"Il rapporto tra monachesimo e liturgia” Conferenza tenuta a Roma il 7 maggio 2015 da p. Cassian Folsom OSB, Priore del Monastero di Norcia.
Qual è il rapporto tra monachesimo e liturgia?
Posso rispondere molto sinteticamente con una analogia: è il rapporto tra pesce e acqua.
Ovviamente, il pesce abita nell’acqua, si muove nell’acqua, senza l’acqua muore. Così anche per il monaco: respira l’aria della liturgia, si nutre dalla liturgia, si muove nel mondo creato dalla liturgia, senza la liturgia muore spiritualmente.
Potrei finire qua – una conferenza di due minuti! – ma forse sareste delusi, aspettando una lezione più lunga. Quindi posso sviluppare il tema un po’ secondo le seguenti categorie:
La preghiera incessante
Il tempo impiegato ogni giorno nella preghiera liturgica, secondo la Regola di San Benedetto
I salmi
Il canto
LA PREGHIERA INCESSANTE
Ci sono due indizi nella Regola che indicano chiaramente che secondo San Benedetto, la preghiera liturgica si colloca decisamente nella tradizione della preghiera incessante, come articolata dai Padri del deserto.
PRIMO INDIZIO:
Nel rito Romano, durante la Settimana Santa, la liturgia ritorna alle sue forme più arcaiche. Ho in mente l’Ufficio Divino. Prima delle Ore Minori (prima, terza, sesta e nona), troviamo questa rubrica: [Horae minorae] absolute inchoantur a psalmis infra signatis, ossia: “Le ore minori iniziano absolute, cioè senza versetti, segni di croce, senza nessun elemento introduttivo, direttamente – con i salmi indicati sotto.”
Ad esempio, l’Ora Prima inizia direttamente con Salmo 53: Dio, per il tuo nome, salvami. Si ricorda che questo stile di cantare i salmi è proprio arcaico – antichissimo.
Diversamente, secondo la Regola di San Benedetto, tutte le ore canoniche hanno qualche elemento introduttivo. Vediamo, quindi, una innovazione da parte di San Benedetto che, parlando delle ore minori dice: “All’inizio si dica il versetto: Deus in adiutorium meum intende, Domine, ad adiuvandum me festina (Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto)” (RB 18:1). Perché questa innovazione? Non si faceva così, infatti, prima di San Benedetto. Perché questo versetto salmico in particolare? Nella tradizione monastica, dove si trova una trattazione intorno a questo versetto? Negli scritti di San Giovanni Cassiano, quando insegna un metodo da usare per la preghiera incessante. Cito un brano dalla Conferenza X di San Cassiano – lo stile è un po’ prolisso, ma il messaggio è chiaro:
Abba Isaia spiega a Cassiano e al suo compagno Germano: “Per voi dunque sarà proposta come formula di questa disciplina e di questa preghiera, da voi richiesta, quella che ogni monaco, allo scopo di tendere al continuo ricordo di Dio, deve abituarsi a coltivare con una continua ripresa da parte del cuore e dopo avere espulsa la varietà di tutti gli altri pensieri, poiché egli non potrà applicarvisi in altro modo, se prima non si sarà liberato da tutte le preoccupazioni e sollecitudini corporali. Tale esperienza, come a noi è stata trasmessa da quei pochi che, tra gli antichissimi padri sono sopravvisuti, così pure do noi essa non viene proposta, se non a pochissimi, realmente sitibondi [avidi, bramosi] di accoglierla. Pertanto sarà da noi suggerita a voi, conseguentemente, questa formula di vera pietà, allo scopo di raggingere un continuo ricordo di Dio: Deus in adiutorium meum intende, Domine ad adiuvandum me festina [Sal 69]” (Conf. X,10).
Poi, Abba Isaia spiega tutti i pregi di questo versetto salmico, e perché è adatto alla preghiera incessante.
Allora, San Benedetto è stato formato dalla tradizione monastica che esisteva già secoli prima di lui. Egli dispone che i suoi monaci leggano le Conferenze di San Cassiano. Infatti, San Benedetto individua il nucleo dell’insegnamento di Cassiano sulla preghiera incessante – e cioè l’uso di questo versetto – e con uno slancio innovativo, prefigge questo versetto a tutte le ore dell’Ufficio Divino.
Che cosa vuol dire tutto questo? San Benedetto vuole fare un ponte tra la preghiera personale e la preghiera liturgia. Il ponte è, infatti, la preghiera incessante.SECONDO INDIZIO
I nostri padri vivevano in un’epoca in cui si esprimeva il senso della vita per mezzo dei simboli. Un aspetto importante di questo mondo simbolico era costituito dai numeri. Ascoltate un brano della Regola, cap. 16, che insiste su questa simbologia:
“Si deve osservare quello che dice il Profeta: Sette volte al giorno io canto la tua lode. Questo sacro numero di sette sarà rispettato se adempiremo il dovere del nostro servizio a lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta, poiché a queste ore diurne si è riferito il salmista dicendo: Sette volte al giorno canto la tua lode. Quanto alla veglie notturne infatti il medesimo Profeta dice: Nel mezzo della notte mi alzavo a celebrarti. Rendiamo dunque lodi al nostro Creatore per le sentenze della sua giustizia a lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta, e alziamoci per celebrarlo nella notte” (RB 16).
Perché questa insistenza che i monaci cantino le ore diurne dell’Ufficio Divino sette volte ogni giorno? Perché il numero 7 significa completezza, totalità – significa che i monaci pregano sempre, incessantemente.
Ecco due piccole spie nella Regola di San Benedetto che ci aprono vasti orizzonti. La preghiera liturgica – e qui si tratta in particolare dell’Ufficio Divino – è organizzato in modo che queste forme liturgiche aiutano il monaco a pregare sempre, incessantemente. O in altre parole, aiutano il pesce a rimanere nell’acqua.
TEMPO IMPIEGATO NELLA PREGHIERA LITURGICA / PERSONALE
Questa immersione totale ha delle implicazioni concrete, perché la vita quotidiana del monaco viene organizzata attorno a questi momenti di preghiera. Poniamoci questa domanda: Quanto tempo ogni giorno viene impiegato nella preghiera liturgica, secondo la Regola di San Benedetto? (Potrei darvi subito la risposta, ma sarebbe un approccio noioso! È più interessante scoprirlo personalmente).
Ci sono due considerazioni:
1) l’Ufficio Divino (preghiera liturgica per eccellenza) e
2) la lectio divina (la ruminazione sulla Pagina Sacra della Bibbia).
Stranamente, San Benedetto dice ben poco sull’Eucaristia, non descrive la liturgia della Messa; questa lacuna viene riempita dalla tradizione sviluppatasi dopo San Benedetto.
La preghiera liturgica
Vorrei elencare tutti i momenti di preghiera liturgica della giornata, secondo la Regola e la tradizione. Però, la mia capacità matematica è pessima – dovete aiutarmi a fare il calcolo. Anzi, facciamo due calcoli: uno per i giorni feriali, l’altro per i giorni festivi. Il Mattutino: di solito dura attorno ad un’ora, ma la domenica e nei giorni festivi, può durare un ora e mezzo, o anche di più.
Continua QUI
Potrei finire qua – una conferenza di due minuti! – ma forse sareste delusi, aspettando una lezione più lunga. Quindi posso sviluppare il tema un po’ secondo le seguenti categorie:
La preghiera incessante
Il tempo impiegato ogni giorno nella preghiera liturgica, secondo la Regola di San Benedetto
I salmi
Il canto
LA PREGHIERA INCESSANTE
Ci sono due indizi nella Regola che indicano chiaramente che secondo San Benedetto, la preghiera liturgica si colloca decisamente nella tradizione della preghiera incessante, come articolata dai Padri del deserto.
PRIMO INDIZIO:
Nel rito Romano, durante la Settimana Santa, la liturgia ritorna alle sue forme più arcaiche. Ho in mente l’Ufficio Divino. Prima delle Ore Minori (prima, terza, sesta e nona), troviamo questa rubrica: [Horae minorae] absolute inchoantur a psalmis infra signatis, ossia: “Le ore minori iniziano absolute, cioè senza versetti, segni di croce, senza nessun elemento introduttivo, direttamente – con i salmi indicati sotto.”
Ad esempio, l’Ora Prima inizia direttamente con Salmo 53: Dio, per il tuo nome, salvami. Si ricorda che questo stile di cantare i salmi è proprio arcaico – antichissimo.
Diversamente, secondo la Regola di San Benedetto, tutte le ore canoniche hanno qualche elemento introduttivo. Vediamo, quindi, una innovazione da parte di San Benedetto che, parlando delle ore minori dice: “All’inizio si dica il versetto: Deus in adiutorium meum intende, Domine, ad adiuvandum me festina (Dio, vieni a salvarmi, Signore, vieni presto in mio aiuto)” (RB 18:1). Perché questa innovazione? Non si faceva così, infatti, prima di San Benedetto. Perché questo versetto salmico in particolare? Nella tradizione monastica, dove si trova una trattazione intorno a questo versetto? Negli scritti di San Giovanni Cassiano, quando insegna un metodo da usare per la preghiera incessante. Cito un brano dalla Conferenza X di San Cassiano – lo stile è un po’ prolisso, ma il messaggio è chiaro:
Abba Isaia spiega a Cassiano e al suo compagno Germano: “Per voi dunque sarà proposta come formula di questa disciplina e di questa preghiera, da voi richiesta, quella che ogni monaco, allo scopo di tendere al continuo ricordo di Dio, deve abituarsi a coltivare con una continua ripresa da parte del cuore e dopo avere espulsa la varietà di tutti gli altri pensieri, poiché egli non potrà applicarvisi in altro modo, se prima non si sarà liberato da tutte le preoccupazioni e sollecitudini corporali. Tale esperienza, come a noi è stata trasmessa da quei pochi che, tra gli antichissimi padri sono sopravvisuti, così pure do noi essa non viene proposta, se non a pochissimi, realmente sitibondi [avidi, bramosi] di accoglierla. Pertanto sarà da noi suggerita a voi, conseguentemente, questa formula di vera pietà, allo scopo di raggingere un continuo ricordo di Dio: Deus in adiutorium meum intende, Domine ad adiuvandum me festina [Sal 69]” (Conf. X,10).
Poi, Abba Isaia spiega tutti i pregi di questo versetto salmico, e perché è adatto alla preghiera incessante.
Allora, San Benedetto è stato formato dalla tradizione monastica che esisteva già secoli prima di lui. Egli dispone che i suoi monaci leggano le Conferenze di San Cassiano. Infatti, San Benedetto individua il nucleo dell’insegnamento di Cassiano sulla preghiera incessante – e cioè l’uso di questo versetto – e con uno slancio innovativo, prefigge questo versetto a tutte le ore dell’Ufficio Divino.
Che cosa vuol dire tutto questo? San Benedetto vuole fare un ponte tra la preghiera personale e la preghiera liturgia. Il ponte è, infatti, la preghiera incessante.SECONDO INDIZIO
I nostri padri vivevano in un’epoca in cui si esprimeva il senso della vita per mezzo dei simboli. Un aspetto importante di questo mondo simbolico era costituito dai numeri. Ascoltate un brano della Regola, cap. 16, che insiste su questa simbologia:
“Si deve osservare quello che dice il Profeta: Sette volte al giorno io canto la tua lode. Questo sacro numero di sette sarà rispettato se adempiremo il dovere del nostro servizio a lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta, poiché a queste ore diurne si è riferito il salmista dicendo: Sette volte al giorno canto la tua lode. Quanto alla veglie notturne infatti il medesimo Profeta dice: Nel mezzo della notte mi alzavo a celebrarti. Rendiamo dunque lodi al nostro Creatore per le sentenze della sua giustizia a lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri e compieta, e alziamoci per celebrarlo nella notte” (RB 16).
Perché questa insistenza che i monaci cantino le ore diurne dell’Ufficio Divino sette volte ogni giorno? Perché il numero 7 significa completezza, totalità – significa che i monaci pregano sempre, incessantemente.
Ecco due piccole spie nella Regola di San Benedetto che ci aprono vasti orizzonti. La preghiera liturgica – e qui si tratta in particolare dell’Ufficio Divino – è organizzato in modo che queste forme liturgiche aiutano il monaco a pregare sempre, incessantemente. O in altre parole, aiutano il pesce a rimanere nell’acqua.
TEMPO IMPIEGATO NELLA PREGHIERA LITURGICA / PERSONALE
Questa immersione totale ha delle implicazioni concrete, perché la vita quotidiana del monaco viene organizzata attorno a questi momenti di preghiera. Poniamoci questa domanda: Quanto tempo ogni giorno viene impiegato nella preghiera liturgica, secondo la Regola di San Benedetto? (Potrei darvi subito la risposta, ma sarebbe un approccio noioso! È più interessante scoprirlo personalmente).
Ci sono due considerazioni:
1) l’Ufficio Divino (preghiera liturgica per eccellenza) e
2) la lectio divina (la ruminazione sulla Pagina Sacra della Bibbia).
Stranamente, San Benedetto dice ben poco sull’Eucaristia, non descrive la liturgia della Messa; questa lacuna viene riempita dalla tradizione sviluppatasi dopo San Benedetto.
La preghiera liturgica
Vorrei elencare tutti i momenti di preghiera liturgica della giornata, secondo la Regola e la tradizione. Però, la mia capacità matematica è pessima – dovete aiutarmi a fare il calcolo. Anzi, facciamo due calcoli: uno per i giorni feriali, l’altro per i giorni festivi. Il Mattutino: di solito dura attorno ad un’ora, ma la domenica e nei giorni festivi, può durare un ora e mezzo, o anche di più.
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Fonte : Summorum Pontificum.org
Queste sono ottime iniziative, considerando l estremismo che sta infettando i mondo della traadizione
RispondiEliminaTi ho già risposto una volta carissimo Il Nuovo ma non hai avuto la bontà di degnarmi di una Tua cortese replica.
EliminaEstremismo dove e quale?
Giro per lungo e per largo nel variagato mondo della tradizione, neonata, italiana e vedo solo giovani che lavorano sudando le classiche sette camice...
Estremismo nei commenti ( per lo più anonimi) su alcuni blog ?
Forse.
Ma in realtà sotto l'anonimato chi si cela spesso quando si degenera in insulti?
Beh ... meglio che non ti dica che spesso i più protestanti sono dei progressisti che cercano di screditare il mondo della tradizione.
E poi in una situazione ecclesiale orribile ci si lasci anche la possibilità di uno sfogo via internet....
Can che abbaia non morde.
Buona giornata
Nuovo torno a dire che prima del 1962 eravamo (o meglio erano) tutti estremisti?? Ci faccia capire bene!
EliminaCaro Andrea, se le mie risposte non vengono pubblicate cosa posso farci?
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