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martedì 6 dicembre 2011

Rischio apostasia/eresia in Austria e in Belgio. Comunione ai divorziati-risposati?No, ma il Papa aveva studiato due eccezioni

Comunione ai divorziati risposati: resta il divieto assoluto, ma ci possono essere due eccezioni studiate dal Papa Teologo, quando era ancora Cardinale.
Il Saggio che segnaliamo - poco conosciuto - è del Card. Ratzinger e risale al 1998. E' stato di recente pubblicato dall'Osservatore Romano del 30.11.2011.
E' significativo notare che sul quotidiano della Santa Sede affiancate al saggio di Ratzinger son state pubblicate – per volontà della Congregazione per la Dottrina della Fede che ha curato la pubblicazione del tutto – anche una serie di citazioni del Magistero sul medesimo tema:
Dalla costituzione "Gaudium et spes" del Concilio Vaticano II, n. 48
Dall'esortazione postsinodale di Giovanni Paolo II "Familiaris consortio", n. 84
Dalla lettera della congregazione per la dottrina della fede del 1994 sulla comunione ai fedeli divorziati e risposati
Dall'esortazione postsinodale di Benedetto XVI "Sacramentum caritatis", n. 29

Speriamo possa aiutar e servire per scongiurare i seri e fondati pericoli di apostasia/eresia/scisma ad opera di quei fedeli e di quei preti che in Austria e Belgio chiedono a Roma cambiamenti dottrinali che Roma non può concedere.
L'Amore per la Verità e la Chiesa su ogni cosa, ogni individualismo, ogni relativismo, ogni pretesa personale.

CLICCA QUI per leggere il saggio "LA PASTORALE DEL MATRIMONIO DEVE FONDARSI SULLA VERITA' " del Card. J. Ratzinger (1998) sul divieto della Comunione ai cattolici divorziati e risposati ma sull'eventualità di due eccezioni.
Da "L'Osservatore Romano" del 30.11.2011


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Qui di seguito l'incipit (e la conclusione) di un attento e ben fatto commento analitico di S. Magister sul saggio papale sopraindicato.

di S. Magister da Chiesa.espresso.it

ROMA, 5 dicembre 2011 – Durante la recente visita di Benedetto XVI in Germania, molti si aspettavano dal papa delle "aperture" ai cattolici divorziati e risposati: con l'attenuazione, se non la revoca, del divieto di fare la comunione.Tale attesa fu espressa dallo stesso presidente della repubblica federale tedesca, Christian Wulff, cattolico e risposato, nel benvenuto ufficiale dato al papa al suo arrivo a Berlino.
Nei quattro giorni del viaggio in Germania, però, e neppure dopo, papa Joseph Ratzinger non ha detto nulla sull'argomento.Ma che la questione gli stia molto a cuore, si sa.
Ne ha parlato più volte in passato, e ha detto che "il problema è molto difficile e deve essere ancora approfondito".
Lo scorso 30 novembre Benedetto XVI è tornato sull'argomento in forma indiretta: con il rilancio su "L'Osservatore Romano" di un suo saggio "poco conosciuto" del 1998, arricchito da una nota che riporta le parole da lui dette sull'argomento al clero della diocesi di Aosta, il 25 luglio 2005.Una nota importante, quest'ultima. Perché riguarda proprio un punto sul quale Benedetto XVI ritiene che si possa aprire un varco al generale divieto della comunione.
*
Nella prima parte del suo saggio il papa ribadisce che questo divieto non è un'invenzione della Chiesa cattolica. La Chiesa non può che attenersi all'insegnamento di Cristo, che sull'indissolubilità del matrimonio si è espresso con assoluta chiarezza.Ma di quale matrimonio? San Paolo – ricorda il papa – riconosce l'indissolubilità assoluta al solo matrimonio sacramentale, tra cristiani. Per il matrimonio tra un cristiano e un non cristiano l'apostolo ammette la possibilità della separazione, se il fine è di salvaguardare la fede del coniuge battezzato. E così fa anche oggi la Chiesa con il cosiddetto "privilegium paulinum", quando ammette lo scioglimento di un matrimonio non sacramentale.
*
Nella seconda parte del saggio, papa Ratzinger affronta l'obiezione di chi sostiene che la Chiesa cattolica dovrebbe imitare la prassi più flessibile della Chiesa antica e delle Chiese orientali separate da Roma.
Nei primi secoli, il papa ricorda che alcuni Padri "cercarono soluzioni 'pastorali' per casi limite", e fa il nome di san Leone Magno. Ma nell'insieme, dice, "i fedeli divorziati risposati non furono mai ammessi ufficialmente alla sacra comunione", nemmeno dopo un tempo di penitenza.
Nei secoli successivi, però, il papa riferisce che si ebbero due sviluppi contrapposti:"Nella Chiesa imperiale dopo Costantino si cercò, a seguito dell’intreccio sempre più forte di Stato e Chiesa, una maggiore flessibilità e disponibilità al compromesso in situazioni matrimoniali difficili. Fino alla riforma gregoriana [del secolo XI] una simile tendenza si manifestò anche nell’ambito gallico e germanico. Nelle Chiese orientali separate da Roma questo sviluppo continuò ulteriormente nel secondo millennio e condusse a una prassi sempre più liberale".
In Occidente, invece, "fu recuperata grazie alla riforma gregoriana la concezione originaria dei Padri. Questo sviluppo trovò in qualche modo una sanzione nel concilio di Trento e fu riproposto come dottrina della Chiesa nel concilio Vaticano II".
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Nella terza parte del suo saggio, papa Benedetto replica a chi esige dalla Chiesa cattolica di rispettare la scelta dei divorziati e risposati quando "in coscienza" ritengono giusto fare la comunione, in contrasto con la norma giuridica che la vieta. ....
[...]

Le "aperture" indicate dal papa nel saggio e nella nota aggiunta sono almeno due.

La prima è il possibile ampliamento dei riconoscimenti canonici di nullità dei matrimoni celebrati "senza fede" da almeno uno dei coniugi, pur battezzato.

La seconda è il possibile ricorso a una decisione "in foro interno" di accedere alla comunione, da parte di un cattolico divorziato e risposato, qualora il mancato riconoscimento di nullità del suo precedente matrimonio (per effetto di una sentenza ritenuta erronea o per l'impossibilità di provarne la nullità in via processuale) contrasti con la sua ferma convinzione di coscienza che quel matrimonio era oggettivamente nullo.
Di fatto, questo secondo è un comportamento che tende ad essere messo in pratica molto al di là dei suddetti limiti, da parte di cattolici divorziati e risposati che neppure sono mai ricorsi ai tribunali canonici per regolarizzare la loro posizione, né intendono farlo, ma ugualmente fanno la comunione per loro volontà, con o senza l'approvazione del confessore.

Sia sull'una che sull'altra pista Benedetto XVI auspica che l'approfondimento proceda.
E fa capire di sperare in un esito positivo in entrambi i casi, "senza compromettere la verità in nome della carità".

CLICCA QUI PER CONTINUARE A LEGGERE L'ARTICOLO di Magister


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