Sarà a breve resa nota (molto probabilmente domani, sabato) l'ultima nomina episcopale di rilievo: quella del nuovo Arcivescovo di Cagliari.
I nostri affezionati lettori ricorderanno come sulla principale cattedra dell'isola sieda attualmente l'arcivescovo Giuseppe Mani, che a pieno diritto figura nella nostra hall of infamy (La trahison des clercs, nella colonna a destra di questo blog) per avere proibito, senza alcuna plausibile motivazione che non fosse l'avversione per la tradizione liturgica della Chiesa, un convegno sul motu proprio (leggi qui).
Ora al posto di Mani arriverà mons. Arrigo Miglio, attuale vescovo di Ivrea.
Miglio, da tempo, è in predicato per una sistemazione più importante della diocesi eporediese ove attualmente risiede. Considerato un bertoniano, il suo nome era circolato a suo tempo per la sede di Torino e poi perfino di Milano. A consolazione, ora arriva a Cagliari: per lui un ritorno nell'isola, visto che la sua prima nomina era stata ad Iglesias.
Che si può dire di mons. Miglio? Qualcosa di disturbante c'è: innanzi tutto, il fatto di essere il pupillo del famigerato 'vescovo rosso' Bettazzi, ultraprogressista all'estremo quale è raro trovarne - almeno così scopertamente - in Italia. Miglio, infatti, era vicario generale del Bettazzi, è stato da lui consacrato e, per insistenza sempre di Bettazzi, è a quest'ultimo succeduto ad Ivrea. Va anche detto, peraltro, che il nuovo arcivescovo cagliaritano è un po' più moderato del vescovo 'esiste-solo-il-concilio' Bettazzi (anche se, a dire il vero, rispetto a quest'ultimo ci vuole poco): si può leggere qui come un prete mestatore della diocesi di Ivrea si dolga dell'approccio più rigoroso di Miglio rispetto al predecessore.
Sempre il vescovo Miglio è particolarmente benvoluto negli ambienti omosessualisti per avere 'temperato', diciamo così, alcune dichiarazioni dell'on. Buttiglione giudicate troppo aspre nei confronti dei gay. In realtà le affermazioni del presule (leggibili su Gaynews) sono rimaste nell'ambito dell'insegnamento della Chiesa, che condanna la pratica omosessuale e non la tendenza; ma, certo, con una buona dose di reticenza e melliflua ambiguità, che rende il messaggio non del tutto chiaro: tanto da meritare l'entusiastica accoglienza delle associazioni omosessuali.
Ancor meno opportuna, poi, ci pare la sua partecipazione personale ad un convegno della rassegna "Ivrea la Gaya", dedicato ai rapporti tra Chiesa e omosessualità, per sorbirsi la lezione del presidente dell'Arcigay e dell'ex prete di comunità di base (ridotto punitivamente allo stato laicale) Franco Barbero.
Anche alcuni suoi interventi di natura politica, sui quali preferiamo non addentrarci, gli hanno attirato critiche perché in almeno apparente contrasto con la tutela dei cosiddetti valori non negoziabili (v. qui).
Per quanto concerne la sua posizione in merito all'antica liturgia, possiamo citare un suo comunicato ufficiale di poco successivo alla promulgazione del motu proprio Summorum Pontificum. Formalmente corretto, anche questo; ma chi sa leggere le involute pieghe del clericalese, capisce al volo quale sia la vera mens di Sua Eccellenza:
Non è inutile forse precisare che tali disposizioni non mettono alcun limite all’uso del Messale promulgato da Paolo VI nel ’70 e riconfermato in due edizioni successive da Giovanni Paolo II: questo messale rimane la forma ordinaria della celebrazione eucaristica per la chiesa latina [..]
Per la mia generazione, e per quella già più avanti, può sembrare un ritorno a prima del Concilio, e così hanno scritto molti giornali; per le generazioni più giovani, che non hanno vissuto la liturgia pre conciliare, c’è piuttosto una comprensibile curiosità, che forse alla prova dei fatti resterà alquanto delusa, perché, come precisa il Papa, non si tratta di un altro Rito, ma di una forma, oggi lasciata in uso come straordinaria, dell’unico Rito Romano. [..]
È bene ricordare che l’uso del Messale più antico viene permesso non per soddisfare curiosità o altre esigenze personali ma per il bene spirituale dei fedeli, come precisa in più punti Benedetto XVI. Non vuole dunque essere, e non deve diventare, una sconfessione del Concilio Vaticano II e delle riforma liturgica approvata da Paolo VI, e io vorrei aggiungere che dobbiamo grande rispetto per tutti coloro che si sono impegnati con entusiasmo, e non senza fatica, all’attuazione della riforma post conciliare. Non sono mancate le esagerazioni e le deformazioni, ma non possiamo trascurare le motivazioni che hanno ispirato sia la costituzione conciliare sulla liturgia sia la riforma liturgica successiva [..]
Enrico (tornato all'opera)
non stupisce quindi la presa di posizione del Vescovo Miglio circa don Massimiliano Pusceddu. Quest'ultimo ha ricordato, sì con la sua veemenza, l'insegnamento lasciato da San Paolo, da sempre riconosciuto Parola di Dio, e quanto a veemenza San Paolo non scherzava. Invece il Vescovo Miglio appare molto timoroso non di Timore di Dio ma di timore degli uomini anzi esattamente dei lgbt. c'è molto da pregare per la Santa Chiesa di Dio
RispondiEliminaTale "vescovo" seminatore di ambiguità, talmente vicino alle posizioni di invertiti e pederasti da suscitare qualche sfumato sospetto, dovrà senz'altro rispondere a Nostro Signore Gesù Cristo del suo operato.
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