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giovedì 19 marzo 2009

La liturgia in Africa

Breve estratto dal discorso del S. Padre nell'incontro con in Vescovi del Camerun, Yaoundé, 18 marzo 2009

[..] La liturgia occupa un posto importante nella manifestazione della fede delle vostre comunità. Di solito queste celebrazioni ecclesiali sono festose e gioiose, esprimendo il fervore dei fedeli, felici di essere insieme, come Chiesa, per lodare il Signore. E’ dunque essenziale che la gioia così manifestata non sia un ostacolo ma un mezzo per entrare in dialogo e in comunione con Dio, per mezzo di una effettiva interiorizzazione delle strutture e della parole di cui si compone la liturgia, in modo che essa traduca ciò che succede nel cuore dei credenti, in unione reale con tutti i partecipanti. La dignità delle celebrazioni, soprattutto quando esse si svolgono con un grande afflusso di partecipanti, ne è un segno eloquente. [..]

Fonte: Vatican.va





OK, noi siamo tradizionalisti tridentini. Ma in Africa, in fondo, anche questa (ossia la danza) è tradizione. Non danzava il Re Davide discinto davanti all'Arca (e non dite che la Palestina non è in Africa, sarebbe da pignoli)? Là, ci può stare (nei limiti che ricorda il Papa). Il dramma è quando giochiamo noi a fare gli Africani, coi bonghi e i tamburelli nelle Messe e, per le parrocchie più disperate, tipo S. Fedele a Milano, le "danze liturgiche" di donne di mezz'età con calzemaglie e vene varicose. Perché non possiamo fare anche noi un po' di inculturazione, come si usa dire, ispirandoci alle nostre tradizioni ancestrali: canto gregoriano e polifonia?

E comunque non dimentichiamo che l'Africa è anche questa (a sinistra, apostolato FSSP in Nigeria; a destra, seminario in Tanzania: fonte Una Voce Malaga):

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24 commenti:

  1. Pio XII, a proposito della danza di David presa come esempio di manifestazione di spirito religioso da potersi ripetere ovunque, anche in S. Pietro, avrebbe parlato di "insano archeologismo" oltre che di insana morbosità: se David danzava, nella sua stessa terra mai han danzato Gesù, Maria e gli Apostoli, a cui noi dobbiamo ispirarci. Durante l'Ultima Cena, non mi sembra che l'ambiente fosse allietato da una danza del ventre. Ma forse i Vangeli, frutto di fantasia popolare, han dimenticato d'informarci. Inoltre non mi risulta che a tali manifestazioni di giubilo si ricorresse nelle gloriose chiese apostoliche d'Africa.
    Non è questa, lo so, la posizione della Redazione, ma è quella di tanti preti e vescovi, e persino di Giov. Paolo II che in Asia faceva legger l'Epistola ad una donna con le poppe al vento mentre altre, egualmente (s)vestite, danzavano sballottandole in qua ed in là. Così come si faceva segnare da una sacerdotessa di Shiva!
    Sì, è la "loro" cultura: ma queste danze da quale cultura, cioè da quale spirito nascono? Esse son si origine pagana, animistica ed erotica. E nell'Africa dei vari Milingo - non è l'unico, questi, a voler dispensa dal celibato per preti e vescovi - dovrebbe tornar la compostezza, la sacralità ed il pudore a cui quelle popolazioni furono educate da tanti missionari e martiri, che mai vollero forme di sincretismo.
    Per fortuna istituti d'impostazione tradizionale svolgono ancora un'opera sapiente di evangelizzazione in quelle terre.

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  2. Ho visto il filmato e non posso non notare:

    nella prima parte si vedono bambini danzare in chiesa, talmente sincronizzati da lasciar pensare ad una danza bene orchestrata, non certo ad una danza naturale e spontanea; ciò che però colpisce di più è vedere gli adulti che guardano i piccini danzare, con un'aria tra l'annoiato e il completamente estraniato; sembra quasi che questi adulti stiano pensando: "ma guarda te cosa ci tocca guardare; se fossimo restati al villaggio a macinare semi avremmo fatto meglio ed impiegsto più fruttuosamente il tempo"!
    che la danza non sia frutto indigeno lo si capisce più avanti quando si scorge il missionario "bianco". Ecco spiegato l'arcano: la danza è frutto dell'idea del missionario bianco che in quel modo secondo lui "incultura" il Vangelo e la fede. La danza l'ha insegnata e inserita lui. Le faccie degli adulti però sono più eloquenti di ogni considerazione.
    Nella seconda parte del video mi pare d'aver visto danzare anche degli adulti, ma con tale noia e mestizia che vien voglia di piangere: forse però era una messa da requiem.
    Il danno alla fede e agli stessi africani che i missionari "bianchi" postconciliari han fatto è incalcolabile.
    Mi vergogno di essere cattolico; mi consola solo vedere come la Fraternità San Pietro e anche l'Istituto di Cristo Re, che in Africa hanno missioni e parrocchie" celebrano la messa antica con gran profitto spirituale dei fedeli, i quali peraltro sono entusiasti di una liturgia seria, devota, profondamente spirituale.
    Gli africani sono intelligentissimi, e capiscono il valore del rito antico; sono i missionari "bianchi" che consiferano gli africani dei deficienti e pensano che per loro un paio di sculettate "liturgiche" bastino per elevare lo spirito degli indigeni. Poveri africani, e poveri noi!

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    1. Se uno non ha vissuto in Africa per più di 5 anni è meglio che certi commenti se li tenga nel cuore, li confronti con numerose fonti che lo contraddicano e poi possa trarre le sue conclusioni. Se qualcuno sa danzare sul serio capisce che essa non è solo movimento, ma espressione profonda e liberante di sé e come tale porta all'incontro vero e sincero con Colui che veramente libera. Non sono certo i musi lunghi e la tristezza della staticità a aiutare la persona nel processo di liberazione interiore...

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  3. Se c'è qualche cattoprogressista che naviga sul sito potrebbe spiegarmi perchè i cattolici non abbiano riformato la liturgia ma l'abbiamo invece stravolta mentre le Chiese d'Oriente (ortodossi, armeni, siri, caldei, copti) MAI si sono poste la domanda se fosse opportuno modificarla? Alessandro

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  4. La differenza non è culturale ma antropologica. Il papa che è uomo di grande cultura e intelligenza, come al solito, ha pienamente ragione, anche se termini come "razza" o "diversità antropologica" non possono oggi essere usati perché negativamente connotati dal cattivo uso che se ne è fatto.

    Detto questo, tutt'altra cosa è importare i riti "all'africana" in contesti antropologici cui non appartengono e non possono appartenere.

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  5. Per venire in soccorso alla Redazione e calmare i vocianti sostenitori della "monolitica e universale" tradizione della chiesa che per loro è il rito romano di qualunque forma (in barba ai dettami del Sacrosanto Concilio di Firenze!).
    Guardate in Africa come celebra (con urla e battiti di mano) l'antichissima chiesa Etiopica (altro che pagani!!!): http://www.youtube.com/watch?v=Np1l-BxxJBw

    E anche questo video più lungo:http://www.youtube.com/watch?v=SYZ1GVnMT_s
    Questi sono ortodossi, ma i pochi cattolici dello stesso rito fanno altrettanto, con tamburi e cembali (come dice la Bibbia).
    Il Card. Arinze ricordava che in Africa la danza è movimento ritmico e linguaggio anche religioso. In Occidente questo non è vero.
    Quindi prego, non si giudichi liturgie e modi di espressione antichissimi e venerandi, ma diversi dai propri. Ognuno rimanga nel suo rito e ci viva bene.

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  6. E infatti, o don Tiddi, noi si è detto che evvi differenza antropologica (non superiorità o inferiorità). Uomini diversi richiedono riti diversi, perché perché il loro rapporto con il sacro si sviluppa attraverso canali diversi. Decenni fa circolava un bizzarro volumetto francese, intitolato "Castes et races" che in poche battute inquadrava la questione in modo eccellente (nonostante l'autore fosse persona alquanto controversa e discutibile).

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  7. Vuol forse sottintendere fra le altre cose l'egregio Pernice che vi è una differenza antropolgica e culturale fra chi è attratto dal vetus ordo e chi di fronte a questo reagisce come un toro davanti a un drappo rosso? Stimolante argomento, invero!

    Quanto alle danze africane nelle messe, non sono pregiudizialmente contro. Il punto (ma non sono in grado di dare una risposta) è se abbiano una reale funzione liturgica o siano solo l'espressione di una cultura locale. Quest'ultimo fatto non ne giustificherebbe automaticamente l'inclusione in una messa: anche nella nostra cultura ci sono tante cose nobili e positive che però non ci sogneremmo mai di fare a messa.

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  8. Un conto è celebrare un rito liturgico antichissimo come quelli ricordati da Don Tiddi, altro conto è immettere nella liturgia romana balli che nulla hanno a che fare con essa; e che tali danze siano fuori luogo lo si evince bene guardando le facce tristi, annoiate ed indiffereni degli adulti che, nel video postato dalla Redazione, si vedono "ammirare" i baby danzatori. Si smetta di trattare il rito romano come un panino dove metterci di tutto, e si evangelizzi gli africani con i riti liturgici africani. Sarebbe più serio e meno ridicolo, oltre ché forse più fruttuoso spiritualmente.

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  9. Gentile Jacopo, io mi riferivo all'antropologia delle razze, ma in tutta sincerità le confesso che l'idea cui lei accenna mi ha sfiorato più volte. Il mistico, il rubricista, il tomista compulsivo, ecc. rispondono ad altrettanti tipi antropologici?

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  10. I balli nelle messe africane fanno parte della cultura dei missionari "bianchi" che così pensano di promuovere e difendere la cultura indigena.
    Per capire bene la questione basterebbe andare a visitare una delle missioni tradizionali che Gricigliano o la SanPietro hanno in Africa (ma anche le missioni della San Pio X in Africa come in Oceania, hanno le medesime caratteristiche); in queste missioni la messa è quella tradizionale, alla quale i fedeli partecipano tutti compiti, a mani giunte, con una devozione che noi nemmeno ci sogniamo; le danze le fanno fuori della messa, eliminando naturalmente gli aspetti lascivi ed eroticheggianti, che non si convengono a cristiani, nè in Europa, nè in Africa, nè in Oceania.

    E dovete vedere con quanto gusto ed impegno cantano in gregoriano.
    Nelle missioni limitrofe "gestite" da sacerdoti Novus Ordo le liturgie sembrano bolgie infernali, e i partecipanti diavoli in trance.
    Vedendo certe "danze" ho capito il significato del termine "indiavolato".

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  11. Non ho mai sostenuto (né ho letto qui) che non esistano riti venerandi al di fuori del rito romano.
    L'ironia di don Tiddi è proprio fuori luogo. Inoltre reputa di rivelar misteri e sfonda usci aperti.
    Io mi riferivo alle danze tribali che hanno un'origine non cattolica né cristiana, ma magico-pagana-erotica.
    Il card. Arinze parla di linguaggio religioso nella danza: a quali religioni si riferisce?
    Sarebbe bene precisare o no?
    Mi chiedo quale inculturazione sia quella di far ballare a seno nudo le donne durante la messa ed in tal condizione leggere l'epistola.
    Vorrei sapere se nei riti di cui parla don Tiddi ci sia qualcosa del genere.
    E qualora ci sia, è accettabile? E' cristiano, è cattolico?
    Mi viene in mente una barzelletta che lessi su Famiglia Cristiana da bambino.
    In una missione maschi e femmine andavan sempre nudi. Quando arrivarono i missionari, cominciarono a coprirsi, grazie ai vestiti che venivano inviati da varie parti del mondo.
    Le ragazze cercavan sempre più di esser belle, soprattutto la domenica alla Messa. Insomma eran diventate così vanitose e civette che il missionario ordinò che a Messa si tornasse ad andar nudi.

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  12. Se la Santa Messa è il rinnovamento quotidiano e incruento del sacrificio di Cristo sul Golgota, il popolo che assiste dovrebbe mantenere lo stesso atteggiamento della Vergine, delle Pie Donne e di San Giovanni: partecipazione silenziosa e adorante, mistica e consapevole del dolore di Cristo. L'altare della chiesa è il Golgota, e non consta che sul Calvario ci fosse gente che danzava e gridava di giubilo. Chi assisteva al sacrificio supremo sulla Croce non era certo un europeo occidentale, e qualunque popolo sa esprimere bene il senso mistico del sacrificio e del dolore, senza ricorrere a balli.

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  13. Il dramma è quando giochiamo noi a fare gli Africani, coi bonghi e i tamburelli nelle Messe e, per le parrocchie più disperate, tipo S. Fedele a Milano, le "danze liturgiche" di donne di mezz'età con calzemaglie e vene varicose. Perché non possiamo fare anche noi un po' di inculturazione, come si usa dire, ispirandoci alle nostre tradizioni ancestrali: canto gregoriano e polifonia?

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    Ottima riflessione^__^
    Io non mi reputo "tradizionalista tridentina" semplicemente perchè mi reputo "cattolica da sempre e della Tradizione di sempre"...al di là dei termini (sempre importanti) va detto che il dramma sta proprio qui: quel voler SCIMMIOTTARE sempre le tradizioni di altri a discapito della nostra...

    Oggi ho seguito in diretta internet la Messa del Papa in Camerun...dobbiamo prendere atto che ora più che mai si percepisce la difficoltà di coniugare LE NORME LITURGICHE con il clima e la tradizione di altri popoli....
    seguendo questa Messa...mi è venuto mal di testa per i tamburi e per il genere musicale ^__^ ovvio, NON è la mia tradizione, non è la mia cultura....per quanto possa apprezzarlo, difficilmente reggerei in un clima DI PREGHIERA così chiassoso....E LUNGO...
    per il Kyrye (tra l'altro molto bello) era però INTERMINABILE... ..il Papa in piedi si è asciugato due volte il volto a causa dell'umidità....mentre i tamburi a non finire..continuavano ciò che a noi pare un MARTELLAMENTO...

    E' ovvio che li è tollerabile, in quella situazione e in quella terra SONO "IO" L'OSPITE ma...in una Messa in casa nostra no...
    ^__^
    Lo stesso mischiaticcio di canti TRADIZIONALI come il Sanctus, il Pater Noster e pure il Credo (in latino), con i tamburi e il clima festoso, non aiutano NOI occidentali alla meditazione perchè alla fine non la fanno neppure gli altri, non la fa nessuno... manca IL SILENZIO che è una cultura profondamente CATTOLICA dal quale scaturisce la CONTEMPLATIO....

    Forse pretendiamo troppo? Se non altro con Benedetto XVI certe Liturgie hanno ripreso nella forma e nella sostanza, e questo fino a 3 anni era impensabile...
    ^__^

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  14. I tamburi ho i miei dubbi che aiutino chicchessia ad elevare la mente a pensieri mistici (intendo di mistica cristiana; di altro genere di mistica non so).
    Il problema è non solo che ci son preti che da noi giocano, nella liturgia, a fare gli africani, ma che gli stessi preti europei giochino in Africa a voler essere più africani degli africani. Un ottimo sacerdote africano che studiava a Roma mi ha raccontato di un missionario italiano andato in uno sperduto villaggio africano dove già da decenni l'occidentalizzazione aveva fatto abbandonare agli indigeni usi e costumi locali; ebbene, questo missionario, che a tutti i costi voleva "riafricanizzarli" che ha fatto?
    S'è inventato balli e abiti fotocopiandoli da balli e abiti di villaggi "vicini", facendo un bel mix! E questo sarebbe inculturazione?
    Un altro missionario, invece, volendo a tutti i costi inserire balli e danze nella liturgia non ha trovato niente di meglio che "sacralizzare" una danza erotica che definire lasciva è poco, direi quasi pornografica! E così, nella mente "civile" del missionario bianco, una danza che mimava un coito, è stata reinterpretata come il desiderio dell'uomo di unirsi a Dio!!!
    Credetemi, ma quello che fanno i nostri missionari in Africa, e in altre terre di missione, è qualcosa di folle.

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  15. D'accordo sul problema dell'inculturazione. Io sono occidentale e tradizionalmente avverso all'espressione con danze dell'anelito a Dio, lo stesso dicasi per il ritmo del tamburo: non fa parte del linguaggio religioso che mi aiuta a parlare con Dio. Sono di Rito Romano, che è un rito sobrio e occidentale, purificato da secoli di stilizzazione e di stratificazione simbolica.
    Detto questo bisogna porsi il problema dell'esportazione "missionaria" del Rito Romano. I santi padri antichi, da Gregorio Magno in poi, mai avrebbero pensato che il rito romano potesse essere il rito di tutte le chiese, anche quelle che con la romanitas non hanno nulla a che spartire (dal punto di vista culturale, è ovvio, non di fede!)
    Perciò apprezzo i riti africani tradizionali autoctoni, cioè il rito copto, l'etiopico, e la sua variante il rito eritreo.
    Nei due ultimi l'uso del tamburo e perfino dell'urlo (femminile) è parte dell'espressione. Il battito ritmico delle mani, in quella particolare cultura, ha un valore di espressione religiosa ormai sedimentato da secoli. Ma dirò di più: le formule e le preghiere, i toni dei canti e molto altro è perfettamente "ortodosso" e perfettamente "africano". Come mai i nuovi missionari occidentali non hanno preso questi riti come modelli e hanno invece stravolto il rito romano, facendolo diventare il famoso panino che può essere farcito con ogni stramberia?
    Lo stesso ho visto in India: c'è una chiesa Malabarese viva da 2000 anni, perfettamente cattolica e culturalmente indianissima, e molti vescovi latini di diocesi nate da missioni straniere l'altro ieri che ora si ostinano a inculturare il rito romano guardano agli hindù! Questo certo non è comprensibile.
    Vorrei lanciare uno slogan: il rito romano così com'è a noi occidentali. Per gli altri un rito almeno cattolico!

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  16. La Fraternità San Pietro evangelizza con il rito antico; l'Istituto di Cristo Re insegna ai fedeli africani a rispondere alla messa in lingua latina e a cantare in gregoriano. La stessa cosa fa la San Pio X. La loro opera missionaria fa proseliti (compresi seminaristi e preti) i quali non sono meno africani di quei fedeli che ballano con le poppe al vento e le natiche all'aria; ne consegue che i balli non fanno più africano il cristianesimo; caso mai lo fanno solo più pagano, banale e per certi aspetti squallido e volgare. Pertanto si può affermare che i balli e le musiche tribali non solo non sono necessarie per evangelizzare, ma possono creare un'idea distorta di Dio e della spiritualità cristiana.

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  17. Il latino ai romani, l'africano agli africani: in necessaris unitas, in ceteris libertas.
    Prima di prendersela con i balli africani, purifichiamo le nostre messe e le nostre chiese da tutto quello che non c'entra con la cultura nostrana. Che gli africani danzino pure, se gli va. Ma noi no! A noi ci piace pregare fermi, in ginocchio. Al massimo dopo facciamo una bella processione intorno al paese e ci muoviamo, con la banda e i mortaretti. Ma in chiesa no! A messa No! Lasciateci pregare come abbiamo sempre fatto, e anche noi lasceremo pregare gli altri come hanno sempre fatto. Tutti saremo contenti e cattolici. NOn vi pare una buona idea?

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  18. Ci sono elementi dell'Antico Testamento che sono stati perfezionati e sostituiti dal Nuovo. L'esempio da seguire è Cristo Signore e la Sua Santissima Madre, non le danze sfrenate del re Davide.
    Il Vangelo ci rivela molti aspetti di Nostro Signore: la partecipazione alle lecite gioie umane (le nozze di Cana); il dolore per la morte di un amico(Lazzaro), la preoccupazione per i bisogni materiali del prossimo (la moltiplicazione dei pani e dei pesci) ed altri ancora, ma non ci parla mai di danze, nè morigerate nè sfrenate, come quelle di Davide, dal quale pure discende secondo la carne. Ci dobbiamo mettere l'animo in pace: la danza non è cristiana, men che meno è liturgica. Addirittura qualche Padre della Chiesa ritiene la danza di ispirazione diabolica. Ma si sa, oggi la patristica è in voga solo per giustificare la comunione in mano, e quant'altro le menti neoteriche sriescono a inventare per rendere accattivante il cattolicesimo agli occhi di un mondo che sa solo ridere (giustamente) nel vedere quanto in basso sia scaduta la Chiesa e che del cattolicesimo non gli importa propio nulla, men che meno se "ammodernato".
    Antonello

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  19. Giovane tradizionale, nella sostanza concordo con lei. Il problema maggiore per noi è la penetrazione di "attitudini tribali", chiamiamole così, nelle nostre messe. Conosco "animatrici liturgiche" (in questo le donne sono particolarmente fenomenali) che darebbero tutto il Canone gregoriano per mezzo gospel o un quarto di spiritual. Pei loro matrimoni i giovani sposi chiedono con maggiore frequenza muschiette amene di carattere popolareggiante, meglio se americoafricanoidi. Il problema è che anche da noi sta avvenendo l'exculturazione, cioè la rimozione della nostra identità culturale (e antropica). Questo è il vero pericolo, l'implosione per mancanza di autocoscienza, e dunque di identità.

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  20. A proposito dei balli,vi ricordate la cerimonia dell'anno santo a San Pietro?Sembrava di stare a Caracalla.C'erano pure le negrette col tutu' fatto con le banane.Il Papa era vestito come un clown.Mancava solo la musica di Marenco,quella del ballo "Excelsior".Se a San Pietro,in un'occasione della massima importanza,sono avvenute 'ste robe,che diritto abbiamo di criticare i bonghi a Roccacannuccia o i triccheballacche a Ceccano?Povera,povera Chiesa!

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  21. Il problema è anche ripulir le messe... tribali.
    Il pericolo è la mescolanza di sacro e magico, animistico, pagano, erotico. E questa è una sconcezza che non possiamo accettar in Africa o in Malesia. La
    Chiesa ha tante stanze? Devon esser pulite tutte, non solo una.
    Insomma bisogna portar quelle popolazioni ad una liturgia sacra, non alla sua parodia o negazione.
    In necessariis unitas? più necessrio della messa cosa c'è? La Messa è la meravigliosa sintesi della nostra santa religione.

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  22. fr. A.R. ha detto...

    (..) Ma dirò di più: le formule e le preghiere, i toni dei canti e molto altro è perfettamente "ortodosso" e perfettamente "africano". Come mai i nuovi missionari occidentali non hanno preso questi riti come modelli e hanno invece stravolto il rito romano, facendolo diventare il famoso panino che può essere farcito con ogni stramberia?
    (..)
    Vorrei lanciare uno slogan: il rito romano così com'è a noi occidentali. Per gli altri un rito almeno cattolico!

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    Condividendo questo intervento che taglio per comodità di lettura....
    credo che una risposta l'abbia data proprio il Papa in Africa...^__^

    Il Papa incontrando ieri sera i Vescovi delle Conferenze episcopali dell' Africa ha fatto una bellissima ricostruzione storica della vita ecclesiale di questo Continente partendo dall'Evangelista Marco...giungendo alla scuola Alessandrina...^__^ sottolineando il contributo che questa Terra ha dato allo sviluppo del cristianesimo....

    Poi un periodo DI CARESTIA SPIRTUALE E TEOLOGICA...

    dice il Papa:

    " Dopo essere stato messo alla prova da vicissitudini storiche, il cristianesimo, durante quasi un millennio, non è rimasto che nella parte nord-orientale del Continente. Con l'arrivo degli Europei che cercavano la via delle Indie, nei secoli XV e XVI, le popolazioni sub-sahariane hanno incontrato Cristo. Furono le popolazioni costiere a ricevere per prime il battesimo. Nei secoli xix e xx, l'Africa sub-sahariana ha visto arrivare missionari, uomini e donne, provenienti da tutto l'Occidente, dall'America Latina e anche dall'Asia.
    (...)
    La Chiesa in Africa ha preparato e accompagnato durante questo periodo la costruzione delle nuove identità nazionali e, parallelamente, ha cercato di tradurre l'identità di Cristo secondo vie proprie. Mentre la Gerarchia si era a poco a poco africanizzata, a partire dall'ordinazione da parte del Papa Pio XII di Vescovi del vostro continente, la riflessione teologica cominciò a svilupparsi. Sarebbe bene che i vostri teologi continuassero oggi ad esplorare la profondità del mistero trinitario e il suo significato per la vita quotidiana africana.

    Questo secolo permetterà forse, con la grazia di Dio, la rinascita, nel vostro continente, ma certamente sotto una forma diversa e nuova, della prestigiosa Scuola di Alessandria. Perché non sperare che essa possa fornire agli Africani di oggi e alla Chiesa universale grandi teologi e maestri spirituali che potrebbero contribuire alla santificazione degli abitanti di questo continente e della Chiesa intera? "


    ***********************

    Quello della Messa in Rito Romano, e in quale forma...è a mio parere un falso problema...
    L'Africa è da Pio XII che ha cominciato ad avere e a vivere LA SUA CHIESA e naturalmente Cattolica ed Apostolica, Romana ^__^
    prima diallora la gente del posto si, si convertiva ma viveva dissociata dalle sue tradizioni...perchè fino a quando il sacerdote era sempre un "bianco" per quanto santo NON era uno che aveva vissuto o conosceva nel profondo la LORO SPIRITUALITA'...quando i primi africani cominciarono a diventare sacerdoti e soprattutto VESCOVI ecco che questa è stata LA TESTIMONIANZA PIU' FECONDA...che ha triplicato, dai tempi di Pio XII, le conversioni...^__^

    Ora spetta ai VESCOVI LORO coniugare la propria tradizione CON e NELLA Tradizione della Chiesa...in tal mod la Santa Messa CATTOLICA sarà IL CORONAMENTO e non un motivo di attrito...^__^

    è come per la Bibbia: essa non deve adeguarsi all'Uomo, ma al contrario è l'Uomo che ad ogni generazione DEVE adeguarsi alla Bibbia....
    ^__^

    Fraternamente CaterinaLD

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  23. Nel suo libro “Stupore eucaristico” Cesare Giraudo ha mostrato un esempio di autentica inculturazione in terra malgascia.
    In un altro suo libro, “Eucaristia per la Chiesa” ha utilizzato categorie ed elementi della stessa cultura malgascia per spiegare alcuni aspetti oggi incompresi della dimesione sacrificale dell’Eucaristia.
    Dunque, invece che un danno, le culture tradizionali pre-cristiane offrono il loro apporto all’inculturazione in occidente del patrimonio della tradizione cattolica.
    Non mi nascondo i pericoli, ma io mi ritrovo di più nel sentire di don Tiddi, Giovane tradizionale, fra A.R. ed anche Jacopo.
    Può essere interessante infine vedere come si espresse tempo fa il cardinale Arinze, in un’intervista a 30 giorni (forse è la stessa cui si riferisce don Tiddi) :
    __________________
    Una modalità di inculturazione approvata dalla Santa Sede è il cosiddetto "rito zairese"…
    ARINZE: L’ex Zaire è uno dei 53 Paesi africani e personalmente ho avuto l’occasione di partecipare ad una liturgia di questo genere due volte quando ero ancora in Nigeria. Questa modalità particolare di celebrare il rito latino mi sembra buona. È bene ricordare che il "rito zairese" è stato il frutto di uno studio molto serio a livello locale e di una revisione attenta della Santa Sede. Se tutti i Paesi facessero così non ci sarebbero problemi. Questo rito non si celebra in tutto l’ex Zaire, ma dove lo si fa, mi dicono, lo si fa bene. Dicono che risponda bene all’anima africana e non ho motivo di dubitare che ciò sia vero. Personalmente sono molto aperto su questo.
    Ritiene possibili ulteriori modalità di adattamento del rito romano in Africa o altrove?
    ARINZE: Non lo escludo. Ma bisogna evitare che qualcuno si inventi qualcosa il sabato sera, sperimentandolo la domenica mattina da qualche parte, pretendendo poi di poterlo usare sempre e comunque. Questo genere di iniziative devono essere sempre ben studiate, devono essere appoggiate dai vescovi locali, e infine devono ricevere la recognitio di questa Congregazione. Ovviamente ci si deve sempre ricordare che gli adattamenti si possono fare fatta salva l’autenticità del rito latino. Sull’essenziale ci deve essere unità, sul non essenziale possono essere fatte le legittime variazioni, debitamente approvate da Roma. Senza improvvisazioni, a volte dettate da un malinteso entusiasmo. La Chiesa infatti non è cominciata oggi, né finisce con lei o con me. La Chiesa è stabilita da nostro Signore e ha una tradizione, ha dei riti sacri che non possono essere rovesciati da un giorno all’altro. Alcune formule della liturgia sono il frutto di discussioni secolari all’interno della Chiesa, sono formule con le quali la Chiesa — a volte dopo lunghe e faticose riflessioni — è arrivata ad una concretizzazione verbale della fede. Non si deve mai dimenticare la regola lex orandi, lex credendi: ciò che noi preghiamo sgorga da quello che noi crediamo e ciò che noi celebriamo influenza quello che noi crediamo. Una modalità di inculturazione approvata dalla Santa Sede è il cosiddetto "rito zairese"…
    ARINZE: L’ex Zaire è uno dei 53 Paesi africani e personalmente ho avuto l’occasione di partecipare ad una liturgia di questo genere due volte quando ero ancora in Nigeria. Questa modalità particolare di celebrare il rito latino mi sembra buona. È bene ricordare che il "rito zairese" è stato il frutto di uno studio molto serio a livello locale e di una revisione attenta della Santa Sede. Se tutti i Paesi facessero così non ci sarebbero problemi. Questo rito non si celebra in tutto l’ex Zaire, ma dove lo si fa, mi dicono, lo si fa bene. Dicono che risponda bene all’anima africana e non ho motivo di dubitare che ciò sia vero. Personalmente sono molto aperto su questo.
    Ritiene possibili ulteriori modalità di adattamento del rito romano in Africa o altrove?
    ARINZE: Non lo escludo. Ma bisogna evitare che qualcuno si inventi qualcosa il sabato sera, sperimentandolo la domenica mattina da qualche parte, pretendendo poi di poterlo usare sempre e comunque. Questo genere di iniziative devono essere sempre ben studiate, devono essere appoggiate dai vescovi locali, e infine devono ricevere la recognitio di questa Congregazione. Ovviamente ci si deve sempre ricordare che gli adattamenti si possono fare fatta salva l’autenticità del rito latino. Sull’essenziale ci deve essere unità, sul non essenziale possono essere fatte le legittime variazioni, debitamente approvate da Roma. Senza improvvisazioni, a volte dettate da un malinteso entusiasmo. La Chiesa infatti non è cominciata oggi, né finisce con lei o con me. La Chiesa è stabilita da nostro Signore e ha una tradizione, ha dei riti sacri che non possono essere rovesciati da un giorno all’altro. Alcune formule della liturgia sono il frutto di discussioni secolari all’interno della Chiesa, sono formule con le quali la Chiesa — a volte dopo lunghe e faticose riflessioni — è arrivata ad una concretizzazione verbale della fede. Non si deve mai dimenticare la regola lex orandi, lex credendi: ciò che noi preghiamo sgorga da quello che noi crediamo e ciò che noi celebriamo influenza quello che noi crediamo.
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