A fronte dei “venti episcopalisti”:
studio su collegialità e dottrina cattolica
Da Disputationes Theologicae, del24.08.2014,
S. Giovanni Decollato
S. Giovanni Decollato
Lo scontro tra la teologia romana e l’ “alleanza europea” |
Segue da qui.
II) Analisi della collegialità in Lumen Gentium 18-22
Lumen Gentium, la controversa genesi di un testo
Della collegialità episcopale e del potere pontificio si occupò anche il Concilio Vaticano II nella ben nota “costituzione dogmatica” Lumen Gentium. Ricordiamo che quell’aggettivo “dogmatica” sta ad indicare che l’argomento di cui si parla nella Costituzione è attinente alla teologia dogmatica; si sta specificando che ciò di cui si parla è materia dogmatica, non per questo se ne sta parlando dogmaticamente e definendo infallibilmente. Quell’aggettivo non significa quindi che ogni assunto contenuto nel documento sia stato dogmaticamente definito, ma che si sta parlando - non con insegnamento infallibile - di una materia che di per sé è attinente al dogma. Per intendersi, ci si passi la semplificazione, anche un professore di teologia dogmatica, seppure con minore autorità rispetto ad una costituzione conciliare, parla di dogmatica, ma non definisce nulla dogmaticamente, in questo caso perché non ne ha facoltà. Diversamente, un Concilio valido ha in sé la facoltà di definire dogmaticamente con Magistero straordinario infallibile, ma deve esservi l’espressa ed evidente volontà di definire un oggetto che la Chiesa ha sempre insegnato e creduto. Non è il caso di Lumen Gentium, benché non si possa certo escludere che alcuni passi, laddove si ripete ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, attingano la loro infallibilità dal cosiddetto Magistero ordinario infallibile. Più in generale per il “valore magisteriale” dei testi conciliari rinviamo agli articoli già pubblicati dalla nostra rivista nell’apposita sezione (cfr. Quale valore magisteriale per il Vaticano II?), senza dimenticare che il Concilio stesso non ha chiesto per sé la dogmatizzazione generale avvenuta post eventum, come evidente dalle Notificationes ufficiali del Segretario Generale del Concilio del 16 novembre 1964[1].
Fatta questa premessa chiarificatrice e prima di analizzare i brani di Lumen Gentium relativi alla collegialità e la Nota Explicativa Praevia (voluta per correggere le erronee, quando non eretiche, interpretazioni che si erano immediatamente affacciate), va ricordato una volta di più che la lettura di tali testi non può non tener conto della loro genesi nelle commissioni o nell’aula conciliare. Il lettore accorto non avrà difficoltà a notare che due schieramenti si sono scontrati, per così dire, ogni tre righe. Il risultato non è un testo unitariamente concepito, né una sintesi, pur variegata, di differenti apporti, ma l’opera finale si rivela piuttosto come un tessuto eterogeneo : sembra cucito tutto d’un pezzo, ma le stoffe, pur essendo l’una accanto all’altra, sono differenti per colore e tessitura. Più che d’una sintesi dunque si ha spesso l’idea marcata di una giustapposizione di idee e di dottrine non in armonia tra loro. Talvolta è addirittura evidente che si è cercato d’ “incastrare fra due virgole” delle locuzioni che mal si conciliano con l’insieme della frase. Locuzioni proposte ora da uno schieramento ora da un altro per migliorare, correggere, deviare, restringere od allargare quanto era già stato inserito dalla “controparte”. Scontro dottrinale che, con un po’ d’attenzione alla sintassi latina e al lessico utilizzati, lascia tracce visibili nei passaggi linguistici che tradiscono un autore diverso da quello del pensiero che precede o segue. Il risultato è che la lettura è a volte faticosa ed esige un’attenzione continua per ovviare all’assenza d’unitarietà, scientificamente scoraggiante; a fortiori dunque è d’obbligo la prudenza, nondimeno si possono avanzare osservazioni critiche e sollevare anche seri interrogativi.
Le premesse introduttive nel Capitolo III di Lumen Gentium
L’intera Costituzione presenta spunti che possono riferirsi più o meno direttamente alla problematica della collegialità, sono sparpagliati lungo tutto il documento, che oltre ad essere oggettivamente molto lungo alterna toni talora discorsivi e narrativi talora esegetici. Il Capitolo III, De Constitutione hierarchica Ecclesiae et in specie de episcopatu, si occupa dichiaratamente della questione; qui il Sinodo si ripropone di “professare pubblicamente ed esplicitare la dottrina sui vescovi successori degli Apostoli, i quali insieme col successore di Pietro, che è il Vicario di Cristo e il capo visibile di tutta la Chiesa dirigono la casa del Dio vivente”[2].
Il Capitolo III, dopo un esordio dai toni fortemente pastorali, non manca di... [CONTINUA A LEGGERE...]
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