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giovedì 17 aprile 2014

Li amò sino alla fine

di don Alfredo Morselli



Il primo organo che si forma nel seno materno

Non è un caso se il cuore è il primo organo corporeo che si forma quando un bimbo è ancora nel grembo materno, e se già alla sesta settimana di gravidanza la mamma può percepirne i battiti.
Le prime contrazioni del cuore embrionale avvengono già al ventitreesimo giorno.
La loro frequenza iniziale è quella media di un uomo adulto, 70 al minuto: poi pian piano il ritmo cresce fino alla settima settimana, dive raggiunge i 170-190 battiti, per poi ridiscendere, fino al momento della nascita, a circa 160-180 pulsazioni/m.

Il cuore umano a 28 giorni

L’embrione umano, sempre a 28 giorni (dai 2 a 3,5 mm di lunghezza)
Nel disegno in alto, è possibile vedere, colorata in azzurro, la cavità pericardica. Fu in questa cavità che si formarono l’acqua e il sangue che sgorgarono dal Cuore di Cristo, dopo il colpo di lancia.

Gesù aveva fretta

Perché dico che tutto questo non è un caso? Perché, se come dice l’Apostolo, tutto è stato fatto in vista di Cristo, (“omnia per ipsum et in ipso - gr. eis autòn - creata sunt"; Col 1,16), anche il cuore dell’uomo - progettato per formarsi assai precocemente - è stato pensato e creato in vista di Gesù, in vista e in funzione del suo Cuore.

Gesù aveva fretta di aggiungere (quodammodo) al suo amore divino eterno un amore umano completo e perfetto, e tutta la Santissima Trinità aveva fretta di rivelare, attraverso questo Cuore a noi visibile (in se stesso e nei suoi effetti), il suo amore eterno per noi (1).

La formazione precoce del cuore dell’uomo è stata dunque concepita nel seno della SS. Trinità, per dare a Gesù, fin dai primi tempi dell’Incarnazione un cuore che ci amasse di un amore pienamente umano (razionale e sensibile); e perché potessero essere messe già da parte, nella cavità pericardica, le prima goccioline di quell’acqua e sangue che sarebbero poi state riversate - oceano di misericordia - sulla umanità intera, nel momento del massimo sacrilegio: quell’empio colpo di lancia, riassuntivo di tutto l’odio del mondo nei confronti del suo Salvatore.

Il Cuore di Gesù Cristo dovette indubbiamente palpitare d’amore e di ogni altro affetto sensibile

Pio XII ha descritto l’essenza e la dinamica psicologica di questo amore nella preziosa enciclica Haurietis aquas  del 15 maggio 1956.

Riassumo alcuni concetti e riporto alcuni stralci particolarmente significativi in proposito:

a) il Cuore di Gesù Cristo, unito ipostaticamente alla Persona divina del Verbo, dovette indubbiamente palpitare d’amore e di ogni altro affetto sensibile.
“Non essendovi allora alcun dubbio che Gesù Cristo abbia posseduto un vero corpo umano, dotato di tutti i sentimenti che gli sono propri, tra i quali ha chiaramente il primato l’amore, è altresì verissimo che Egli fu provvisto di un cuore fisico, in tutto simile al nostro, non essendo possibile che la vita umana, priva di questo eccellentissimo membro del corpo, abbia la sua connaturale attività affettiva. Pertanto il Cuore di Gesù Cristo, unito ipostaticamente alla Persona divina del Verbo, dovette indubbiamente palpitare d’amore e di ogni altro affetto sensibile; questi sentimenti, però, erano talmente conformi e consonanti con la volontà umana, ricolma di carità divina, e con lo stesso infinito amore, che il Figlio ha comune con il Padre e con lo Spirito Santo, che mai tra questi tre amori s’interpose alcunché di contrario e discorde”
b) ma non solo; esso  è simbolo e rivelazione di un triplice amore: divino, divino-umano razionale, e, in quanto umano, perfettamente umano, e quindi anche sensibile.
“A buon diritto, dunque, il Cuore del Verbo Incarnato è considerato come il principale simbolo di quel triplice amore, col quale il Divino Redentore ha amato e continuamente ama l’Eterno Padre e l’umanità. Esso, cioè, è anzitutto il simbolo dell’amore, che Egli ha comune col Padre e con lo Spirito Santo, ma che soltanto in Lui, perché Verbo fatto carne, si manifesta attraverso il fragile e caduco velo del corpo umano, «poiché in Esso abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità». Inoltre, il Cuore di Cristo è il simbolo di quell’ardentissima carità, che, infusa nella sua anima, costituisce la preziosa dote della sua volontà umana e i cui atti sono illuminati e diretti da una duplice perfettissima scienza, la beata cioè e l’infusa. Finalmente — e ciò in modo ancor più naturale e diretto — il Cuore di Gesù è il simbolo del suo amore sensibile, giacché il corpo del Salvatore divino, plasmato nel seno castissimo della Vergine Maria per influsso prodigioso dello Spirito Santo, supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano”.
Un amore sempre crescente

Mentre l’amore divino da un lato è senz’altro dinamico, ma dall’altro è semper idem, immutabile ed eterno, il perfetto amore umano di Gesù Cristo è stato tutto dinamico, ovvero cresceva a dismisura ad ogni battito del suo Cuore: e così, come insegna sempre Pio XII, mentre contempliamo i misteri della sua vita, dobbiamo “meditare i battiti del suo Cuore, con i quali sembrò che Egli misurasse gli attimi di tempo del suo pellegrinaggio terreno, fino al supremo istante, in cui, come ci attestano gli Evangelisti: «Gesù, dopo aver di nuovo gridato con gran voce, disse: È compiuto. E chinato il capo, rese lo spirito»”.

Meditiamo dunque i battiti del Cuore di Gesù: 70 battiti al minuto (media umana) x 33 anni, in totale fanno 1.214.136.000: (70 x 60 - battiti in un ora - x 24 - battiti in un giorno - x 365 - battiti in un anno - x 33 - battiti di tutta la vita del Signore).

O meraviglia! I battiti di questo cuore, che misuravano gli attimi del tempo della vita di Gesù, ci rivelano che l’amore umano del Salvatore è cresciuto - a dismisura ogni volta -, almeno per un miliardo, duecentoquattordici milioni e centotrentaseimila volte.

Il culmine dell’amore del Cuore di Cristo

Pio XII riassume, in tre misteri, il culmine di questo amore sempre crescente: la morte in Croce di Gesù, chiedendo perdono per noi, il dono della sua Santissima Madre, il Sacerdozio e la SS. Eucarestia:
“Ma è soprattutto sulla croce che il Divin Redentore sente il suo Cuore, divenuto quasi torrente impetuoso, ridondare dei sentimenti più vari; cioè di amore ardentissimo, di angoscia, di compassione, di acceso desiderio, di quiete serena, come ci manifestano apertamente le seguenti sue memorande parole: « Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno »; «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?»; «Ti dico in verità: oggi sarai meco in paradiso »; «Ho sete»; «Padre, nelle tue mani raccomando lo spirito mio».E chi potrebbe degnamente descrivere i palpiti del Cuore divino del Salvatore, indizi certi del suo infinito amore, nei momenti in cui Egli offriva all’umanità i suoi doni più preziosi: Se stesso nel Sacramento dell’Eucaristia, la sua Santissima Madre e il Sacerdozio?”
L’amore che rimane

Ma questo amore umano-divino dov’è finito? È solo un ricordo, una cosa che c’è già stata e che è finita? L’amore eterno divino rimane senz’alto, ma quello umano, la carità umana di Gesù forse svanisce?

Quando spiego queste cose ai bambini del catechismo, faccio loro questo esempio: “Immaginate una moglie che corre dietro al marito con un bastone, intorno al tavolo del salotto; mentre corrono passano davanti a una foto del loro matrimonio, dove erano stati ritratti proprio innamorati; quell’amore e quell’infervoramento ora, evidentemente,  non ci sono più: ma l’amore di Gesù non è così; non è sparito, perché e rimasto sostanziosissimo nell’Eucarestia

L’Eucarestia è propriamente Sacramentum charitatis, perché contiene non solo l’amore Divino di Gesù, ma anche il suo massimo amore umano, che cresceva a dismisura ad ogni battito del Cuore, finché non giunse al grado supremo: questo grado fu raggiunto nel momento della consumazione del sacrificio della Croce, nel dono della Madonna, dell’Eucaristia e del sacerdozio. 

Li amò sino alla fine

Veramente Gesù ci ha amati sino alla fine, perché non solo ci ha portato dall’eternità l’amore eterno, non solo ci ha amato sempre molto di più per almeno 1.214.136.000 di volte, ma perché ci ha lasciato questo amore vivo e palpitante, nell’Ostia santa, fino alla consumazione dei secoli.


NOTE

(1) Così ha ben spiegato il beato Giovanni Paolo II: “Si può dunque affermare che la rivelazione presenta, dell'universo, una struttura «logica» (da «Logos»: Verbo) e una struttura «iconica» (da «eikon»: immagine, immagine del Padre). Fin dai tempi dei Padri della Chiesa si è consolidato infatti l'insegnamento, secondo cui il creato porta in sé «le vestigia della Trinità» («vestigia Trinitatis»). Esso è opera del Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. Nella creazione si rivela la Sapienza di Dio: in essa l'accennata duplice struttura «logico-iconica» delle creature è intimamente unita alla struttura del dono, come dicono alcuni teologi moderni (Giovanni Paolo II, La creazione è opera della Trinità, 5 marzo 1986).

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