Tratto da Zenit.it del 27.01.2011. Questo articolo, preciso e documentato, ci da la possibilità di rispondere, per tramite dello scritto di Don Gagliardi, a molti nostri lettori che ci pongono continuamente domande relative alla posizione del crocefisso e alla facoltà di posizionarlo sugli altari "coram populo".
Stampatelo e fatelo leggere ai vostri parroci affetti da mania di protagonismo durante celebrazioni-speccatolo-sacerdotecentriche.
Ne proponiamo alcuni brani. sottolineature nostre.
Roberto
.
Il Crocifisso al centro dell’altare nella Messa “verso il popolo”
Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi
di don Mauro Gagliardi*
Rubrica di teologia liturgica a cura di don Mauro Gagliardi
di don Mauro Gagliardi*
*
Sin da tempi remoti, la Chiesa ha stabilito segni sensibili, che aiutassero i fedeli ad elevare l’anima a Dio.
Il Concilio di Trento, riferendosi in particolare alla S. Messa, ha motivato questa consuetudine ricordando che «la natura umana è tale che non può facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa come pia madre ha stabilito alcuni riti [...] per rendere più evidente la maestà di un Sacrificio così grande e introdurre le menti dei fedeli, con questi segni visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi realtà nascoste in questo Sacrificio» (DS 1746).
[...]
Il Concilio di Trento, riferendosi in particolare alla S. Messa, ha motivato questa consuetudine ricordando che «la natura umana è tale che non può facilmente elevarsi alla meditazione delle cose divine senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa come pia madre ha stabilito alcuni riti [...] per rendere più evidente la maestà di un Sacrificio così grande e introdurre le menti dei fedeli, con questi segni visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi realtà nascoste in questo Sacrificio» (DS 1746).
[...]
Il Crocifisso al centro dell’altare nella Messa «verso il popolo»
Dai precedenti cenni storici, si deduce che la liturgia non viene veramente compresa, se la si immagina principalmente come un dialogo tra il sacerdote e l’assemblea. Non possiamo qui entrare nei dettagli: ci limitiamo a dire che la celebrazione della S. Messa «verso il popolo» è un concetto entrato a far parte della mentalità cristiana solo in epoca moderna, come dimostrato da studi seri e ribadito da Benedetto XVI: «L’idea che sacerdote e popolo nella preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nell’epoca moderna ed è completamente estranea alla cristianità antica. Infatti, sacerdote e popolo non rivolgono l’uno all’altro la loro preghiera, ma insieme la rivolgono all’unico Signore» (Teologia della Liturgia, Città del Vaticano 2010, pp. 7-8).
Nonostante il Vaticano II non avesse mai toccato questo aspetto, nel 1964 l’Istruzione Inter Oecumenici, emanata dal Consilium incaricato di attuare la riforma liturgica voluta dal Concilio, al n. 91 prescrisse: «È bene che l’altare maggiore sia staccato dalla parete per potervi facilmente girare intorno e celebrare versus populum».
Da quel momento, la posizione del sacerdote «verso il popolo», pur non essendo obbligatoria, è divenuta il modo più comune di celebrare Messa. Stando così le cose, Joseph Ratzinger propose, anche in questi casi, di non perdere il significato antico di preghiera «orientata» e suggerì di ovviare alle difficoltà ponendo al centro dell’altare il segno di Cristo crocifisso (cf. Teologia della Liturgia, p. 88). Sposando questa proposta, aggiunsi a mia volta il suggerimento che le dimensioni del segno devono essere tali da renderlo ben visibile, pena la sua scarsa efficacia (cf. M. Gagliardi, Introduzione al Mistero eucaristico, Roma 2007, p. 371).
La visibilità della croce d’altare è presupposta dall’Ordinamento Generale del Messale Romano: «Vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato» (n. 308).
Non si precisa, però, se la croce debba stare necessariamente al centro.
Qui intervengono pertanto motivazioni di ordine teologico e pastorale, che nel ristretto spazio a nostra disposizione non possiamo esporre. Ci limitiamo a concludere citando di nuovo Ratzinger: «Nella preghiera non è necessario, anzi, non è neppure conveniente guardarsi a vicenda; tanto meno nel ricevere la comunione. [...] In un’applicazione esagerata e fraintesa della “celebrazione verso il popolo”, infatti, sono state tolte come norma generale – persino nella basilica di San Pietro a Roma – le Croci dal centro degli altari, per non ostacolare la vista tra il celebrante e il popolo. Ma la Croce sull’altare non è impedimento alla visuale, bensì comune punto di riferimento. È un’“iconostasi” che rimane aperta, che non impedisce il reciproco mettersi in comunione, ma ne fa da mediatrice e tuttavia significa per tutti quell’immagine che concentra ed unifica i nostri sguardi. Oserei addirittura proporre la tesi che la Croce sull’altare non è ostacolo, ma condizione preliminare per la celebrazione versus populum. Con ciò diventerebbe anche nuovamente chiara la distinzione tra la liturgia della Parola e la preghiera eucaristica. Mentre nella prima si tratta di annuncio e quindi di un immediato rapporto reciproco, nella seconda si tratta di adorazione comunitaria in cui noi tutti continuiamo a stare sotto l’invito: Conversi ad Dominum – rivolgiamoci verso il Signore; convertiamoci al Signore!» (Teologia della Liturgia, p. 536).
----------
*Don Mauro Gagliardi è Ordinario della Facoltà di Teologia dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma e Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice e della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Dai precedenti cenni storici, si deduce che la liturgia non viene veramente compresa, se la si immagina principalmente come un dialogo tra il sacerdote e l’assemblea. Non possiamo qui entrare nei dettagli: ci limitiamo a dire che la celebrazione della S. Messa «verso il popolo» è un concetto entrato a far parte della mentalità cristiana solo in epoca moderna, come dimostrato da studi seri e ribadito da Benedetto XVI: «L’idea che sacerdote e popolo nella preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nell’epoca moderna ed è completamente estranea alla cristianità antica. Infatti, sacerdote e popolo non rivolgono l’uno all’altro la loro preghiera, ma insieme la rivolgono all’unico Signore» (Teologia della Liturgia, Città del Vaticano 2010, pp. 7-8).
Nonostante il Vaticano II non avesse mai toccato questo aspetto, nel 1964 l’Istruzione Inter Oecumenici, emanata dal Consilium incaricato di attuare la riforma liturgica voluta dal Concilio, al n. 91 prescrisse: «È bene che l’altare maggiore sia staccato dalla parete per potervi facilmente girare intorno e celebrare versus populum».
Da quel momento, la posizione del sacerdote «verso il popolo», pur non essendo obbligatoria, è divenuta il modo più comune di celebrare Messa. Stando così le cose, Joseph Ratzinger propose, anche in questi casi, di non perdere il significato antico di preghiera «orientata» e suggerì di ovviare alle difficoltà ponendo al centro dell’altare il segno di Cristo crocifisso (cf. Teologia della Liturgia, p. 88). Sposando questa proposta, aggiunsi a mia volta il suggerimento che le dimensioni del segno devono essere tali da renderlo ben visibile, pena la sua scarsa efficacia (cf. M. Gagliardi, Introduzione al Mistero eucaristico, Roma 2007, p. 371).
La visibilità della croce d’altare è presupposta dall’Ordinamento Generale del Messale Romano: «Vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato» (n. 308).
Non si precisa, però, se la croce debba stare necessariamente al centro.
Qui intervengono pertanto motivazioni di ordine teologico e pastorale, che nel ristretto spazio a nostra disposizione non possiamo esporre. Ci limitiamo a concludere citando di nuovo Ratzinger: «Nella preghiera non è necessario, anzi, non è neppure conveniente guardarsi a vicenda; tanto meno nel ricevere la comunione. [...] In un’applicazione esagerata e fraintesa della “celebrazione verso il popolo”, infatti, sono state tolte come norma generale – persino nella basilica di San Pietro a Roma – le Croci dal centro degli altari, per non ostacolare la vista tra il celebrante e il popolo. Ma la Croce sull’altare non è impedimento alla visuale, bensì comune punto di riferimento. È un’“iconostasi” che rimane aperta, che non impedisce il reciproco mettersi in comunione, ma ne fa da mediatrice e tuttavia significa per tutti quell’immagine che concentra ed unifica i nostri sguardi. Oserei addirittura proporre la tesi che la Croce sull’altare non è ostacolo, ma condizione preliminare per la celebrazione versus populum. Con ciò diventerebbe anche nuovamente chiara la distinzione tra la liturgia della Parola e la preghiera eucaristica. Mentre nella prima si tratta di annuncio e quindi di un immediato rapporto reciproco, nella seconda si tratta di adorazione comunitaria in cui noi tutti continuiamo a stare sotto l’invito: Conversi ad Dominum – rivolgiamoci verso il Signore; convertiamoci al Signore!» (Teologia della Liturgia, p. 536).
----------
*Don Mauro Gagliardi è Ordinario della Facoltà di Teologia dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” di Roma e Consultore dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice e della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
___________________________
per chi volesse approfondire, consigliamo:
- il libro di p. U.M. Lang dal titolo eloquente: Rivolti al Signore, Cantagalli ed., 2006. LINK
- "La croce al centro dell'altare" dal sito del vatican.va e soprattutto qui
La celebrazione viene qui regolarmente deprecata, ma invece serve a mostrare la differenza tra l'altare cristiano e l'altare non cristiano. Un intelligente commentatore del blog liturgia-opus-trinitatis ha precisato:
RispondiEliminaChe cos'è che rende prezioso l'altare, che fa sì che sia davvero un altare cristiano? Il Corpo e il Sangue di Cristo posti sull'altare! E' il sacramento del sacrificio di Cristo che "consacra" e qualifica l'altare cristiano.
Trovo poi qui un uso contradditorio delle tesi e delle azioni di Ratzinger (cardinale o papa): un crocifisso poggiato al centro impedisce il vedere l'Ostia che è l'emblema della spiritualità che abbiamo ereditato dal medioevo in poi, eredità che dobbiamo prendere con beneficio di inventario perchè ci sono troppe ipoteche penalizzanti; eredità che nonostante tuto voi riconoscete, portandovi addosso pregi e difetti.
Ancora: se il crocifisso è iconostasi, perchè mons. G. Marini e soci mettono la croce girata verso il presidente e non verso i fedeli, come tutte le iconostasi fanno?
Marini, Gagliardi etc. la fanno troppo facile, si possono fare cambiamenti così inconsistenti, dopo neppuri 40 anni in cui la Chiesa, non un pincopallino come me, si è spesa e ha impegnato la propria autorevolezza per il cambiamento?
Vide: J. Bona, Rerum liturgicarum I, XXV, 8, Cur sine Cruce celebrari Missa non debeat... /.../ quem ritum antiquissimum esse ostendunt plerique ex canone 3 concilii secundi Turonensis habiti anno 570 "Ut corpus Domini in altari, non in imaginario ordine, sed sub crucis titulo componatur".
RispondiEliminaVide: Benedictus XIV, De sacrosancto Sacrificium Missae, sez. I, cap. II,pp. 11-14 (ed.1792). /.../ si è detto essere necessaria la Croce.
L'altare "coram populo" pone seri e non secondari problemi, (oltre a mostrare il sacerdote a mezzobusto e a metterlo al centro); l'altare coram populo crea problemi di orientamento liturgico; se è vero, come è vero e recentemente ribadito dalla Congregazione del Culto Divino, che ogni liturgia è SEMPRE spiritualmente orientata a Dio, anche quando fisicamente prete e assemblea dei fedeli sono rivolti uno all'altro, in quest'ultimo caso è difficile orientarsi spiritualmente a Dio; per poterlo fare bisognerebbe "isolarsi" dagli altri, ma con una liturgia, come quella nuova, fortemente ed esageratamente orientata orizontalmente, è ben difficile isolarsi dagli altri.
RispondiEliminaIn questo contesto la posizione della croce al centro dell'altare pone altri interrogativi: le rubriche prevedono che essa abbia il Crocifisso rivolto al celebrante: ne consegue che i fedeli vedono la croce ma non il Crocifisso; alcuni "risolvono" il problema mettendo due crocifissi: uno rivolto al sacerdote ed uno rivolto ai fedeli; scelta liturgicamente aberrante.
Altri ancora "risolvono" il problema rivoltando il Crocifisso ai fedeli; ma in questo caso è il celebrante a non vedere il Crocifisso. Oltre ad essere una violazione delle rubriche che appunto prevedono il crocifisso rivolto al sacerdote.
L'unica soluzione è questa: ritornare a celebrare ad orientem, quindi con il sacerdote che "da le spalle al popolo". Ma andateglielo a spiegare ai novatori che una celebrazione coram populo non è mai esistita! Se non vi picchiano è già tanto. Sicuramente però vi ridono addosso.
Che fare dunque?
Nulla, bisogna attendere che quel galantuomo del tempo faccia il suo corso. Arriverà giorno in cui anche i più scalmanati progressisti vedranno "l'orrore" di una celebrazione coram populo. E si ritornerà a celebrare solo ad orientem. E a quel punto la croce ritornerà al centro dell'altare, sarà vista contemporaneamente dal prete e dai fedeli, non impedirà nessuna visuale dell'elevazione, e ogni cosa sarà riportata al suo posto.
Riguardo all'affermazione secondo la quale è il Corpo e il Sangue di Cristo a "consacrare" l'altare, non sarebbe necessario rispondere. Chiunque abbia un minimo di conoscenza dei libri liturgici nuovi sa bene che la consacrazione di un altare la Chiesa la fa con un rito ben distinto e preciso, e non attraverso il semplice contatto del Sacramento sulla mensa. Se bastasse questo ogni tavolo sul quale oggi non ci si preoccupa di celebrare sarebbe automaticamente consacrato. E pertanto sarebbe illecito usarlo a scopi profani; e se lo si facesse comunque si commetterebbe un sacrilegio.
Seguendo tale ragionamento si potrebbe dire che basterebbe fare la Comunione (venire cioè in contatto col Corpo e Sangue di Cristo) per essere battezzatti, oppure per venir consacrati vescovi o ordinati sacerdoti. Ma Cristo stesso ha istituito il Battesimo e l'Ordine come Sacramenti distinti. Ciò significa che il semplice contatto colle specie Eucaristiche non consacra un bel niente. E se non consacra un corpo umano (tempio vivente di Dio, dalle Sue stesse Mani edificato) non consacrerà neppure un pezzo di pietra qual'è l'altare.
Come al solito i neomodernisti usano un linguaggio equivoco, solo apparentemente inconfutabile, ma fondamentalmente errato.
Non per essere pignolo, ma non credo che l'altare sia consacrato dal fatto che vi vengano posti il Corpo e il Sangue del Signore, ma dal fatto che sull'altare Essi vengano sacrificati: l'altare non serve per l'ostensione dell'Ostia, ma per la Sua immolazione (alla quale segue l'ostensione, cioè l'elevazione). Si tratta di una differenza apparentemente marginale, ma indicativa di un diverso approccio al tema, dal quale consegue che il Crocifisso debba essere il termine verso cui guarda principalmente il sacerdote alter Christus (la cui funzione di presidente risulta in quel momento del tutto secondaria), per orientare verso lo stesso termine tutto il popolo che, nella consapevole diversità dei ruoli, si associa al sacerdote nella prentazione dell'offerta sacrificale. Se tutto si risolvesse nel mostrare-vedere-guardare, la celebrazione troverebbe il suo significato solo sul piano simbolico, come comunicazione di informazioni di contenuto religioso, o come mero invito alla sola adesione emotiva al contenuto di quelle informazioni; mentre la celberazione e' un fatto, che e' importante ed efficace per il suo valore intrinseco. Ciò che si vede o non si vede, e il modo in cui lo si vede, devono corrispondere a questa realtà; diversamente, lo stesso messaggio che si trasmette sul piano simbolico, la stessa informazione, risultano falsati rispetto alla realtà significata.
RispondiEliminaCordialità,
Ms
Errata corrige: non "prentazione" ma "presentazione"; non "celberazione", ma "celebrazione".
RispondiElimina<span>Se tutto si risolvesse nel mostrare-vedere-guardare, la celebrazione troverebbe il suo significato solo sul piano simbolico, come comunicazione di informazioni di contenuto religioso, o come mero invito alla sola adesione emotiva <span> al contenuto di quelle informazioni; mentre la celeb<span>razione e' un fatto, che e' importante ed </span>efficace per il suo valore intrinseco.</span></span>
RispondiEliminaeccellente precisazione: grazie, Ms.
Noi semplici fedeli abbiamo un IMMENSO bisogno oggi di questi chiarimenti, che nelle parrocchie nessuno è più in grado di darci, cominciando dai sacerdoti. ( ....e in esse non troveremo ormai la volontà politica di elargirli, poichè pare che tutto debba continuare nell'ambiguità sistematica inaugurata dal concilio, nella quale tutto è possibile fare e credere, perchè nulla è più esplicitamente proibito....)
Non entro nel merito della discussione ma vorrei fa notare a Pastor Ille che l'Ostia non l'ho mai vista, se non al momento dell'Elevazione, in nessuna chiesa anche se l'altare è privo di croce
RispondiEliminaGrazie alla redazione per questo articolo che ovviamente farò arrivare ai sacerdoti della mia parrocchia,ma solo per incoraggiarli visto che essendo troppo ortodossi (vestono con la tonaca , difendono il Papa sono giovani,e di conseguenza pericolosissimi)i" pii baciabanchi"sono già andati a esprimere false lamentele al vescovo(ovviamente non criticando l ortodossia ma criticandone falsamente la pastorale)e a quanto sembra tra poco prenderanno il volo.
RispondiEliminaOggi i liturgisti pretendono che sulla mensa non ci sia nulla, questa è la situazione attuale,nella mia parrochhia il prete va alla credenza e in quel luogo mesce da solo il vino e l'aqua, dopo la comunione alla credenza,chiamata ''tavolinetto'' fa lapurificazione. L'altare nelle chiese è completamente nudo: niente fiori, candele,ampollinee vasi sacri.Le candele rigorosamente tozze, diseguli e di plastica o le lampade di Aladino sono poste vicino alla mensa su strutture ridicole in ferro nero.La croce, asimmetrica, stilizzata, in alcuni casi mostruosa, è posta sempre da un lato o sulla parete sovrastante l'altare. Ho detto a molti di questi preti frugali di mettere la croce tra candelieri sulla mensa,hanno riprovato l'idea perchè, secondo loro,sull'altare non dovrebbe esserci nulla neanche il messale se non per il tempo della preghiera liturgica.Poi essi hanno detto che non ci possono essere due immagini del crocefisso vicine,in presbiterio. Io vorrei suggerire questo: una croce grande e particolarmente visibile potrebbe essere lasciata a contemplazione del popolo, poi potrebbe esserci una croce liturgica sull'altare, al centro tra candelieri,essa sarebe la croce da turificare ed avrebbe il compito liturgico d'indicare il sacrificio di Cristo. La messa con la croce al suo posto potrebbe aumentare il senso del sacro,il rispetto e limitare il protagonismo orizzontale del presbitero. La messa nuova andrebbe riveduta e corretta al più presto secondo tradizione.
RispondiEliminaQuoto completamente. E aggiungo: secondo me il Crocifisso sull'altare che costituisce nuova iconostasi-come dice il Papa- va contro quella tradizione che ha tolto l'iconostasi nella chiesa occidentale. Ergo è bene ritornare a celebrare ad orientem
RispondiEliminasarebbe interassante se il Santo Padre obbligasse per mutuo proprio tutti i sacerdoti a celebrare come celebra lui .Perchè il punto è questo:tanti sacerdoti non sanno più che cos è l obbedienza e sin tanto che non si agisce (con tutto ciò che ne conseguo, ovvero preti disubbidienti spalleggiati dai mass media ) si resta nella palude
RispondiEliminaahimè, quante chiese dovrebbero sottoscrivere questa desolante realtà....
RispondiEliminama il punto è sempre quello: chi di fatto si impegnerà a fare revisione e correzione della situazione di degrado liturgico che le richiede con urgenza ?
e secondo quali leggi scritte, uniformi per tutta la Chiesa, e non passibili di diverse interpretazioni, come al solito ?....
Ormai l'unica continuità visibile è quella della deriva con se stessa, che non può riallacciarsi alla Tradizione, perchè chi proclama che la continuità c'è già, (senza collaudarla nei fatti) dice in sostanza così:
"Basta dire la parola: "ermeneutica della continuità !" e la continuità si attuerà da sola"....
e i fatti ce lo dimostrano, ogni giorno, quanto sia reale la continuità con la Tradizione.
E' vero, Demetrio. Ma c'è un punto fondamentale che sta alla base del metodo usato dal Papa, e che io credo unico possibile: è necessario che questa dottrina si ricominci a CREDERE. Senza avere una diffusione concreta, questa dottrina non potrà radicarsi. E un' Ordine, per quanto giusto possa essere, potrebbe infrangersi nella non curanza e nell'ignoranza della sua sostanza. Senza credere a ciò che è ordinato, l'ordine cade nel vuoto, anche con una formale esecuzione. E poi il problema attuale sta nell'anarchia. Senza credere nell'autorità e nel suo Primato, anche gli ordini (vedi Motu Proprio SP) vengono ignorati. C'è bisogno di ri-insegnare l'Autorità, la Dottrina più spicciola e la Tradizione millenaria. Questo è il primo passo che il Papa ha compiuto. E vista l'eccezionalità della situazione attende anche aiuto che viene dal "basso"..
RispondiElimina<span>E' vero, Demetrio. Ma c'è un punto fondamentale che sta alla base del metodo usato dal Papa, e che io credo unico possibile: è necessario che questa dottrina si ricominci a CREDERE. Senza avere una diffusione concreta, questa dottrina non potrà radicarsi. E un Ordine, per quanto giusto possa essere, potrebbe infrangersi nella non curanza e nell'ignoranza della sua sostanza. Senza credere a ciò che è ordinato, l'ordine cade nel vuoto, anche con una formale esecuzione. E poi il problema attuale sta nell'anarchia. Senza credere nell'autorità e nel suo Primato, anche gli ordini (vedi Motu Proprio SP) vengono ignorati. C'è bisogno di ri-insegnare l'Autorità, la Dottrina più spicciola e la Tradizione millenaria. Questo è il primo passo che il Papa ha compiuto. E vista l'eccezionalità della situazione attende anche aiuto che viene dal "basso"..</span>
RispondiEliminama COME il Papa avrebbe re-insegnato il valore dell'autorità ?
RispondiEliminain Papa NON HA affatto compiuto nessun passo per ripristinare l'obbedienza alla suprema Autorità di Pietro.
Per affermarlo, lei deve dimostrare come e dove .
In reaoltà, in maniera sempre più visibile, il Papa si muove in obbedienza al concilio VII, (che ha vanificato la struttura gerarchico-monarchica della Chiesa), e tutti nello stesso senso praticano, (ognuno a modo suo) la presunta obbedienza al concilio, sancita da Paolo VI.
<span>ma COME il Papa avrebbe re-insegnato il valore dell'autorità ?
RispondiEliminain Papa NON HA affatto compiuto nessun passo per ripristinare l'obbedienza alla suprema Autorità di Pietro.
Per affermarlo, lei deve dimostrare come e dove .
In realtà, in maniera sempre più visibile, il Papa si muove in obbedienza al concilio VII, (che ha vanificato la struttura gerarchico-monarchica della Chiesa), e tutti, nello stesso senso, praticano, (ognuno a modo suo) la presunta obbedienza al concilio, sancita da Paolo VI.</span>
Sull'altare possono stare la croce con crocifisso e l'Evangeliario e i fiori (IGMR nn.117, 305 e sgg): l'Evangeliario va tolto alla proclamazione del Vangelo, così come Corporale, Patena, ecc. van posti all'Offertorio.
RispondiEliminaNon c'è una norma liturgica che specifichi l'altare vuoto, anzi il 117 parla di candelabri con ceri accesi da prepararsi, ergo van posti prima dell'inizio della celebrazione.
Concordo e aggiungo che non è sempre necessario "vedere" nella liturgia. E comunque una croce larga pochi centimetri non impedisce assolutamente la visuale. Aggiungo che nella nostra parrocchia ( con parroco non classificabile come tradizionalista ma che ha il pregio di non porre se stesso al centro della celebrazione) si usa la croce posta sull'altare "coram populo" ed essa è uno strumento utile per dare un centro, un punto di riferimento verso il quale volgersi.
RispondiEliminaMi permetto di dissentire. Non facciamo i conti in tasca al papa e al concilio. Finiamola di dire che il vaticano II ha demolito la chiesa.
RispondiEliminaMatteo, la piramide teologica non c'è più. E a dirlo non sono io, bensì il mio sacerdote (che non è tradizionalista): con il Concilio la piramide è stata sostituita dalla rappresentazione a cerchi concentrici che è visibile nella disposizione della folla durante il discorso della montagna -queste le sue parole. Purtroppo non c'è più gerarchia, c'è concertazione
RispondiEliminaCaro "come" sono in parte d accordo con lei tuttavia da quando c è il Summorum Pontificum nonostante l avversione di tanta parte del clero,i risultati sono molto incoraggianti pertanto nulla è impossibile basta pregare essere coerenti nel seguire il Santo padre in questa opera e sopratutto esporsi in prima persona nel proprio ambito.
RispondiElimina.........oramai siamo diventati una chiesa fai da te....basta andare in giro e entrare nelle chiese, si nota di tutto di piu'....un vero caos!!! Ma anche tante stupidita'! Comunque tante mense sono degne di un tavolo della osteria!
RispondiEliminaesatto, Teofilo: è proprio ciò che stavo spiegando sopra. Ma oggi sono sempre più numerosi quelli che negano l'evidenza del sole.
RispondiEliminaIl Papa aveva detto nel discorso programmatico del suo Pontificato di non voler imporre delle sue vedute personali. Ora se il Papa dà solo degli esempi e non dei precetti impone proprio delle sue vedute perché gli altri possono infatti dire che sono solo sue vedute e perciò non le eseguono (vedi Croce al centro, ecc.).
RispondiEliminaDi solito si dice che l' elevazione è stata inventata nel Medio Evo per far vedere l' Ostia consacrata. Però se vediamo bene la dinamica nella Messa Gregoriana dell' Elevazione al momento della Consacrazione pare più facile pensare ad una disposizione che crei nesso reale tra il Crocifisso e la conversione dell' Ostia. Che dite?
Desidero ricordare che nella chiesa ( per i francesi ) della Trinita' dei Monti , a Roma - l'altare non ha subito modifiche, il sacerdote e' rivolto al popolo nella prima parte, siede di lato quando occorra, e per la consacrazione e' rivolto verso l'altare ( e una parte notevole della messa e' in latino, il resto in francese). Ed a proposito del modo anzidetto di celebrare, richiamato anche dal card. Ratzinger, lessi tanto tempo fa di un contrasto in India - non ricordo nell'ambito di quale rito, malankarese o malabarese, tra chi era favorevole al versus populum e chi versus orientem .-Le due tendenze erano rappresentate rispettivamente dai sostenitori della dipendenza dal patriarcato caldeo- mi sembra - e da chi spinge per l'autonomia . Per risolvere la questione i vescovi hanno trovato la soluzione nel modo che ho prima descritto, approvato dal Vaticano, anche se sembrava che all'epoca i modi da due erano diventati tre... Poi, non so come e' andata a finire.
RispondiEliminaNonostante che sia piacituto a molti, non capisco come si possa considerare con favore l'abbandono dell'iconostasi da parte della tradizone liturgica occidentale.
RispondiEliminaTutto nasce dalla frattura culturale provocata dall'equivoco dei libri carolini (vedere qui: http://www.lettere.unimi.it/Spazio_Filosofico/leparole/carolini.htm). L'occidente da allora rifiutò l'idea teologica forte dell'icona (come sacramentale che "da a pensare"; idea che è rimasta nella tradizione orientale, ripresa nel '900 da autori quali Florenskij etc.), per una idea debole e sentimentale (l'immagine è solo la bibbia dei poveri).
L'immagine, perso il suo ruolo liturgico, è sempre più diventata abbellimento, fino al distacco completo che vediamo oggi. Finche c'era una comunione di intenti tra la Chiesa e gli artisti, la pittura europea occidentale è riuscita a lenire questo trauma, creando capolavori che parlano anche oggi (Giotto, Beato Angelico, Caravaggio ...), ma non per sempre.
L'arte è diventata autonoma e si è fatta religione a se stessa, mentre alla Chiesa è rimasta l'immagine puramente devozionale, atta a nutrire solo la religiosità popolare e incapace di rispondere alla crisi.
Se ci lamentiamo giustamente delle porcherie che affliggono le nostre chiese, se condanniamo le forme eretiche che assumono, non possiamo dimenticare o peggio esaltare le secolari fratture che stanno alla base dei tradimenti che vediamo oggi.
Caro "come". Che il Papa non abbia fatto nulla per "ri-insegnare" l'autorità non è affatto vero. Il Come è con l'Insegnamento, appunto. Credo ci sia altro modo di insegnare l'autorità, doverso dall'insegnamento? Se allude agli "ordini", allora quello non è insegnamento ma "autoritarismo". Ti "insegno" l'autorità, obbligandoti all'autorità? Per il "dove", ad esempio, mi veine in mente il recente Concistoro. In cui il Papa ha espresso PERLE di magistero sull'Autorità PETRINA...Ma sa meglio di me che, ironia della "sorte", proprio per la sua importanza è stato surclassato dalla confusione sul libro-intervista...
RispondiElimina<span>Caro "come". Che il Papa non abbia fatto nulla per "ri-insegnare" l'autorità non è affatto vero. Il Come è con l'Insegnamento, appunto. Crede ci sia altro modo di insegnare l'autorità, diverso dall'insegnamento? Se allude agli "ordini", allora quello non è insegnamento ma "autoritarismo". Ti "insegno" l'autorità, obbligandoti all'autorità? Per il "dove", ad esempio, mi veine in mente il recente Concistoro. In cui il Papa ha espresso PERLE di magistero sull'Autorità PETRINA...Ma sa meglio di me che, ironia della "sorte", proprio per la sua importanza è stato surclassato dalla confusione sul libro-intervista...</span>
RispondiEliminaPremesso che l'iconostasi in occidente si è "evoluta" nella balaustra a delimitare il presbiterio, noto con una punta di sorriso (amaro) che quando si prende una via sbagliata e si insiste a non volerlo ammettere ci si intriga maldestramente nei grotteschi grovigli di questioni che in fin dei conti sono inutili. I veri fanatici della forma sono i modernisti!
RispondiEliminaMi pare d'essere in sintonia col ragionamento d'Antonello.
La celebrazione versus populum storicamente non c'è mai stata, se un altar maggiore non era addossato ad una struttura alta, era perché a Roma s'era mantenuto l'uso di celebrare verso l'oriente "geografico" e quindi solo conseguentemente a modifiche degli spazi di culto il popolo si trovava di fronte all'altare.
Le trovate post conciliari creano solo problemi che hanno unica soluzione nella rimozione dei loro inconsistenti presupposti.
"<span>Questo è un nodo avviluppato</span>
<span>Questo è un gruppo rintrecciato,</span>
<span>Chi sviluppa più inviluppa;</span>
<span>Chi più sgruppa più raggruppa;</span>
<span>Ed intanto la mia testa</span>
<span>Vola, vola, e poi s'arresta,</span>
<span>Vo tenton per l'aria oscura,</span>
<span>E comincio a delirar.</span> "
Il colpevole è allora don Magnifico nostro.
RispondiElimina<span>Il colpevole è allora il don Magnifico vostro.</span>
RispondiEliminaLa colpa morì fanciulla.
RispondiEliminaComunque ce l'ha chi s'è messo in capo di rovesciare (dico rovesciare e non cambiare!) .
A buon intenditor.....