Post in evidenza

Sono sante le carmelitane scalze di Compiègne, ghigliottinate nel 1794 dai rivoluzionari

Mercoledì scorso, Papa Francesco ha esteso alla Chiesa universale il culto dei martiri di Compiègne: la Beata Teresa di Sant'Agostino e ...

domenica 26 dicembre 2010

Nella Santa Messa Gesù rinnova la sua nascita




NELLA SANTA MESSA GESÙ RINNOVA LA SUA NASCITA






La Chiesa cattolica canta per tutta la terra il dolce mistero della nascita di Cristo. "In quel giorno la soavità scenderà dalle montagne e le colline stilleranno latte e miele". Nel giorno di Natale, Colui che è la sorgente di ogni dolcezza, ha addolcito tutto portando dal Cielo la vera gioia, ha annunciato la pace agli uomini di buona volontà, ha consolato gli afflitti; in breve, col suo felice avvento ha riempito l'universo di benedizione.

Quale immensa gioia provò l'eterno Padre quella notte in cui vide nascere, dalla Vergine Maria, il Figlio amatissimo che Egli aveva generato prima di tutti i secoli! Che delizia fu per il Figlio avere una Madre in terra e un Padre nel Cielo!

Che felicità per lo Spirito Santo quando Colui per il quale era unito a Dio Padre da tutta l'eternità, con il legame di un indissolubile amore, si incarnò con la sua cooperazione e riunì in una stessa persona la natura divina e l'umana. Di quale soavità non foste inondata voi, o Maria, quando, nel contemplare Gesù, pensaste che Egli non era soltanto Figlio vostro, ma ancora Figlio di Dio! Quanto furono privilegiati gli uomini di allora che poterono vedere coi loro occhi quel Bambino di benedizione! quanto dovettero essere lieti e commossi quei pastori ai quali gli angeli annunciarono la sua nascita! E come si affrettarono ad andare a Betlemme per adorarlo! Chi potrà descrivere la felicità dei pii israeliti al giungere di questo giorno affrettato dai loro desideri, all'annuncio che fu dato loro da Simeone e da Anna che la promessa così lungamente attesa era finalmente compiuta? La loro felicità e incommensurabile e degna di considerazione, ma la nostra sorpassa la loro, poiché ogni giorno possiamo contemplare con gli occhi della fede il dolce Bambino Gesù e partecipare continuamente alla gioia della sua nascita! "Le parole del Vangelo e delle profezie ci infiammano talmente - dice un santo papa - che ci sembra di onorare la nascita del Salvatore, non come un avvenimento ormai passato, ma come se fosse attuale, perché noi pure riceviamo l'annuncio degli angeli ai pastori: "Ecco che vi annuncio una grande gioia: oggi è nato il Salvatore". Tutti i giorni, volendo, possiamo assistere a questa beata nascita nella santa Messa, nella quale è rinnovata e continuata. Questa è pure la dottrina di santa Ildegarda: "Quando il pane e il vino sono cambiati nel Corpo e nel Sangue di nostro Signore - dice nelle sue Rivelazioni - la nascita del Salvatore appare come in uno specchio". Questa testimonianza conferma le mie parole e prova sufficientemente che il Cielo prende viva parte a questo grande atto, compiuto ormai da duemila anni. Desiderate sapere da chi e come nasce Gesù Cristo? Ascoltate san Girolamo: "I sacerdoti chiamano Gesù Cristo alla vita per mezzo delle loro labbra consacrate ". E come se il santo Dottore dicesse che Gesù Cristo nasce dalle labbra del sacerdote quando pronuncia le parole della consacrazione. Il papa Gregorio XIII afferma la stessa cosa, quando raccomanda ai sacerdoti prima di salire all'altare di dire: "Voglio celebrare la santa Messa e formare il Corpo e il Sangue di nostro Signor Gesù Cristo". La Chiesa fa ancora di più quando ci ordina di cantare il cantico che gli angeli fecero echeggiare nella notte di Natale: "Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini di buona volontà". Non sembra anche a voi di ricevere, come i pastori, il messaggio dei celesti spiriti? "Vi annuncio una grande gioia: oggi è nato il Salvatore. Troverete il Bambino avvolto nelle fasce e coricato in una mangiatoia". Immaginate che il vostro angelo custode vi dica: "Rallegrati, figlio mio, il Salvatore sta per nascere nuovamente per la tua salute e lo vedrai sotto la forma della santa Ostia". Ma anche se il vostro angelo non vi parlasse così, la fede vi insegna che il fatto è questo. Che fortuna per voi se ci credete fermamente! E quale immensa gioia vi è riservata se vi comporterete con il divino Fanciullo come coloro che furono degni di contemplarlo con gli occhi del corpo! Nelle antiche leggende si racconta di un santo personaggio che di tanto in tanto, quando il SS. Sacramento era sull'altare o innalzato fra le mani del sacerdote, lo vedeva prendere la forma di un piccolo fanciullo. Nella Vita dei Padri leggiamo la relazione di un fatto simile che avvenne durante la Messa di un sacerdote chiamato Plego. Ma ciò che allora appariva agli occhi carnali, può essere percepito ogni giorno dal nostro occhio spirituale e dappertutto, dove si dice la santa Messa. San Luigi informato di un prodigio di questo genere che si ammirava in quei giorni nei dintorni di Parigi, rispose alle persone che lo esortavano ad andarlo a vedere: "Possono andarci quelli che non credono, io vedo Gesù vivente tutti i giorni alla Messa". Cito questa risposta, ispirata a una fede profonda, per mostrarvi che noi possediamo Gesù presente sull'altare, presente dico, non in una maniera immaginaria o puramente spirituale, ma realmente e corporalmente. Insomma lo stesso Gesù che è nato dalla santa Vergine a Betlemme e che i Re Magi hanno adorato. Gli accidenti soltanto ci impediscono di vederlo fisicamente, ma il nostro occhio interiore, rischiarato dalla fede, squarcia il velo e ci convince della reale presenza. Le ragioni per le quali Gesù si nasconde sono molte; la principale è quella di farci esercitare molto la fede e procurarci così un' occasione di merito. E per confermarci in questa stessa fede, in molte circostanze si è mostrato ai cristiani ed anche ai giudei ed agli idolatri.


Prodigi che rivelano la presenza reale di Gesù nel sacramento dell'altare


Alberto Kranz racconta che Carlo Magno aveva combattuto molti anni contro i Sassoni, per il desiderio di strapparli all'idolatria. Questi barbari vinti ed anche battezzati erano pur sempre eccitati all'apostasia dal loro capitano Wittikindo. Per la dodicesima volta, l'imperatore compariva in Sassonia con numerose truppe: era in tempo di quaresima e quando giunse la Pasqua comandò a tutta la sua armata di prepararsi devotamente per ricevere la Comunione. La festa fu celebrata al campo imperiale con molta pietà. Wittikindo aveva un gran desiderio di vedere la magnificenza del culto cristiano e per raggiungere il suo scopo lasciò i suoi abiti preziosi, si copri di cenci e andò da solo al campo chiedendo l'elemosina come un mendicante qualunque. In tal modo il Venerdì santo poté osservare che l'imperatore e i suoi soldati visibilmente contriti digiunavano rigorosamente e pregavano con fervore. Li vede poi confessarsi e prepararsi alla Comunione. Il giorno di Pasqua assistette alla Messa e quando il sacerdote fu arrivato alla Consacrazione, Wittikindo vide fra le sue mani un bambino incomparabilmente bello e si sentì preso da un'ineffabile dolcezza. Per tutta la funzione non cessò di guardare il celebrante e quando i soldati andarono alla santa Comunione vide con grande meraviglia che ognuno di loro riceveva un bambino che, però, da qualcuno andava con grande gioia, mentre non voleva andare da altri dibattendosi con le mani e con i piedi, benché fosse costretto a sottomettersi.

Il capitano Wittikindo non poteva riaversi dalla meraviglia che questo inaudito mistero gli suscitava. Dopo la funzione usci dalla chiesa, si confuse coi poveri e tese la mano a quelli che uscivano dal luogo santo. L'imperatore dava ad ognuno qualche cosa, ma quando fu davanti a Wittikindo, uno dei suoi servi, che l'aveva riconosciuto dal dito storpio, l'avverti: "Perché il capo dei Sassoni si nasconde sotto l'apparenza di un mendicante?", esclamò Carlo. Wittikindo si spaventò al pensiero di essere accusato di spionaggio e rispose subito: "Sire, non interpretate male la mia condotta; se ho agito così è stato all'unico fine di assistere liberamente alle funzioni dei cristiani". "Che hai visto?", soggiunse l'imperatore. "Un prodigio tale di cui non ho mai sentito parlare e che non so neanche spiegare". Raccontò allora quello di cui era stato testimone il Venerdì santo, quello che aveva visto alla Messa di Pasqua e domandò il significato di un fatto così straordinario. L'imperatore, meravigliato che Dio avesse accordato, ad un pagano indurito, una grazia così insigne, negata a tanti santi, quella cioè di vedere il Bambino Gesù nell'Ostia, gli spiegò il motivo della tristezza del Venerdì santo e del digiuno, della confessione e della Comunione. Questa spiegazione toccò talmente il cuore di Wittikindo che abiurò il paganesimo e dopo essersi fatto istruire, ricevette il Battesimo. Non contento di tutto questo condusse con sé dei sacerdoti che a poco a poco convertirono al cristianesimo il Ducato di Sassonia.

questa storia è bene indicata per ravvivare la nostra fede nella presenza reale di Gesù nell'Ostia. Gesù Cristo rende invisibile ai nostri occhi prevaricatori la sua bellezza ma non già agli occhi di Dio e dell'esercito celeste. Ad ogni Messa Egli appare in un tale splendore che la SS. Trinità ne riceve una gloria infinita e la beata Vergine Maria, gli angeli e i santi ne provano gioia ineffabile, come ha rivelato Gesù Cristo al beato Alano de La Roche.




Adorazione degli angeli


Quando gli angeli vedono Gesù nell'Ostia, si inginocchiano umilmente davanti a Lui e lo adorano con lo stesso rispetto che ebbero davanti alla mangiatoia, compiendo per la seconda volta la profezia applicata da san Paolo al mistero di Natale: "quando Dio introdusse sulla terra il suo Figliolo, disse: "Lo adorino tutti gli angeli". Questi celesti spiriti, presi da un santo timore, come canta la Chiesa nel Prefazio, si uniscono in una comune allegrezza per lodare e celebrare la maestà divina. Uniamoci a loro ed esaltiamo il dolce Gesù che ad ogni Messa rinnova lo stesso mistero per farcene più largamente partecipi. Nessun essere umano potrebbe degnamente spiegare una così sublime verità e solo la scienza degli angeli sarebbe sufficiente, perché essi soli vedono le delizie che la celebrazione della Messa procura a tutto il Cielo. Per noi è impossibile concepire la gioia che ne prova la divinità.

La SS. Trinità, senza acquistare, né perdere niente di se stessa, attinge tutta la sua bellezza dall'unione delle sue tre Persone distinte in una comune essenza. Lo Spirito Santo dice della Sapienza increata, cioè del Figliolo di Dio: "Essa è lo splendore della luce eterna, lo specchio senza macchia della maestà divina, l'immagine della sua bontà". Questo specchio da tutta l'eternità è davanti agli occhi del Padre, che si contempla gustando una felicità infinita. Egli si vede quale è attualmente e quale rimarrà eternamente, cioè il Signore grande, glorioso, sapiente, onnipotente, bello e ricco e tutto ciò in un grado infinito. La contemplazione incessante della sua fedele immagine è per Lui un godimento così soave, così perfetto che costituisce da solo la sua completa beatitudine. Questo stesso specchio immacolato fu posto nuovamente sotto i suoi occhi alla nascita di Gesù, perché Egli è ricoperto dalla più nobile natura umana, adorno di ogni virtù e sfavillante di tutte le perfezioni. A questa vista, il Padre celeste provò, a nostro modo di dire, nuove delizie alle quali fece partecipare tutta la corte celeste. Ed è perciò che i celesti spiriti, nella notte di Natale, cantarono un inno così melodioso che la terra ne fu rapita ed i pastori trasalirono di allegrezza. E ripetendo Gloria in excelsis i cori celesti si affrettarono verso Betlemme, si prostrarono davanti al neonato ed adorarono la sua divinità. Quello che è successo visibilmente una volta sola si rinnova ogni giorno sull'altare dove il Figlio unico di Dio nasce dalle parole del sacerdote e si fa di nuovo uomo. Non si crea certamente un nuovo Gesù, ma si moltiplica la presenza reale di Gesù Cristo. La sua umanità, riprodotta in virtù della transustanziazione si trova lì dove non era prima e resta realmente sotto le specie della santa Ostia, finché le specie si conservano incorrotte. Dico finché si conservano incorrotte, perché quando cominciano a corrompersi Gesù Cristo si ritira. Ciò è tanto vero che se Gesù Cristo non esistesse che sotto queste specie e queste fossero distrutte, Egli sparirebbe con esse e non ci sarebbe più Gesù né in Cielo né in terra.





L'Eucaristia glorifica il Padre


Quando il Verbo fatto carne nasce di nuovo per mezzo delle parole del sacerdote, quando questo specchio di giustizia è innalzato dalle mani del sacerdote e presentato a Dio dal celebrante e dal popolo, quali saranno le gioie e le delizie che risentirà il Padre celeste? Lingua umana non può descriverle, perché la nostra intelligenza non è in grado di comprenderle, ma certamente non sono inferiori a quelle che Egli gustò nella notte di Natale, perché tanto nell'uno che nell'altro caso ha sotto gli occhi Colui del quale ha detto: "Questi è il mio Figlio diletto nel quale ho posto tutte le mie compiacenze" Ma ecco la differenza: Gesù di Betlemme era ricoperto di una carne mortale, mentre nella santa Ostia il suo glorioso corpo, adorno delle sue sacre piaghe, come da cinque pietre preziose, è immortale. A Betlemme nacque corporalmente, mentre sull'altare nasce in maniera mistica e reale insieme.

Queste delizie sorpassano tutte quelle che l'Altissimo gusta nelle lodi degli angeli, nelle adorazioni dei santi, nelle buone opere degli uomini, essendo la santissima umanità di Cristo, unita ipostaticamente alla divinità, la sola capace di onorare ed amare la SS. Trinità, secondo la sua infinita amabilità. Possono darcene un'idea le parole che nostro Signore disse a santa Matilde: "Io solo so e comprendo perfettamente come mi immolo ogni giorno sull'altare, per la salute dei fedeli, cosa che non possono comprendere interamente né i Cherubini, né alcun'altra potenza celeste". Sì, soltanto Gesù Cristo conosce quanto il suo amore e la sua oblazione quotidiana siano graditi a Dio nella Messa. Egli compie questo doppio ministero di amante e di vittima con una suprema soavità ed una compiacenza che sorpassa ogni intendimento. L'intero cielo ammira con occhi pieni di sorpresa e con cuore estasiato, senza poter misurare l'estensione della gioia divina. E poiché questo si riproduce ogni giorno, ad ogni ora, chi potrà calcolare l'incommensurabile effetto di tante migliaia di Messe? O mio Dio, la tua felicità mi rapisce e i miei desideri si riducono ad uno: che tanta felicità non sia mai turbata dall'indifferenza di coloro che assistono a questo augusto Sacrificio! O Gesù, ti prego di volere, ad ogni Messa, amare e letificare, per me, la SS. Trinità e di supplire sovrabbondantemente all'amore che ho trascurato di testimoniarle e alla gioia che avrei dovuto procurarle.


L'Eucaristia, fonte di frutti salutari


Vediamo ora quali salutari frutti riceve il mondo peccatore dalla nuova nascita di nostro Signore. Isaia profetizzava così la venuta del Messia: "Ci è nato un Bambino, ci è stato dato un figlio". Possiamo dire lo stesso, dopo ogni consacrazione: "Ci è stato dato un Bambino!". Che ricco dono! Che dono prezioso! Questo Bambino è veramente il Figlio del Padre onnipotente, viene da un lontano paese di gioia, dal celeste paradiso, fertile in delizie. Egli ci porta immense ricchezze: la grazia e la misericordia divina, la purezza, il perdono e la remissione delle pene, il miglioramento della vita, il favore di una buona morte, l'accrescimento della gloria celeste, il beneficio del nutrimento temporale, una protezione sicura contro il peccato e lo scandalo e tutte le divine benedizioni. Egli è pronto a prodigare questi tesori a tutti quelli che ascoltano la Messa con pietà.

Consideriamo attentamente il testo di Isaia e vi troveremo un altro insegnamento. Il profeta dice chiaramente: "Ci è nato un Bambino, ci è dato un figlio". Che cosa significano queste parole applicate alla nascita sacramentale di Gesù, se non che Egli diviene nostra proprietà con tutto quello che è, con tutto ciò che possiede e con tutto quello che opera sull'altare? Così sono nostri l'onore, le azioni di grazie, le soddisfazioni, gli omaggi che Egli offre alla Santissima Trinità. Che immensa consolazione, dunque, è per colui che ascolta la Messa, il sapere che non solamente gli appartiene il santo Sacrificio, ma lo stesso Gesù! Se nella notte di Natale foste stati nella grotta di Betlemme, certamente avreste preso il Bambino Gesù nelle braccia, lo avreste offerto al suo eterno Padre e innalzandolo verso di Lui, lo avreste pregato di abbassare sopra di voi, per amore di questo diletto Figlio, i suoi sguardi di misericordia. Dubitate forse che non vi avrebbe ricolmato delle sue grazie? No, ebbene fate altrettanto alla Messa, specialmente nell'Avvento e nelle feste di Natale; recatevi in spirito all'altare, prendete Gesù fra le braccia e offritelo al Padre suo.





Annientamento di Gesù nella S. Eucaristia


Resta ancora da trattare un punto importantissimo e cioè che il Salvatore nasce sull'altare in una maniera mistica e prende una forma tanto umiliante da meravigliare il Cielo e la terra.

La sua prima Incarnazione e la sua prima nascita sono descritte da san Paolo in termini chiari: "Fratelli miei - dice il grande apostolo - dovete avere i medesimi sentimenti che ebbe Gesù Cristo. Egli, essendo in forma di Dio, non ha ritenuto come un'usurpazione questa sua uguaglianza, eppure si è annientato prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini e giudicato all'esterno come uomo. Si è abbassato e si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di Croce"

Chiunque rifletta sulla nascita mistica del Salvatore vi troverà un'umiliazione ancora più grande. Perché se a Betlemme era simile agli altri bambini, o meglio se aveva la forma del più bello dei bambini, sull'altare si annienta sotto le apparenze del pane. Chi mai sentì parlare di un tale abbassamento? Gesù Cristo può dire veramente col profeta re: "Sono un verme della terra e non uomo, oggetto di scherno per gli uomini, di disprezzo per il popolo". Chi bada a questa minima particella? Chi l'adora? Chi gli rende gli onori divini? Ohimè! quasi nessuno! quanto e come nostro Signore si abbassa, come si sottrae agli onori che sono dovuti alla sua presenza! Dov'è la sua gloria, la sua onnipotenza? Dove l'imponente maestà che fa tremare la corte celeste? Vi ha rinunciato per abbandonarsi al disprezzo. Egli è il Verbo di Dio e non può articolare una parola; ha creato il firmamento e non può muovere né il piede, né la mano; l'universo stesso non può contenerlo e si è rinchiuso come prigioniero in una piccola Ostia! Nel Cielo è assiso su di un trono abbagliante, sui nostri altari è giacente, legato come l'agnello del sacrificio. Quale annientamento! Incomparabile amore che ha ridotto in questo stato l'amante dell'anima umana. Ma questo non è tutto: si assoggetta alla volontà di ogni sacerdote e non soltanto di quelli pii, ma anche degli indifferenti e dei tiepidi e si abbandona fra le loro mani fino al punto che essi possono disporre di Lui a loro piacere. Grande meraviglia! Non rifiuta di essere benedetto da loro, benché, come dice san Paolo: "L'inferiore riceve la benedizione del superiore". Come mai Gesù Cristo, infinitamente superiore al sacerdote, consente di essere benedetto da lui? E un fatto che il sacerdote benedice la santa Ostia fino a quindici volte dopo la Consacrazione, proprio quando è divenuta il vero Corpo e il vero Sangue del Salvatore,! quando Giovanni incontrò Gesù sulle rive del Giordano esclamò: "Io devo essere battezzato da te, e tu vieni a me?". Grande e tremenda lezione per i sacerdoti! Essi dovrebbero dire al Salvatore: "Signore Gesù, sono io che ho bisogno di essere benedetto da te e tu vuoi ricevere la benedizione di un peccatore!". Non certo come uomo il sacerdote traccia il segno della croce sulla santa Ostia, ma egli pronuncia la benedizione di Dio Padre. Non è sorprendente che Dio si serva di un uomo per benedire il più santo degli olocausti! Perché il Salvatore si umilia così? Ascoltate ed ammirate. Una delle ragioni principali è quella di disarmare la collera di Dio e di allontanare il castigo che minaccia il peccatore. Non vi è miglior mezzo per placare il proprio nemico che umiliarsi davanti a lui, implorando il suo perdono. Ne abbiamo un notevole esempio a proposito dell'empio Acab. Elia annunciò a questo principe che il Signore, giusto vendicatore dei delitti suoi e della sua famiglia, lo avrebbe punito con morte violenta insieme alla moglie e ai suoi bambini, che nessuno di loro sarebbe stato sepolto e che i loro corpi sarebbero stati divorati dai cani. A questa notizia Acab si stracciò gli abiti reali, si rivestì di cilicio, si copri con un sacco grossolano e si allontanò a testa bassa. Allora Dio disse ad Elia: "Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me?". "Sì", rispose il profeta. Il Signore riprese: "Giacché si è umiliato per me, non gli farò male durante la vita e soltanto alla sua morte mi vendicherò sulla sua famiglia".

Se questo empio re di cui, secondo la testimonianza dei Libri santi non e mai esistito uno simile" è riuscito, con la sua umiltà, a far sì che l'onnipotente Iddio revocasse la terribile. sentenza pronunciata contro di lui, che cosa Gesù, così umiliato sugli altari, non otterrà mai dal Padre celeste? Lo stato in cui si riduce per i peccatori che, per la malizia e l'orgoglio, hanno meritato un giusto castigo, non è mille volte più commovente di quello di Acab? Si spoglia delle vesti di gloria, per nascondersi sotto le apparenze della santa Ostia, come sotto un duro cilicio: non si allontana con la testa china, ma sull'altare sta in atteggiamento di un verme della terra e, dal fondo del cuore, scongiura il Padre suo, con grida supplichevoli, di perdonarci e risparmiarci. Davanti a un tale spettacolo Dio non dirà dunque ai suoi angeli: `Avete visto come il Figlio mio si è umiliato al mio cospetto?". E gli angeli risponderanno: "Sì, o Signore e noi siamo confusi per tanto abbassamento!". "Poiché mio Figlio si è così annientato per amore dei peccatori, - aggiungerà il Padre celeste - io riterrò la mia collera e per quanto grandi siano le iniquità degli uomini non procederò con rigore verso di loro". Non c'è dubbio, se Dio giusto risparmia la vita del colpevole o non lo punisce per i suoi delitti, questo avviene perché il reo ha assistito alla santa Messa e partecipato così all'ammenda del Salvatore, umiliato per lui. Cristiani, siate riconoscenti a quest'adorabile vittima e ditele dal fondo del cuore: "O dolcissimo Gesù, ti siano rese lodi e onore, per l'amore che a ciascuna Messa ti fa scendere dal Cielo, per quell'amore che cambiando il pane e il vino, nella tua Carne e nel tuo Sangue, ti tiene schiavo sotto queste umili apparenze, disarma la collera del Padre tuo e ci ottiene la remissione delle pene dovute ai nostri peccati! Ti ringraziamo dal fondo del cuore, per questo inestimabile Sacrificio; ti lodiamo, ti esaltiamo, ti benediciamo, ti glorifichiamo con tutte le nostre forze e preghiamo il celeste esercito di unirsi a noi, per supplire all'insufficienza delle nostre azioni di grazie. Ti supplichiamo ancora di aprire gli occhi del nostro spirito, affinché, conoscendo sempre meglio questo dolce mistero, possiamo più degnamente onorarlo ed applicarlo alla nostra salute".
Testo tratto da: P. Martino de Cochem O.M.C., La Santa Messa, Milano 1937/3, pp. 71-82.

5 commenti:

  1. E' meraviglioso! Grazie Redazione per aver pubblicato un testo così bello! Non può esistere nel mondo qualcosa di più sublime dell'Eucarestia! I miei più sinceri e sentiti auguri ad Enrico, ai suoi collaboratori...e a tutti i bloggers di buona volontà!

    RispondiElimina
  2. <span><span><span><span><span>.... pace in terra agli uomini di buona volontà"....</span></span></span>
    cari redattori, grazie per aver riportato questo testo stupendo, (oggi di sicuro inimitabile, se le meditazioni sui misteri della nostra Fede sono fuori moda....) con l'antica traduzione : "di buona volontà". Non mi convince molto quella recente versione: "agli uomini amati da Dio", non riesco a capire la necessità della modifica (pare che il Papa ne abbia parlato, ma devo ancora leggere la spiegazione).</span>
    </span>

    RispondiElimina
  3. <span><span><span><span><span>.... pace in terra agli uomini di buona volontà"....</span></span></span>  
    cari redattori, grazie per aver riportato questo testo stupendo, (oggi di sicuro inimitabile, se le meditazioni sui misteri della nostra Fede sono fuori moda....) con l'antica traduzione : "di buona volontà". Non mi convince molto quella recente versione: "agli uomini amati da Dio", non riesco a capire la necessità della modifica (pare che il Papa ne abbia parlato, ma devo ancora leggere la spiegazione).</span></span>

    RispondiElimina
  4. <span><span><span></span></span></span>
    <span><span><span>...ecco, ora ho ritrovato in un thread precedente questo passaggio ripreso dalla spiegazione del Papa:</span></span></span>
    <span>Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggere ambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli angeli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che riconoscesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avesse chiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata, però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo con la sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Ambedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che ci previene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta, che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addirittura ci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e risposta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambedue sono inscindibilmente intessute tra loro.    ....</span><span>. Egli ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme con Lui e così possa esservi pace sulla terra."</span>
    -----------------------
    <span>ma qui pregherei qualcuno (esperto di novità ecclesiali e teologiche) di spiegarmi: che significa realmente </span><span><span><span><span><span>leggere ambedue i testi insieme </span></span></span></span></span><span> ?</span>
    <span>io continuo a non capire come -all'atto pratico- il fedele semplice, incolto e non-esegeta, possa accedere a questa "doppia lettura", dopo che per secoli avevamo sempre sentito quella semplice "pace agli uomini di buona volontà".</span>

    RispondiElimina
  5. <span><span><span><span>...ecco, ora ho ritrovato in un thread precedente questo passaggio ripreso dalla spiegazione del Papa:</span></span></span>  
    Ma quale traduzione è giusta? Dobbiamo leggere ambedue i testi insieme; solo così comprendiamo la parola degli angeli in modo giusto. Sarebbe sbagliata un’interpretazione che riconoscesse soltanto l’operare esclusivo di Dio, come se Egli non avesse chiamato l’uomo ad una risposta libera di amore. Sarebbe sbagliata, però, anche un’interpretazione moralizzante, secondo cui l’uomo con la sua buona volontà potrebbe, per così dire, redimere se stesso. Ambedue le cose vanno insieme: grazia e libertà; l’amore di Dio, che ci previene e senza il quale non potremmo amarLo, e la nostra risposta, che Egli attende e per la quale, nella nascita del suo Figlio, addirittura ci prega. L’intreccio di grazia e libertà, l’intreccio di chiamata e risposta non lo possiamo scindere in parti separate l’una dall’altra. Ambedue sono inscindibilmente intessute tra loro.    ....<span>. Egli ci ama affinché noi possiamo diventare persone che amano insieme con Lui e così possa esservi pace sulla terra."</span>  
    -----------------------  
    <span>ma qui pregherei qualcuno (esperto di novità ecclesiali e teologiche) di spiegarmi: che significa realmente </span><span><span><span><span><span>leggere ambedue i testi insieme </span></span></span></span></span><span> ?</span> 
    <span>io continuo a non capire come -all'atto pratico- il fedele semplice, incolto e non-esegeta, possa accedere a questa "doppia lettura", dopo che per secoli avevamo sempre sentito quella così semplice:</span></span>
    <span><span>"pace agli uomini di buona volontà".</span></span>

    RispondiElimina