Crocifisso e ideologie
da IL FOGLIO QUOTIDIANO, 15.07.2015 ANNO XX NUMERO 167 - PAG 2
tratto da Sito di Mons. Luigi Negri
da IL FOGLIO QUOTIDIANO, 15.07.2015 ANNO XX NUMERO 167 - PAG 2
tratto da Sito di Mons. Luigi Negri
Al direttore - In
questi ultimi giorni il crocifisso è stato un protagonista inedito della mia
vita.
Circa dieci
giorni fa ho guidato un momento religioso in memoria di un grande sacerdote
della diocesi di Bologna, don Dario Zanini, parroco prima della parrocchia di
Monzuno e poi di Sasso Marconi, per quasi cin quant’anni, e morto recentemente
a Bologna.
Questo sacerdote,
all’indomani della Seconda guerra mondiale, aveva innalzato a Monte Venere –
nel paese di Monzuno – una grande croce in metallo, che sovrasta le case
del paese, per raccogliere la memoria di tutti i caduti di tutte le guerre e da
qualsiasi parte avessero combattuto la loro battaglia, offrendo così una grande
testimonianza umana, ancor prima che cristiana, e soprattutto evidenziando che
l’amore alla persona precede sempre le particolari opzioni di carattere
ideologico.
Come ho detto
tante volte in questi anni, si possono vivere e combattere dignitosamente e
positivamente anche le guerre ingiuste, poiché tutte le guerre sono ingiuste.
Alla grande
fiducia di questo straordinario pastore, un vero “uomo di Dio” – come lo ha
definito il cardinal Caffarra – negli ultimi tempi si è aggiunto un gruppo vivo
e attivo di testimoni cristiani che si sono impegnati nella ristrutturazione
della croce, e hanno aggiunto alla memoria di don Dario i volti di
due martiri
bambini: il beato Rolando Rivi e il beato José Sánchez del Rio, due testimoni
giovanissimi che hanno
mostrato come la fede valga più della vita.
Ecco, il
Crocifisso è proprio questo incondizionato “sì” che Dio dice in Cristo a ogni
essere umano, e che rende possibile – per chi crede nel Signore Gesù Cristo
morto e risorto – investire dello stesso credito, della stessa fiducia, della
stessa volontà di compagnia, il fratello che la provvidenza gli mette accan-
to. Il crocifisso
è segno di una straordinaria umanità, la cui eliminazione dalla vita della
nostra società, oltre a essere un affronto obiettivo alla presenza e alla
tradizione della chiesa, è prima di tutto un attentato alla stessa dignità
dell’uomo.
Per questo non si
può piegare il crocifisso alla mentalità dominante, per la quale è tollerato
nella misura in cui dichiara l’alleanza con l’ideologia di turno, e non è più
tollerato se pretende di essere simbolo di un evento unico e irriducibile a
qualsiasi altro evento della vita e della storia religiosa.
Come risuonano
profonde e vere le parole dell’amico card. Giacomo Biffi nel suo intervento al
XXIII Congresso eucaristico nazionale: “Il disegno del Padre non è
schizofrenico: tutto è unificato in Cristo, nel quale tutte le cose sussistono
(cf. Col 1, I 7).
Perciò non ci
sono diversi ‘salvatori’. Dire che Gesù è ‘salvatore unico’ equivale a dire che
è il ne-
cessario
salvatore di tutti gli uomini senza eccezioni. Questo è un punto oggi un po’
annebbiato nella mente di molti cristiani, i quali, dal giusto apprezzamento
per i molti valori
che si ritrovano
nella realtà extraecclesiale ed extracristiana, arrivano alla conclusione
indebita che c’è una pluralità di strade che conduce alla salvezza. E non si
accorgono che così confinano il Figlio di Dio tra ciò che è su perfluo e
marginale. Eppure dovrebbe essere abbastanza evidente che il Padre non abbia
pensato Cristo crocifisso e risorto come un ‘optional’ di un multiforme
meccanismo per riscattare e rinnovare il mondo, ma come un Redentore necessario
e sostanziale”.
C’è una sola
strada che conduce alla salvezza, e non riesco a immaginare contesti interpretativi
nuovi o diversi che ne giustifichino la sua “riduzione-inclusione” all’interno
di quei simboli ideologici che hanno falcidia to milioni di cristiani e, al di
là di essi, milioni di esseri umani privandoli della loro libertà, torturandoli
e uccidendoli dentro campi di concentramento sovrastati da queglistessi
simboli.Noi non abbiamo niente da nascondere e niente da difendere se non la
nostra fede, chenon intende cercare facili accordi con la mentalità mondana ma
assumersi in pieno lapropria responsabilità di fronte a Dio e di fronte alla
storia perché, come ripetevamoinsieme ai tanti compagni del tempo del Seminario
studiando le grandi filosofie dellastoria e dell’idealismo hegeliano: “Dio
certamente perdona, la storia no”.
Mons. Luigi Negri
arcivescovo di Ferrara-Comacchio
e abate di Pomposa
arcivescovo di Ferrara-Comacchio
e abate di Pomposa
Grande Mons. Negri! Degno erede dei due immensi Pastori della Chiesa Felsinea, i Cardinali Biffi e Caffarra!
RispondiEliminaBiffi è stato un grandissimo. Ora sarà in Cielo tra gli angeli....
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