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domenica 5 aprile 2009

Messe bizantine ad Amalfi

Anche la chiesa viene incontro alle esigenze dei numerosi immigrati che provengono per lo più dall´Ucraina, Romania e Bulgaria e che vivono nel territorio della diocesi di Amalfi-Cava: una comunità abbastanza numerosa che segue gli insegnamenti del cattolicesimo pur se di rito bizantino. L´arcivescovo di Amalfi-Cava Orazio Soricelli per assistere nella fede questa numerosa componente di cittadini stranieri che provengono dall´est europeo, dopo aver consultato la congregazione vaticana per le Chiese orientali, ha concesso a don Antonio Porpora la possibilità di poter celebrare la liturgia anche con il rito bizantino. «La presenza di questi fratelli nella Chiesa cattolica - spiega don Antonio nel mensile della diocesi Fermento - è la conseguenza di alcuni processi di ritorno all´unità con Roma che si innescarono per svariate cause in seno alla Chiesa ortodossa e che videro così la riunificazione di alcune comunità cristiane prima ortodosse, tra cui la Chiesa ucraina, nel 1596 con l´unione di Brest e poi la Chiesa rumena con l´unione di Alba Iulia nel 1698». Molti, infatti, sono gli immigrati che appartengono proprio a queste comunità cristiane che fanno parte della Chiesa cattolica romana. «Lo scorso dicembre - racconta don Antonio Porpora - è stata concessa un´autorizzazione ad officiare la Messa ad triennium e già dallo scorso 22 marzo ho iniziato a celebrare con il rito bizantino. Sono stati numerosi gli immigrati che hanno partecipato alla sacra funzione. Tutte le domeniche e nelle feste principali le funzioni religiose saranno celebrate alle 16 presso la Chiesa Nuova di Amalfi. Per il momento non sono previste analoghe celebrazioni a Cava, ma non è escluso che ciò possa avvenire in seguito». La chiesa locale con questo "servizio" vuole essere vicina ad una numerosa comunità che nel corso degli anni futuri è destinata quasi certamente ad aumentare. Nel territorio della diocesi proprio per favorire anche l´integrazione con la popolazione locale alcuni enti hanno già operato in tal senso. Sono stati, infatti, istituiti dei corsi di lingua italiana per stranieri che si svolgono a Cava e ad Amalfi ed anche la Caritas diocesana da alcuni anni è vicina alle famiglie più bisognose che sono giunte sul territorio della diocesi. Nel consesso civico di Cava siede anche un rappresentante delle comunità degli stranieri che è stato regolarmente eletto. «È questa un´occasione - conclude don Antonio - utile anche per i fedeli di rito latino per accostarsi ai tesori del rito bizantino che non è assolutamente estraneo alla antica tradizione della Chiesa cattolica».

Francesco Romanelli, Il Mattino

25 commenti:

  1. c'è un problema che non credo sia facile da risolversi: i cattolici orientali spesso, troppo spesso si sono latinizzati o sono stati latinizzati.
    Un sacerdote latino, magari in blue jeans, fà più danno che altro in mezzo agli orientali(lo fa pure tra i latini, ma ormai ci siamo abituati); gli orientali sono abituati ad avere i preti vestiti da preti, con la barba (sembra un dettaglio secondario ma per gli orientali è importantissimo) e con la mentalità del pastore e non del coordinatore.
    Ricordo ancora l'appello quasi disperato di un vescovo cattolico latino che operava in Grecia e che tramite internet chiedeva ai sacerdoti latini che andavano in vacanza nelle sue zone, di assumere comportamenti degni e usare abiti sacerdotali, perché, diceva questo vescovo, viviamo in mezzo agli ortodossi i quali inorridiscono nel vedere un prete in pantaloncini e maglietta, e ci rinfacciano sempre il pauroso decadimento cattolico evidenziato da simili comportamenti.

    Non è solo questione di un rito liturgico (magari celebrato malamente); è questione di una mens ieratica che i nostri preti, ahinoi, non han propio più.
    Ecco perché gli ortodossi si fan beffe sia di noi latini sia dei cattolici orientali in cui vedono solo una pallida ombra dell'ortodossia.
    Antonello

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  2. Caro anonimo, a parte le vesti sacerdotali, le ricordo che invece i sacerdoti celibi che vivono santamente, in Romania, e perfino in Russia, sono la maggioranza e guarda un po' attirano anche troppo i fedeli ortodossi, abituati a preti faciloni, senza preparazione e senza tempo da dedicare alla parrocchia, visto che hanno troppo da fare con famiglia e lavoro a carico (poverelli anche loro fanno quello che possono).
    Ma quali Jeans! In grecia il disprezzo dei latini è ben radicato, ma è un disprezzo teologico, non per l'abito che portano (ovvero, che farebbero bene a portare, ma non cambierebbe molto, se non nelle anime pie) ma per il credo che pronunciano e il papa che seguono!
    Smettiamola di criticare subito, prima di vedere quanto bene può fare scoprire la ricchezza degli altri riti. Nella mia città si celebra la messa in rito bizantino, armeno e siro-orientale indiano. E sono tutti riti cattolici, da studiare e conoscere, perchè sono mirabilmente complementari al rito romano, che fa risplendere alcune realtà teologiche, ma altre, sia nel novus che nel vetus ordo, non le sa bene esprimere quanto la mens orientale.
    Che un vescovo si preoccupi di offrire prima di tutto ai cattolici la santa eucaristia nel rito più amato e più consono alla spiritualità dei suoi fedeli immigrati, mi sembra una notizia bellissima e delicata. Magari ce ne fossero di più!

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  3. Caro don Tiddi, provi a farsi una camomilla, così oltre a vedere che non sono un anonimo, magari riuscirà pure a capire ciò che ho detto.
    Antonello

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  4. il disprezzo dei latini è ben radicato tra gli ortodossi, è vero; il comportameto dei preti latini e il loro abbigliamento, non aiuta a superare questo disprezzo, ma lo aggrava, anche di molto. Gli ortodossi sono dei superficialoni che guardano a una talare e a un pò di barba?
    Si può dire lo stesso di quei preti cattolici in giacca e cravatta e tutti sbarbati.

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  5. Comunque stiano le cose fra greci e latini, resta il fatto positivo che un vescovo venga incontro al proprio gregge di altro rito cattolico.
    Forse sarebbe bene che a questi cattolici venisse assegnato un prete di rito orientale perché meglio comprende e vive la loro sensibilità, la loro spiritualità, la loro liturgia.
    Non so se questo vescovo è così caritatevole verso i fedeli del Rito Romano Antico. E dico non so perché proprio non lo so.

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  6. io infatti anche questo sottolineavo: non basta far celebrare, magari malamente una liturgia orientale: ci vuole un prete con la stessa sensibilità degli orientali. Il medesimo problema si pone con i fedeli tradizionalisti: non basta dar loro un prete che si mette i paramenti con sotto i jeans, che magari celebra il rito antico malamente e al momento della predica....... fa uscir fuori tutto il patrimonio che gli han dato in seminario. non basta fermarsi all'esteriorità, ci vuole qualcosa di più. se no si finisce come a Milano e altrove dove il prete che dice la messa antica non perde occasione durante la predica, di far sentire i fedeli dei poveri cretini che si perdono le ricchezze immense del novus ordo.
    così si fa più danno che altro.
    A Don Tiddi, che mi pare sia più pro novus ordo che pro vetus ordo (ma posso sbagliarmi) questo gli è sfuggito, come gli è sfuggita la firma da me apposta al mio intervento.
    comunque onore a questo vescovo così disponibile; speriamo lo sia anche con i fedeli tradizionali latini.
    Antonello

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  7. Mi scuso con Antonello, ma essendo talmente vecchio da aver celebrato il rito antico quanto era ancora l'unico rito, guardo il titolo in alto dei commenti come mi hanno insegnato i ragazzi dell'oratorio che mi danno lezione di internet. A proposito mi chiedo quanti dei giovani troppo patiti del rito antico sappiano davvero qual è la spiritualità del rito romano a cui troppe volte si gioca come fosse una bandiera politica, almeno per quello che ho visto io quando certi gruppi mi cercano. E non parliamo dei riti orientali e della loro spiritualità! Poi concordo con voi che il rito nuovo ahimè pensavamo fosse una cosa, ma poi, in realtà è scappato di mano e i preti ne hanno fatto, in troppi casi, un "macello" (sempre citando i miei eccezionali chierichetti che se ne accorgono quando vanno a messa altrove).

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  8. ...e allora caro don Tiddi, gliela dica la S. messa (in latino): se Le chiedono una Messa che cosa potrà loro nuocere? E a Lei?
    Torni a quella giovinezza, quella vera, letificata da Dio!
    Spesso si alzano bandiere e si viene strumentalizzati proprio quando si ricevono le usciate in faccia da chi ti doveva dare il pane e invece ti dà un sasso, da chi ti deve dare un pesce e ti dà una serpe. Gliela dica, don Tiddi, gliela dica!
    A.H.

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  9. Don Tiddi non ha tutti i torti quando dice che alcuni, specialmente qualche giovine, (si) serve (del)la causa del Vetus Ordo come se fosse una battaglia politica. D'altra parte sono ancor più quelli che fanno si comportano nello stesso modo dall'altra parte della barricata, quelli che vedono il Novus Ordo come una parte del "pacchetto" cattoprogressista di una Chiesa democratica e finalizzata all'impegno sociale.

    Questo però non è un motivo sufficiente per ostacolare il ritorno dell'antica liturgia. E anzi, se il numero delle messe Vetus Ordo si moltiplicasse, se in ogni diocesi ce ne fossero a decine, il problema sarebbe risolto, perché i nostalgici di Carlo Magno o del "barone Scarpia" sono pochini e il loro numero risulterebbe opportunamente diluito. Possibile che i vescovi non lo capiscano?

    Il problema comunque, ed emerge a tratti anche qui, è la perdita di spiritualità. Concentrarsi in modo ossessivo su un aspetto dell'orizzonte spirituale, fissarlo, sclerotizzarlo significa mettersi nelle condizioni di "mancare lo Spirito". Ciò non significa che non debbano esserci chiari punti fermi. Ma che tali punti devono servire per orientare la navigazione, non per arrestarla. E' già accaduto altre volte, in passato, che per difendere nel diritto uno di tali punti se ne siano violati nei fatti altri.

    Aggiungo, per ossequiare la "finestra greca", che dall'atteggiamento generale del mondo greco (cattolico, ma anche ortodosso) nei riguardi della liturgia avremmo di che trarre qualche insegnamento di non poca utilità. Di norma tengono il campo ieraticità, fissità, compostezza, rigore, senso della forma, senso della tradizione. Senso del sacro.

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  10. Posso dire per esperienza personale e altrui che il vetus ordo agisce su quanti a lui si avvicinano. Per cui non lo lesinerei (se prete fossi...) a chi viene a chiederlo mosso da esaltazione ideologica. Anche se il vetus ordo non dovesse agire, meglio comunque a messa che impegnati in altre attività meno commendevoli. Ad ogni modo credo che quanti considerano il rito tradizionale una bandiera politica siano un'infima minoranza.

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  11. Scusate, sono nuovo di questo ottimo blog. Potete togliermi una curiosità? Ma gli ortodossi di rito greco celebrano la messa in greco? O hanno avutop qualche evento nefasto come il Concilio Vaticano II pure loro?
    Grazie

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  12. Il problema di certi tradizionalisti che usan la messa antica come bandiera è reale: ma di chi è la colpa se non di chi, disinteressandosi del rito antico ne ha fatto sentire riprovevole l'attaccamento?
    Di chi la colpa se non dei vescovi che anziché occuparsi dei fedeli tradizionali e assecondare le loro esigenze legittime armonizzando le due forme del rito romano contnuano a crear divisioni, emarginazioni, contrapposizioni?

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  13. No, catone1970 (censore o uticense?), non hanno avuto soqquadri liturgici recenti. Celebrano di norma nella koinè greca, secondo il rito di san Giovanni Crisostomo (e quello di san Basilio in periodi specifici e limitati momenti dell'anno liturgico).

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  14. La messa tradizionale chiusa in un ghetto finisce per attirare frange a loro volta chiuse per altri motivi in un ghetto, dice bene l'anonimo delle 17.06. E i detrattori hanno l'alibi comodo di insinuare che tutti i cattolici tradizionalisti sono fanatici di estrema destra (questi detrattori sono magari le stesse persone che giustamente invitano a non generalizzare, a non dire che tutti gli immigrati sono criminali eccetera!).

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  15. Censore, censore! :)
    Grazie per la risposta!
    Io dico solo una cosa: se nella Chiesa ecumenica c'è posto per tutti deve essercene anche per i tradizionalisti!

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  16. E no caro amico censore .......
    Bisogna vedere se i tradizionalisti sono disposti ad entrare in una Chiesa ecumenica come viene loro proposta.
    Di Babilonie ce ne sono già abbastanza

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  17. Anonimo, io concordo conte, ma non sono qui per polemizzare ma per parlare della messa in latino.
    Scusate se approfitto di voi, ma io sono neofita.
    Seguo, quando posso, la messa di Seregno: lì il prete l'epistola e il vangelo le legge in italiano (come il motu proprio consente) e le legge "versus populum": è esatto questo o dovrebbero essere lette "ad Deum"?
    Grazie in anticipo.

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  18. Non so come si celebri la Messa a Seregno.
    Il sacerdote può benissimo leggere l'epistola e il Vangelo in latino e poi rivolgersi ai fedeli rileggendo il tutto in italiano.
    Ancor meglio distribuire le preghiere della Messa del giorno tradotte, così il sacerdote legge solo in latino.
    In alcuni luoghi usa far leggere l'epistola in italiano al ministro mentre il sacerdote la legge in latino, ma quest'ultimo legge prima il vangelo in latino, poi si volge ai fedeli e lo legge in Italiano.
    Io trovo molto più pratico fornire la traduzione a chi non abbia il messalino, insieme all'ordinario.

    Quanto ai nostalgici del fascismo (cattofascismo!) o dei Borboni ecc. se ne vedono pochi in giro nelle nostre chiese. Qualcuno c'è, tra i giovani. Però, sulla base di 25 anni d'esperienza posso dire che dopo un po' chi non ha il senso della spiritualità e del sacro non torna, altri invece seguono e si appassionano e non pensan più alle dinastie o agli otto milioni di baionette.
    Per me, sentire alcuni ragazzi che non hanno studiato il latino che san tutte le preghiere a memoria e ne conoscono il senso, è motivo di consolazione e incoraggiamento a proseguire.

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  19. Ho avuto modo di assistere a numerose messe vetus ordo, e direi che la norma è quella che le letture siano in italiano. Solo a Venezia, a San Simeone Piccolo, ho visto che le letture erano in latino (solo latino, senza traduzione: là celebra l'ottimo padre Konrad zu Loewenstein della Fraternità di S. Pietro). Almeno così era quando ci sono stato io, perché non sono di Venezia e non frequento abitualmente quella messa. Ci saranno però anche altri che hanno le letture in latino, o in latino e in italiano, non ne dubito.

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  20. La lettura in latino e quindi in italiano l'ho udita in San Francesco Poverino e in San Michele e Gaetano a Firenze. Quanto all'omelia, mi è capitato colà sia di vedere il celebrante francofono farsi sostituire da un sacerdote italiano sia di vedere quel primo imbastire una predica da sé (con tono, stile ed accento che sarebbero dispiaciuti al misogallo del Lungarno Corsini).

    La doppia lettura del Vangelo risulta per certi versi dispersiva (come tutti i dualismi), sicché se si opta per la lettura in latino anch'io, come Dante Pastorelli, ritengo che sia meglio fare assegnamento sulla traduzione scritta.

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  21. Caro Franco, io non ricordo, dall'85 ad oggi una sola Messa in cui si sian letti Epistola e Vangelo in Italiano a S. Francesco Poverino. Forse quel giorno (o quei giorni?) non c'ero io e chi mi ha sostituito non ha trovato i fogli con le letture, che pure son ben divisi.
    Da noi sempre e soltanto foglietto con tutte le preghiere del giorno in italiano.
    Se ricapiti, fatti avanti!
    Di S. Gaetano non so nulla.
    Quanto alle prediche i preti francesi o tedeschi o inglesi me le mandano nella loro lingua ed io
    provvedo alla traduzione che poi loro leggono, dopo averle riguardate con me la mattina stessa. C'è chi legge bene, chi meno.E, per quel che riguarda il latino,c'è chi lo conosce bene e non sbaglia un solo accento!

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  22. Le cose stanno come dice lei, Dante. La memoria della messa serale in San Michele e Gaetano si è proiettata sulla funzione mattutina in San Francesco (per quanto paradossale, se non sapessi il latino la memoria non mi avrebbe tradito...).
    Grazie per la precisazione.

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  23. Io aggiungo che il motu proprio di Benedetto XVI lascia libertà al sacerdote sulla scelta della lingua per lettura e vangelo: che, quindi, può essere in italiano.
    Più strano mi sembra l'orientamento verso i fedeli che, se non erro, è stato imposto nella diocesi di Milano. E, se non sbaglio ancora, sono costretti ad usare il nuovo lezionario ambrosiano anche per la messa in latino.

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  24. Io sono il sacerdote a cui la Congregazione ha cncesso il permessodi celebrare.
    Non porto i jeans e la maglietta ma il clergyman da 25 anni, cioè da che son prete.
    Questo per fugare commenti malevoli espressi con leggerezza sulle persone. Aggiungo che sono perito di scieze ecclesiatiche orientali e di liturgia orientale e ho avuto molteplici esperienze in questo campo. Aggiungo ancora che tale esperienza sta suscitando notevole soddisfazione tra gli immigrati i quali si sentono anche più seguiti.
    Infinenella nostra Diocesi non ci sono richieste di celebrazioni col vetus Ordo, almeno finora: nonostante questo sono notevolmenteinteressato anche alla celebrazione secondo il rito di S.Pio V. Qulora vi fosse richiesta sarò in grado di soddisfarla.

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  25. Bravo, Reverendo.

    E non se la prenda per alcuni commenti: in fondo, erano generici, nessuno dei commentatori pare avere conoscenza diretta della situazione.

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