono certamente più numerosi di quelli indicati nei rapporti ufficiali”. E questo avviene perché i crimini d’odio vengono riportati solo quando le vittime fanno parte di una minoranza.
"Benché non si possa dire che il rapporto dell'OSCE ci fornisca una conoscenza totalmente esauriente del numero di casi di crimini d'odio, - ha dichiarato il portavoce di ProVita Onlus - l'ordine di grandezza dei numeri (27 hate crimes contro persone LGBT su un totale di 596 durante l'anno 2014 in Italia, molto meno dei crimini xenofobici, razzisti o anti-religiosi) corrisponde a quello fornito da fonti nazionali come l'OSCAD e lo stesso Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali. E' quindi disonesto pretendere legislazioni speciali o focalizzare l'attenzione mediatica quasi esclusivamente su un certo tipo di crimine che, per quanto possano essere drammatici i singoli casi, nel complesso non conosce una diffusione allarmante nel nostro paese".
Pro Vita inoltre critica il comportamento dell'Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali (Unar), perché istituito con legge per contrastare discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica, “ha da diversi anni focalizzato la sua attenzione sulle vere o presunte discriminazioni omofobiche o transfobiche, violando il principio di legalità dell'azione amministrativa. Basandosi su una presunta 'emergenza omofobia' ha speso soldi pubblici per elaborare azioni e strategie fuori dalle competenze attribuitegli per legge". ProVita non esclude il ricorso a vie legali per ripristinare la legalità. Un numero grande e crescente di “hate crimes” ha invece obiettivi religiosi. In Italia nel 2014 sono stati 153 non solo contro le "minoranze", ma anche contro le "maggioranze". Mattia Ferrero, delegato per le attività internazionali dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha notato come "gli hate crimes contro le maggioranze, ad esempio fondati sull'odio verso la religione cristiana, vengono sottovalutati. Eppure i crimini motivati dall'odio contro i cristiani, principalmente gli atti di violenza contro luoghi di culto, rappresentano un numero molto significativo, comparabile, e qualche volta superiore, a quelli fondati sull'odio verso altre religioni".
Sulla stessa lunghezza d’onda è stato un recente intervento del rappresentante del Vaticano all’Osce, Mons. Janusz Urbanczyk, secondo cui i crimini perpetrati contro i cristiani spesso non vengono riferiti o catalogati come “hate crimes”. Secondo Urbanczyk le statistiche a disposizione “implicano che i crimini d’odio contro i membri delle religioni, e in particolare cristiani, sono certamente più numerosi di quelli indicati nei rapporti ufficiali”. E questo avviene perché i crimini d’odio vengono riportati solo quando le vittime fanno parte di una minoranza.