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domenica 12 aprile 2015

Domenica in albis o Quasi Modo e Quasimodo

Jacopo ci sottopone una riflessione letteraria, per la quale lo ringraziamo.
In questi giorni nella messa della Domenica in Albis ho ascoltato all’Introito le parole, tratte dalla prima lettera di Pietro, “Quasi modo geniti infantes…” ["...alleluja: rationabiles, sine dolo lac concupiscite, alleluja, alleluja, alleluja": quasi come infanti appena nati, bramate latte spirituale e senza peccato, N.d.R.]. Mi hanno rammentato che esiste una breve poesia di Salvatore Quasimodo, epilogo della raccolta Oboe sommerso del 1932, intitolata per l’appunto “Amen per la Domenica in Albis”, che recita:

Non m’hai tradito, Signore,
d’ogni dolore
son fatto primo nato.

È chiaro (e forse era più chiaro nel 1932, quando la messa tradizionale era familiare a tutti…) che Quasimodo ha giocato sul versetto dell’Introito sopra riportato, dove appare in sostanza il suo cognome. Anche quel definirsi “primo nato” “d’ogni dolore” riprende il tema battesimale degli infanti appena nati espresso in apertura della messa. Che interesse ha una simile nota che qualcuno potrebbe ritenere di vana erudizione? Intanto ci conferma l’influsso che la liturgia tradizionale aveva perfino su uomini di cultura che non si possono definire, strettamente parlando, religiosi, men che meno baciapile e bigotti, come Quasimodo. La tesi, che oggi trova tanti ripetitori interessati, secondo cui la “vecchia messa” non era partecipata, non era seguita, non era sentita, mi pare non esca bene da confronti di questo genere. Al contrario, era sentita talmente in profondità da divenire scaturigine di poesia ai livelli più alti della nostra letteratura contemporanea. E potrei addurre in proposito diversi altri esempi, sempre tratti da autori non sospettabili di particolari simpatie verso la Chiesa e il cattolicesimo.
Cordialmente vostro,

Jacopo

Vorremmo aggiungere, sulla scia delle dotte osservazioni letterarie di Jacopo, che la domenica in Albis era un tempo chiamata anche domenica Quasi Modo, proprio dall'incipit dell'introito. In quel giorno viene ritrovato l'omonimo personaggio del romanzo Notre Dame de Paris di V. Hugo, bimbo abbandonato dai genitori a causa delle sue deformità. L'arcidiacono Frollo, che salva il fanciullo, lo battezza Quasimodo "soit qu'il voulût marquer par là le jour où il l'avait trouvé, soit qu'il voulût caractériser par ce nom à quel point la pauvre petite créature était incomplète et à peine ébauchée. En effet, Quasimodo, borgne, bossu, cagneux, n'était guère qu'un à peu près" ("sia che volesse rimarcare in quel modo il giorno del ritrovamento, sia che volesse indicare, con quel nome, a che punto la povera piccola creatura era incompleta ed appena sbozzata. In effetti, Quasimodo, guercio, gobbo e storto di gambe, non era molto più che un'approssimazione").
Fonte : MiL (22 aprile 2009)