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domenica 6 luglio 2014

"Poi venne un altro angelo e si fermò all’Altare". La posizione dell'Altare

Domande e risposte (12 domande
Di Mons. Klaus Gamber 

"Poi venne un altro angelo e si fermò all’altare, reggendo un incensiere d’oro. 
Gli furono dati molti profumi perché li offrisse insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro, posto davanti al trono" (Apocalisse 8, 3). Secondo la concezione dell’epistola agli Ebrei, il tempio terreno di Gerusalemme e il suo altare erano l’immagine del santuario che è in cielo ed in cui il Cristo, eterno sacerdote, è entrato (9, 24). 
La liturgia celeste e la liturgia terrestre sono una cosa sola. 
Così, secondo il passo dell’Apocalisse citato in epigrafe, un angelo è fermo davanti all’altare d’oro del cielo, con un incensiere d’oro in mano, allo scopo di offrire le preghiere dei fedeli al cospetto di Dio. Anche la nostra offerta terrena non diventa totalmente valida davanti a Dio se non è "condotta dalla mano di un angelo sull’altare celeste", come è detto nel canone della messa romana. 
La concezione secondo la quale l’altare di quaggiù è un immagine dell’archetipo celeste che si trova davanti al trono di Dio, ha sempre determinato sia la sistemazione dell’altare, sia la posizione del sacerdote nei confronti di esso: e noi abbiamo visto che l’angelo che regge l’incensiere d’oro è fermo davanti all’altare. 
D’altra parte, le prescrizioni che Dio ha dato a Mosè (cfr. Esodo 30, 1-8) hanno certamente svolto un ruolo anch’esse. 
Queste osservazioni preliminari erano necessarie per far comprendere a che punto siano cambiate le concezioni attuali circa l’altare. 
Questo cambiamento non è stato effettuato brutalmente, ma poco la volta; si è cominciato diversi anni fa, prima del Concilio Vaticano II. 
Nella Richtlinien für die Gestaltung des Gotteshauses aus dem Geist der römischen Liturgie (Istruzioni per la sistemazione delle chiese nello spirito della liturgia romana), del 1949, Theodor Klauser sostiene che: "Certi segni fanno intravedere che, nella Chiesa futura, il prete si terrà come un tempo dietro l’altare e celebrerà col viso volto verso il popolo, come si fa ancora oggi in certe basiliche romane; l’augurio, che si solleva dappertutto, di veder più chiaramente espressa la comunione al tavolo eucaristico, sembra esigere questa soluzione" (n° 8). 
 Ciò che Klauser presentava allora come augurabile, come si sa, nel frattempo è divenuto quasi dappertutto la norma. 
Si pensa di aver fatto rivivere così un uso della cristianità delle origini. 
Ora, come dimostreranno chiaramente le spiegazioni che seguono, si può provare con certezza che non si è mai avuta, né nella Chiesa d’Oriente né in quella d’Occidente, alcuna celebrazione versus populum (verso il popolo), ma che, al contrario, per pregare tutti si volgevano sempre ad Oriente, ad Dominum (verso il Signore). 
L’idea di un “faccia a faccia” tra il sacerdote e l’assemblea, nel corso della messa, risale piuttosto a Martin Lutero, il quale, nel suo piccolo libro Deutsche Messe und Ordnung des Gottesdienstes (La messa tedesca e l’ordinazione del culto divino), del 1526, all’inizio del capitolo Della domenica per i laici, così scrive: "Noi conserveremo gli ornamenti sacerdotali, l’altare, le luci fino all’esaurimento o fino a quando non riterremo di cambiarle. 
Lasceremo, tuttavia, che altri possano fare diversamente; ma nella vera messa, fra veri cristiani, occorrerebbe che l’altare non restasse com’è adesso e che il prete si volgesse sempre verso il popolo, come senza alcun dubbio Cristo ha fatto al momento della Cena. Ma questo può attendere." 
Ed ecco che il momento atteso è arrivato… 
Per giustificare il cambiamento di posizione del celebrante in rapporto all’altare, il Riformatore si riferiva al comportamento di Cristo all’Ultima Cena. In effetti egli aveva davanti agli occhi le abituali raffigurazioni dei suoi tempi: Gesù in piedi o seduto a metà di una gran tavola, con gli Apostoli alla sua destra ed alla sua sinistra. 
Ma Gesù, ha effettivamente occupato tale posto? 
Certamente non avvenne così, poiché sarebbe stato contrario agli usi domestici dell’epoca. Al tempo di Gesù, e ancora secoli dopo, si utilizzava sia una tavola rotonda sia una tavola a forma di sigma (a semicerchio). 
Il davanti di essa veniva lasciato libero, per permettere il servizio. 
I convitati erano seduti o allungati dietro il semicerchio. 
Per far ciò utilizzavano dei divani o un banco, anch’esso a forma di sigma. 
Il posto d’onore non si trovava, come si potrebbe credere, in mezzo, ma a destra (in cornu dextro). 
Il secondo posto d’onore stava di fronte al primo. 
 Questa disposizione dei posti la ritroviamo, in maniera costante, nelle raffigurazioni più antiche della Cena di Gesù, fino a metà del Medio Evo. 
Il Signore è sempre allungato o seduto dalla parte destra della tavola (fig. 4). 
È solo verso il XIII sec. che si incomincia ad imporre un nuovo tipo di raffigurazione: ed allora Gesù è posto dietro la tavola, in mezzo agli Apostoli che lo circondano. 
È questa l’immagine che Lutero aveva davanti agli occhi. 
In effetti, essa ha l’apparenza di una celebrazione versus populum
Tuttavia, in realtà non si tratta di niente di simile, poiché il "popolo" verso cui il Signore avrebbe dovuto volgersi, si sa che era assente nella sala della Cena. 
Cosa questa, che toglie ogni valore all’argomentazione di Lutero. 
D’altronde, per quanto ne sappiamo, anch’egli non ha mai preteso che si celebrasse volti verso l’assemblea, come in seguito hanno preso l’abitudine di fare i Riformati, soli fra le comunità protestanti.

Prima domanda 

È possibile. Ma qual era la situazione nella Chiesa delle origini? 
I fedeli, non erano dunque seduti con il presidente alla "tavola del Signore"? 

 Qui è opportuno distinguere tra celebrazione dell’àgape - il pasto fraterno - e celebrazione dell’eucaristia, che all’inizio seguiva l’àgape e più tardi la precedette. Io ho già trattato a fondo la questione nel mio studio: Beracha. 
Nei primi secoli, quando il numero dei membri della comunità era ancora ristretto, si era conservata la stessa disposizione dei posti, a fedele imitazione dell’Ultima Cena, tanto più che essa corrispondeva agli usi dell’epoca. 
Diverse chiese domestiche della Chiesa delle origini, di cui si sono ritrovate le fondamenta nelle regioni alpine, lo provano chiaramente. 
Al centro di un locale relativamente piccolo (circa 5 metri per 12,5), si trova un banco in pietra semicircolare, capiente da quindici a venti posti (9). 
Nelle città, ove il numero dei fedeli era più elevato, si era obbligati ad aggiungere delle tavole supplementari. 
Il vescovo e i presbiteri stavano seduti ad una di queste, i fedeli nelle altre, le donne separate dagli uomini. 
Nell’epistola ai Gàlati (2, 11-12), l’apostolo Paolo rimprovera all’apostolo Pietro di aver preso cibo con i giudei convertiti, evitando i pagani convertiti. 
Ora, mentre per i pasti in comune, le àgapi, si stava seduti a delle tavole, per la celebrazione dell’eucaristia ci si alzava e ci si andava a porre dietro il celebrante, che stava all’altare, come prescrive espressamente la Didascalia degli Apostoli, una istruzione del II-III sec., che esigeva che ci si volgesse esattamente verso Oriente (10). 
Con gli sviluppi successivi, una volta soppressi i pasti fraterni (verso il IV sec.), le tavole sparirono. 
I fedeli ormai stavano seduti su dei banchi disposti lungo i muri della chiesa. 
La tavola d’altare, già in legno, divenne un altare in pietra.

( continua )


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NOTE:
(9) - Cfr. K. Gamber, Das Patriarchat Aquileja und die bairische Kirche (Il Patriarcato di Aquileia e la Chiesa bavarese),
pp. 22-55
(10) - II, 57, 2-58, 6 (Paderborn, 1906), ed. Funk. 

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