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sabato 3 marzo 2012

Alla Lateranense aperto il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio"

Intervista con mons. Dal Covolo (RadioVaticana)

Nell’anno del 50.mo anniversario del Vaticano II, si è aperto ieri all’Università Lateranense il ciclo di conferenze "Rileggere il Concilio", in collaborazione con il Centre Saint-Louis de France e l’ambasciata di Francia presso la Santa Sede. In ognuno dei sei incontri previsti, uno storico e un teologo prenderanno in esame importanti documenti conciliari: le quattro Costituzioni, il Decreto sull’ecumenismo, la Dichiarazione sulla libertà religiosa. A spiegare le finalità dell’intera iniziativa, al microfono di Davide Maggiore, è stato mons. Enrico Dal Covolo, rettore della Lateranense, che ha presieduto la prima conferenza, dedicata alla Costituzione Sacrosanctum Concilium:
R. - Di fronte a una situazione nella quale molti interpretano il Concilio in modi differenti, mi pare importante assumere elementi in più per poter dare una valutazione più sicura, più affidabile. E questo deve essere fatto proprio a un livello scientifico, quale quello di una Università pontificia.

D. – Rileggere il Concilio significa anche inquadrarlo all’interno della grande tradizione della Chiesa, mostrando quelli che sono gli elementi di continuità con essa?
R. – Questa è proprio la linea del Magistero del Papa Benedetto XVI che noi intendiamo convalidare attraverso questa ricerca – che si inaugura solo adesso, ma lo faremo nell’arco di questi anni – condotta sulla rivisitazione di archivi che finora non sono stati sufficientemente consultati.

D. – Il Beato Giovanni Paolo II ha scritto: “Per molti il messaggio del Concilio Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica”, che è oggetto della Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium”…
R. – Ritengo che la Sacrosanctum Concilium vada ristudiata oggi e attentamente: la liturgia è centrale nella tradizione della Chiesa. C’è un’interazione reciproca tra il modo di celebrare e di pregare e i contenuti della nostra fede. (mg)

A inquadrare dal punto di vista storico e spirituale la Sacrosanctum Concilium è stato, al microfono di Davide Maggiore, il prof. Philippe Chenaux, docente di Storia della Chiesa moderna e contemporanea alla Lateranense e direttore del Centro studi e ricerche sul Concilio Vaticano II della stessa Università:
R. – E’ stato il primo documento approvato dal Concilio, all’origine della grande riforma liturgica post-conciliare. Tuttavia, è un documento che è passato un po’ nell’ombra, rispetto ad altri, nei commenti fatti dopo il Concilio. Anche perché è stato superato dalla riforma che esso stesso ha suscitato negli anni che seguirono al Concilio. Dunque, mi sembra giusto iniziare questa rilettura dei grandi documenti del Concilio con questa Costituzione, Sacrosanctum Concilium.

D. – La Sacrosanctum Concilium si inscrive nell’intera storia della Chiesa...
R. – E’ ovviamente un posto particolare: occupa il movimento liturgico, che nacque alla fine del 1800, nelle gradi abbazie benedettine e che, dopo la Prima Guerra Mondiale, si spostò verso gli ambienti della Gioventù cattolica e poi anche verso le parrocchie. Lo stesso Pio XII dedicò una grande Enciclica, Mediator Dei, nel 1947, alla liturgia, che è una forma di riconoscimento di questo movimento liturgico, che troverà poi la sua consacrazione durante il Concilio Vaticano II.

D. – Quali possono essere definiti i frutti più duraturi della Sacrosanctum Concilium?
R. – Essa ha previsto una migliore partecipazione dei fedeli alla liturgia. La liturgia è la preghiera ufficiale della Chiesa, e dunque non riguarda solo il sacerdote ma l’intera comunità dei fedeli. Per questo, era anche importante introdurre, nella liturgia, le lingue volgari. (vv)

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