ROMA, mercoledì, 5 settembre 2012 (ZENIT.org) – Sono trascorsi 15 anni dalla sua salita al cielo, eppure il ricordo di Madre Teresa di Calcutta, rimane vivo e intatto nel cuore dei cristiani e di tutta l’umanità.
Fondatrice delle Missionarie della Carità, beatificata da Giovanni Paolo II nel 2003, Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxiu, ha lasciato un segno indelebile di santità nel nostro secolo, dedicando la sua intera vita al servizio totale dell’altro, del debole, del povero soprattutto dove “vedeva realmente Gesù Cristo”, come spesso affermava.
Oggi è la sua festa: oltre alla sua memoria liturgica, celebriamo anche il 15° anniversario della sua morte, avvenuta il 5 settembre 1997.
In questi anni, il suo operato è stato portato avanti dalle sorelle della Congregazione da lei fondata, sempre attive tra le categorie sociali più deboli e dedite a questa “eredità di amore” della Madre, fatta di preghiera, silenzio, rispetto e dignità verso ogni essere umano, senza alcuna distinzione.
Il suo ricordo lo portano avanti anche le tante persone “comuni” – cristiane ma anche atee - che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente questa piccola messaggera di Dio, beneficiando del suo carisma e del suo amore altruistico.
La testimonianza più grande della santità di Madre Teresa arriva, però, in modo particolare, da numerose famiglie che, a distanza di anni, sono ancora mosse da una gratitudine profonda verso la Madre, perché ha permesso loro di vivere una grazia che la natura non gli ha concesso: essere genitori.
Tra i tanti servizi svolti dalle Missionarie della Carità nella periferia di Calcutta c’era anche questo infatti: accogliere bambini abbandonati e soli, a volte addirittura neonati, per curarli fino a quando qualche famiglia li adottasse.
"La vera gioia sta nel donare amore.
Fondatrice delle Missionarie della Carità, beatificata da Giovanni Paolo II nel 2003, Madre Teresa, al secolo Agnes Gonxha Bojaxiu, ha lasciato un segno indelebile di santità nel nostro secolo, dedicando la sua intera vita al servizio totale dell’altro, del debole, del povero soprattutto dove “vedeva realmente Gesù Cristo”, come spesso affermava.
Oggi è la sua festa: oltre alla sua memoria liturgica, celebriamo anche il 15° anniversario della sua morte, avvenuta il 5 settembre 1997.
In questi anni, il suo operato è stato portato avanti dalle sorelle della Congregazione da lei fondata, sempre attive tra le categorie sociali più deboli e dedite a questa “eredità di amore” della Madre, fatta di preghiera, silenzio, rispetto e dignità verso ogni essere umano, senza alcuna distinzione.
Il suo ricordo lo portano avanti anche le tante persone “comuni” – cristiane ma anche atee - che hanno avuto la fortuna di conoscere personalmente questa piccola messaggera di Dio, beneficiando del suo carisma e del suo amore altruistico.
La testimonianza più grande della santità di Madre Teresa arriva, però, in modo particolare, da numerose famiglie che, a distanza di anni, sono ancora mosse da una gratitudine profonda verso la Madre, perché ha permesso loro di vivere una grazia che la natura non gli ha concesso: essere genitori.
Tra i tanti servizi svolti dalle Missionarie della Carità nella periferia di Calcutta c’era anche questo infatti: accogliere bambini abbandonati e soli, a volte addirittura neonati, per curarli fino a quando qualche famiglia li adottasse.
"La vera gioia sta nel donare amore.
Mi chiedono come faccio ad avere la gioia negli occhi in mezzo a tante sofferenze e miserie dei miei poveri. I miei occhi sono pieni di gioia perché le mie mani asciugano tante lacrime". (Beata Madre Teresa di Calcutta)
« Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama.
I santi — pensiamo ad esempio alla beata Teresa di Calcutta — hanno attinto la loro capacità di amare il prossimo, in modo sempre nuovo, dal loro incontro col Signore eucaristico e, reciprocamente questo incontro ha acquisito il suo realismo e la sua profondità proprio nel loro servizio agli altri.
Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento.
Entrambi però vivono dell'amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo.
Così non si tratta più di un « comandamento » dall'esterno che ci impone l'impossibile, bensì di un'esperienza dell'amore donata dall'interno, un amore che, per sua natura, deve essere ulteriormente partecipato ad altri.
L'amore cresce attraverso l'amore.
L'amore cresce attraverso l'amore.
L'amore è « divino » perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia « tutto in tutti » (1 Cor 15, 28).
...
« La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un'urgenza del tutto concreta.
Chi prega non spreca il suo tempo, anche se la situazione ha tutte le caratteristiche dell'emergenza e sembra spingere unicamente all'azione.
La pietà non indebolisce la lotta contro la povertà o addirittura contro la miseria del prossimo.
La beata Teresa di Calcutta è un esempio molto evidente del fatto che il tempo dedicato a Dio nella preghiera non solo non nuoce all'efficacia e all'operosità dell'amore verso il prossimo, ma ne è in realtà l'inesauribile sorgente.
Nella sua lettera per la Quaresima del 1996 la beata scriveva ai suoi collaboratori laici: «Noi abbiamo bisogno di questo intimo legame con Dio nella nostra vita quotidiana.
E come possiamo ottenerlo? Attraverso la preghiera»
( Papa Benedetto XVI LETTERA ENCICLICA DEUS CARITAS EST )