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martedì 23 giugno 2009

Il nuovo arcivescovo di Londra-Westminster rimuove l'altare posticcio


La fotografia qui sopra mostra il presbiterio della Cattedrale di Westminster, la principale chiesa cattolica d'Inghilterra, sede dell'Arcivescovo di Londra e sita nella centralissima Victoria street. Fu costruita in stile bizantino (secondo il tipico gusto eclettico dell'epoca) nella seconda metà del XIX secolo e ancora attende d'esser completata la decorazione marmorea dell'interno.

Ma non divaghiamo in questioni d'architettura. Ci sta a cuore riferire, con profonda gioia (perché ci sembra di cogliere in questo fatto un segnale di importanza notevolissima che va ben oltre il fatto in sé), che il nuovo Arcivescovo Nichols, insediato da appena un mese, ha preso la magnifica decisione di rimuovere il tavolaccio che fin qui fungeva da altare.

La fotografia, dunque, mostra lo status quo, fino a poche settimane fa: lo storico altare marmoreo sul suo piedistallo sotto il ciborio giaceva negletto, ostruito alla vista dal grosso altare posticcio piazzato nel bel mezzo del presbiterio, sopra una pedana di legno coperta di linoleum (come nelle corsie di ospedale e nelle palestre degli anni '70).

Ora però, ci informa Damian Thompson su Holy Smoke, l'Arcivescovo ha fatto rimuovere tavola e pedana, nascosti in luogo segreto, ironizza Thompson, "per paura che i Tabletistas li rubino e cerchino di restaurare quella che considerano essere la "liturgia del Vaticano secondo". I Tabletisti sono i lettori del progressista The Tablet; altre volte definiti Sandalistas, in riferimento alla loro (ormai lontana) gioventù da figli dei fiori e, soprattutto, alle chitarrose liturgie ciabattone che prediligono.

La "tavola calda" (absit iniuria verbis: trattasi di citazione letteraria tratta niente di meno che da Giovannino Guareschi, che così definiva il nuovo altare postconciliare), costituita da una intelaiatura metallica, è stata rimossa per i riti della settimana santa, ma non più ripristinata. L'Arcivescovo è tornato a celebrare sotto il ciborio o baldacchino (simbolo, per inciso, della tenda dell'Arca dell'Alleanza), all'altare antico che consente la celebrazione da entrambi i lati, ad orientem o versus populum. L'Arcivescovo, naturalmente, celebra verso il popolo: non si può mica avere tutto e subito...

Ora si è anche provveduto a restaurare l'antico pavimento ligneo del presbiterio, rovinato dalla pedana che vi era stata montata sopra fin dalla visita di Giovanni Paolo II nel 1982.

Secondo quanto riferisce Thompson, il non rimpianto card. Murphy o'Connor, da poco pensionato, avrebbe avuto altri piani per la sua cattedrale: spostare l'antico altare marmoreo al posto di quello posticcio e nel luogo dell'altar maggiore, ossia in cima ai gradini, nel mezzo, sotto l'alto baldacchino, installare il suo trono. Progetti di questo genere dimostrano perché la superbia è il più pernicioso dei vizi capitali... Nemmeno Eliogabalo avrebbe osato tanto.

7 commenti:

  1. è pur sempre un segnale!

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  2. Grazie per la notizia....
    l'inizio è promettente... e noi aspettiamo perchè la "pazienza" è la virtù dei forti!

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  3. Notizia molto buona.

    I decreti d'applicazione conciliare stabilivano che la costruzione di nuovi altari staccati dalla parete (o, diciamo, versus populum) avvenisse solo nelle erigende chiese, non in quelle già costruite.
    Quindi nessuna autorizzazione a stuprare (sì!) le chiese antiche con tavolini posticci e amenità varie, espressamente indicati come solo provvisori e assolutamente da sostituire, nel caso, con altari stabili.
    Poi i singoli vescovi hanno fatto come volevano: a Milano è stata una ecatombe, a Genova si sono salvati.

    Lì a Westminster, essendo l'altare di tipo basilicale, il problema non era nemmeno da porsi... sono però felice che il neo arcivescovo abbia finalmente applicato, con un leggero ritardo (20 anni almeno) le istruzioni conciliari.

    Anche se, leggendo altri fora, la notizia ha dato la stura a una serie di commenti revanscisti per cui questo sarebbe il primo passo per il ritorno assoluto della Messa giovannea... Deus avertat!

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  4. Qui potete vedere il video dell'ingresso del nuovo Arcivescovo nel 1944: http://www.britishpathe.com/record.php?id=23281

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  5. A Oristano due o tre anni fa il vescovo di allora fece rimuovere il tavolino che da decenni era stato sistemato davanti all'altare lapideo, spiegando minuziosamente ai fedeli le ragioni di quel gesto. Pochi mesi dopo quel vescovo compì 75 anni e si ritirò, ed arrivò un vescovo giovane e.... fece subito rimettere la bancarella; anche lui spiegò minuziosamente ai fedeli le sie ragioni. GLA

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  6. Sono Luca,secondo me la questione è mal posta. Attualmente,non è l’Altare ad essere rivolto verso il popolo,la collocazione dell'Altare è invariante rispetto al popolo. Attualmente è il sacerdote ad essere rivolto verso il popolo. Il sacerdote,quando e mentre celebra la Divina Liturgia,è ben più importante dell’Altare: l’Altare è un simbolo importante ma la nostra Fede ci insegna che il Celebrante è molto più di un simbolo,infatti egli celebra l’Eucarestia “in Persona Christi” (inoltre, essendo l’Altare simbolo del Corpo di Cristo,è giusto che sia al centro anche fisico della Liturgia,collocato tra il Celebrante e il popolo).
    Il papa,coerentemente con la nostra Fede,afferma che la naturale direzione della preghiera liturgica è “versus Deum,per Jesum Christum”. Nostro Signore Gesù Cristo,durante la Cena Pasquale, quando prese il pane e il calice del vino nelle Sue mani Sante e Venerabili (mani del Verbo che si è fatto carne) non dava le spalle al popolo ma offriva,alla vista e all’udito del popolo,(per chi crede sarebbe più corretto dire continua ad offrire) Gesti e Parole di salvezza attraverso Mani,Volto e Parole (Caro cardo salutis). Questi Gesti e queste Parole continuano ad essere offerti dalla Chiesa attraverso la carne dei sacerdoti per Cristo, con Cristo e in Cristo. Nulla di quanto ha fatto o ha detto Gesù, volgendo il Volto e i Gesti al popolo dei fedeli,può essere ridotto o trascurato; a maggior ragione ciò che ci ha comandato durante l’istituzione dell’Eucarestia: "Fate questo in memoria di Me". Pur continuando a celebrare “di spalle”,i fratelli ortodossi offrono all’adorazione del popolo dei fedeli le venerabili Icone che,attraverso la peculiare tecnica pittorica di rappresentazione (“spiegazione”) del Divino che si è fatto carne,esaltano la dimensione delle Mani e del Volto di Cristo in primis (e poi dei santi,immagine di Cristo).
    Con il tempo,quando un’Icona perde colore e definizione,viene ricoperta d’argento; rimangono visibili (e così definiti),le mani e il Volto. Queste mie considerazioni,nascono dalla convinzione che la Liturgia non sia un atto umano ma un riflesso di ciò che succede,come dice la stessa Sacrosanctum Concilium,“nella liturgia celeste, verso la quale tendiamo come pellegrini”.Delle tante riforme effettuate sulla liturgia post Concilum,questa del “Celebrante che, a immagine di Cristo,si rivolge al popolo dei fedeli” è un cardine fondamentale per tutta la generazione di Cristiani di rito occidentale nati dopo il 1970.
    La mia generazione è costantemente umiliata dall’instabilità,da un consumismo dilagante,dalla “logica del mercato”,da linguaggi e gerghi ipocriti,da “significanti privi di significato” e da “finte liturgie aziendali” alienanti;
    invece,la Santa Liturgia è uno dei pochi luoghi di autenticità che prescinde dalle qualità o dall’età del Celebrante,ma non prescinde da D-o: Egli,morto e risorto nella carne di un trentenne,anche oggi si offre in sacrificio Vivo e Santo attraverso le mani del celebrante (che sono icona vivente) anche per noi trentenni. Mi aspetto che almeno la Chiesa di Roma arricchisca la Santa Liturgia e non la impoverisca togliendo quanto c’è di buono. Si possono comprendere e accettare di buon grado altre modifiche e integrazioni: recupero parziale del latino e/o del greco (ma anche dell’aramaico e/o ebraico),inclusione di elementi della liturgia ortodossa (favorirebbe l’ecumenismo),orientamento di tutta la struttura verso oriente,ecc…

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  7. Il baldacchino, o meglio: il ciborio (da non confondere con la pisside) è, in realtà, simbolo della discesa della Spirito Santo:
    "Veni, sanctificator, omnipotens Eterne Deus, et benedic hoc sacrificium tuo
    sancto nomini praeparatum".

    La questione dell'orientamento è complessa, ma non bisogna mitizzare la celebrazione verso il popolo; tutte le buone ragioni di Luca non possono sovrastare il dato della tradizione, così come è enunciato nei libri del cardinale Ratzinger, a partire da "Il nuovo popolo di Dio" (sarebbe bene che lo leggesse).

    Ad ogni modo, una cosa è la celebrazione verso il popolo dall'altare basilicale, dove riprende dignità teologica e rituale,
    altra e peggiore cosa è usare una mensa posticcia, di nessun rango teologico, liturgico e artistico.
    Sia benedetto il vescovo Nichols!

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