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domenica 29 aprile 2012

L'Arcidiocesi di Milano e il Papa - una riflessione di un nostro lettore

Gentile Redazione di Messainlatino,

da qualche giorno è comparso sul sito dell’arcidiocesi di Milano un documento che (cito dalla sua presentazione) “mira ad approfondire la comprensione del ministero del Papa, con l’auspicio di rafforzare in tutti la disposizione a un’accoglienza grata e cordiale del successore di Pietro”.

Allego tale documento, che può comunque essere letto on line qui:
http://www.incrocinews.it/polopoly_fs/1.57988.1335163138!/menu/standard/file/Catechesi_Papa_2012.pdf



Si tratta di tredici pagine, curate da don Mario Antonelli (che l’introduzione al documento presenta come “teologo e docente al seminario di Seveso (Mi), collaboratore dell’ufficio missionario diocesano e della pastorale dei migranti”) che costituiscono una lettura molto interessante. Vorrei proporre su di esse tre riflessioni.

La prima riflessione: l’articolo è un segno.
E’ significativo che una diocesi senta il bisogno di “approfondire la comprensione del ministero del Papa” e auspichi di “rafforzare in tutti la disposizione a un’accoglienza grata e cordiale del successore di Pietro”. Questo dato può essere letto in due modi.
Da un lato, in senso positivo, è certamente segno di particolare devozione per il Santo Padre, al quale si vuole riservare un’accoglienza il più possibile “grata e cordiale”; una premura che nasce dalla consapevolezza che il Pontefice non sempre gode di buona stampa.
Dall’altro, in senso negativo, è certamente segno del fatto che gli ideatori e il curatore di tale documento sono consapevoli che nell’arcidiocesi milanese tale “disaffezione” nei confronti del Santo Padre è un dato non trascurabile. E ci si potrebbe domandare di chi sia la responsabilità ultima di tale situazione se non in prima istanza di una buona fetta del clero ambrosiano, oltre che ovviamente di una diffusa mentalità desacralizzante e scristianizzata diffusa nella società.
Tra l’altro, sarebbe curioso sapere se si siano verificati altrove casi simili, in cui una diocesi ha sentito il bisogno di “preparare il terreno”, un terreno che si avverte non del tutto amichevole, nei confronti di una visita pastorale del Santo Padre.
Dunque, luci e ombre. Ma, per carità, cogliamo soprattutto le luci..., almeno quando ci sono...

La seconda riflessione: l’encomiabile contenuto.
Il documento, va detto per onestà, è ben costruito e riesce a comunicare il cuore della questione: il primato di Pietro. Tra l’altro, esso riporta stralci molto lunghi di discorsi tenuti da Benedetto XVI, che in totale coprono circa tre pagine su tredici: discorsi che già in sé sono garanzia di ortodossia. Dunque, non mi pare che si possano avanzare critiche sostanziali a un testo che giustifica l’importanza della figura del Santo Padre e cerca di farne comprendere meglio il ruolo.

La terza riflessione: dieci formule ambigue.
Certo è che però il testo è disseminato di alcune espressioni e di alcuni riferimenti che possono risultare ambigui. Provo a citare alcuni di questi piccoli passaggi. Mi si dirà che non è possibile estrapolare frasi singole dal contesto: ne sono consapevole, ma sulla natura del contesto si è già detto nel punto due e ciò autorizza a passare in rassegna punti specifici. Con questa breve “antologia di ambiguità” intendo solo mettere in luce alcuni aspetti che nel loro complesso bene fotografano un habitus ben radicato nell’arcidiocesi ambrosiana. Riporto in corsivo i passi, commentandoli subito dopo.

1) Anche tra ‘quelli che oggi sono con Pietro’ non mancano obiezioni e fraintendimenti che vanno intercettati (par. 1 pag. 1).
Sì, intercettati: non affrontati e corretti. Intercettati: verbo politicamente corretto che mostra il versante l’andare incontro da parte di chi vuole spiegare, ma che certo ignora del tutto la “risposta” dell’errante, il cammino a ritroso che è richiesto a chi vive tra obiezioni e fraintendimenti.

2) Talvolta un’istintiva diffidenza nei confronti dell’autorità porta uomini e donne sinceramente impegnati nella vita di fede a equivocare il giusto primato della coscienza (par. 1 pag. 1).
Il cuore della frase sono tre qualificazioni: istintiva è la diffidenza; sinceramente è profuso l’impegno nella vita di fede; giusto è il primato della coscienza. Se la diffidenza è istintiva, allora il “fraintendimento” è comprensibile, quasi scusabile: voi fedeli che dubitate del Santo Padre non ne avete colpa, perché la diffidenza nei confronti delle gerarchie, di una voce dotata di autorevolezza e/o autorità è istintiva; non fatevene una colpa, è normale che pensiate così... Voi siete magari degli ottimi fedeli che profondete sinceramente le vostre energie nella vita parrocchiale, organizzando incontri (non adorazioni), serate con dibattiti (non serate con formazione apologetica), feste dell’oratorio (non processioni), gite (non pellegrinaggi): voi che vi impegnate sinceramente non dovete rimanere turbati o disorientati dal tasto “stonato” che è ciò che pensate di alcune posizioni del del Papa. Del resto, si sa, il “primato della coscienza” è giusto e, alla luce di questo, davvero non dovete preoccuparvi se vi pare di non essere completamente in linea con tutto ciò che il Papa dice, scrive e pensa. Istintiva, sinceramente, giusto: vale a dire, in fondo non sbagliate molto...

3) Del resto, sempre tra ‘quelli che sono con Pietro’, è dato di percepire atteggiamenti che non rendono ragione del servizio petrino nella chiesa; e finiscono per rendere ancor più ostica la sua comprensione nel contesto odierno. Alcuni sembrano attribuire al Papa prerogative divine o magari, in relazione al carisma dell’infallibilità, una conoscenza straordinaria, quasi mantica, dell’intera verità del mistero di Dio e del suo Cristo: si direbbe, una sorta di devozione che rischia di riservare al Papa un’indebita adulazione (par. 1 pag. 1).
Eh sì! Voi pensavate, cari fedeli dell’arcidiocesi di Milano, che il problema che riguarda il Santo Padre fosse il fatto che egli viene costantemente attaccato da tutti, cattolici e non; voi pensavate che fosse il fatto che un giorno sì e uno no leggiamo di vescovi e “teologi” che sollevano obiezioni, che ridimensionano, che chiosano con osservazioni varie le parole del Papa, come fa un maestro con un bambino un po’ rigidino che siede nei primi banchi della classe. Ma no!! Non è questo il vero problema!! Non è questo il problema della chiesa (con la c rigorosamente minuscola nel documento). Non è per questo che noi della curia di Milano scriviamo questo documento. E’ per mettervi in guardia dall’indebita adulazione che alcuni cattolici isterici tributano al successore di Pietro!!! E’ per colpa loro che diventa ancor più ostica la sua comprensione!! In fondo, il Papa non ha una conoscenza straordinaria, quasi mantica, dell’intera verità del mistero di Dio e del suo Cristo. Noi, cattolici adulti, vi mettiamo in guardia dai vostri fratelli, i cattolici isterici. Il problema sono loro, i cattolici isterici. Il problema non sono gli attacchi al Papa: tutto i problemi di cui soffre il Papa gli provengono da chi gli tributa un’indebita adulazione.

4) Sappiamo quanto sinuosa sia stata l’attrazione verso modelli di sovranità mondana e di monarchia assoluta (par. 1 pag. 2).
Ma sì, un bel “mea culpa” non guasta mai. Allora, andiamo con ordine: il primo problema che riguarda la comprensione del ministero del Papa viene dagli isterici adulatori; il secondo, in ordine di importanza, viene dal fatto che i Papi nella storia ci hanno messo del loro per guadagnarsi una cattiva reputazione. E’ per questo che noi della curia di Milano stiamo diffondendo inchiostro e sudore per raddrizzare le storture del passsato. In fondo è colpa di questi Papi se alcuni di noi hanno perso fiducia in loro... E poi, mica vorrete pensare che il Papa sia un monarca assoluto?? Uè, non l’avete letta la Lumen gentium? Tutto è collaborazione, è collegialità, è fratellanza nell’episcopato! La Nota explicativa praevia sulla centralità della figura del Pontefice? Solo un incidente di percorso. Ma meglio non parlarne!! I Papi del passato hanno sbagliato e noi ora siamo qui obbligati a mettere pezze ai loro errori...

5) Giovanni Paolo II ha ascoltato la richiesta “di trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova” (par. 1 pag. 2).
Innanzitutto, vi cito Giovanni Paolo II, così già vi rabbonisco... Poi beh, tre parole chiave. Egli ha ascoltato. Egli desidera che il papato si apra e che lo faccia dando vita a una situazione nuova. Sì è vero, lo abbiamo appena detto: alcuni Papi del passato sono stati dei monellacci. Ma guardate che ci sono anche quelli bravi, che hanno usato proprio le parole che piacciono a voi: ascoltare, aprire, nuovo.

6) Il Vaticano II, in uno dei suoi momenti più delicati, ha inteso raccogliere il senso profondo dell’autorità nella Chiesa attraverso l’espressione ‘comunione gerarchica’; non già alludendo ad un generico ‘potere sacro e piramidale’ di alcuni su altri, secondo l’accezione più diffusa del termine ‘gerarchia’. [...] La Lumen gentium precisa la collegialità episcopale in termini di ‘comunione gerarchica’, esplicitando per cinque volte nel cap. III la formula ‘con il Papa’ (una volta ‘sotto il Papa’) (par. 2 pag. 2).
Ah, il tanto atteso momento liberatorio. Vi abbiamo fatto penare, vi abbiamo fatto trattenere il respiro, vi abbiamo terrorizzato con quello che avremmo potuto dire, ma ora potete tirare il fiato: è arrivata!! La citazione del Concilio è arrivata! Siamo al secondo paragrafo del documento, siamo a pagina due. Ma è arrivata! Finalmente!
Poi, beh, va da sé che non siamo più sotto il Papa, ma con il Papa; va da sé che l’accezione più diffusa del termine ‘gerarchia’ non è quella giusta. Tutte queste cose ce le dice per fortuna il Concilio e noi vogliamo tranquillizzarvi ripetendole: non sono in discussione! Non sotto, ma con. Comunione gerarchica; collegialità episcopale; con Pietro.

7) Questa autorità di Pietro non è però così umanamente monolitica da impedire a Paolo di affrontare apertamente Pietro ad Antiochia (cfr. Gal. 2, 11 ss.). Di fronte all’atteggiamento di Pietro con i pagani convertiti, Paolo fiuta simulazione e ipocrisia; e non tace proprio perché , con Pietro di mezzo, c’era tanto in gioco. Con la franchezza della sua passione apostolica, Paolo lascia trapelare quanto Pietro fosse determinante per le Chiese (par. 3 pag. 5).
Beh, vedete, cari fedeli ambrosiani: persino Pietro è stato contraddetto da un Paolo qualsiasi! Anche dietro l’atteggiamento del primo Papa, Pietro, si può “fiutare” simulazione e ipocrisia. Volete che rischi del genere, che sono occorsi al povero Pietro, non possano capitare ai suoi successori? Fortuna che c’era Paolo, fortuna che oggi ci sono i vescovi: Con la franchezza della loro passione apostolica hanno salvato le cose! Altrimenti la simulazione e la ipocrisia di un Papa qualunque potrebbe contaminare la Chiesa, anzi le Chiese (e stavolta significativamente con la c maiuscola, perché al plurale!).

8) Snodo nevralgico di dolorose divisioni, crocevia di pazienti cammini ecumenici, il testo sprigiona il suo senso intorno a due immagini e disegnando una tensione (par. 3 pag. 6).
Ah, che godimento questa frase!! Un piacere quasi fisico leggerla. Noi, cari fedeli ambrosiani, vi abbiamo educato bene al pensiero e al lessico della Chiesa (ops, chiesa) del Concilio (questo sì: Concilio). Il passo evangelico che il documento aveva appena citato è definito in due modi: Snodo nevralgico di dolorose divisioni e crocevia di pazienti cammini ecumenici. Le divisioni sono sì dolorose, ma non sono altro che un crocevia di cammini ecumenici. Cammini verso dove? Qualcuno che va in una direzione che addita ad esempio ad altri? No! E’ tutto un crocevia, un incontrarsi, uno sfoggio di pazienza: un incontro che è un crocevia, in cui ciascuno dopo essersi incontrato con pazienza, torna imperterrito sulla sua strada. Il tutto si opera disegnando una tensione. Questa frase è un vero e proprio godimento fisico.

9) Il documento si chiude con una riflessione di don Primo Mazzolari, sacerdote ambrosiano e partigiano, ucciso da un agguato fascista nel 1931. Le sue parole, che chiudono il documento, sono introdotte da una frase ispirata quanto significativa: quanto don Primo Mazzolari diceva di Pio XII, un’autentica dichiarazione di amore, lo diciamo, insieme alla Chiesa tutta, di Benedetto XVI (par. 4 pag. 13).
Fedeli ambrosiani, non vi abbiamo forse educato ad apprezzare don Primo Mazzolari, coraggiosa voce profetica che ha anticipato le istanze del Concilio? Ecco, se persino lui riusciva a dire parole di docile amore nei confronti di un Papa come Pio XII, non riuscite forse voi a fare lo stesso con un più mite Benedetto XVI??

10) Aggiungo in appendice che il Santo Padre non è mai definito come tale, né come Sommo Pontefice. Anzi, l’unica volta in cui quest’ultima definizione occorre, è quando si allude alla lontananza di determinati concetti dalla vita di oggi (pag. 1). Piuttosto si ricorre per definire la sua persona e il suo operato a espressioni più friendly, più politicamente corrette (o fumosamente incomprensibili?): il successore di Pietro; il vescovo di Roma; il servizio primaziale (!); la primazialità del servizio petrino (!!!)...

Dieci spunti, dieci passaggi. Ciascuno ne tragga la considerazioni che vuole. Qui si è un po’ voluto scherzare, imbevuti come siamo a Milano della retorica ambrosiano-conciliarista. E si è voluto mostrare come in un testo di sostegno al Pontefice si è riusciti a disseminare una serie di piccole spie di ambiguità. A ciascuno la propria valutazione.

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