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venerdì 11 dicembre 2009

La messa in cinese

E se al posto dei cinesi ci fosse un "coetus stabiliter existens" di fedeli legati al rito tridentino? E al posto del mandarino ci fosse la lingua latina? La domanda rimane aperta (a onor del vero la diocesi di Firenze si distingue positivamente già dall'indulto ante Summorum Pontificum...)

A Natale, la messa è in cinese

Debutterà il giorno di Natale a San Donnino la messa in mandarino celebrata da don Pietro Du, il trentenne prete cinese viceparroco di Campi Bisenzio

Don Pietro Du

Don Pietro Du

FIRENZE - La prima messa in mandarino per i fedeli cinesi dell’hinterland fiorentino sarà celebrata il pomeriggio di Natale, nella chiesa di San Donnino. Ad officiarla, nella sua lingua madre, don Pietro Du, viceparroco trentenne, originario della provincia di ShanXi, nella parte settentrionale della Cina. Tra le province di Prato e Firenze è insediata, ormai da anni, una comunità cinese tra le maggiori d’ Europa e dedita, in particolare, alla lavorazione della pelle e dei tessuti. Iniziative religiose per i cattolici provenienti dalla Cina si stanno diffondendo: dalla scorsa Pasqua, in una parrocchia pratese, viene celebrato il rito della Via Crucis in mandarino.

LA MESSA COME MOMENTO DI INTEGRAZIONE - La messa domenicale in cinese a Campi Bisenzio, di cui San Donnino è una frazione, potrebbe però interessare i molti cinesi che vivono in altre zone della Toscana, oltre ai circa 20.000 immigrati dalla Repubblica Popolare che risiedono nelle immediate vicinanze. Padre Du è arrivato a San Donnino nell’ottobre scorso dopo aver frequentato un seminario cattolico nella sua provincia e aver seguito un corso triennale a Roma, in inglese. Don Giovanni Momigli è il parroco di San Donnino, un prete di frontiera, impegnatissimo nelle attività sociali e molto attento ai problemi dell’integrazione. Padre Du ha così potuto cominciare a lavorare sul territorio contattando i connazionali che già si rivolgevano alla chiesa. Alcune famiglie di Cerreto Guidi, nell’Empolese, hanno saputo della sua presenza e lo hanno invitato a dire messa per loro

DON PIETRO DU E DON MOMIGLI - «È difficile decidere di fare il prete in Cina - spiega padre Du - ma le cose vanno meglio ora. Io sono molto contento di essere qui in Italia, le cose vanno bene e a Natale comincerò a dire messa anche nella mia parrocchia». Don Giovanni Momigli è il parroco di San Donnino, molto attento ai problemi di integrazione in un territorio vasto in cui vivono circa 20.000 cinesi. «Il nostro lavoro, si badi bene - spiega don Momigli - non ha l’obbiettivo di creare, come avviene in altre realtà, una comunità cristiana cinese parallela. Anzi, intendiamo procedere ad una integrazione dei cinesi nella comunità cattolica. Ma, come ben sappiamo, il concetto di interazione è difficile sia a livello civile, sia a livello religioso». Una delle principali barriere, sottolinea don Momigli, è la lingua. Da qui l’idea di cominciare a celebrare le messe in cinese.

07 dicembre 2009(ultima modifica: 08 dicembre 2009)

Fonte: Corrierefiorentino.it

12 commenti:

  1. CREDO NELLA SANTA CATTOLICA APOSTOLICA E BABELESE CHIESA!!!!!!!!!!!!!!!!!

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  2. Complimenti a Bugnini che ci ha donato cotante ricchezze grazie alla riforma liturgica.... chissà se un giorno gli alieni ci faranno visita e la Santa Sede non promulgherà per loro un bel messale 'romano?' in marziano???????

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  3. Per tutti c'è posto tranne per chi è legato alla Santa Messa Apostolica Gregoriana Carolingia.... per tutti tranne per i Cattolici... le diversità si acuiscono con una formula enorme di lingue per la celebrazione eucaristica diminuiscono quando i fedeli cattolici dell'orbe si trovano a pregare con una lingua soltanto... Santa Madre Chiesa nella sua esperienza bimillenaria lo aveva capito bene ora pare che si sia ubriacata specialmente grazie ai 'PRETI DI FRONTIERA' che pena...

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  4. Andate a quella nella parrocchia d'Ognissanti a Firenze, ne vale la pena! ;)

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  5. Normalmente quando non comprendo certe scelte della Chiesa, preferisco meditare ed aspettare che il sole diradi le nuvole...gli apostoli stessi dimostrarono fin dal principio di non comprendere cosa Gesù dicesse e volesse, perfino le parabole doveva spiegarle, privatamente, dopo che la folla se ne era andata....
    Dopo l'efficace effetto della Pentecoste le Lettere ci fanno comprendere un lungo lavorio di comprensione mai terminato ^__^

    Non mi stupisce pertanto se anche noi, oggi, ci troviamo nella medesima situazione...

    Mi stupisce tuttavia con quanto accanimento si preclude al latino di farsi strada nella Messa e di quanto sia facile invece ottenere la Messa in qualsiasi altra lingua...

    Ricordo di un sacerdote o di un laico, confesso che non ricordo, ma che raccontava questa esperienza andando in Francia e si trovò (parliamo degli anni '70) molto in difficoltà per la Messa perchè lui la conosceva o in italiano o in latino, non conosceva il francese, ergo si trovò a dover girare molte chiese per la Messa della domenica, ma erano tutte in francese e si rammaricò che se almeno avesse trovato una in latino avrebbe potuto PARTECIPARE PIU' PIENAMENTE...E allora si dovette accontentare di quella in francese pur di non perderla e di non perdere la Comunione...
    Fu rincuorato dal fatto che la Messa, celebrata almeno in modo ortodosso, lo aiutò a comprendere tutti i passi che cercò di seguire così con il cuore....

    Ciò che mi spaventa un pò è che invece di avere una UNITA' ECCLESIALE stiamo lavorando per creare maggiori divisioni...
    tante piccole isole, ognuna con la propria lingua, ognuna con la propria prassi dottrinale, ognuna con il proprio "IO" dove il vero cuore dell'ecclesiologia sarà solo una cornice, un effetto esteriore impossibile da unificare perchè ognuno continuerà a parlare la propria lingua senza mai incontrarsi veramente...

    Il latino UNIVA TUTTI...
    guardiamo all'Angelus in piazza san Pietro...tutti vanno a VEDERE il Papa, ognuno lo ascolta nella propria lingua...ma dove siamo uniti è nel momento della Preghiera perchè chiunque, se è stato un pò cresciuto dalla e nella Chiesa, conosce il latino almeno l'Ave Maria, il Gloria al Padre...e la Benedizione del Pontefice...
    così come all'Udienza del mercoledì, è il Pater Noster cantato in latino che unisce TUTTI i fedeli provenienti da tutto il mondo...

    Ben vengano iniziative che mettano i fedeli cattolici di altre Nazioni a proprio agio nella propria lingua, ma se alla Messa ritornasse il latino anche per queste Messe di Natale o di Pasqua, chiunque entrando in qualsiasi chiesa NON si sentirebbe straniero ma Cattolico...

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  6. C'è un piccolo problemino: il mandarino in Cina lo parlano gli abitanti della regione di Pechino e le persone colte. Poiché fra gli immigrati cinesi in Italia ci saranno anche molte persone con un titolo di studio basso e non originarie di Pechino, costoro capiranno la messa in mandarino quanto quella in italiano, in latino o in ostrogoto. Cinquant'anni fa la questione non si sarebbe nemmeno posta, guarda un po'...

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  7. Allora, cerchiamo di non mischiare due cose diverse. Celebrare Messa in latino, VO o NO che sia, non è paragonabile a celebrare Messa in una lingua vernacola particolare di una certa comunità, stabile o temporanea che sia.
    Per esempio, il mio comune ha una vocazione turistica importante con una clientela consolidata dalla Germania. Molti fedeli cattolici tedeschi in vacanza presenziano alla Messa in italiano nelle nostre parrocchie e di tanto in tanto (credo mensilmente) ci si è organizzati per celebrare Messa anche in tedesco.
    E' un gesto di cortesia e gentilezza.

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  8. "La messa come momento di integrazione" titola il secondo paragrafo dell'articolo.
    Mah, non so come si possa parlare di integrazione quando anche nella fede vengono replicate le divisioni linguistiche della vita profana. In una chiesa gli italiani, nell'altra i cinesi. Come se appartenessero a diverse confessioni.

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  9. Una volta strappata la tunica di Cristo, restano i brandelli. E allora cerchiamo di utilizzarli al meglio, cerchiamo di ricucirli: non riusciremo a ritessere quella tunica, per questo ci vuol lo Spirito Santo, ma a renderla più dignitosa dei brandelli sì.
    Lasiamo perder la foto di quel prete che s'è già ben integrato a giudicar dall'abbigliamento, a Firenze a Prato e zone di confine esiste una vasta comunità cinese.
    Ove si escludano i cinesi di Formosa che sono in genere ben inseriti, i cinesi continentali sono quasi uno stato nello stato.
    Se con la Messa in mandarino - d'accordo coi limiti della comprensione di tale lingua - si riesce a muovere i primi passi verso l'integrazione, non vedo problemi.
    Il problema è che in genere i cinesi non hanno la minima intenzione di integrarsi.
    E l'altro problema reale è che, fermandosi al mandarino, i cinesi si ghettizzino ancor di più.
    Gran parte di loro, almeno quelli che già da anni sono in Italia, e molti almeno le elementari e le medie le hanno frequentate, capiscono benissimo l'italiano e si esprimono sufficientemente . Dunque, più che il mandarino, dovrebbe esser l'italiano la lingua atta a favorir l'aggregazione e l'integrazione.
    Quanto alle altre lingue, da molto tempo in varie città, anche qui a Firenze, si celebran messe in inglese e in tedesco, sia per i turisti, sia per gruppi di studenti che frequentan le università italiane o le succursali di università straniere.
    Può non piacere, ma la realtà è questa.

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  10. Più vado avanti e più mi avvedo di quanto errato sia stato abbandonare l'antica lingua liturgica che tutti ci univa.
    Questi messali in varie lingue e dialetti non fanno altro che creare ghetti e divisioni.

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  11. Bentornato e ben ritrovato, professor Pastorelli!!

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  12. @Areki
    Condivido in buona parte quello che hai detto.

    Una volta al mio docente di liturgia chiesi: "Ma visto che si deve dir Messa nella lingua del popolo, perché non dirla anche in dialetto veneto?"
    Il docente ridendo rispose che non aveva senso perché la lingua doveva essere nazionale.
    Al che io risposi: "Ma scusi, il Friuli non mi risulta che sia una nazione, eppure esiste il Messale in furlan!"
    Ridendo di meno, il docente precisò che il furlan era una lingua regionale riconosciuta.
    Sempre io: "Anche il dialetto veneto, con tanto di Legge Regionale e sito web sponsorizzato dalla Regione!"
    Il docente smise di ridere e glissò non sapendo più cosa rispondere.

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