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giovedì 8 marzo 2012

Il Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero, all’Università Cattolica di Milano.

Da

Il Prefetto del clero, parla alla Cattolica di Milano e smentisce l’idea di una Chiesa “contro” e aggiunge che "nei media troppo spesso abita l'intolleranza relativista"
Andrea Tornielli
Milano

« Nessuno ama la libertà, il progresso e la modernità più della Chiesa…». Lo ha detto oggi il cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il clero, nella prolusione che ha tenuto ai corsi di teologia dell’Università Cattolica di Milano. Il cardinale ha parlato di «quale Chiesa per quale mondo», ed è sembrato riecheggiare, in un passo del suo discorso, il titolo del libro di Sergio e Beda Romano «La Chiesa contro».

«Appare sempre più evidente, in questo nostro tempo, come, dopo il crollo delle ideologie ateiste, che postulavano la possibilità di fare a meno di Dio, la vera obiezione, il vero obiettivo del potere e della dipendente cultura dominante sia la Chiesa», ha detto il porporato. Il quale ha anche ricordato come la Chiesa, in quanto «prolungamento dell’avvenimento di Cristo nel tempo e nello spazio», sia anche «totalmente relativa».

Oggi, ha continuato, «si pensa di poter fare a meno di Dio e il senso del sacro viene considerato come un retaggio del passato, dal quale l’uomo “adulto” si è emancipato, anche la Chiesa, che di Dio, e quindi del sacro, ritiene di essere presenza, non può che venir concepita come “qualcosa da cui liberarsi” per divenire finalmente “adulti”». In questo contesto, il relativismo viene presentato come «l’unico orizzonte nel quale la democrazia può vivere».

«Vorremmo stupire» chi la pensa così, ha detto Piacenza, «affermando che anche la Chiesa è, in certo modo, relativa, nel senso che non esiste per se stessa, non è il punto d’arrivo, ma deve rinviare oltre sé, verso l’alto. Quando la Chiesa non è ciò che deve essere, cioè quando i suoi membri non rimandano a Dio, ma vivono in maniera totalmente mondanizzata, la forza profetica dell’intero corpo ecclesiale risulta indebolita e la stessa radicalità dell’identità della Chiesa, come presenza divina nel mondo, appare come inconcepibile».

C’è dunque un’abissale differenza, ha sottolineato il Prefetto del clero, tra il «relativismo ecclesiale», che «parla di relazione e che rimanda a Dio, e il relativismo culturale dominante». «Chi è più libero?», si è chiesto Piacenza. «Chi conosce la mèta del proprio viaggio e, di giorno in giorno, ne gusta le tappe, o chi è costretto a vagare senza mèta, da un luogo ad un altro? Chi è più “moderno”? Chi vive il presente, intuendone il significato radicato nel passato e, perciò, proteso verso un futuro di bene, o chi del presente è prigioniero, senza radici e senza prospettiva?».

«Nessuno – ha aggiunto il cardinale – ama la libertà, il progresso e la modernità più della Chiesa, perché la Chiesa è la comunione di coloro che sono stati definitivamente liberati da Cristo, e di questa libertà, che diviene appartenenza a Lui, sono testimoni, desiderandola per se stessi e per tutti gli uomini, lottando per essa, affinché tutti coloro a cui è dato di godere di questa straordinaria esperienza, che chiamiamo vita, possano accogliere la liberazione scaturita da Cristo».

Proprio «questo amore smisurato per Dio, che si è fatto uomo, che porta la Chiesa ad amare appassionatamente ogni uomo. Anche chi non è cristiano, anche chi non fosse credente, è amato dalla Chiesa perché uomo, perché la Chiesa, comunità dei salvati da Cristo, fa autentica esperienza di liberazione e si spende, concretamente, in ogni parte del mondo, perché la libertà e la dignità, che ne è parte integrante e sostanziale, siano riconosciute a ciascuno».

Il cardinale ha spiegato come la Chiesa abbia, rispetto a tutte le ideologie che mirano a ridurne la presenza o a eliminarla, «il vantaggio di essere viva e di vivere, in modo assolutamente moderno, anzi contemporaneo, nel presente, in questo presente!».

«La presentazione parziale – ha detto ancora Piacenza – unilaterale e volontariamente “contro”, della Chiesa, è parte integrante di questo soffocamento della libertà e come ecclesiastici dobbiamo fare un profondo esame di coscienza, poiché, non di rado, la predicazione, l’insegnamento – perfino della teologia – e la testimonianza della vita, non sono strumenti di quell’incontro con un avvenimento, una persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte», come scrive il Papa nel prologo dell’enciclica «Deus caritas est».

Nella parte finale della prolusione, il Prefetto del clero ha parlato della missione della Chiesa: «Nonostante la persecuzione, che durerà fino alla fine del tempo e della storia, la Chiesa non potrà mai fare a meno di testimoniare Cristo, perché Egli è “ciò che abbiamo di più caro”, è la ragione stessa dell’esistenza della Chiesa».

«Testimoniare Cristo – ha concluso – significa anche amare l’umanità, amare la libertà, amare il reale progresso… Nessuno, nemmeno i non credenti, hanno ragioni per temere la Chiesa. La Chiesa non è contro nessuno, ma è per Cristo, per il Vangelo e, pertanto, è per l’uomo. La Chiesa non impone a nessuno una propria verità, ma propone a tutti la verità, proponendo a tutti l’incontro con Cristo. Tanto che l’atto di fede non sarebbe tale se non fosse libero ed è per questo, fra l’altro, che è meritorio».

http://vaticaninsider.lastampa.it/homepage/vaticano/dettaglio-articolo/articolo/chiesa-church-iglesia-piacenza-13282/

A.C.

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