Il pur interessante articolo dell'Abbé Barthe è molto discutibile; in particolare quando l'enciclica Humanae Vitae viene presentata come non infallibile: riporto a questo proposito alcune considerazioni, sintetiche ed eccezionali, del Card. Siri (tratte da qui).
Ribadisco la mia personale convinzione che l'Ermeneutica della Continuità è altra cosa dallo sminuire la portata del Vaticano II: ma è la crocifiggente ricerca, all'interno del circolo ermeneutico dominante neomodernista di fatto egemone e asfissiante - ovvero nella attuale situazione di crisi nella Chiesa -, dell'autentica ermeneutica della Chiesa di sempre. A sentire certe definizioni di pastoralità del Vaticano II, sembra che centinaia di Vescovi siano andati a Roma a mangiare le ballotte chiacchierando davanti al camino di argomenti teologici...
Ho già espresso qui più diffusamente il mio pensiero
Sac. Alfredo M. Morselli
IL VALORE DELLA HUMANAE VITAE da «Renovatio», III (1968,4), pp. 506-507
Si tratta evidentemente del valore teologico, perché è di questo che si è discusso. In altri termini si è chiesto: le affermazioni della Humanae Vitae, specialmente quella in cui si condannano tutti i metodi e i mezzi anticoncezionali, sono riformabili o sono irreformabili? Ossia: la sostanza del documento è garantita a qualche titolo dal carisma della infallibilità o non è garantita? Ai fedeli importa sapere se sono o non sono nella certezza divinamente garantita. E’ ovvio che ove mancasse la perfetta certezza, l’efficacia del documento risulterebbe grandemente sminuita.
Ora un punto appare certo: la Humanae Vitae non è una definizione ex cathedra. Ciò significa che da sé non esclude la reformabilità della sentenza. La questione allora viene a porsi in questo modo: posto che il documento non è ex cathedra, la sostanza del documento non ha la infallibilità e la conseguente irreformabilità da un’altra fonte, e, nel caso, quale sarebbe? Vediamolo partitamente.
Anzitutto, comunque si pensi, va tenuto conto di quanto insegna il Concilio Vaticano secondo al numero 25 della Lumen gentium: «Ma questo religioso rispetto di volontà e di intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano pontefice anche quando non parla ex cathedra, così che il suo supremo magistero sia con riverenza accettato e con sincerità si aderisca alle sentenze da lui date, secondo la mente e la volontà da lui manifestate, la quale si palesa specialmente sia dalla natura dei documenti, sia dal frequente riproporre la stessa dottrina, sia dal tenore della espressione verbale». Questo testo condanna quelli che non hanno dimostrato né considerazione, né rispetto, né riverente e sincera adesione; afferma che il documento in oggetto è, per lo meno, atto di magistero autentico, ma non risolve la questione proposta, che è ben altra. In fatti il concetto della «autenticità» non implica la infallibilità e la conseguente irreformabilità. I fedeli vogliono essere certi in modo assoluto. Ed hanno ragione.
Nel presentare come ipotesi, per il caso in oggetto, solo quella della definizione ex cathedra (che è scartata) ossia del magistero solenne e quella del magistero autentico (che non implica di per sé la infallibilità), c’è un grave sofisma di elencazione, anzi un grave errore, perché si tace un’altra ipotesi possibile: quella del magistero ordinario infallibile. E’ strano come da taluni si cerchi ad ogni costo di evitare il parlarne. Il magistero ordinario è per la Chiesa il nutrimento sicuro di ogni giorno, mentre il magistero solenne è raro e non sempre può stroncare le eresie nel loro primo cauto e orpellato presentarsi, appunto perché richiede una preparazione lunga ed accurata, sia che venga esercitato dal romano pontefice, sia, col romano pontefice, dal collegio episcopale (grassetto mio).
La questione pertanto va posta obbiettivamente così: concesso che il documento non sia atto del magistero infallibile e pertanto da solo non dia la garanzia della irreformabilità e della certezza, la sua sostanza non è forse garantita da un magistero ordinario in quelle note condizioni per cui lo stesso magistero ordinario è infallibile? In tal caso il contenuto del documento non sarebbe irreformabile in ragione del solo documento, ma la sostanza del documento avrebbe già di per sé ed aliunde la garanzia della infallibilità.
Ora a noi parrebbe di dover rispondere: la sostanza del documento è già garantita dal magistero ordinario, pertanto è irreformabile.
In fatti fin dal primo secolo la Didachè parlando della via della morte vi mette «gli uccisori dei figli». Le stesse parole sono ripetute nella lettera di Barnaba (20, 2); Clemente Alessandrino è deciso e particolareggiato contro i contraccettivi (Pedagogus 2. 10. 91. 2). Si possono sentire Minucio Felice (Octavius 30, 2), Lattanzio (Divinae institutiones 6.20. 25), Giustino (ApologiaI, 9), Atenagora (Legatio pro Christianis 33). Questa tradizione continua nei padri seguenti, assumendo particolare rilievo nei testi di sant’Agostino i quali sono la base della legislazione canonica. Il filone della tradizione patristica e teologica è attestato sugli stessi concetti. Si arriva così alla enciclica Casti Connubii di Pio XI (30 dicembre 1930). L’insegnamento di tale enciclica ricapitolava l’insegnamento antico e comune. Pare di poter dire che le condizioni nelle quali si verifica il magistero ordinario irreformabile siano raggiunte (per non parlare poi dell'Esortazione Apostolica Familiaris Consortio e di tutte le successive ratifiche di Giovanni Paolo II; n.d.r.). Il periodo della irrequietezza diffusa è fatto assai recente, che non incrina per nulla quanto era nel sereno possesso di tanti secoli.
E’ necessario aver presente che non c’è solo magistero solenne e magistero semplicemente autentico; tra le due espressioni sta il magistero ordinario, dotato del carisma della infallibilità.
Si chiede come sia possibile ottenere la adesione — talvolta costosa — alla enciclica Humanae Vitae, non escludendo dalla mente dei fedeli l’idea che un tale insegnamento possa venire un giorno cambiato. La scienza potrà, se un giorno dimostrare che taluni farmaci non sono né contraccettivi, né altrimenti dannosi sia subito che in prosieguo di tempo; in tale caso potranno essere usati. Ma non sarà la dottrina a cambiare, saranno i responsi scientifici.
Le parole del card. SIRI sull'Humanae Vitae confortano le asserzioni di Giovanni Mandis e le mie di ieri sera alle 2i circa.
RispondiEliminaGiovanni è stato lapidario, io un po' più scolasticamente esplicativo volgendo il pensiero ad eventuali frequentatori del blog nuovi o utenti di passaggio.
Un grazie, quindi a DON MORSELLI per questo suo post, che però non ocomprendo per qual motivo sia stato trascritto in caratteri così minuscoli da risultar illeggibili per coloro i cui occhi mostran segni di età o stanchezza.
Meno convincente m'appare DON MORSELLI NELLA VALUTAZIONE DEL VATICANO II.
Riportarlo al suo valore pastorale, quello voluto dall'indizione e sempre confermato
durante e dopo il suo svolgimento, non significa sminuirlo, ma semplicemente coglierne il suo livello più modesto tante volte ricordato anche dall'attuale pontefice.
I Padri non si recarono a Roma per chiacchierare: però nessun documento è veramente definitorio, ed il tono teologico-discorsivo di alcuni di essi, non aiuta a ricavar ciò ch'è infallibile (le verità gil note e ribadite, da quel ch'è nuova proposta e spesso "inaudita", nel senso che mai la Chiesa aveva parlato in quei termini.
Non m'associo a coloro che voebbero cancellar dalla storia (e come?) il Concilio: Io m'associo invece alla supplica del Maestro mons. Gherardini.
Condivido quanto scriotto dL CARD. Siri e segnalato da don Alfredo.
RispondiEliminaAMDG
Luigi C
Gli scritti siriani mi confermano nella fede. Li raccomando a tutti.
RispondiEliminaNel mio post di ieri ricordavo che l'infallibilità ex cathedra è rarissima; se la mancanza di formule giuridicamente esplicite e formali conduce molti e autorevoli interpreti a dubitare, nei singoli casi, del carattere infallibile di talune rilevanti affermazioni papali si mostra che il problema è il principio di stretta interpretazione: "nessuna dottrina è considerata come infallibilmente definita se la cosa non è stata stabilita in maniera manifesta" (CJC, can. 749 c. 3).
RispondiEliminaNessuno - almeno qui, credo - nega quanto sopra affermato dal Card. Siri che cioè: "non c’è solo magistero solenne e magistero semplicemente autentico; tra le due espressioni sta il magistero ordinario, dotato del carisma della infallibilità". Il problema è dire quando - in concreto - ricorre il magistero ordinario infallibile nel caso in cui interpreti non di poco conto (per tutti, il Card. Levada) ne dubitano, con riferimento al caso della Humanae Vitae. Capisco bene l'enorme problema pastorale evidenziato, ma si svolge su un diverso piano.
nel libro "Testimone della speranza" (edito da Mondadori) di Weigel, maggior biografo di Giovanni Paolo II, è riportato un dubium espresso da un vescovo e il relativo responsum dato dal card. Ratzinger circa il valore di quanto stabilito nella Sacerdotalis Ordinatio (1994). La Congregazione rispose che essa è dotata dell'infallibilità. Inoltre, pur non essendo nè teologo nè canonista, ritengo, a titolo personale, che l'Evangelium vitae costituisca magistero ordinario infallibile. Alessandro
RispondiEliminaMa scusate, mi sbaglio o fu lo stesso paolo VI che disse che nell'enciclica Humanae Vitae non vi era la nota di infallibilità?
RispondiEliminaSe mi sbaglio chiedo scusa, ma mi sembra di aver letto che fosse così.
Alcuni moralisti notano che l'Humanae Vitae è stata commentata (quindi accettata) da alcuni episcopati con dei "distinguo". In questo caso, il cosiddetto magistero ordinario (Papa più vescovi) avrebbe evidenziato qualche crepa. O mi sbaglio?
RispondiEliminaLa Humanae vitae è opera del solo Paolo VI che si consultò a lungo col suo teologo (mons. Carlo Colombo, vescovo ausiliare di Milano) e col suo confessore (Paolo Dezza, gesuita, tomista). Certi episcopati non volendo che la scena fosse rubata dal solo Papa cercarono d'avere il loro consueto quanto d'ora di celebrità come la serva dell'Innominato, ad esempio il primate del Belgio, card. Suenens (che si era fatto raccomandare da Siri pesso Giovanni XXIII per ottenere presto la porpora) ebbe da ridire sulla Humanae vitae e criticò il Papa. Alessandro
RispondiEliminaScusate l'impostazione giuridica: ma visto che l'infallibilità deve risultare espressamente impegnata affinché il pronunziamento sia infallibile (come ricorda il codice di diritto canonico, ma già la Pastor Aeternus del Vat. I), e l'Humanae Vitae non lo fa...
RispondiEliminaAltrimenti, per lo stesso principio, si può sostenere che siano infallibili la Nostra Aetate o la Dignitatis Humanae.
Approvo pienamente la pubblicazione del testo del card. Siri, illuminante come sempre e refrigerante per le orecchie "pie", come si diceva un tempo.
RispondiEliminaComn le glosse di don Morselli, chiarisce bene l'importanza e il valore dell'Humanae Vitae e del Concilio, contro chi vuole sminuirli o negarli.
Penso comunque che di per sè l'Humanae vitae - confermando quanto già espresso autorevolmente da Pio XI nella Casti Connubii e dai discorsi di Pio XII (alle ostetriche), e confermata dalle encicliche di Giovanni Paolo II (spec. Evangelium Vitae)- goda dell'infallibilità, perchè scrive chiaramente: licet e non licet.
Alle osservazione di RUTILIO ho già risposto ieri riportando il passo dell'Umanae Vitae in cui Paolo VI afferma di parlare con la sua autorità papale, per mandato di Cristo.
RispondiEliminaChe Levada, un tempo vicino alla teologia della liberazione, la pensi diversamente, non ha importanza. L'enciclica di Paolo VI ribadisce la dottrina tradizionale della Chiesa sull'aorgomento, quindi non è una posizione nuova, ma una verità sempre creduta. A cominciar da Onan nella Bibbia.