Lefebvriani, ecco la seconda risposta di Fellay
di Andrea Tornielli da Vatican Insider del 17.01.2012
La risposta vera e propria del superiore della Fraternità San Pio X Bernard Fellay, formulata secondo le richieste della Santa Sede, è arrivata in Vaticano soltanto la settimana scorsa. La prima risposta, giunta Oltretevere lo scorso 21 dicembre, non era stata considerata adeguata da parte delle autorità vaticane, che hanno invitato il responsabile dei lefebvriani di riformularla, considerando quel primo invio più una «documentazione» che una risposta. Il vescovo Fellay ha dunque preparato un secondo testo, più stringato, relativo al preambolo dottrinale che la Congregazione per la dottrina della fede gli aveva consegnato lo scorso settembre. Questo secondo testo viene ora attentamente esaminato dai consultori della Commissione Ecclesia Dei che seguono il dossier lefebrviani e ci potrebbero volere del tempo.
La prossima settimana si riunisce nel palazzo del Sant’Uffizio la plenaria della Congregazione per la dottrina della fede. All’ordine del giorno c’è la possibilità di una comunicazione riguardante i rapporti con la Fraternità San Pio X, ma è difficile che la riunione possa essere decisiva, in quanto la seconda risposta di Fellay, che accetta delle parti del preambolo dottrinale mettendone in discussione altre, richiede tempo per essere esaminata. È probabile che una decisione più precisa sul da farsi venga presa non ora, ma in febbraio, nel corso di una «Feria IV», come vengono definite le congregazioni ordinarie dell’ex Sant’Uffizio.
Come si ricorderà, nel preambolo dottrinale proposto dalla Commissione Ecclesia Dei presieduta dal cardinale William Levada e guidata da monsignor Guido Pozzo, si chiedeva ai lefebvriani di sottoscrivere la professione di fede, ciò che è considerato indispensabile per essere cattolici. La professione prevede tre gradi diversi di assenso richiesti e distingue tra verità rivelate, dichiarazioni dogmatiche e magistero ordinario. A proposito di quest’ultimo, afferma che il cattolico è chiamato ad assicurare un «religioso ossequio della volontà e dell’intelletto» agli insegnamenti che il Papa e il collegio dei vescovi «propongono quando esercitano il loro magistero autentico», anche se non sono proclamati in modo dogmatico, come nel caso della maggior parte dei documenti del magistero.
Nel consegnare il preambolo, le autorità vaticane avevano precisato che questo testo non veniva reso pubblico perché non ancora definitivo, cioè passibile di cambiamenti – non sostanziali – o di eventuali integrazioni. Da settembre a dicembre si sono rincorse voci sul dissenso interno alla Fraternità, da parte di coloro che non ritengono possibile un accordo con Roma. Lo stesso Fellay aveva parlato più volte dell’argomento. In un primo momento aveva affermato che il preambolo rappresenta un grande passo avanti. Poi, dopo un’importante riunione con i capi dei distretti della Fraternità, pur ribadendo l’importanza del dialogo intrapreso, aveva affermato di non poter accogliere il preambolo così com’è, aggiungendo: «Se Roma ci chiede di accettare in ogni caso, noi non possiamo». Fellay ha quindi inviato la prima risposta, che non è stata considerata tale dal Vaticano. E ora ha spedito la seconda.
Il fatto che la nuova e più adeguata risposta – che è stata considerata nei sacri palazzi «un passo in avanti» - abbia bisogno di essere attentamente studiata e approfondita, sta a significare che non è né un «sì» né un «no» definitivo al testo del preambolo. Ma accoglie alcune parti del testo vaticano, esprimendo invece riserve su altre. E soprattutto chiede ulteriori chiarificazioni e integrazioni. I lefebvriani non intendono infatti dare il loro assenso ai testi conciliari che riguardano la collegialità, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa perché li ritengono in contrasto con la tradizione. Proprio il concetto di tradizione, «Traditio», e il suo valore, rappresenta il punto nodale del dibattito che ha caratterizzato i colloqui tra la Fraternità e la Santa Sede. I lefebvriani criticano alcuni passaggi conciliari ritenendoli in contrasto con la tradizione della Chiesa.
Da cardinale Joseph Ratzinger aveva più volte insistito sulla necessità di non considerare il Concilio come un «superdogma». Da Papa, Benedetto XVI, nell’ormai famoso discorso alla curia romana del dicembre 2005, ha insistito sulla necessità di interpretare il Vaticano II secondo l’ermeneutica della «riforma» nella «continuità». Il Catechismo della Chiesa cattolica, di cui nel 2012 si celebra il ventennale con uno speciale Anno della Fede, ha già proposto questa chiave interpretativa su alcuni dei punti che i lefebvriani considerano controversi.
È ancora prematuro ipotizzare quale sarà lo sbocco finale di questo dialogo che in questa fase procede a distanza e per iscritto. Ma nessuna parola definitiva è ancora stata detta: il Papa vuole fare tutto il possibile per sanare la frattura creatasi con i lefebvriani, e Fellay questo lo sa bene.
di Andrea Tornielli
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