Post in evidenza

Quali sono le proprietà della Fede?

Piccolo catechismo sulla virtù teologale della Fede. Luigi C. Il Cammino dei Tre Sentieri , 4 Dicembre 2024 Le proprietà della Fede sono cin...

sabato 20 giugno 2009

Il prete postconconciliare va in Paradiso.


Se facciamo il verso al famoso film con G.M. Volonté (La classe operaia va in paradiso, 1971), è perché ce lo suggerisce la lettura di un articolo apparso sull'Osservatore romano proprio nel giorno di apertura dell'Anno sacerdotale, scritto tra l'altro da un consultore di congregazione vaticana, dove si presenta un modello alternativo, e inevitabilmente conflittuale, rispetto a quello che il Papa propone ai sacerdoti, il Santo Curato d'Ars. Riportiamo l'articolo in calce e invitiamo anche a leggere il gustosissimo commento in proposito di Fides et forma.

Come anche risalta dalla lettera papale di indizione dell'Anno Sacerdotale, e in particolare dagli stralci che ne abbiamo pubblicato ieri, del Curato d'Ars si mettono soprattutto in risalto (e si offre come esempio ai preti) la pietà eucaristica, lo zelo nella confessione, l'esaltazione della funzione liturgica e sacramentale del prete ("Dio gli obbedisce: egli pronuncia due parole e Nostro Signore scende dal cielo alla sua voce e si rinchiude in una piccola ostia"; e ancora: "Tolto il sacramento dell'Ordine, noi non avremmo il Signore. Chi lo ha riposto là in quel tabernacolo? Il sacerdote. Chi ha accolto la vostra anima al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l'ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? Il sacerdote, sempre il sacerdote. E se quest'anima viene a morire [per il peccato], chi la risusciterà, chi le renderà la calma e la pace? Ancora il sacerdote... Dopo Dio, il sacerdote è tutto!"; citazioni del Curato d'Ars riportate nella lettera del Papa). Tutte cose, diciamolo subito, che nel post-concilio sono rimaste in ombra rispetto ad una funzione del prete più "sociale": animatore della parrocchia, guida di gruppi, catalizzatore di iniziative benefiche e di volontariato, predicatore dell'amore di Dio per i fratelli. Non, beninteso, che una cosa escluda l'altra (anche il curato d'Ars seguiva La Providence, un'opera di beneficienza). Ma è sotto gli occhi di tutti che, se dei due elementi uno è rimasto in ombra, è giusto puntare i fari su quest'ultimo per riequilibrar le cose.

Ma evidentemente questo non a tutti va bene. Addirittura nell'Osservatore romano, appare un'apologia del prete post-conciliare. Anche lui è santo, dice don Cabra che ha scritto l'articolo, "santità che si potrebbe chiamare della difficile e costosa fedeltà creativa, dell'inserimento del profeta sul sacerdote". Creativa? Profetica? Certo: anziché passare 16 ore in confessionale, o offrire se stesso e le sue penitenze in luogo di quelle dei peccatori riconciliati, come faceva il santo preconciliare, il santo moderno "propone anche canti nuovi, applica le riforme, spiega il meglio possibile la Parola, ridimensiona devozioni popolari cercando di sintonizzarle sullo spirito della liturgia". E' vero che, continua con onestà l'articolista, "col passare del tempo vede che alcuni non capiscono e i giovani non s'interessano". Ma non importa: il santo prete postconciliare "fa un atto di fede nello Spirito Santo che "ha parlato per mezzo del Concilio", sapendo che il buon seme darà frutto a suo tempo, dove e come il Padrone della messe vorrà". Se le chiese si svuotano, benché ora dotate di riscaldamento e altoparlanti, bisogna andare avanti. Boia chi molla! Chi si ferma è perduto! Indietro non si torna! Se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se muoio vendicatemi! "Capisce che la Parola ha il potere di edificare lui personalmente e la sua comunità", una Parola "che ritorna dall'esilio" dei secoli bui preconciliari. Solo che ci vorrebbero superiori "più creativi", meno attaccati alle vecchie regolette. Impara, il nostro santo moderno, con l'andare degli anni, ad agire "senza farsi forte della verità che ha in mano, brandendola come un'arma, consapevole che la prima verità è la carità che non colpevolizza, ma invita a ritornare al Dio della pace". E fa sua la "scelta per i poveri", così "decide in cuor suo di non chiudere mai la porta ai poveri, di denunciare le situazioni di sfruttamento che lui vede, anche a costo di vedere ridotte le offerte".

E' santo questo prete? Molto probabilmente sì, perché la santità non ha come requisito necessario l'intelligenza (anche se...). Basta la buona intenzione, e quella non va messa in discussione nel nostro prete-modello. Ma se tutto lo sbattersi per i "canti nuovi"; se 'sto "annuncio della Parola" (che non s'è mai ben capito che cosa è, se non prediche interminabili che ti lasciano come ti trovano); se la brillante idea di "ridimensionare le devozioni popolari" per "sintonizzarle con lo spirito della liturgia"; se tutto questo, anziché condurre a "una fiorente primavera, segno della rinnovata giovinezza della Chiesa, scossa da una nuova Pentecoste" porta invece al "tardo autunno, foriero di venti freddi e inospitali"; se si deve amaramente constatare che "con grande sorpresa le chiese, invece di riempirsi, cominciarono a svuotarsi"; ebbene, non era tempo che il nostro santo prete facesse uso di quei doni dello Spirito Santo che si chiamano consiglio ed intelletto? Ed iniziasse a dubitare che la strada imboccata era forse sbagliata, era un vicolo cieco; anzi peggio: una china pericolosa (perché il baratro in agguato era celato) che stava conducendo alla perdita del gregge, sbocconcellato a vista d'occhio dai lupi?

E la "scelta per i poveri", che cosa era? Porsi davvero a servizio dei bisognosi, o piuttosto lasciare le "sacrestie" (e insieme a quelle i confessionali, le adorazioni eucaristiche, le trionfalistiche processioni, le superate devozioni popolari) per diventare un tribuno in politica, cosa che solo il beato ottimismo dei tempi di Paolo VI poteva definire "la forma più alta della carità"? Ma poi, era veramente post-conciliare questa opzione per i poveri? Per secoli ai poveri non era dato altro sollievo che la beneficienza e l'assistenza della Chiesa, dei suoi ordini religiosi, delle sue confraternite. Non era, quella, scelta per i poveri? O forse occorreva attendere l'era delle mutue, delle ONG e ONLUS laiche, del welfare State, per accorgersi che la missione principale della Chiesa è quella socio-assistenziale, proprio ora che, essendoci chi lo fa meglio e con maggiori mezzi, il compito, pur importantissimo, appare meno essenziale di prima, quando nessun altro lo svolgeva e quando c'eran più preti in giro?

Il prete post-conciliare - ci riferiamo al tipo tratteggiato dall'articolista, non a quei sacerdoti più intelligenti e duttili, che si barcamenano cercando di salvare il salvabile senza lasciarsi sopraffare dalle ideologie dello "Spiritodelvaticanosecondo" - andrà dunque in Paradiso.

Ma spesso ci andrà a dispetto, e non per merito, di quello che ha fatto.




di Piergiordano Cabra
Consultore della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica


Quando si parla di santità sacerdotale il pensiero va spontaneamente alle grandi figure del passato, preferibilmente dell'Ottocento, illustrato da eminenti personalità di preti che si sono imposti al loro tempo, suscitando ammirazione e stupore per il loro modo di porsi e d'incidere nella società. Difficilmente il pensiero va al prete degli anni del postconcilio, tanto scossi da terremoti culturali e sociali, oltre che caratterizzati da un processo di ridefinizione della figura del prete, non privo d'incertezze teologiche e operative. Eppure la seconda metà del secolo scorso può essere caratterizzata da una "nuvola di testimoni" che sono vissuti nella tensione tra vecchio e nuovo, tra lealtà alla Chiesa e amore delle necessità del proprio gregge, tra attese e realizzazioni, tra risultati promessi e delusioni pratiche. Vorremmo qui rendere onore a questi "santi anonimi" senza riconoscimenti e senza aureola, d'una santità che si potrebbe chiamare della difficile e costosa fedeltà creativa, dell'inserimento del profeta sul sacerdote. Quella che segue può essere la storia di uno dei tanti preti che in questi decenni hanno portato il peso del loro ministero, con una incrollabile fedeltà a Cristo e la speranza di non restarne delusi.
Il Vaticano II aveva aperto il cuore a grandi speranze. Si prevedeva una fiorente primavera, segno della rinnovata giovinezza della Chiesa, scossa da una nuova Pentecoste. Il clima di entusiasmo creato dal concilio era tale che si attendeva un balzo in avanti della Chiesa nel cuore degli uomini e nella società. Con grande sorpresa le chiese, invece di riempirsi, cominciarono a svuotarsi e alla fugace primavera sopraggiunse il tardo autunno, foriero di venti freddi e inospitali. E qui comincia il calvario del prete solo con la sua gente. Gente che guarda sempre meno a lui, attratta da altri interessi, sommersa in un mare d'informazioni che intaccano la sua parola. Cominciano i dibattiti sul Vaticano II, con la domanda spesso presente, anche se non sempre detta: di chi è la colpa? Di chi ne frena l'applicazione o di chi ha osato troppo? C'è chi si schiera da una parte e chi dall'altra. Il prete santo prima esita, valutando e soffrendo e poi fa le sue scelte, tenendo fermo il dettato evangelico del "non giudicare per non essere giudicati" e del primato della carità che gl'impedisce di demonizzare chi non la pensa come lui. E, soprattutto, fa un atto di fede nello Spirito Santo che "ha parlato per mezzo del Concilio", sapendo che il buon seme darà frutto a suo tempo, dove e come il Padrone della messe vorrà. È la santità del lavorare non tanto per ottenere risultati, ma per essere fedeli al proprio compito. Il gruppo di fedelissimi, che prima si riunivano con lui per ascoltare la sua parola e le direttive, ha preso coscienza della propria dignità di battezzati ed è incoraggiato a essere parte viva del popolo di Dio. Si formano i vari consigli pastorali ove i laici prendono la parola e partecipano, a volte con poca, altre con troppa convinzione. Dal parlare all'ascoltare il passo non è facile, anche perché talvolta c'è la contestazione, ci sono giudizi sommari sulla Chiesa, ci sono rivendicazioni d'autonomia insolite e da valutare. Il santo prete non abolisce o snobba il tutto, aspettando solo che la bufera passi per rialzare la testa, ma medita sulla Chiesa come comunione e decide di continuare ad ascoltare, ma anche a parlare, con pazienza e con coraggio, sapendo che la sua comunità si costruisce con il contributo di tutti, rendendosi conto che deve molto imparare, come pure che ha qualche cosa da insegnare. Comincia qui una particolare devozione allo Spirito Santo, Spirito del discernimento, devozione che caratterizza la spiritualità del santo prete. Con la fiducia nello Spirito, si dedica a costruire la sua comunità come fraternità. Nella costruzione della comunità la prima attenzione è data alla Parola di Dio, che "ritorna dall'esilio", e alla liturgia che diventa culmen et fons della sua azione pastorale. Grande è stato l'entusiasmo per l'introduzione delle lingue correnti nella liturgia e nella proclamazione della Parola. Ma dopo le prime incuriosite e attente assemblee, a poco a poco cala l'interesse. La Parola è intesa nella propria lingua, ma la comprensione non è così ovvia. Il santo prete sa che deve lavorare in profondità e si dedica ad acquisire competenza circa la liturgia e l'esegesi. Si mette ad approfondire e a formare il suo popolo. Propone anche canti nuovi, applica le riforme, spiega il meglio possibile la Parola, ridimensiona devozioni popolari cercando di sintonizzarle sullo spirito della liturgia. Ma col passare del tempo vede che alcuni non capiscono e i giovani non s'interessano. Le assemblee rinnovate con grande cura si assottigliano, anche se le chiese vengono riscaldate, l'impianto d'altoparlanti migliorato, l'edificio restaurato, talvolta anche con eccellente gusto [avverbio scelto bene: talvolta significa raramente. Poiché negli altri casi, ossia spesso, il gusto è pessimo, e i guasti architettonici scriteriati]. Il santo prete condivide il disagio con i suoi confratelli, ma li esorta a non cadere nel pessimismo. Continua la sua opera di formazione, a partire dalla Parola di Dio, meditata nella preghiera e annunciata. Capisce che la Parola ha il potere di edificare lui personalmente e la sua comunità e a essa dedica la parte più tranquilla del suo tempo, dove può "contemplare" i fatti di ogni giorno alla luce della Parola. È convinto che la celebrazione dell'Eucaristia è il cuore della sua vita e della sua comunità e, anche se deve correre in più luoghi moltiplicando le celebrazioni, vigila per non lasciarsi travolgere dalla routine.
C'è stato anche un periodo in cui la politica ha assunto un vestito messianico: "Tutto è politica", si diceva nelle cattedre e nelle piazze. "La politica è la forma più alta della carità", aveva affermato Paolo VI. Alcuni confratelli abbracciavano con entusiasmo la politica per risolvere tanti problemi, a partire da quello dei poveri. In questo trionfo della politica il nostro santo prete si sentiva piuttosto a disagio: la riforma delle strutture, pur necessaria, non pareva talvolta sostitutiva della riforma del cuore richiesta dal Signore? I partiti eccedevano nelle loro richieste di fare della Chiesa una base elettorale? E chi serviva meglio i poveri? E lui, povero prete, non rischiava d'essere coinvolto nelle tenzoni politiche, perdendo la credibilità e l'affetto di parte del suo gregge, oltre che la difficile mitezza evangelica? E come sottrarsi alla tentazione d'appoggiare un rispettabile candidato per riaverne dei vantaggi? Siccome ogni soluzione - anche quella di non interessarsi di politica - era considerata politica, il santo prete pensa che fosse meglio tenere un profilo basso, intervenendo il minimo richiesto, concentrandosi sul Vangelo e predicando sull'esigenze di conversione nei confronti dei poveri. E proprio nel momento in cui si parla molto della "scelta dei poveri" e vede alcuni che si servono dei poveri, decide in cuor suo di non chiudere mai la porta ai poveri, di denunciare le situazioni di sfruttamento che lui vede, anche a costo di vedere ridotte le offerte, e soprattutto, di fare una scelta di vita sobria, essenziale, senza concedersi di più di quello che la condizione medio-bassa della sua gente poteva permettersi. Con qualche eccezione: i libri, costosi ma necessari e qualche viaggio, distensivo e utile, specie nelle missioni, per rendersi conto del mondo che cambia e delle nuove prospettive per il Vangelo.
Tuttavia, mentre s'accorge che s'affermano nuovi modelli di comportamento e nuovi modi di pensare, per lo più in rottura col passato, ecco scoppiare delle bombe dirompenti quali l'introduzione del divorzio e la liberalizzazione dell'aborto. E proprio quando alcuni teologi apparivano propensi a chiudere il purgatorio, il santo prete constata che il purgatorio esiste, specie quando si siede in confessionale, dove deve mediare tra la dura norma e la fragilità del praticante, tra la fedeltà alla dottrina della Chiesa e una diversa sensibilità del penitente, tra la misericordia di Dio pronta a perdonare e chi esige invece la legittimazione dei propri comportamenti. Il santo prete si trova lacerato interiormente constatando il fossato che s'allarga tra la legge e la realtà, ma persevera invocando lo Spirito di discernimento per le situazioni inedite, prendendo coscienza che suo compito non è abbassare le esigenze dell'essere cristiano, ma di aiutare a trovare vie nuove per esserlo nel nostro tempo. E poi ci sono i momenti della solitudine, che pesa come un macigno, che logora interiormente. Momenti in cui si sente solo con se stesso, bisognoso di affetto e di stima, solo con il Signore che tace e gli altri che non comprendono, con il suo celibato apparentemente così poco stimato, ferito dalle debolezze di alcuni confratelli, prontamente sbandierate dai media, che gettano un corrosivo sospetto su tutto il clero. È il suo Getsemani, accanto a Gesù abbandonato. Si sentirà sollevato quando Papa Benedetto XVI rilancerà il purgatorio, nella consapevolezza d'averlo anticipato in parte nelle ore, a tratti belle, a tratti difficili, del confessionale. Ma anche nelle ore lunghe e oscure della sua solitudine, sulle quali aleggiava scoramento e depressione, ma dalle quali esce provato e purificato. La sua dedizione pastorale ha costruito una comunità di credenti, capaci di resistere all'erosione del secolarismo, che investe la maggioranza, che condiziona la mentalità generale.
Secolarismo per lui non è un neutro concetto sociologico, ma sono famiglie che si disgregano, libertà di costumi, desiderio d'apparire, ricerca del denaro facile, pratica irrilevanza della predicazione della Chiesa in molti settori [bella frase]. La valanga sembra inarrestabile. Gli sembra persino che il cristianesimo non sia in grado di reggere agli assalti sempre più insistenti sferrati da molte parti. A volte pensa d'essere di fronte al mistero del male che si manifesta con tutte le sue capacità di seduzione e di inganno. Quasi ne ha paura perché si sente talvolta disarmato di fronte al dispiegamento di forze al servizio di un piano oscuro. Ma poi, nel contatto orante con la Parola, trova che il suo Signore per primo ha lottato contro il potere delle tenebre, ha aperto gli occhi ai suoi discepoli invitandoli alla vigilanza, promettendo anche lo Spirito, che infonde il coraggio nella lotta e forza nelle tribolazioni. Il santo prete sente che deve perseverare nella preghiera, anche quando è arida e vuota, perché sa che qui riceve la forza dello Spirito assieme alla sua consolazione. Non si legge negli Atti degli Apostoli che i discepoli erano "pieni di gioia e di Spirito Santo" proprio in mezzo alle difficoltà? Così coltiva la sua perseveranza, riscoprendo pagine dell'antica ascetica, pensando ai molti che guardano alla sua fedeltà come punto di riferimento alla sempre più difficile loro fedeltà. Per questo non s'amareggia né amareggia con lamentose filippiche: sa che il mondo è saldamente nelle mani di Dio, che sta preparando qualche cosa di nuovo. A lui, suo umile servo, tocca annunciare la lieta novella che Dio non abbandona il suo popolo. Dette così le cose, appaiono facili, persino edificanti. Ma quante ne ha tentate il nostro santo prete, quante delusioni, quante tristi sorprese. Tuttavia, ha imparato a lamentarsi più col Signore che con i fedeli, ha acuito lo sguardo sul nuovo che sta germinando, guarda ad altri luoghi dove il Vangelo avanza, apre il suo cuore ai poveri del Terzo mondo, guarda con simpatia le iniziative riuscite, anche se non promosse da lui. Gioisce nel vedere il bene fatto dai movimenti, sebbene non si senta di aderirvi. Non dubita delle sue responsabilità di pastore e non deflette dall'annunciare la verità tutta intera, ma lo fa con carità e delicatezza verso le persone, senza farsi forte della verità che ha in mano, brandendola come un'arma, consapevole che la prima verità è la carità che non colpevolizza, ma invita a ritornare al Dio della pace. Si rende conto, con l'andare degli anni, che è più evangelico annunciare la bellezza e la grandezza dell'amore di Dio, che mortificare l'uomo fragile. Lo aiutano in questo i santi pastori che, innamorati dell'Amore, a questo Amore hanno saputo condurre persone sperdute nelle vie del mondo. Egli si sente piccolo e grande, servo e solo servo, ma del Signore del tutto a cui tutto fa ritorno. Piccolo e grande, annunciatore di un mondo che non muore. Piccolo e grande, come Maria, che è diventata per lui, col passare degli anni, "vita, dolcezza e speranza".
Rivedendo la sua vita, egli constata che il Signore gli ha cambiato l'ideale di santità, attraverso imprevisti mutamenti nelle scienze, nella cultura, nella società, mutamenti che hanno prodotto il cambio delle domande della gente e, di conseguenza, il suo posizionamento [mah: perché i mutamenti sociali e culturali dovrebbero incidere sull'ideale di santità?]. Non sa se vi ha risposto, ma sa di averle prese sul serio. Ha constatato che anche la gente gli ha insegnato molte cose, specie quelli che chiacchieravano di meno e volevano essere più discepoli che maestri. È contento di aver guardato ai superiori con rispetto e sovente anche con amore, tenendo sotto controllo la tentazione della contestazione o della piaggeria. Comprende le loro difficoltà, anche se in cuor suo li vorrebbe più creativi. Non gli dispiace di non avere fatto carriera. Sorride di fronte al carrierismo, una forma di compensazione tipica anche tra gli apostoli. È lieto d'aver coltivato l'amicizia con i suoi confratelli e l'allegria con gli amici. E li raccomanda allo Spirito che rinnova la faccia della terra, perché rinnovino il futuro. Guardando alla società, che procede per la sua strada, è ammirato per la sua straordinaria capacità di gestire la complessità, grazie alla crescita delle competenze e dell'organizzazione. Ma si rende conto che l'uomo diventa sempre più fragile: senza un fondamento e una meta riuscirà a evitare d'essere schiacciato dall'opera delle sue mani? Trepida per il futuro dei giovani. Ma ripete loro: "Non abbiate paura di Cristo". Vede con chiarezza e infinita gratitudine che "tutto è grazia", anche l'essere stato conservato nel santo servizio e prega per chi ha iniziato con lui e non ha continuato. S'accorge che ormai ogni sua riflessione e preghiera è triangolare: Dio, lui, la sua gente. Dio e la gente sono stati la sua vita. Un trio ormai indissolubile, anche oltre il tempo. Si attende solo che Dio lo accolga con la sua gente, per vivere sempre assieme.

68 commenti:

  1. Il prete post-conciliare no è un mostro come lo dipingete; è uno che si è fatto un mazzo così di fronte al mondo che è cambiato davvero.
    I canti erano brutti; forse, ma qui ha ragione Melloni: meglio un brutto che ti fa stare vicino a Dio che un bello che ti allontana.
    E poi: bello era? Buono era? Le ninfette che ispirano tanti vip odierni canterebbero forse “al tuo pie’ Maria diletta, vengan tutti i figli tuoi, cara Madre il dono accetta dell’amante nostro cor” (l’unica cosa che capirebbero al volo è il “dono dell’amante”) e neppure canterebbero “o Madre datemi un’alma pura, del ciel mostratemi la via sicura”; come “mira il tuo popolo, bella Signora” lo penserebbero rivolto alla De Filippi in Costanzo …
    La Parola e il Pasto: riscoperta meritoria del Concilio; no protestantesimo ma fedeltà alle cose così come sono, prima delle superfetazioni teologiche (perché no mi accusiate di impugnare etc. etc.: l’uno e l’altro sono direttamente e solidarmente implicati nel mistero pasquale).
    La scelta per i poveri: con chi bisognerebbe stare: con Marcinkus, con gli affamatori, gli speculatori e i videocrati; che preti sarebbero stati se avessero annunciato Mammona?

    RispondiElimina
  2. Benedetto XVI nell’omelia dei Vespri ad apertura dell’Anno sacerdotale:
    “Come dimenticare che nulla fa soffrire tanto la Chiesa, Corpo di Cristo, quanto i peccati dei suoi pastori, soprattutto di quelli che si tramutano in “ladri delle pecore” (Gv 10,1ss), o PERCHÉ LE DEVIANO CON LE LORO PRIVATE DOTTRINE, o perché le stringono con lacci di peccato e di morte? Anche per noi, cari sacerdoti, vale il richiamo alla conversione e al ricorso alla Divina Misericordia, e ugualmente dobbiamo rivolgere con umiltà l’accorata e incessante domanda al Cuore di Gesù perché ci preservi dal terribile rischio di danneggiare coloro che siamo tenuti a salvare”.
    A qualcuno saranno fischiate le orecchie …

    RispondiElimina
  3. La Parola e il Pasto: riscoperta meritoria del Concilio;

    in cosa consiste il Pasto, senza il Sacrificio, caro cristiano 'adulto' post conciliare?
    Non accettate i modelli di prima perché ne avete fatto degli stereotipi e ne avete perso la 'profondità', lo spessore spirituale, se mai lo avete avuto!
    Come si fa a dire che la chiesa ha scelto, oggi, i poveri, quando tutte le opere di misericordia nel corso dei secoli sono state generate da essa?
    C'è un particolare molto serio però che caratterizza la chiesa di oggi: per le opere di misericordia corporale - seppure - ha dimenticato quelle di misericordia spirituale.
    In ogni caso da un sacerdote, pardon 'presbitero', non ci si aspetta lo psicologo, il consolatore, il risolutare di casi personali - anche se un buon sacerdote riesce a fare tutto questo - ma non senza lasciarlo scaturire dal suo essere innanzitutto portatore e annunciatore di Cristo e non senza viverlo soprattutto nell'eucaristia e nel confessionale nell'Adorazione, nella preghiera e nella catechesi... il resto lo fa il Signore

    RispondiElimina
  4. prima delle superfetazioni teologiche (perché no mi accusiate di impugnare etc. etc.: l’uno e l’altro sono direttamente e solidarmente implicati nel mistero pasquale).

    ti faccio notare che la tua espressione inqualificabile che ho messa in neretto si riferisce al Magistero della Chiesa... crdete di conoscere solo voi il Mistero Pasquale?
    Forse se lo conoscessimo bene tutti, consapevoli di come lo abbiamo perso nella Chiesa di oggi, dovremmo smettere di parlare e dedicare tutto il nostro tempo alla preghiera e alla penitenza!

    RispondiElimina
  5. Il prete post-conciliare è semplicemnte un uomo che si è reso conto di una cosa: che sempre più si è fatta stra nella chiesa stessa e nei cattolici più ferventi (non negli eretici!) che Gesù non voleva certo un clero così come si è andato costituendo nei primi tre secoli dell’era cristiana: quando, in Mt. 6,5-6 afferma che
    “quando pregate non siate come gli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per farsi notare dagli uomini… Ma tu, quando vuoi pregare, entra nella tua camera e, serratone l’uscio, prega il Padre tuo che sta nel segreto…”
    non fa altro che
    rivelare il superamento stesso
    NON NEI FATTI MA NELLO SPIRITO,
    NON COME FATTO ESTERNO CHE PUO' RIMANERE E RIMANE TUTTORA
    MA COME VALORE INTERIORE
    del sacerdozio
    come istituzione sacra legata a un luogo di culto;
    per Gesù non conta in primo luogo la figura del sacerdote, intesa come mediatore assoluto e unico tra l’uomo comune e Dio:
    la preghiera, il momento più alto della comunicazione tra l’uomo e il suo Creatore, può valere anche se diretta e non più mediata dall’intercessione del sacerdote, preposto all’amministrazione del culto:
    niente è stato più radicale di ciò nel suo annuncio: l'istituzione e rimasta e rimarrà, come rimarranno i catechismi e le dottrine, ma come interiormente svuotate: non più potere, ma servizio del Regno.
    Il prete postconciliare ha tentato di tradurre in modo non dirompente questa consapevolezza, che ripeto: non è protestante ma semplicemente cristiana e anache cattolica.

    RispondiElimina
  6. Mic, ho parlato solo delle mille e più diatribe teolgiche sull'eucaristia e i sacramenti;
    ti ho detto che no è il magistero che contesto, ma le pesanti architetture che i teologi hanno costruito sull'Annuncio originale di Gesù: il Regno è vicino; poi lo sai benissimo anche tu: "prendete è mangiate questo è il mio corpo per voi dato" (cioè: parola e pasto, in diretto collegamento con la morte salvatrice ed esemplare di Gesù; è la stessa cosa che dice il magistero, che io no attacco peer niente.
    Però noto che no annoti le altre cose che ho detto; ne deduco che le condividi.
    pace e bene

    RispondiElimina
  7. I novatori si sentono la terra tremare sotto i piedi, e sentono il bisogno di autocelebrare la propia creatività.
    Il papa ha commesso un errore gigantesco: ha proposto come modello un prete preconciliare! Ecco quindi che son corsi subito ai ripari esaltando ciò che pertanto loro stessi considerano l'opposto del modello offerto: il prete postconciliare.
    Ma mentre il primo modello facendo il pastore riempiva le chiese e i confessionali, il secondo facendo il coordinatore le chiese le svuota e i confessionali li ha usati per scaldarsi; ma queste son sottigliezze, ciò che conta, ci dice questo Consultore è la Parola che ritorna dall'esilio (sic!).
    Si, miei cari, la Chiesa fino al Vaticano II ha esiliato la Sacra Scrittura; vi piaccia o no l'aveva esiliata. Ci ha pensato il Concilio a richiamarla dall'esilio, così come ci ha pensato il nuovo messale ad imbandire una lauta mensa.

    Ma se la Parola di Dio era in esilio, la Chiesa di cosa viveva? I Santi di cosa si nutrivano?
    Questo il dotto articolista-consultore non ce lo dice.
    Se lo vogliamo sapere dobbiamo arrangiarci da soli.
    I novatori non son persone che danno risposte, creano solo interrogativi; detto in altri termini: fanno nascere dubbi.
    Proviamo allora a cercarci da soli una risposta a questa semplicissima domanda: di cosa si nutrivano i santi preconciliari se la Parola di Dio prima del Concilio era in esilio?

    Non allontaniamoci molto, restiamo in zona, e leggiamo le prime righe del certificato di nascita della liturgia vera, autentica, quella fabbricata dopo il Concilio e in nome del Concilio
    :
    "innumerevoli santi hanno abbondantemente nutrito la loro pietà verso Dio attingendo da quel messale [quello antico, n.d.r.] le letture della Sacra Scrittura..." (Paolo VI, Costituzione Apostolica Missale Romanum).
    Ma come? il dotto articolista-consultore ci ha appena detto una cosa mentre Paolo VI ci dice l'esatto contrario? Ma allora non è vero che prima del Concilio la Prola era in esilio?
    Ma allora questo articolista-consultore è un bugiardo!
    Non solo non è vero che la Scrittura era in esilio ma ad essa si sono nutriti "abbondantemente" i santi; e quì non possiamo tacere un altra solenne bugia che tuttora sentiamo ripetere: il messale antico è povero di letture bibliche! Povero? E come han fatto allora questi santi a nutrirsi ABBONDANTEMENTE?


    Sancte Ioanne [Maria Vianney], ora pro nobis


    INNOMINATO

    RispondiElimina
  8. Caro Innominato,
    si parla sempre dell’istituzione dell’Eucarestia e ci fermiamo sempre molto sulle parole (“Questo è il mio corpo…”, “Questo è il mio sangue…”) e poco su cosa il Signore vuole dai suoi discepoli. Gesù parla di comunione tra i suoi amici. Insegna ad essere un corpo solo e di distinguersi nella capacità di perdonarsi e sostenersi.
    Quando pensiamo al Corpo di Gesù non possiamo pensare solo al tabernacolo: il segno sacramentale della presenza di Gesù non si esaurisce li, ma si realizza nel Corpo che è la comunità dei cristiani e anche di tutti gli uomini.
    Tante volte la nostra preoccupazione riguardo la Messa è tutta sul Pane e sul Vino consacrati, mentre poca attenzione viene data al Corpo di Gesù che è la comunità che sta celebrando.
    Nella nostra mentalità si è molto radicata una concezione di Messa come fatto personale, quasi magico, con Dio che possiamo “toccare” nella particola che riceviamo alla comunione.
    Il Corpo prima di tutto è la comunità che celebra Gesù. Come venero il Pane consacrato, così devo venerare la sorella e il fratello che ho vicino, o anche chi non ho vicini fisicamente, ma che come me fanno parte della stessa fede e della stessa umanità, anche se sono dall’altra parte della terra: quando Gesù ha fatto l’eucaristia ha curato di formare una comunità unita.
    Se un non-cristiano entra nelle nostre messe coglie il senso di unità e il desiderio di comunione reciproca? o penserebbe che la messa sia solo una devozione dei singoli che si trovano li insieme per caso?

    La messa non è un fast-food individuale e veloce, ma una Santa Cena di famiglia, dove attorno all’unica mensa sacrificale si celebra la comunione con Dio e tra di noi.
    Davvero troppe volte le nostre comunità sono lacerate da invidie, gelosie, manie di protagonismo… e dimenticano che il servizio porta all’unità a cui Gesù ci insegna a tendere!
    Che il pane ed il vino, ci insegnino l’amore per la verità perchè ogni nostra comunità possa crescere come segno di unione e testimonianza nel mondo.

    RispondiElimina
  9. La Redazione o il Prof. Pastorelli, spero dicano due parole per cercare di chiarire all'ultimo intervenuto la differenza, di essenza e di grado, tra Corpo di Cristo (Eucaristia) e Corpo (mistico) di Cristo.
    A Lei, "Unità e pace" chiedo perdono se propio non me la sento di risponderLe. Ho speranza di avere la Sua comprensione.
    INNOMINATO

    RispondiElimina
  10. Beh, il commento di unità e pace è facile individuare da dove provenga, quale sia la pseudodottrina che lo ha nutrito e impregnato, prosa conosciuta che sembra disprezzare anche il Magistero di Papa Benedetto XVI, che senza sosta sta cercando di rieducarci al Senso dell`Eucaristia.
    Senza sosta il Papa deve lottare contro le private e false dotrrine che hanno provocato i danni di cui il commento di unità e pace è solo un triste ma grave esempio.

    Quando poi penso che inopportuno è probabilmente un sacerdote, mi vengono i brividi.
    Spero che prenderà il tempo per leggere, meditare nel silenzio del suo cuore la lettera del Santo Padre.

    RispondiElimina
  11. Come ha fatto la Chiesa per 2000 anni, prima del Concilio Ecumenico Vatiano II? Le è mancata la Santità, la Verità, la Grazia? Lo Spirito Santo non l'ha ispirata?
    La Chiesa è fondata su Cristo e su Pietro, prima che sui Concili...e soprattutto su un solo Concilio...il Concilio Ecumenico Vaticano II è stato un grande e importante atto, direi fondamentale...come grandi, importanti e fondamentali furono tutti gli altri Concili...da Gerusalemme e Nicea, a Trento, al Vaticano I...
    Sono in parte d'accordo con inopportuno, sul fatto che il prete post-conciliare non sia un mostro, e che non esistono solo i problemi...il passato non è tutto rose e fiori, è vero...ma da qui a esaltare, e acriticamente, magnifiche sorti e progressive, ce ne passa...
    Che sono poi le superfetazioni teologiche?
    Tra l'altro, io sono figlio del Concilio, mi piacciono e difendo la Messa ordinaria e i canti moderni (quelli belli, eh)...ho 18 anni...però mi piace anche la Messa antica e i canti antichi, il gregoriano e il canto bizantino...e Mira il tuo popolo è uno dei miei canti sacri preferiti...sarò retrogrado, ignorante, integralista, anticonciliare?
    Tra l'altro, poi, il Concilio aveva raccomandato la conservazione dle patrimonio musicale gregoriano...

    RispondiElimina
  12. Sembra che non ci si ricordi nulla di quello che avveniva nella società preconciliare, della crisi che già era in corso nella Chiesa, una crisi chiara e ineludibile, ma ora c’è il Concilio Vaticano II come vittima sacrificale, a cui attribuire tutte le colpe di disfunzioni che in realtà hanno origini preconciliari.
    Ad esempio la pedofilia dei preti o la doppia morale che segnava tanta parte di mondo cattolico o clericale, l’epoca in cui la donna stava a casa ad accudire i figli, aspettava il marito cattolico, che (talvolta…) prima di rientrare era passato in qualche bordello (per tanti giovani cattolici) la “casa chiusa” era il rito di passaggio alla maturità. Oppure l’appoggio alle guerre di Stato o alla pena di morte, o agli stigmi sociali? Quanti milioni di morti nell’Europa dalle radici cattoliche, grazie alla violenza di uomini cristiani nel secolo XX?
    Eppure molti avevano parlato invano.
    Rosmini, nel XIX secolo, contro l’ottocentismo scriveva il libro: “Le cinque piaghe della santa Chiesa“.
    Nel 1901, il cardinale Capecelatro, nella lettera pastorale per la Quaresima, diceva: “una mescolanza di vita pagana con qualche esterna pratica di religione”(…) “No, non è questo il Cattolicismo vero, non è questa la religione, che Gesù Cristo ci ha data, morendo con infinita carità su la Croce per noi; ma è, se m’è lecito così esprimermi, una religione tutta umana, un corrompimento della religione vera, e una mescolanza di paganesimo e di superstizione”.
    Nel 1947, l’arcivescovo di Parigi, il cardinale Suhard nella lettera pastorale per la Quaresima 1947, “Essor ou déclin de l’Eglise” con chiarezza guardava in faccia la realtà.
    Nel 1958, l’ arcivescovo di Milano, Montini, affermava: “dobbiamo riconoscere che grandissima parte dei nostri fedeli sono infedeli; che il numero dei lontani supera quello dei vicini e che il nostro raggio pastorale, in molte parti, va restringendosi.”(Prolusione alla VIII Settimana di aggiornamento pastorale, 1958).

    Il solo scopo delle polemiche tradizionalistiche è di perseguire una politica clericale contro la lettura dei segni e la comprensione di quei segni che sono seguiti al Fatto del Concilio Vaticano II, che ha segnato in modo definitivo la perdita progressiva di un sacro fatto di orpelli e ornamenti volti solo a celebrare un potere sulle coscienze delle persone e i conseguenti privilegi ancora duri a morire.
    Il “relativismo”e il “secolarismo” sono figli di una normale azione/reazione al tanto formalismo religioso/morale e “doppia morale” in cui annegava tutta la società nel mondo occidentale.
    I seminari non sono scaduti dopo il Concilio: cosa accadeva prima del Concilio nei seminari? cosa si insegnava nei seminari? A cosa preparava la formazione nei seminari? A incarnare la Parola di Dio nei tempi che venivano? A usare il Vangelo come luce per districarsi nelle enormi contraddizioni umane?

    RispondiElimina
  13. "Come venero il Pane consacrato, così devo venerare la sorella e il fratello che ho vicino" --

    questo è un errore, prima Dio, poi gli uomini; anche se la Chiesa è Corpo Mistico di Cristo essa è formata in maggior parte da uomini ( o arriva a dire che essendo Corpo di Cristo gli uomini sono Cristo?)
    solo il Santissimo è sostanzialmente Dio.

    Il primo comandamento è amare Dio con tutto il cuore, l'anima e tutta la forza; ( e questo è chiaro da millenni se lo sapevano esattamente i rabbini prima di Cristo ); amare i fratelli è secondario, Cristo infatti lo ordina come secondo comandamento più importante ( e quindi inferiore al primo).

    Non possiamo certo aiutare gli altri se prima non onoriamo Dio!

    Olatus

    RispondiElimina
  14. I neoterici sono dei sognatori e come tali immaginano la chiesa preconciliare come un'istituzione che aveva tradito il mandato del Signore, dimenticando la sua parola e la sua carità.

    Mentre come in una visione contemplano il concilio e il post come il recupero della vocazione originale.

    Premesso che effettivamente c'era bisogno di un risveglio liturgico e missionario, i neoterici, anche qui presenti, credono in una chiesa nuova e quindi diversa. No si accontentano di una riforma, ma vogliono una rifondazione, addirittura vogliono sovvertire la logica del bene, del bello, del vero(inopportuno dice che anche il brutto va bene se ti fa stare vicino a Dio). Se noi crediamo in Dio che è il sommo bene, che è splendore di bellezza ed è unica verità ne consegue che i cristiani aggiornati stanno percorrendo una strada che porta verso un altro dio.

    1. Perché le categorie di bene e male no sono più quelle di prima (vedi card. martini), perché l'inferno se esiste no è attrezzato ad ospitare nessuno

    2. Perché il bello che affascina e orienta a Dio è stato sostituito dal brutto (brutti canti, brutte chiese, brutte liturgie). Il brutto è scostante e allontana e impoverisce l'uomo.

    3. Perché alla verità unica, custodita, annunciata e approfondita dalla chiesa, si sono sostituite tante verità tutte rispettabili, tanto che anche le false religioni vengono apprezzate e si rinuncia a convertirne i seguaci (vedi ebrei e musulmani).

    Questo è quello che io percepisco negli interventi di coloro che inneggiano alla svolta conciliare e mi preoccupo, poché invece di riformare la chiesa la stanno trasformando in qualcosa d'altro

    RispondiElimina
  15. la preghiera, il momento più alto della comunicazione tra l’uomo e il suo Creatore, può valere anche se diretta e non più mediata dall’intercessione del sacerdote, preposto all’amministrazione del culto:

    bisogna aver ben chiaro che c'è la preghera, personale e comunitaria, e la Liturgia.

    Quanto alla preghiera, nulla quaestio, dato che essa è il rapporto personale intimo e profondo con il Signore

    Quanto alla Liturgia, essa è "Atto di culto" a Dio, funzione principale della Chiesa, che contiene la "formula di Consacrazione" al fine di perpetuare nel tempo fino alla fine dei tempi la Presenza Reale del Signore tra i Suoi.
    la "Consacrazione" (come tutta la celbrazione è azione di Cristo e non dell'Assemblea) appartiene solo al Sacerdote, che agisce in persona Christi

    niente è stato più radicale di ciò nel suo annuncio: l'istituzione e rimasta e rimarrà, come rimarranno i catechismi e le dottrine, ma come interiormente svuotate: non più potere, ma servizio del Regno.

    che significa "interiormente svuotate"? Che ne è cambiato il contenuto, l'essenza? Come se L'Istituzione i catechismi e le dottrine fossero esercizio di potere e non servizio del Regno?
    Questo è quanto insegnano i 'falsi profeti' di un certo Cammino per giustificare la loro RIFONDAZIONE della Chiesa!!!

    Il prete postconciliare ha tentato di tradurre in modo non dirompente questa consapevolezza, che ripeto: non è protestante ma semplicemente cristiana e anache cattolica.

    sedicente cristiana e anche cattolica direi...

    RispondiElimina
  16. L'argomento "era un disastro anche la Chiesa di un tempo" non è molto intelligente, per il semplice motivo che due cose sbagliate non ne fanno una giusta. Quello che accadeva in passato è storia. Quello che accade oggi è affare nostro su cui si può intervenire. A voi sembra che nella Chiesa di oggi sia tutto perfetto? Anche se non credo che la Chiesa di oggi sia in condizioni catastrofiche, come non lo era quella di ieri, può essere enormemente migliorata. Iniezioni massicce di "nuovo" le sono già state praticate, di preti postconciliari come ne descrive il nostro articolista ne abbiamo avuti e ne abbiamo a legioni. Non voglio neanche dire che siano stati una piaga. Ma se dopo una cura da cavallo di "nuovismo" provassimo anche qualche rimedio tradizionale? Hai visto mai... Vi segnalo che il mondo sta andando in questa direzione. Le tradizioni, le cose del passato, i cibi di una volta ecc. tornano in auge dopo decenni di moderno-a-tutti-i-costi. Ed è naturale. Avete mai sentito parlare di Slow Food? Il passato non è una cloaca da abbandonare. Siamo fatti di passato. Il nostro bravo prete che si sforza di trovare i "canti nuovi", che poi sono gli stessi, orribili, da cinquant'anni, cominci a pensare che forse sono più moderni i canti gregoriani che non tante nenie pseudopop. Canti gregoriani, non i canti che cita Inopportuno, che già erano tentativi preconciliari di trovare "canti nuovi", e oggi fanno infatti ridere. Perché si può recuperare da chissà dove la menorah, la danza ebraica e dovrebbe essere tabù recuperare un canto gregoriano, che è una musica stupenda? Cominciamo a pensare che l'antico è un repertorio di grandi novità (come sa bene chi lavora in tanti campi, dalla cucina alla moda), e forse un punto di convergenza salterà fuori.

    RispondiElimina
  17. leggendo i messaggi dei cattolici adulti, capisco sempre di piu' in che abisso siamo caduti.
    Nessuno sembra conoscere piu' la dottrina cattolica.
    Caro inopportuno,
    se la velina canta inni alla Vergine Maria non ci vedo nulla di male, spero solo che questo riesca a trasformare la sua vita. Di certo non sara' mai trasformata, se non verso ulteriori e ben peggiori abissi, dal kiko, Martini e Rahner.
    Non conta il livello morale sapendo che siamo tutti peccatori, ma il fatto di distinguere sempre quale sia il vero ben anche se si e' commesso il male (per il Card. Martini queste distinzioni sono oziose e dovremmo sentire tutti le omelie di Scalfari, che infatti scrive sempre di domenica).
    Ricordo infine che Marcinkus e' un frutto del Concilio Vaticano II.
    FdS

    RispondiElimina
  18. Mi par di notare che i "conservatori" (mi schiero con questi) liberamente lasciano parlare i "moderni", ma quest'ultimi "talora" tranciano di brutto i "conservatori". Alla fine, potremmo dire che i conservatori siano i veri liberali.
    Buon dibattito. E buona giornata.

    RispondiElimina
  19. Ma a questo povero prete post conciliare non glie ne va proprio bene una!
    Più che a un santo, mi fa pensare a Fantozzi...

    RispondiElimina
  20. Quante stupidaggini, quante idiozie. La redazione mi redarguisca pure, ma cosa dire dinnanzi a certi commenti che dimostran ignoranza assoluta e perfida volontà distruttrice, magari sotto forme linguistiche di melliflua volontà riformatrice?
    Nei "riformatori" urlanti s'è sempre nascosto Satana.
    I veri riformatori, gl'innamorati della Chiesa, agiscoo nel silenzio, nella preghiera, nell'ammonizione, nella difesa del Vangelo, della Scrittura tramandata dalla Tradizione che è un ininterrotto Magistero infallibile quale l'ha voluto Cristo. Non hann'atteso Valdo o Lutero, Martini o.., mi vien da ridere, Farinella.

    Sì, Cristo ha voluto il sacerdozio gerarchico, perché tale l'ha costituito: gli errori umani, le colpe, anche le più obbrobriose, degli ecclesiastici non possono sporcare la purezza del sacerdozio ministeriale, il sacramento che dà l'autorità di perpetuar il Sacrificio di Cristo e che amministra tutti i sacramenti necessari alla salvezza.

    Sì, come amiamo Cristo - quello vero non il rivoluzionario sociale o il dio noglobal - così noi amiamo il sacerdozio: amiamo i sacerdoti, anche quelli indegni, a cui rivolgiamo la nostra opera di carità; amiamo i Vescovi ed i Papi anche quando siamo costretti a richiamarli ai loro doveri, come è nostro diritto e dovere di fedeli.
    Perché così si son sempre comportati i cattolici specie nei secoli bui: basti pensare ai secc. X, XI ecc.

    Ma non operiamo per la distruzione della Chiesa.
    Qui è la differenza incolmabile tra noi ed i novelli Catari: noi amiamo la Chiesa, loro la odiano.
    Di chi è figlio l'odio?

    Figli dell'odio, sottoscrivete le vostre bestemmie con nome e cognome.
    Gli eretici con spina dorsale non avevan di simili timori! Voi non avete neppur questa. Molluschi infornmi.

    RispondiElimina
  21. C'è qualcuno che sostiene che si deve VENERARE il PANE ed il VINO consacrati, cioè il CORPO ed il SANGUE di CRISTO, come i fratelli che abbiamo accanto.
    La creatura posta allo stesso livello del CREATORE, insomma.
    Costui non capisce la differnza tra ADORAZIONE, VENERAZIONE e AMORE.
    Vada a studiare un po'. Si ripresenti a settembre. Per ora è bocciato e senza credito alcuno.

    RispondiElimina
  22. "Non avrai altro Dio fuori di me"
    "Lui solo adorerai"
    Grazie Prof. Pastorelli, i suoi interventi sono monumenti di marmo.

    RispondiElimina
  23. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  24. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  25. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  26. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  27. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  28. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  29. Comunicazione per il prof. Dante Pastorelli.
    Nel post dal titolo “Bux e Vitiello: l'Eucarestia non è solo banchetto, ma prima sacrificio”, nell’intervento n, 145, al termine di un conflitto ermeneutico tra Giuseppe Rossi da una parte e don Gianluigi e Giovanni Mandis dall’altra, ho esposto una mia riflessione sul sacrificio della messa.

    Di sicuro le è sfuggita, ma mi interessa conoscere il suo autorevole parere.
    Forse potrebbe interessare anche gli altri commentatori (a parte, forse, le lollarde redivive).
    Cordiali saluti, suo
    Arnulfo

    RispondiElimina
  30. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  31. Carissima lollarda,
    "gnosi delle scritture sante", "deriva sacrifcale",
    credo che per rispetto verso le numerose persone che danno il loro contributo su qesto blog, non sarebbe una cattiva idea informarsi prima sul significato delle parole che si usano.
    Quelle che usi senza conoscerne il significato ti fanno comunque riconoscere.
    FdS

    RispondiElimina
  32. Mi domando se questo sia un blog "tradizionalista" o un rendez vous di neoterici.


    Lettore occasionale

    RispondiElimina
  33. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  34. Il commento n. 33 è sconclusionato e decisamente irrispettoso. Almeno, si possono dire fesserie o assurdità in modo più congruo?

    RispondiElimina
  35. Capisco il commento del lettore occasionale.
    Quando sono venuta su questo blog pensavo trovare uno spazio al riparo di estenuanti quanto inutili confronti fra "tradizionalisti" e modernisti.
    Uno spazio dove trovare informazioni, insegnamenti, scambi fra persone legate alla Tradizione.
    So che da subito mi verrà fatta l`obiezione, ma perchè... gli scambi con chi ha opinioni diverse sono utili, non dobbiamo trasformarci in una riserva indiana, o meglio dobbiamo uscire dalla riserva dove siamo stati rinchiusi a lungo.
    Ebbene non condivido questo punto di vista, non per un blog, che porta il nome Messa in latino.
    Osservo che chi non ha nessuna simpatia per la Tradizione e per chi la ama, si intrufola nei blog legati alla Tradizione, diffonde le sue idee, talvolta solo spiritodelconcilioconformi, chiesapostconciliareconformi, ma anche sovente confinanti nell`eresia, provoca, costringe persone come Dante o altri a rispondere per confutare, rettificare e riesce così a diluire ,annacqure il discorso portandolo sui binari da lui voluti.
    Queste persone hanno un solo scopo, creare confusione, disordine nei blog legati alla Tradizione e con la loro insistenza sperano e talvolta riescono anche ad allontanare persone che come Dante Pastorelli ad un certo punto perdono pazienza e dicono basta.
    È giusto che ciò avvenga?
    È giusto permetterlo?

    RispondiElimina
  36. Richiamo delle regole per i commenti:

    1) Niente insulti

    2) Vietato impugnare la verità conosciuta (id est: i dogmi cattolici)

    A ciò aggiungiamo una regola n. 3, di applicazione retroattiva (perché già implicita):

    3) Occorre restare nell'ambito generale dell'argomento del post. Gli off topic verranno volta a volta tollerati, o cassati, secondo le circostanze. In ogni caso sono vietati gli argomenti politici dei quali, va sottolineato, non ci interessa proprio niente.

    RispondiElimina
  37. Non vi meravigliate di quanto possa scriver l'Osservatore Romano. Nell'86 (17 settembre se non erro) scriveva che anche le religioni pagane e politeiste erano strade di accesso alla salvezza.
    Non dunque la salvezza anche fuori della Chiesa (apparentemente) ma implicitamente nella Chiesa di chi vuol conoscere la verità disposto ad accettarla una volta conosciuta e nel frattempo rispettoso della morale divino-naturale, ma salveza per e nelle false religioni, idolatriche e magari anche caratterizzate da riti satanici o sacrifici umani.
    Nuova teologia, con l'approvazione dei Superiori, essendo quel giornale organo ufficiale della S. Sede.

    RispondiElimina
  38. Vedo che qualcuno, qua e là, esagera in modo eccessivo in apprezzamenti nei miei riguardi.
    Guardate che io sono un fedele come voi, non sono un teologo e mi limito a ripetere semplicemente quello che la Chiesa mi ha insegnato.
    E' alla Chiesa che dovete rivolgere gli apprezzamenti, non a me. Non nobis Domine, non nobis...

    RispondiElimina
  39. un anonimo qualunque20 giugno 2009 alle ore 19:33

    A proposito del suo post delle 19.17

    Gentile Prof. Pastorelli, il "sentire cum ecclesia" è causa necessaria e sufficiente per fare di noi dei "teologi.
    Se poi al "sentire cum ecclesia" si aggiungono le doti umane di cultura ed eloquenza, allora non si è solo teologi in pectore, ma lampada che arde e risplende e che esprime ciò che tanti semplici fedeli "sentono" ma per mancanza di bagaglio linguistico non riescono ad esprimere come vorrebbero.
    Grazie!

    RispondiElimina
  40. Al Prof. Pastorelli (19:14): Mi permetto di chiederle se riesce a reperire citazione precisa (autore, titolo articolo e n° pagina) di quell'art. de L'Oss.Rom. del '86 a cui si riferisce. Grazie.

    RispondiElimina
  41. Non pensavo, a quei tempi, che, sia pur in modo superficiale ed episodico, mi sarei occupato di certi argomenti. Prendevo degli appunti che mi servivano in particolari occasioni e magari dietro altrui richieste o suggerimenti. Poi ho via via gettato fogli e ritagli di giornali.
    Comunque vedo qui scritto il titolo dell'articolo apparso in quella data: Elementi per una fondazione teologica della giornata della Preghiera per la Pace.

    Dello stesso tema s'occupò
    Civiltà Cattolica - leggo sempre - il 20 aprile 1985, in "Il Cristianesimo e le religioni non cristiane".
    Buona riceerca. Io sono in partenza per la campagna. E lì non ci son libri, riviste e raccolte a cui attingere. Solo patate, cipolle, uva, zucchini, insalate ecc.

    RispondiElimina
  42. Complimenti, Prof.! Questa mi ha ricordato Romano Amerio, che per anni raccolse soffrendo gli errori nell'OR.

    RispondiElimina
  43. Bene prof.!
    Che invidia la sua "doppia tessera": primo teologo del blog e anche primo ortolano (chissà che magnifiche insalate, al raccolto). Al suo ritorno non manchi, però, di recensire le mie riflessioni (già segnalate ieri 20 giugno 2009 15.30). Mi perdoni l'insistenza. Grazie.

    RispondiElimina
  44. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

    RispondiElimina
  45. Andatevi sul sito di Noi siamo Chiesa...e leggetevi come viene accolta la notizia dell'anno sacerdotale e della scelta di San Vianney come patrono e modello dei sacerdoti...squallido...i miei commenti sono quelli delle 14 e 14:07 di oggi...

    RispondiElimina
  46. Comunque, sia nel pessimo commento di padre Cabra, sia in quelli di diversi utenti, torna lo stesso errore: prete pre e prete post, Chiesa pre e Chiesa post, in mezzo il Concilio.
    Fronti contrapposti.

    "Prima andava tutto bene, adesso... " e "prima andava tutto male, adesso...".

    E' questa l'ermeneutica della continuità suggerita dal Papa, cui dovremmo conformarci?
    Al di là dei tradimenti dei singoli preti "post", quanti ce n'erano "pre"? e viceversa?

    La Chiesa è una, anche storicamente... con tante epoche e tanti cambi, ma una. Non pre, non post. Età dell'oro non esistettero nè esisteranno mai, così come età del diluvio (metaforicamente, chiaro).

    RispondiElimina
  47. Quoto Ludovico...
    Credo in Unam, Sanctam, Catholicam et Apostolicam Ecclesiam

    RispondiElimina
  48. Coraggioso anonimo, nessuna finzione: nessuno dei giovani e meno giovani del blog salvo forse qualche sacerdote, è un teologo di professione, ma ci sforziamo tutti di capire seguendo l'insegnamento della Chiesa. E quando non ci riusciamo ci affidiamo al Magistero che non erra.
    Ma i nostri limiti di cui tutti siam consapevoli non ti autorizzano a far del perfido sarcasmo e tacciar di cecità chi scrive sul blog.

    Oculos habent e non videbunt.
    Tra questi sei tu.
    Noi, dove non vediamo coi nostri occhi, vediamo con quelli ben più acuti e certi della Chiesa.

    RispondiElimina
  49. Pastorelli, così no va bene.
    Lei se la prende (a ragione) con gli anonimi che no portano argomenti, ma solo insultano,
    ma gli argomenti degli altri no li affronta più.
    Se uno parla diverso dal suo stile, ecco "forme linguistiche di melliflua volontà riformatrice".
    Un articolo del 1986 dell'OR sulla teolgia delle religioni diventa il simbolo del tradimento perpetrato dalla chiesa conciliare, come se poi non ci fossero state la Redemptoris Missio o la rimprimenda e repressione da parte della CDF a Dupuis.
    La legittima differenza tra le espressioni teologiche diventa eresia novatrice.
    Bene, è venuta l'ora di dirle che anche la sua è UNA teologia, fedele all'insegnamento della Chiesa quanto si vuole, ma comunque una teologia.
    Oggi non dico quell'orrido modernista che è Inopportuno, ma nemmeno nessun teologo cattolico (fedele, no adulto) parlerebbe come parla lei:
    no Ratzinger, no Scola, no Scheffczyk (se fosse vivo), ma nemmeno Gherardini o Cavalcoli.
    Sono novatori? W il nuovo.

    Io ho nostalgia di quando lei no si negava al confronto, forse sono io che ho sbagliato, ma ora esagera lei.
    Pace e bene.

    RispondiElimina
  50. INOPPORTUNO, fin quando lei non rispetterà la lingua italiana, non solo Pastorelli, ma nessuno dovrebbe più risponderle.
    A me dà più fastidio quel continuo troncare il non che tutte le sue elucubrazioni da prete modernista.

    RispondiElimina
  51. Un presbitero saggio non dovrebbe attacccarsi a piccolezze quali un "no" al posto del "non". Che farebbe le se si presentasse in confessione un balbuziente?
    Poi, MODERNISTA.
    Il modernismo è semplicemente la reazione al razionalismo soprannaturalista della teolgia manualista ottocentesca, che politicamente si connotava come reazionarismo antidemocratico.
    Io semmai mi rifaccio alla chiesa delle origini, anche se so che dovo la svolta costantiniana questa chiesa delle origni è attingibile solo nel cuore e nell'intimo. Io sto nella chiesa attuale, anche se la critico perchè è troppo distante dal modello basilare.
    Perchè, lei no?

    RispondiElimina
  52. Aha, Inopportuno. Ti sei rivelato: sei un fondamentalista.

    I fondamentalisti sono infatti coloro che si richiamano al "fondamento", da recuperare nella sua integralità, depurandolo dalle scorie e dai rammollimmenti accumulati nei secoli. Così è per la Salafiya sunnita, così è per quelli che dicono che si deve tornare alla "Chiesa delle origini", al Vangelo integrale (mentre il Magistero sarebbe stato spesso frutto di compromissioni o scelte politiche), alla povertà e alla purezza apostolica. OK, tu non tiri bombe alle persone, ma dinamite per far saltare altari, balaustre e confessionali, quello sì (se non tu, i tuoi sodali).

    Il tradizionalismo, cui noi tutti orgogliosamente ci richiamiamo, è invece l'antitesi dell'integralismo, perché la tradizione è, per essenza, evoluzione, graduale, prudente e spontanea riforma e adattamento sotto l'impulso dello Spirito Santo.

    RispondiElimina
  53. Lei, inopportuno, oltre ad essere un prete modernista, è anche ammalato di archeologite, perché salta a piè pari 15 secoli di storia della chiesa, come se lo Spirito Santo fosse andato in vacanza e fosse ritornato dopo il conc. vat.II. Così facendo si pone fuori dalla tradizione apostolica, come affermava chiaramente Pio XII nella Mediator Dei.

    Io non mi rifugio in termini avulsi dalla realtà, sono un prete, lei un presbitero. Lei che preferisce il volgare al latino, si drappeggia con leziosi grecismi che nascondono la sostanza delle cose alla gente semplice che sa cos'è un prete, meno un presbitero.

    Lei che si pavoneggia con i suoi troncamenti, pretende che un suo confratello le dia retta, paragonandosi ad un balbuziente che ha diritto alla carità cristiana di un sacerdote.

    Si vergogni, Lei non ha un handicap, ma fa lo snob e vorrebbe che noi ci umiliassimo facendo finta di niente per non recarle dispiacere.

    Ai bambini s'insegna a rispettare le regole dalle più elemetari, Lei cominci a rispettare l'ortografia.

    Inoltre un prete non dovrebbe mai vergognarsi di esprimere le proprie idee, come invece fa Lei che si nasconde dietro un comodo nick name.

    Siete così voi modernisti, aggredite (verbalmente) ma vi nascindete sempre. Se nel caso non conoscesse il mio nome glielo comunico subito

    don gianluigi braga, parroco di lucino (como)

    RispondiElimina
  54. Noto seguendo da un po' i post che regolarmente riemerge l'idiozia secondo cui il cristianesimo "dopo Costantino" si sarebbe contaminato con il paganesimo. Mi sono perso una puntata, perché ero rimasto a Voltaire e Gibbon secondo cui il cristianesimo cattivo è il responsabile della tabula rasa dell'ottima civiltà classica. Ma basta leggere Sant'Agostino, De civitate Dei (scritto un bel pezzo dopo Costantino...), per sapere con che disprezzo - ai nostri occhi eccessivo, ma erano altri tempi - i cristiani trattavano tutto quello che odorasse di paganesimo. Una volta tanto vanno a braccetto Voltaire e Sant'Agostino, e si vuol sostenere il contrario? Qui la noncuranza ideologica per la realtà storica regna davvero sovrana.

    RispondiElimina
  55. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  56. Inopportuno dixit:

    "Io semmai mi rifaccio alla chiesa delle origini, anche se so che dovo la svolta costantiniana questa chiesa delle origni è attingibile solo nel cuore e nell'intimo."

    Non so se inopportuno è un presbitero neocatecumenale, ma è certo che ciò che ha scritto è ciò che viene insegnato all`interno del cammino neocatecumenale, ivi compresi ai seminaristi.
    Per Kiko Argeullo la storia della Chiesa, considerata traditrice del cristianesimo primitivo, è fra parentesi, da Costantino al Concilio vaticano II, secondo lui la Chiesa è entrata in letargo dopo Costantino e si è svegliata con il Concilio Vaticano II per essere rifondata, ...da chi? Ve lo lascio immaginare!

    RispondiElimina
  57. Che male c'è a usare uno pseudonimo? Non necessariamente vuol dire viltà o trolleria. Forse è solo privacy, malintesa, ma comprensibile. Non si possono imporre clausole vessatorie. Dal canto mio, non potrei rinuciare mai al mio nickname, neppure se me lo chiedesse mons. Ranjith Patabendige Don.

    Naturalmente la forma e la sostanza di certi interventi mi lascia molto perplesso, ma questo è "l'internet".
    Invece sottolineo due aspetti:
    - molte idee polemiche che sono esposte qui sono presentissime nella Chiesa: come non tenerne conto, almeno per avversarle con cognizione di causa? ad es.: la disputa con Timeo sulla Summ. Pont., o il dibattito eucaristico in "Bux e Vitiello" o in "Botta e risposta" sono esemplari e fanno onore agli interlocutori;
    - perchè non considerare che forse in alcuni c'è, più che spirito modernistico, semplice spirito goliardico o di giamburrasca? (a me così pare l'Inopportu-"no", con il suo ben noto marchio di fabbrica).

    Se allora non è giusto imporre il nome, cognome e codice fiscale, perchè usarlo come argomento polemico?

    RispondiElimina
  58. "molte idee polemiche che sono esposte qui sono presentissime nella Chiesa: come non tenerne conto, almeno per avversarle con cognizione di causa?".

    Vero. Smontare gli errori è d'altronde da sempre un buon sistema per affermare una verità.

    Se qualcuno insegna che Costantino è l'iniziatore di un nuovo e corrotto cristianesimo, insegna Alice nel paese delle meraviglie. Questa tesi ridicola è tipica dei testimoni di Geova, per dire il livello culturale dei suoi sostenitori.

    RispondiElimina
  59. Questo dice al prossimo di vergognarsi, quell'altro manda all'inferno la gente. Redazione se si censura si censurano anche gli insulti e le impertinenze dei fedelissimi.

    RispondiElimina
  60. In effetti siamo stufi di richiamare la regola che non si devono insultare gli interlocutori.

    Quanto all'anonimato... questo è internet, bellezze. Pur ammirando chi si firma, ci possono essere motivi nobili, o meno nobili, ma in ogni caso tutti leciti, per non voler lasciare nome e cognome. Un seminarista che firmasse qui opinioni troppo tradizionaliste, ad esempio, rischierebbe grosso.
    Un nick è sufficiente (capito "anonimi" senza nik? datevene uno!).

    RispondiElimina
  61. Inopportuno non è necessariamente neocatecumenale goliardico. Inopportuno accetta la chiesa così com'è, anche se la nostalgia delle origini rimane immutata e il rimprovero verso la chiesa attuale pure.

    RispondiElimina
  62. Inopportuno non è necessariamente neocatecumenale goliardico.

    se è stato definito così è perchè si comporta come tale

    Inopportuno accetta la chiesa così com'è, anche se la nostalgia delle origini rimane immutata e il rimprovero verso la chiesa attuale pure.

    la nostalgia delle origini è un falso bisogno, indotto dai novatori e dai falsi profeti per introdurre i loro insani archeologismi liturgici, come li definiva Pio XII nella Mediator Dei, nonché sincretismi vari, che contaminano e de-formano la fede apostolica e sviano i semplici con insegnamenti e prassi che non sono quelle della Chiesa

    La Chiesa attuale siamo noi e, se c'è qualcosa che non va, possiamo e dobbiamo cambiarla a partire da noi stessi e dalla nostra fedeltà alla Tradizione, perché significa radicamento nel Signore. Seguire modelli prefabbricati da altri significa tradire la "libertà dei figli di Dio", che è il più grande dono del Signore e che va esercitato e vitalizzato in Lui con Lui e per Lui non al seguito dei "fabbricanti di idoli"

    RispondiElimina
  63. Così, nella Mediator Dei (n. 51), Pio XII condannava l'archeologismo liturgico come antiliturgico: «... non sarebbe animato da zelo retto e intelligente colui il quale volesse tornare agli antichi riti ed usi, ripudiando le nuove norme introdotte per disposizione della Divina Provvidenza e per mutate circostanze. Questo modo di pensare e di agire, difatti, fa rivivere l'eccessivo ed insano archeologismo suscitato dall'illegittimo concilio di Pistoia, e si sforza di ripristinare i molteplici errori che furono le premesse di quel conciliabolo e ne seguirono, con grande danno delle anime, e che la Chiesa, vigilante custode del Depositum Fidei affidatole dal suo divin Fondatore, a buon diritto condannò».

    RispondiElimina
  64. Inopportuno vuole mantenere il piede in due scarpe. Pensa che la Chiesa sia una mefistofelica invenzione di quel manipolatore di Costantino (che fra l'altro non era neanche cristiano e si fece battezzare solo in punto di morte), ma per il momento bontà sua l'accetta così com'è senza farsi troppi problemi. Prima o poi dovrà scegliere, e molto probabilmente se ne andrà in pace per la sua strada.

    RispondiElimina
  65. Non sono le differenze linguistiche
    che generano dottrine in contrasto col Magistero ininterrotto, ma spesso nuove dottrine non rette si affidano ad un un linguaggio nuovo e fumoso, e spesso la mellifluità curiale, tipo Martini, nasconde una sicura violenza anticattolica.

    Le scuole teologiche possono esser diverse: Scoto o S. Tommaso, Suarez o Caietano, ecc. seguono strade diverse che dalla Verità partono ed alla Verità ritornano.

    Quanto a me, che non sono un teologo, in genere mi limito a ripeter come posso quel che afferma la Chiesa nel Magistero infallibile.
    Non ho una mia teologia: e il Magistero infallibile non è una teologia, ma l'autentica interpretazione della parola di Cristo.

    Il fatto che dopo certi articoli dell'OR siano venute altre prese di posizione, non assolve quel giornale dalla sua gravissima colpa.

    Nella Chiesa in campo dottrinale, cioè riguiardante la Verità, non posson esistere posizioni diverse. La Verità è quella ed è immutabile.
    Le ipotesi teologiche, non in contrasto con la Verità, han diritto d'esistenza.
    Basterebbe scorrer un po' la lista dei teologi che si son arovellati sulla fisicità o spiritualità dell'immolazione di Cristo nella Messa: la Chiesa non ne ha condannato nessuno. Sono tentativi di spiegare ciò che è e resta un mistero, ma senza mai intaccare la realtà del Sacrificio e della transustanziazione.

    Quanto all'anonimato, CARA REDAZIONE, capisco i casi come l'esempio che tu porti. Ma coloro che vengon qui a presentare le loro elucubrazioni contro la Chiesa, sognando una Chiesa primitiva che non si sa in cosa consista (S. Pietro che fa cascar morti Anania e Saffira?) dovrebbero aver il coraggio di esprimere i loro forti convincimenti sottoscrivendo con nome e cognome. Non son mica vescovi! Che razza di combattenti sono? Per me è triste colloquiar con ombre vane .

    RispondiElimina
  66. Uh Dante, ti sei anonimizzato pure tu?

    Tanto sei riconoscibilissimo: firma per te lo scriver tosco e il contenuto dotrinalmente denso.

    RispondiElimina
  67. ad Dominum clamo

    Non ho mai letto tante cretinate quante in questa discussione.

    1 Per cominciare attacchi alla Teologia Cattolica: essa non è perdita di tempo ma ricerca di Dio, e cito quanto fu detto dell'Angelico Dottore d'Aquino: "tot miracula fecit quot articula scripsit".

    2 Il sacerdote non è un assistente sociale e ne abbiamo piene le scatole di quelli che si credono tali.

    3 La parola non è tutto, noi non recepiamo solo il culto sinagogale ma anche quello del tempio, inoltre siamo in uno stadio più avanzato, in termini semplici, della rivelazione rispetto all'ebraismo perchè il Messia è giunto, si è scrificato per noi sulla croce, e il sacrificio della croce si rinnova identico sugli altari (quando sussistono le condizioni di materia, forma, intenzione).

    P.S. per certi ignoranti: leggetevi Introduzione allo Spirito della Liturgia di Ratzinger invece delle s****ate di Hans Kung, per conrtesia, che se volessi diventare protestante andrei direttamente al culto domenicale. Grazie.

    RispondiElimina