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Il canto della Kalenda nella liturgia romana

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giovedì 1 marzo 2012

Il ritorno degli anni ’70 . “Non è cambiato nulla dagli anni '70?” ( domanda di una Lettrice di MiL)


Alcuni bravi Chierici romani hanno espresso, a suon di email, il loro «non placet» agli elogi che il Professore Padre Matias Augè ha riservato nel suo blog per l'«adeguamento liturgico» dell’area presbiteriale della Basilica del Gesù Roma.
Sui gusti estetici non si può interferire, come insegna un antico adagio : “de gustibus non est disputandum” .
Si percepisce, però, l'impressione che i progressisti, dopo una pausa di sbigottimento, generato dell'improvvisa esplosione della tradizione, ora stanno reagendo tanto da farci rivivere
le apprensioni, le tribolazioni ed i tremori di 30-40 anni fa : “Disfano altari, si vendono gli inginocchiatoi, si disfano delle reliquie, ma non è cambiato nulla dagli anni '70? chi permette loro di continuare ad "interpretare" male il concilio? non si è formata nelle diocesi una commissione che insegni l'ermeneutica della continuità, che spieghi la vera interpretazione del concilio? dagli atteggiamenti pare di no”! Ha commentato amaramente una Lettrice ieri su MiL .
In questo clima vorrei replicare all’entusiasmo del Professor P. Augè per il presbiterio “adeguato” della Basilica del Gesù postando un articolo del lontano 1975 del bollettino 28-29 di UNA VOCE-ITALIA, Associazione per la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana.
L'articolo è tremendamente attuale : basta cambiare il nome della Basilica della Chiesa Nuova, aggiornare l'anno ...e … voilà il pezzo si adatta perfettamente ad ogni altra chiesa "adeguata" nei nostri giorni !
In clima di revival posto la foto della famosa copertina di un album da disegno che adoperavo a scuola quando iniziai a leggere i Bollettini di “Una Voce”…
A.C.

ALTARI E BALAUSTRE IL CATTIVO ESEMPIO DELLA « CHIESA NUOVA »
Nel 1974 si ebbero a Roma vibrate proteste di associazioni culturali e privati cittadini contro le manomissioni che si andavano compiendo in Santa Maria in Vallicella, la popolare Chiesa Nuova, cui seguirono opportuni interventi dei competenti organi dello Stato preposti alla tutela dei monumenti; la stessa Pontificia Commissione Centrale per l'arte sacra in Italia ebbe a formulare critiche e riserve in proposito. Tutto ciò tuttavia non valse a distogliere l'alto patrocinatore degli arbitrari interventi, il cardinale J. R. Knox, titolare della basilica carissima al cuore dei romani, dal proseguire e condurre a termine il suo disegno.
Non varrebbe forse la pena di tornare su questo episodio, se non per deprecare il tri¬ste esempio di rozzo e incolto autoritarismo da una parte e di rassegnata acquiescenza dal¬l'altra rispettivamente fornito da un alto prelato e dall'amministrazione statale, se non fosse la stessa rivista della Congregazione del Culto divino a farlo inopportunamente. In un articolo su « Arte sacra e rinnovamento liturgico » Notitiae ( il bollettino della C d C D N.d.R.) infatti prende lo spunto da una segnalazione del bel libro edito a cura della Pontificia Commissione per l'Arte sacra in Italia per difendere appassionatamente e propagandare l'operato dell'eminentissimo cardinale Prefetto della Congregazione che pubblica la rivista stessa, e per lodare e incoraggiare in genere « coraggiosi interventi » volti ad adattare le Chiese alle esigenze della nuova Liturgia.
Nell'articolo non vengono in alcun modo forniti quegli elementi di valutazione culturale che costituiscono l'unico metro per esprimere un compiuto giudizio in proposito; si preferisce invece riportare alcuni brani tratti da interventi di due componenti della Pontificia Commissione che sembrerebbero poter in qualche modo giustificare le manomissioni attuate nella Chiesa Nuova e, forzandone il senso, vengono esaltati gli interventi operati in nome di un cieco « funzionalismo liturgico » che viene opposto alle esigenze proprie alla tutela e conservazione dei monumenti.
In realtà tale dicotomia è inesistente; si dimentica evidentemente che « funzionalità liturgica » e valori architettonici sono indissolubilmente legati nell'atto stesso della progettazione e realizzazione di un edificio sacro, e si dimentica speriamo che non lo si ignori che esso non è solo un « ambiente funzionale », ma anche un documento di valori ideologici, urbanistici, ed estetici che è compito di ogni società civile conservare e tutelare nella sua integrità.
Ogni intervento su monumenti del passato, specie per edifici insigni, non può ignorare o dimenticare queste norme elementari, del resto ormai universalmente diffuse e profondamente radicate nell'odierna cultura.
Prudenza impone poi che si consideri come le riforme passano mentre i monumenti restano, e quindi, laddove insorga un falso dilemma fra le esigenze di rinnovamento e quelle della tutela, il semplice buon senso suggerisce che siano le prime a piegarsi ad una larga comprensione per le seconde, e non il contrario.
Detto questo in generale non è chi non veda, quanto al caso particolare, come l'erezione di un nuovo altare posto, su di una piattabanda rivestita di moquette beige (esempio di cattivo gusto « moderno », quale s'addice ad una alcova piuttosto che ad una Chiesa), al centro della Basilica sotto la cupola, sconvolga profondamente l'armonia dell'insieme e riduca l'antico presbiterio ad uno spazio morto, privo di significato, in cui l'Altar maggiore ed il Tabernacolo restano come inutili relitti, cui il « presidente dell'assemblea » volge infatti con noncuranza le spalle sia che operi alla mensa, sia che sieda sullo scranno, per far posto al quale si è rimossa l'antica balaustra, di cui restano i soli estremi monconi.
Naturalmente si è giustificato il tutto con due argomenti ugualmente non convincenti e e che appaiono inconsistenti di fronte alle obiezioni di ordine culturale: la « necessità » di adattare l'antica Basilica alla nuova Liturgia e la « provvisorietà » della sistemazione, realizzata con elementi rimovibili.
Per favorire la partecipazione dei fedeli non è certo necessario aggiungere a quello antico un nuovo altare rivolto verso il popolo (ed anzi il raddoppiamento degli altari, stabile o provvisorio, è stato espressamente vietato dalla stessa Congregazione del Culto divino); quanto alla «provvisorietà » non si comprende che senso ha questa parola riferita a costose, impegnative ed imponenti strutture che, certamente rimovibili , di fatto sono destinate a rimanere stabili, e come tali infastidiscono sia i fedeli che i numerosi visitatori dell'insigne monumento.
E' da rilevare infine come i laudatores della munificenza e del buon gusto cardinalizio, in assenza di più fondati argomenti, non abbiano saputo resistere alla tentazione di pubblicare — Cicero pro domo sua — l'esteticamente sprovveduto giudizio di un vescovo ingenuo che, colto da entusiasmo di fronte al nuovo altare della Chiesa Nuova, ha testualmente dichiarato : « E' difficile trovare un esempio più bello della funzione che ha l'arte nell'arredamento di una chiesa (...). Adesso è dato di vedere che sotto la stupenda cupola è stata eretta l'area liturgica con un altare la cui mensa è a piombo con il cupolino e poggia su un'in¬telaiatura in ferro e legno, ricoperta da una moquette beige: tutto crea un ambiente distinto e funzionale ».

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