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giovedì 8 ottobre 2009

Con il Papa o contro il Papa ?

Da Paix Liturgique, proponiamo la traduzione veloce e pertanto imperfetta di un articolo pubblicato on line nell’ultimo numero dal titolo:

Avec ou contre le Pape ?

Plus qu’un an pour traduire ses paroles en actes

Con il Papa o contro il Papa?

Non resta che un anno per trasformare le Sue parole in atti concreti

Chissà se i vescovi lo leggeranno .........


Ricordiamo tutti che nella Sua lettera ai vescovi che accompagna il Motu Proprio, il Santo Padre invitava i vescovi a volere scrivere alla Sede Apostolica un resoconto delle loro esperienze, tre anni dopo l'entrata in vigore del Motu Proprio Summorum Pontificum, cioè il 14 settembre prossimo (2010).
Quante ne abbiamo sentite a questo proposito, in questi primi due anni di applicazione, uscire dalla bocca dei nemici della pace:
“Il Motu Proprio non è altro che una misura provvisoria per facilitare il ritorno degli integristi„, “Non c’è nulla di definitivo„, “Si vedrà tra tre anni, e se non interessa alla gente, sarà gettato nel dimenticatoio insieme con la messa in latino„, “Il Motu proprio è solo una prova per tre anni, se porta troppi problemi nelle parrocchie, sarà abbandonato„…
Ma leggiamo bene il passaggio della lettera del papa riguardante questo termine di tre anni: esso non istituisce affatto “un periodo di prova„ al termine del quale il Motu Proprio potrebbe essere abrogato, cosa che sarebbe assurda trattandosi di un testo che afferma l'esistenza di un diritto mai abolito. Dice soltanto, sotto forma concessiva, che al termine di tre anni “Se gravi difficoltà fossero realmente apparse, si potrebbero cercare vie per porvi rimedio„.
Così, molti vescovi interessati a sbarrare la strada a Benedetto XVI ed a suoi sostenitori tentano di negare l'evidenza e fanno credere che non ci siano domande per l'applicazione del Motu Proprio nelle parrocchie. Così, pensano, sarà possibile fare un bilancio negativo al Santo Padre al termine dei tre anni, spiegando che non soltanto non ha suscitato alcun entusiasmo né colmato attese nei fedeli ma al contrario non ha fatto che portare divisioni e complicazioni inutili nelle parrocchie nelle quali come d’altro canto è chiaro a tutti, “non ci sono problemi liturgici„…
È a questi vescovi “conservatori„, interessati a nulla cambiare nelle diocesi e che si dichiarano perfettamente soddisfatti della situazione che noi ci rivolgiamo nella presente lettera.
A titolo preliminare, desideriamo ricordare loro le parole del Prefettto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il cardinale Antonio Cañizares Llovera: “la volontà del papa non è stata soltanto quella di soddisfare i seguaci di Mons. Lefebvre, né limitarsi a rispondere ai desideri sacrosanti di quei fedeli che si sentono legati, per ragioni diverse, a all'eredità liturgica rappresentata dal rito romano, bensì di offrire a tutta la Chiesa la ricchezza della sua liturgia, permettendo la scoperta dei tesori del suo patrimonio liturgico alle persone che le ignoravano ancora….. Il Motu Proprio deve essere compreso al di là dell' esistenza o no di conflitti. Anche se non ci fosse nessun “tradizionalista„ da soddisfare, la sola riscoperta di questi tesori giustificherebbe ampiamente le disposizioni del Papa„.
Non vogliamo qui esaminare la grezza manipolazione che mira a far credere che non ci siano domande d'applicazione del Motu Proprio o che la richiesta è comunque soddisfatta o anche che era stata risolta ben prima del Motu Proprio… Semplici discussioni con i fedeli di base, sondaggi scientifici realizzati qui e là e la proporzione notevole di vocazioni sacerdotali “straordinarie„ permettono di affermare con certezza che si tratta di una manipolazione deplorevole o nella migliore delle ipotesi di un errore di valutazione.
Ma prendiamo in parola coloro che sostengono che non ci siano richieste, coloro che protestano la loro fedeltà al papa e che gli obbediscono in modo totale ma che se il Motu Proprio non è applicato nella loro diocesi è soltanto perché non ci sono domande.
A quelli potremmo opporre senza concedere: “D'accordo, supponiamo che non ci siano domande. Ma se ci saranno ? „ Finitela di sezionare un capello in quattro per rifiutare di applicare il Motu proprio in quanto non sapete se la domanda è reale, ancorata, seria, stabile, legittima, bene o male formulata, benefica, fonte d'unità o di divisione, bene o male accolta, precipitata, tardiva, rumorosa, opportuna, realistica…
A tutti i vescovi nelle cui diocesi le disposizioni del Motu Proprio di Benedetto XVI (non parliamo di quello di Giovanni Paolo II, ormai vecchio di oltre 20 anni, che inizia soltanto ora ad arrivare piano piano a farsi conoscere) non sono state utilizzate da un solo sacerdote, chiediamo: create dunque le condizioni perché i vostri sacerdoti non temano di utilizzare le misure liturgiche proposte dal Santo Padre, e perché i fedeli siano propensi a chiederle loro.
Tanto più che molti fedeli non possono chiedere una forma che non conoscono, mentre - l'esperienza lo prova - sarebbero molto numerosi a chiederla se venisse loro proposta.
In altri termini: se, come dite, amate il Papa, applicate voi stessi il Motu Proprio di Benedetto XVI impegnandovi nella sua attuazione.
In effetti l'articolo 10 del Motu Proprio permette, senza che sia necessaria nessuna domanda formale di fedeli, sia di stabilire una parrocchia personale per la forma straordinaria, sia nominare un rettore o un cappellano per celebrare secondo questa forma.
Il Santo Padre ha voluto il Motu Proprio, ha lungamente riflettuto prima della sua promulgazione, lo ha personalmente preparato e ne ha fatto uno degli atti principali del suo pontificato.
Il Santo Padre ha definitivamente ribadito tutta la legittimità e l'opportunità della forma straordinaria del rito romano.
Il Santo Padre auspica che questa forma straordinaria di rito romano – unitamente alla forma ordinaria e senza opposizione - sia proposta ai fedeli fino a farne un mezzo pastorale di primaria importanza.
Per tutte queste ragioni, diciamo ai vescovi: poiché vi dite amici del papa e fedeli al papa, fatte in modo che sia applicato il Motu Proprio ed esprimete in questo modo il vostro attaccamento al Santo Padre!
Fatelo non perché c'è una domanda formale ma perché voi ponete fiducia nel papa, perché amate il papa.
In altre parole, applicate il Motu Proprio anche per manifestare pubblicamente il fatto che condividete il pensiero del papa che diceva a Lourdes lo scorso anno:
Sento la misura delle difficoltà che sono vostre, ma non dubito che possiate giungere, in tempo ragionevole, a soluzioni soddisfacenti per tutti, affinché la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi maggiormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezione, deve potersi sentire a suo agio e mai respinto. Dio che ama tutti gli uomini e non vuole perderne nessuno ci affida questa missione di pastori, facendo di noi i pastori del suo gregge. Non possiamo far altro che renderGli Grazie per l’onore e la fiducia che ci affida. Sforziamoci pertanto sempre di essere servi dell’ unità!
Applicate dunque il Motu Proprio per mostrare che amate il papa.
Coraggio, non ci resta che un anno per avanzare e lasciare indietro i litigi interni e fratricidi. …
E’ possibile dirsi amico del papa ed agire nei fatti come se il suo Motu Proprio fosse il capriccio, la mania di un povero anziano in contrasto con “la Chiesa di oggi„?
E’ possibile dirsi amico del papa ed avere un bilancio nullo quanto all'attuazione del Motu Proprio Summorum Pontificum?
E’ possibile dirsi amico del papa e dovere presentargli al massimo un'applicazione ben tardiva del Motu Proprio del 1988 con la messa in atto di riserve indiane come a Versailles o Parigi?
Infine, si può dire che si ama il papa e che lo si sostiene quando il proprio obiettivo non persegue gli obiettivi e gli orientamenti papali?
Vegliate su voi stessi” diceva il papa citando San Paolo negli Atti degli Apostoli, “e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue.(Atti 20,28).
… A questo, di nostro, vorremmo aggiungere alcuni versetti molto significativi proseguendo la lettura di Atti 20,29-31 “Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge; perfino di mezzo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepoli dietro di se.Per questo vigilate, ricordando che per tre anni, notte e giorno, io non ho cessato di esortare fra le lacrime ciascuno di voi.„

10 commenti:

  1. Bellissimo. Facciamo cooscre il più possibile.
    AMDG
    Luigi C

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  2. Che confusione! Motu si Motu no! Messa di Pio Messa di Paolo...
    che strazio assistere a queste diatribe con un Gesù Cristo tirato da una parte e dall'altra...
    Sono straconvinto, perchè così mi è stato insegnato, che la S. Messa sia che sia celebrato col Rito Antico sia che sia celebrata con il Rito nuovo, è Sempre Santa Messa! Purchè celebrata come si deve!
    Proporrei un nuovo Motu Proprio che decreti che in ogni chiesa si celebri obbligatoriamente ogni domenica la S. Messa Solenne con il Rito Antico (lascerei libertà di scelta di rito per i giorni feriali). In questo modo i fedeli potrebbero conoscerla meglio.
    Non sono d’accordo con chi sostiene un Rito a discapito dell’altro. Qui non si tratta di tirare l’acqua al proprio mulino ma di Adorare NSGC nei modi che la Chiesa ci ha proposto!
    Mi pare che l’intenzione del Papa si proprio quello di far convivere contemporaneamente i due Riti non di abolirne uno per l’altro. Sarebbe una vera ricchezza per la Chiesa e una vera opportunità di fonte di grazie per tutti noi.
    Perciò cari ragazzi che “tifate” per il Rito Antico, ve lo dice uno che si è formato con la Messa latina…, se volete davvero promuoverla e proporla alla gente di oggi, introducetela senza guerre, senza forzature, ma con docilità e amore… la gente ha diritto di poterla conoscere, poi sceglierà a quale Messa assistere o partecipare. Lasciamo da parte le beghe che non sono certo edificanti ne cristiane (che tristezza leggere certi commenti astiosi contro questo o contro quello…).
    Una cosa però è certa: poiché molti dei giovani sacerdoti che conosco dovrebbero tornare in facoltà a studiare il latino, perché purtroppo non lo conoscono per nulla. Non è serio infatti pretendere di celebrare con il Rito latino senza conoscere bene la lingua (purtroppo ho avuto modo di constatare la celebrazione di un giovane sacerdote che stentava a leggere il Messale). Inoltre, questi nostri giovani sacerdoti ( e non solo…), dovrebbero avere una forte formazione liturgica sia dell’uno che dell’altro rito in modo che capiscano bene e a fondo il linguaggio dei segni e dei simboli e li sappiano far comprendere ai fedeli.

    Mi pare che sia questa la linea da seguire per edificare tutti insieme e al meglio la Chiesa di Nostro Signore.
    Auguri a tutti!
    GiovanniDE

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  3. Quella che i preti non possano celebrare il VO perché non sanno più il latino è un mito da sfatare. Un mito che certamente a qualcuno fa comodo. Intanto può valere al massimo per i preti che sono entrati in seminario con una vocazione tardiva, provenendo da tipi di scuole che non prevedano lo studio della lingua di Cicerone. Chi ha seguito l'intero iter seminariale ha fatto un liceo classico e sa di latino più di quel che è necessario per il VO. E poi l'obiezione "non ha studiato il latino" può valere in Giappone, o in Olanda, non in Italia. L'italiano è semplicemente un latino moderno. Con un po' di buona volontà chiunque può impratichirsi in pochissimo tempo dei rudimenti essenziali della lingua latina, non è certo come studiare l'arabo o il sanscrito. Il problema della lingua davvero non esiste se non per chi voglia nascondersi dietro a un dito.

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  4. condivido quanto detto da giovanniDE sarebbe l'ora di abbassare i toni per evitare inutili fratture e innalzamenti di barricate. se il papa ha dato la possibilità di celebrare nella forma straordinaria non è necessario attaccare di continuo la forma ordinaria della messa e quanti la utilizzano, quasi che siano eretici,anche perchè chi celebra nella forma ordinaria è rivolta versus Deus. non è solo la fisicità del corpo che mi rivolge verso Dio ma la mia disposizione interiore. l'uno e l'altro rito, siano solo ricchezza da cui attingere.

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  5. "se il papa ha dato la possibilità di celebrare nella forma straordinaria non è necessario attaccare di continuo la forma ordinaria della messa e quanti la utilizzano"

    sinceramente mi sfugge dove - in questo o in altri post - venga attaccata la forma ordinaria della Messa. Il blog messainlatino.it piuttosto mi sembra impegnato a favorire anche la retta celebrazione del messale paolino e a criticare piuttosto gli abusi che lo sfigurano, al punto che attualmente solo Benedetto XVI e pochi altri celebrano nella forma ordinaria. Gli altri in forma più o meno marcata celebrano con il rito inventato da loro stessi - o dal codazzo di catechisti e operatori "pastorali" - poco prima della Messa..

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  6. I toni si tengon bassi se le contingenze lo consentono. Davanti a evidenti assurdità, per non dire di peggio, quali la costruzione di muraglie cinesi davanti ad antichi altari, pronunciamenti d'ufficio in difesa di situazioni oggettivamente non difendibili, provvedimenti restrittivi indebitamente adottati dagli ordinari diocesani, dichiarazioni incendiarie di alcuni alti prelati, manifestazioni quotidiane di abusi liturgici - e non solo liturgici - impuniti o tardivamente sanzionati (e solo dopo che qualche fedele di buona volontà è insorto e ha levato alta la voce), ecc. ecc. ecc., di fronte a tutto questo tenere unilateralmente toni bassi è, non solo difficile, ma anche inutile.

    Come ben dice, giovanniDE, i fedeli hanno il diritto di conoscere il Vetus Ordo, può benissimo coesistere con il Novus. Il presupposto indispensabile della coesistenza però è l'ESISTENZA, che oggi viene di fatto negata in molte diocesi. E questo è un fatto inoppugnabile.

    La tesi che per celebrare in latino occorra conoscere il latino è poi del tutto pretestuosa. Noto che sia il significato di quanto si dice e acquisita che sia la giusta padronanza della forma rituale, delle sue parole e dei suoi contenuti, QUALSIASI sacerdote di buona volontà può celebrare più che DEGNAMENTE in latino.

    La tanto sbeffeggiata e proverbiale vecchina della candela avrà anche recitato "dona bisodie" per "da nobis hodie", pensando che si trattasse di un riferimento alla Vergine, ma chi può escludere che la fede e il retto intendimento del cuore pulsante del Cristianesimo fosse più profondo in quell'anziana analfabeta che in tutto il collegio cardinalizio messo insieme. Lei, giovanniDE? Io? Qualche anonimo di passaggio? E chi può dire che il moderno sacerdote o il moderno fedele volgarizzanti intendano realmente ciò che stanno dicendo e facendo? Se non costasse, come invece costa, tanto, sarebbe bello commissionare un sondaggio, che so, sul Credo; vedere che cosa ha nella zucca la gente quando dice "generato, non creato, della stessa sostanza del Padre"; oppure un sondaggio tra il clero - al netto del coefficiente ipocrisia - su cosa passa per la zucca del prete quando dice "questo è il mio Corpo" o "questo è il mio Sangue".

    Non se ne abbiano a male, gli amici come giovanni DE, né la stessa Redazione, ma non si può sempre stare a subire. Specie quando il presidio luminoso della coscienza esclama senza equivoci: non feram, non patiar, non sinam!

    Sullo

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  7. introducetela senza guerre, senza forzature, ma con docilità e amore… la gente ha diritto di poterla conoscere, poi sceglierà a quale Messa assistere o partecipare. Lasciamo da parte le beghe che non sono certo edificanti ne cristiane (che tristezza leggere certi commenti astiosi contro questo o contro quello…).

    caro Giovanni buonista,
    mostri di non conoscere (o fai finta?) da dove provengono le "beghe" e le difficoltà pressocché insormontabili frapposte da vescovi, parroci ecc. alla Messa Gregoriana e ci presenti un irenismo disincarnato che non tiene conto della realtà vera, ma di quella virtuale che ci propini col tuo sermone

    Recentemente Obama così si è espreso: "la vita e la solidità della democrazia dipendono dalla convinzione con cui la gente è pronta a combattere per ciò in cui crede: in modo pacifico e legale, ma con vigore e senza equivoci."

    Nella Chiesa è più praticata la dimensione della coerenza e della fedeltà nel nascondimento, ed è cosa buona e giusta; ma ci sono situazioni e contesti in cui combattere per ciò in cui si crede, civilmente (=con carità) ma con vigore e senza equivoci, non solo diventa opportuno, ma indispensabile!

    Stanno facendo di tutto per relegare la Fede a fatto puramente privato -e lo è sicuramente-, ma non si può prescindere dalla sua dimensione comunitaria collettiva e che non può non essere cisibile anche nell'impegno civile e nell'impegno tout court per combattere tutte le forze interne (a partire dal peccato personale, da cui sempre convertirsi e dagli errori che purtroppo si sono isninuati nella Chiesa) ed esterne, che ne snaturano la funzione e l'identità. E, non dimentichiamoci che questo snaturamento si traduce nel tradire il Signore e sfigurare il Suo Volto, che dovremmo essere capaci di rivelare al mondo, non di lasciarci fagocitare dal mondo

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  8. Non siamo stati noi ad inventar la scarsa sacralità del NO. Esimi teologi, liturgisti e canonisti ne han parlato e scritto. Benedetto XVI lo sa bene e l'ha detto da cardinale e da papa ripete che il NO va rivitalizzato e risacralizzato con la ricchezza dell'antico. L'antico, al contrario, deve tutt'al più esser aggiornato con messe votive per i nuovi santi e semmai con aggiunta di qualche prefazio.
    Non mi sembra che le carenze siano sullo stesso livello e della stessa portata.
    Cerchiamo di non oconfondere le acque.

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  9. Mia nonna non conosceva il latino, ma la Santa Messa la capiva benissimo. Io stesso, da chierichetto, recitavo formule delle quali non afferravo se non il senso, perche' me lo avevano spiegato. Ma dopo, con la messa in volgare, cosa e' cambiato? Crediamo veramente di capire meglio? Io non lo credo. In latino sono stato rimandato (in terza liceo) ed ho sempre zoppicato. Ma la Messa in latino me la ricordo ancora, da quand'ero cghierichetto. I preti illetterati possono fare qualche sforzo, quindi. Non gli fara' male.

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  10. Can. 249 - Institutionis sacerdotalis Ratione provideatur ut alumni non tantum accurate linguam patriam edoceantur, sed etiam linguam latinam bene calleant necnon congruam habeant cognitionem alienarum linguarum, quarum scientia ad eorum formationem aut ad ministerium pastorale exercendum necessaria vel utilis videatur.

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