LA MESSA IN LATINO… PERCHE’ BOICOTTARLA?
di Carla D’Agostino Ungaretti, da Riscossa Cristiana del 17.08.2013
di Carla D’Agostino Ungaretti, da Riscossa Cristiana del 17.08.2013
L’articolo di Giovanni Lugaresi sulla Messa in latino ha risvegliato in me un’infinità di ricordi della mia felice adolescenza e vorrei aggiungere qualche piccola glossa.
Anche io, come lui, imparai praticamente a memoria quello che poi sarebbe stato chiamato l’Ordo Vetus Missae quando frequentavo la scuola elementare presso l’Istituto romano delle Suore Orsoline di S. Carlo in epoca (molto) preconciliare.
Le Suore facevano usare a noi scolarette il Messalino con la traduzione italiana stampata accanto al testo liturgico latino ed anche io, come l’amico Lugaresi, cominciai a capire qualcosa dell’originale solo quando iniziai a frequentare la scuola media.
Ma una volta impadronitami della lingua latina - così come veniva insegnata nelle scuole italiane, fin dalle medie, in epoca pre – sessantottina - comprendere il significato della liturgia, goderne la bellezza e sentirsene coinvolgere nella mente e nello spirito è stato tutt’uno.
Ancora ricordo l’incipit della S. Messa della mia gioventù. Il celebrante, rivolto verso l’altare, cominciava invocando l’aiuto di Dio: “Domine, exaude orationem meam” cui, nelle parrocchie, il chierichetto (ma a scuola rispondevamo noi scolare) rispondeva: “Et clamor meus ad Te veniat”, continuando poi con il Segno della Croce e con il Salmo 43 recitato a voci alterne: “Iudica me Deus et discerne causam meam a gente non sancta; ab homine iniquo et doloso erue me …” “ Quia tu es, Deus, fortitudo mea …”
Potrei ancora andare avanti nella citazione, a dimostrazione di come la suggestiva preghiera del salmista, pronunciata nella solenne lingua latina, si sia impressa nel mio spirito in maniera indelebile.
Allora non si concepiva, nelle scuole cattoliche di pregare in italiano, se non nella preghiera individuale e solitaria: non solo la S. Messa, ma anche la recita del S. Rosario e i meravigliosi canti del Veni Creator, all’inizio dell’anno scolastico, e del Te Deum, alla fine, erano rigorosamente in latino.
Ricordo con un po’ di commozione che la mia ottima insegnante di latino e greco (ero ormai arrivata al liceo) ci raccomandava di apprezzare, sì, il latino della S. Messa, ma di stare bene attente a non usarlo nei compiti in classe, in quanto la liturgia in questione si era consolidata al tempo del Concilio di Trento, quando la purissima lingua di Cicerone aveva subito delle trasformazioni e, pur conservando un notevole fascino, non era più la bella lingua della latinità classica che ci veniva insegnata a scuola. In altri termini: guai a scrivere all’esame di maturità Miserere nobis, come dice la liturgia, anziché Miserere nostri, come avrebbe scritto Cicerone!
La bocciatura in latino sarebbe stata garantita.
Gli studenti di oggi non corrono più questo rischio …
C’era un inconveniente, però. Io ricordo perfettamente che, allora, molte persone anziane, umili o di scarsa cultura non erano in grado di seguire la liturgia latina, e non solo nella mia parrocchia, ma in tutte le chiese, tanto è vero che era prevista la partecipazione di un chierichetto, o comunque di un fedele che, conoscendo la liturgia, fosse in grado di rispondere al celebrante nelle forme previste, sostituendosi così al popolo dei fedeli partecipanti.
Ricordo infatti, con commozione e tenerezza, una mia cara vecchia tata che ho amato molto - donna umile ma di sconfinata sapientia cordis - la quale, non potendo seguire la Messa nella forma latina che non era in grado comprendere, durante la celebrazione recitava il Rosario in un latino maccheronico e storpiato che era riuscita in qualche modo a imparare partecipando tutte le sere alla recita in parrocchia.
Sono sicura che la Madonna gradiva quella preghiera umile e sincera, ma io penso che, sotto questo aspetto l’introduzione della Messa nelle lingue moderne non sia stato un errore, perché ha dato veramente a tutti la possibilità di partecipare al Sacrificio della S. Messa con piena comprensione di quanto avviene sull’altare.
Ma anche a questo punto c’è un ma.
Come dice Giovanni Lugaresi – ed io sono d’accordo con lui - spesso il Novus Ordo si presta ad alcuni abusi.
Ne cito uno solo che scandalizza un po’ una cattolica “bambina” come me: spesso i celebranti inframezzano le parole della liturgia in volgare con frasi e commenti che vorrebbero essere di spiegazione della preghiera ma, non essendo previste dal Messale, possono prestarsi a fraintendimenti o distrazioni.
Alcuni anni orsono, trovandomi a New York, andai ad ascoltare la S. Messa domenicale nella Cattedrale di S. Patrizio; ricordo che il celebrante, un Vescovo ausiliario, infarcì sia la sua omelia che il resto della liturgia (ovviamente in inglese) con battute di spirito che fecero ridere a crepapelle i fedeli.
Sarà stato – come mi spiegarono i miei amici americani, tutti cattolici – un espediente tipico degli speakers statunitensi per attirare in chiesa il maggior numero possibile di fedeli?
Che tristezza (pensai) se la Chiesa di Cristo deve uniformarsi allo stile del mondo per annunciare il Vangelo!
Allora anche io penso - senza voler necessariamente ritornare all’esclusività dell’Ordo Vetus - che il latino sia veramente la lingua universale della Chiesa, quella che fa sentire i cattolici a casa propria nelle chiese di tutti i continenti, anche se non sono latinisti consumati.
Perché allora elevare tante proteste contro chi chiede di poter partecipare al Sacrificio nella lingua dei Padri della Chiesa?
A chi possono dare fastidio costoro?
Forse, come dice Giovanni Lugaresi, a certi sacerdoti che si sentono “creativi”?
Perché allora non ripristinare e diffondere (dove viene richiesta la celebrazione dell’ Ordo Vetus) i Messalini della mia adolescenza: quelli in latino, ma con la traduzione a fronte nella lingua locale, in modo che nessuno possa sentirsi escluso?
Santa Messa nell'antico rito domenicano
Santa Messa in una chiesa degli USA ( anni '50 )
A.C.
Sì, ok, tutto giusto, tutto carino, ma occhio ché la memoria inganna ed il latino è comunque geloso: “Domine, exaude orazione meam” quattro parole, due errori... E soprattutto non chiamiamo il Venerabile Rito della Messa secondo Tradizione "vetus ordo": è una definizione in negativo e che oltretutto non esiste.
RispondiEliminaL.Moscardò
"Vetus ordo" non è la mia definizione preferita, ma ha un senso da quando è stato, purtroppo, istituito un "novus ordo".
RispondiEliminaL'affermazione che la Messa in volgare "ha dato veramente a tutti la possibilità di partecipare al Sacrificio della S. Messa con piena comprensione di quanto avviene sull’altare" è animata da buone intenzioni, ma nasconde l'idea che la Messa sia un momento di edificazione, l'equivalente di una predica che deve essere compresa dall'intelletto: niente di tutto ciò, la Messa è la celebrazione di un mistero, e una lingua ad essa dedicata è il modo migliore per entrarvi.
Aggiungerei infine che il latino non classico della Messa è la riprova della sua antichità: se risalisse al Concilio di Trento, come l'autrice sembra credere e come i detrattori vorrebbero far credere, il suo latino sarebbe stato perfettamente ciceroniano secondo la moda di quel tempo.
in questo articolo si parla come se la nuova messa fosse la traduzione in lingua della messa....purtroppo non è così, la lotta non è per il latino (che ha la sua grande importanza)
RispondiEliminapreferirei mille volte una messa in italiano a una messa nuova in latino.
il problema è la protestantizzazione della messa cattolica.
La Messa voluta dal Concilio era quella del 1965,e la riforma si sarebbe dovuta fermare lì, il Novus Ordo è stato voluto da una lettura di parte del Concilio.
RispondiEliminaGuidotorinese
quindi?
EliminaLa Messa voluta del Concilio è quella del 1965 e la riforma si sarebbe dovuta arrestare lì; il Novus Ordo è stata voluto da un'interpretazione di parte e fuorviante del Concilio.
RispondiEliminaGuidotorinese
Qualcuno di voi conosce la Messa del 1965 ? che differenze ci sono col NO ?
Eliminavedere qui per il Messale del 1965:
Eliminahttp://www.cantualeantonianum.com/2011/03/il-messale-del-1965-la-messa-in-volgare.html
A parte la sparizione del salmo 42 all'inizio della Messa e qualche altra piccola modifica, il testo è sostanzialmente quello del 1962.
EliminaIl Messale del 1965 era bellissimo, diretta promanazione della Sacrosantum Concilium (e quindi del Concilio Vaticano II). Anche Lefebvre celebrava, quale Padre Conciliare, con quel Messale. Nessuna rottura avremmo avuto se Paolo VI e Bugnini non avessero distrutto la continuità Liturgica. Da rimarcare che per quel Messale era espressamente prevista la recita anche nelle lingue volgari....Il nuovo messale è una richiesta dei protestanti che poco ha a che vedere con la Liturgia Cattolica.
EliminaHierro, ammiro sempre quello che scrivi. Che il messale del 1965 sia meglio del pastrocchio protestante passi, ma che sia "bellissimo" non mi azzarderei.
EliminaComunque ti reinvito a contattarmi per poterti conoscere. Il mio indirizzo è kuno_senpai@hotmail.com
Grazie.
Ti ringrazio tantissimo per i complimenti ma preferisco continuare a scrivere esclusivamente sul blog.
Elimina:-)
Infatti perhe' boicottarla per i pochi fedeli che la desiderano si crei in ogni diocesi una chiesa dove si possa contenerli tutti ed accontentarli pacificamente. Qui potranno esprimere tutta la loro fantasia nel riesumare altari vesti camici pizzi oggetti canti ecc. Tanto saranno sempre lo 0,000001% dei cattolici Santi amanti e rispettosi del Concilio Vaticano II
RispondiEliminaL'anonimo delle 10:50 è un cattolico Santo?
EliminaNo, giusto per sapermi regolare. Mi può anche Sua Santità dire in cosa bisogna "rispettare" il Concilio Vaticano II, non avendo esso definito alcun dogma? Lo sa Sua Santità che bisogna non solo rispettare, ma credere a tutti i dogmi proclamati infallibilmente dai papi per essere definiti cattolici? Quindi mi può Sua Santità spiegare come si concilia la definizione DOGMATICA data dal Concilio di Trento della S. Messa come riproposizione incruenta del sacrificio di Nostro Signore sulla croce con la vulgata in opera in tutte le parrocchie che definisce la S. Messa come la commemorazione dell'ultima cena?
Sa, per chi vuole essere Santo come lei sono cose che vanno sapute, è normale che si chieda a chi gode già della visione beatifica di insegnare a noi ignoranti peccatori.
Grazie.
Condivido le limature dei commenti sopra esposti: non li avevo espressi per non essere troppo antipatico verso un articolo che è appunto "carino" ma non dice niente né di nuovo né di preciso, anzi....
RispondiEliminaMi preme intervenire nuovamente per chiarire la mia opinione sulla definizione orribile di "vetus ordo". Si dice: "ha un senso da quando è stato, purtroppo, istituito un "novus ordo". Sì, ha un senso ma è senso in significato deteriore: è molto meglio riferirsi ad un "usus antiquior": antico infatti è sinonimo di pregiato in quanto resistito al tempo, vecchio induce invece a pensare a qualcosa di abbandonato e in disuso a causa di un fisiologico deperimento (cosa assolutamente impensabile per il Venerabile Rito). Inoltre non si dimentichi che non esiste in alcun testo normativo tale espressione di "vetus ordo" che è invece dedotta a contrariis dal novus ordo, definizione tristemente ufficiale; insomma non è opportuno usare il termine minore per dedurne uno maggiore, un po' come se volessimo usare il termine "grande collina" per definire la Sommità del K2...non so se....
Per favore, la battaglia dei termini è importante perché dietro le definizioni poi ci si incrostano sfuggevoli accezioni lesive dei significati! Dite come volete ma non vetus ordo! Per pietà!
L. Moscardò
Sign. Moscardò, ha perfettamente ragione! Comunque volevo solo avvertire che nei mercatini estivi di antiquariato delle nostre città, spesso nelle bancarelle di libri vecchi o, meglio, "antichi" si possono ancora trovare i messalini con il testo in latino preconciliare a sinistra e rispettiva traduzione a destra. Lo scrivo affinchè non vadano perduti e siano acquistati da chi li sa rispettare ed apprezzare in pieno.
RispondiEliminaWhen you're shopping by means of the Netflix library there may be rather a lot of things that determine what
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