Questa
mattina viene pubblicata su Vatican Insider un’intervista rilasciata dal
teologo domenicano Padre Giovanni Cavalcoli al vaticanista Andrea Tornielli, che pare ormai votato toto corde alla causa
del progressismo; si stenta a credere che un'intervista simile possa essere stata realmente rilascata da uno tra i più intransigenti fustigatori di Karl Rahner;
ma – si sa – le cose cambiano e occorre adattarsi in fretta per non perdere il
treno. Destinazione ignota.
Il
testo – almeno così pare a chi scrive – manca di una vera coerenza logica e
cade spesso in contraddizione; appare una sorta di Zibaldone, nel quale verità
teologiche e inesattezza si mescolano e si ricorrono, ma non sembrano
strutturare alcun pensiero determinato. L’unica cosa chiara è che una simile
congerie di affermazioni ha come vero scopo quello di offrire un presunto supporto teologico (e per giunta di sapore "conservatoreggiante") a
ciò che recita il titolo (virgolettato): “La comunione ai risposati non tocca
la dottrina ma la disciplina”.
Ecco alcune delle idee più sorprendenti e
contradditorie:
1.
Circa
l’esistenza di uno “stato di peccato mortale” afferma Padre Cavalcoli:
“Non esistono
“condizioni peccaminose”, perché il peccato è un atto, non è una condizione, né
è uno stato permanente (…) L’atto del peccato, trattandosi di un atto della
volontà, può essere interrotto in qualunque istante e comunque cessa entro un
certo lasso di tempo, una volta che l’atto è compiuto”.
E poco dopo:
“Certo, dopo
l’atto del peccato, se non interviene il rimprovero della coscienza e il
pentimento, anche cessato l’atto, resta uno stato di colpa”
Dunque – chiediamo
noi – esiste o non esiste una “condizione o stato permanente di peccato”?
2.
Circa
le disposizioni del penitente, le cose non sembrano essere più chiare:
“Tra le condizioni
di questo tipo (cioè tra le condizioni nelle quali è facile peccare, n.d.r) c’è
certamente quella dei divorziati risposati, i quali vivono in un’unione
adulterina, legati uno dei due o tutti e due, come si suppone, a un precedente
legittimo matrimonio. In passato la Chiesa ha dato diposizioni pastorali atte a
consentire a queste coppie di mantenersi in grazia di Dio, pur essendo escluse
dai sacramenti. Esse possono ottenere il perdono dei peccati direttamente da
Dio, anche senza accedere al sacramento della penitenza”
Cosa significa
tutto ciò? Se due persone vivono in unione adulterina, non sono né tanto meno
possono mantenersi in stato di grazia, a meno che non si pentano e recedano da
tale unione; d’altra parte, se fossero in stato di grazia, non si vede perché
dovrebbero essere escluse dai Sacramenti. Il “perdono diretto”, infine, non è
un deus ex machina, ma presuppone la
contrizione, la quale non può mai darsi senza autentica conversione.
3.
Circa
la Sacra Tradizione, leggiamo:
“La Sacra Tradizione,
come dice la parola, è la trasmissione orale e fedele del dato rivelato, è la predicazione
apostolica della Parola di Dio nel corso della storia, è un Magistero vivente, assistito dallo
Spirito Santo, trasmissione che Cristo ha affidato agli apostoli e ai loro
successori sotto la guida di Pietro, di generazione in generazione, fino a
oggi, fino a Papa Francesco e fino alla fine del mondo”
e, subito appresso
“La Sacra Tradizione,
insieme con la Sacra Scrittura, è la fonte
della Rivelazione, ossia della dottrina della fede cattolica, riassunta dal
Credo, che ci viene interpretata e insegnata dal Magistero della Chiesa sotto
la guida del Papa”
Dunque, la Sacra Tradizione è
“Magistero vivente” oppure “fonte della Rivelazione”?
Padre Cavalcoli
farebbe bene a ricordare che in teologia il termine “tradizione” può avere un
significato “oggettivo” e un significato “attivo”. Nel primo caso, Tradizione
indica il contenuto oggettivo della Rivelazione definitivamente chiusa con la
morte dell’ultimo apostolo; nel secondo caso, indica invece l’azione del
trasmettere e, perciò, si avvicina all’idea di Magistero. Due concetti
differenti che afferiscono ad un unico termine.
Invece,
il Padre non distingue. E, omettendo tale distinzione, suggerisce tale
ragionamento:
La
Tradizione è Magistero vivente; la Tradizione è fonte della Rivelazione;
dunque, il Magistero vivente è fonte della Rivelazione.
Ciò significherebbe che il Magistero
attuale della Chiesa può continuamente riformulare le verità della fede:
storicismo assoluto, modernismo pieno. Una simile abnormità non è affermata
esplicitamente da Padre Cavalcoli (il quale, con un maldestro richiamo alla
distinzione tra progresso “oggettivo” e “soggettivo” della tradizione, non
chiarisce affatto ma contribuisce a creare ulteriore confusione): costituisce
però la conseguenza logica del suo ragionamento.
4.
Ed
ecco il punto di convergenza:
“La Chiesa,
quindi, è infallibile quando riconosce, codifica e interpreta la legge divina,
si tratti della legge morale naturale o rivelata; ma nel momento in cui emana
leggi, che ne dispongono la loro applicazione nella varietà o accidentalità
delle circostanze storiche o in casi particolari, queste leggi assumono un
valore semplicemente contingente, relativo e temporaneo, per cui, al
sopravvenire di nuove circostanze o per una migliore conoscenza della stessa
legge divina, richiedono di essere mutate, abrogate, corrette o migliorate,
s’intende sempre per una nuova disposizione dell’autorità”;
“Il concedere o
non concedere la comunione entra nel potere della pastorale della Chiesa e
nelle norme della liturgia, che sono stabilite dalla Chiesa secondo la sua
prudenza, che è sempre rispettabile, benché non infallibile”.
Le disposizioni
spirituali per accedere alla Comunione non sono riconosciute come “norme
morali” profondamente radicate nella Sacra Scrittura (come invece il Magistero
vivente della Chiesa insegna, cfr. Esort. apost. Familiaris consortio, n. 84:
AAS 74 (1982) 185), ma sono ridotte a “norme pastorali e liturgiche”.
Quest’idea, con buona pace dell’eminente
teologo Padre Cavalcoli, è francamente inaccettabile.
DFR