La liturgia non era per lui solo una questione di studio; era soprattutto un mezzo potente per fare il lavoro apostolico, accrescendo la fede e la devozione dei fedeli. Però ebbe anche idee che se pur nate con buone intenzioni (messa vespertina, ruolo di laedership a donne laiche, importanza del "sacerdozio" dei fedeli, modiche architettoniche nelle chiese, cambiamento della postura dei fedeli durante la Messa, la lingua volgare...) furono degenerate nei decessi successivi e vediamo a che risultati hanno portato.
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Roberto
Movimento liturgico negli Stati Uniti: Virgil Michel (1890-1938)
Leggendo molte biografie di protagonisti del movimento liturgico, ci rendiamo conto come alcuni paesi abbiamo avuto una importanza particolare nel suo evolversi nel bene e nel male, a cominciare dalla Francia, ma comprendendo anche il Belgio, la Germania, per forza di cose anche l’Italia. Certamente non si possono però ignorare i sommovimenti nella superpotenza che in un modo o nell’altro dominerà il ventesimo secolo. Sto parlando naturalmente degli Stati Uniti.
Per questo paese dobbiamo parlare del benedettino Virgil Michel, del Minnesota. Era figlio di genitori di origine tedesca, parte di una numerosa famiglia. Fu studente modello e ad un certo punto si sentì chiamato al sacerdozio e per questo entrò nell’ordine benedettino. Dopo i suoi primi studi e un’esperienza di insegnamento potè viaggiare in Europa e approfondire le proprie conoscenze, soprattutto in materia di teologia e di liturgia. Studiò a Roma a sant’Anselmo, dove ebbe fra i propri insegnanti dom Lambert Beauduin, il cui ruolo nella riforma liturgica fu decisivo. Ricordando il suo studente dom Beauduin così scriveva: “La liturgia non era per lui solo una questione di studio; era soprattutto un mezzo potente per fare il lavoro apostolico, accrescendo la fede e la devozione dei fedeli. La sua vocazione per tale lavoro sembrava una parte di se stesso”.
In effetti il soggiorno europeo fu decisivo per la formazione intellettuale di Michel. Lucinda A. Nolan, già professoressa di Educazione Religiosa alla Catholic University of America, così ci descrive il ritorno nel suo paese di Michel: “Michel tornò negli Stati Uniti nel settembre del 1925. Lavorò instancabilmente insegnando filosofia al seminario, scrivendo articoli, organizzando il movimento liturgico, curando Orate Fratres, dirigendo la stampa liturgica, tenendo conferenze, dirigendo e curando With Mother Church, offrendo ritiri e curando una nuova serie di libri di testo sulla religione (Marx 1957, 161). Tra i suoi obiettivi, Michel sperava “di diminuire la separazione dell'Eucaristia dalle faccende quotidiane; trasformare la pietà dei laici; e di stabilire legami più forti tra il clero e le loro congregazioni» (Franklin e Spaeth 1988, 75)“ (biola.edu).
Come possiamo ben intravedere i temi del suo apostolato e la tendenza di appiattire sul sociale l’azione liturgica. Questa tendenza si accentuerà negli ultimi anni della sua vita che fu relativamente breve. Leggiamo sempre dalla Nolan: “Nel 1930, la vista di Dom Virgil stava cedendo ed era quasi esausto. Fu mandato in una missione indiana per il recupero. Lì abbracciò la vita degli indiani Chippewa del Minnesota settentrionale. Ancora lontano dalla guarigione, mentre Michel era al lavoro per dirigere i seminaristi in un programma estivo per la catechizzazione dei Chippewa, fu richiamato a St. John's per servire come Decano del collegio (Marx 1957, 166). Dom Virgil tornò con riluttanza nel 1933, ma credette sinceramente a questo punto che Dio non volesse la sua guarigione. Tuttavia, si riprese e iniziò a lavorare su importanti riforme liturgiche che includevano la liturgia in volgare, la messa serale, nuovi atteggiamenti durante la messa, modifiche architettoniche nelle chiese e la partecipazione dei laici alle preghiere dell'Ufficio divino (Franklin e Spaeth, 84 ). Ha continuato a incoraggiare le donne a partecipare al culto e ad “assumere posizioni di leadership laicale poiché condividevano, come membri del corpo del Salvatore, lo stesso sacerdozio dei laici” (Franklin e Spaeth, 86). Per Dom Virgil, «fondamentalmente, il vero compito di un movimento liturgico [era] educativo» e a tal fine i laici, uomini e donne allo stesso modo, potrebbero dare un enorme contributo alla Chiesa cattolica (Marx 1957, 219)“.
Come vediamo alcune di queste idee hanno anche una buona intenzione ma sappiamo ci e verranno sviluppate poi nei decenni successivi.
Dom Michel parlando della liturgia affermava: “La liturgia insegna la mente attraverso i sensi, il cuore attraverso le emozioni, l'individuo attraverso l'aiuto del sociale, l'umano attraverso il divino. Risponde a tutto l'uomo, corpo e anima, cuore e mente, ed è l'unica forma completa e genuina del Santo Graal così ardentemente ricercata oggi: l'esperienza religiosa” (Michel, Virgil. 1927. The liturgical apostolate. Catholic Educational Review, 25, 5—6).
Abbiamo imparato cosa si vuole spesso implicare con i discorsi sull’esperienza religiosa, e certamente a dom Michel non era ignoto questo testo di san Pio X dalla Pascendi, pubblicata vent’anni prima del testo citato: “Nel sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore; la quale mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di Dio, e tale gl'infonde una persuasione dell'esistenza di Lui e della Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da sorpassar di gran lunga ogni convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera esperienza, e tale da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se da taluno, come dai razionalisti, e negata, ciò dicono intervenire perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che son richieste per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno conseguita, è quella che lo costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo qui lontani dagli insegnamenti cattolici!“.
Chissà che ne pensava l’insigne benedettino.
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