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sabato 18 aprile 2020

Coronavirus.Missionario coraggioso "Se noi Sacerdoti non possiamo esercitare il nostro ministero come possiamo aiutare la società a ritrovare in Cristo le cose che contano?"

La lettera del Missionario che pubblichiamo è l'esatto pensiero "per filo e per segno quello che molti preti tra noi pensano e osano dire sottovoce nei vari gruppi whatsapp e nelle telefonate che ci si scambia". 
Nel "surreale" tempo del coronavirus che stiamo soffrendo cresce in modo rapido e considerevole i Sacerdoti  che criticano "apertis verbis" il comportamento dei vescovi italiani che sembrano avere appaltato tutto il loro "munus" a qualche funzionario della CEI e a qualche sottosegretario governativo rimettendoci in credibilità e giustizia. 
AC 

Gentile redazione di BastaBugie, 
sono un sacerdote della diocesi di Ivrea e da 23 anni mi trovo nel Santuario di Santa Maria di Pont Canavese all'ombra del quale ho allestito un Eremo. 
Mi dedico ad una vita di preghiera e di accompagnamento spirituale, sia per le persone che possono venire, sia per quelle che sono disabilitate o anziane, per le quali mi reco io a casa loro. 
Questi giorni particolari che stiamo vivendo a causa di questa pandemia, mi hanno fatto fare alcune riflessioni che ho pensato di condividere con voi. 
Non avrei mai pensato di fare una riflessione scritta alla quale dare questo titolo: "Pastori
senza palle!". 
Infatti fin dall'inizio delle ristrettezze di spostamento che sono state imposte dall'alto, mi ha sorpreso come la CEI sia stata molle e mi chiedevo perché a noi sacerdoti non siano state garantite le celebrazioni liturgiche aperte al pubblico, nella stessa logica e prudenza consentite a bar e ristoranti, negozi e supermercati. 
Pur nella consapevolezza dell'aggressività di questo virus che è diventato pandemico, non avremmo potuto anche noi, garantire quelle misure cautelari per evitare gli eventuali contagi? 
A me sembra chiaro che noi cristiani (e in particolare noi sacerdoti) siamo stati discriminati e questa discriminazione è stata supinamente assecondata dai nostri Vescovi. 
Questo non è collaborare con lo Stato, bensì subire l'imposizione del Governo. L'unica cosa che è stata permessa è tener aperte le chiese. 
I fedeli però che vogliono andarci, possono recarvici unicamente se uscendo per una necessità indispensabile e percorrendo quel rigido tragitto che devono compiere, ne trovano una eventualmente aperta. 
Ma i bisogni dell'anima? 
La direzione spirituale? 
La confessione? 
L'unzione degli infermi? I sacramenti non sono indispensabili alla vita cristiana? Gesù ha detto chiaramente: "Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta" (Mt 6, 33). 
Eppure come hanno reagito i nostri Pastori? 
Muti! 
Sembra che il virus abbia incollato la loro lingua al palato, un silenzio assordante! 
È chiaro che nell'emergenza sanitaria critica nella quale ci troviamo non possiamo agire spavaldamente come faremmo in una situazione normale. 
Gli idraulici, i meccanici, gli elettricisti, per non parlare ovviamente degli operatori sanitari, delle forze dell'ordine e altri, pur con le dovute cautele, continuano a svolgere il loro lavoro, mentre a noi sacerdoti questo è precluso. 
E non è concesso neppure ad un semplice fedele di venirci a trovare per le sue necessità spirituali. 
Perché? 
Bisogna essere prudenti, dicono, bisogna evitare le possibilità di contagio, il virus è molto aggressivo. 
Se avessi avuto questo timore quando nel 1980 sono partito per il Madagascar dove ho trascorso 15 anni in un lebbrosario per dedicarmi alla cura fisica e spirituale dei malati, me ne sarei rimasto tranquillamente in Italia e quei poveri sarebbero rimasti senza cure.  
È chiaro che ci vuole prudenza, ma non a scapito del ministero sacerdotale! 
Un'altra cosa su cui ho riflettuto riguarda quel "Crocifisso Miracoloso" uscito indenne dalle fiamme che distrussero la chiesa di San Marcello al Corso nel 1519. 
Questo Crocifisso è stato recentemente esposto anche a Roma per chiedere la Grazia di fermare questa pandemia del Coronavirus. 
Ebbene, nell'agosto del 1522 il Cardinale Spagnolo Raimondo Vich, Vescovo di Valencia e Barcellona, per scongiurare una pestilenza che era scoppiata in Roma, volle portare tale Crocifisso in processione per tutta la città, e i fedeli vi parteciparono in massa: clero, religiosi, nobili, cavalieri, uomini e donne del popolo. 
E tutto questo nonostante che le autorità, temendo che si propagasse il contagio, avessero proibito la cosa. 
La processione durò dal 4 al 20 agosto e in quello stesso ultimo giorno la peste scomparve da Roma. 
Oggi ovviamente siamo in altri tempi e viviamo in una società scristianizzata e secolarizzata. 
Ma avendo esposto quel crocifisso miracoloso non rischiamo di strumentalizzare la Fede, avendo chiesto un miracolo, standosene però in poltrona? 
Se noi Sacerdoti non possiamo esercitare il nostro ministero come possiamo aiutare la società a ritrovare in Cristo le cose che contano? 
Ecco perché mi è venuto spontaneo dare alla riflessione che ho scritto il titolo "Pastori senza palle". 
Spero che quanto ho espresso, se ritenete opportuno renderlo noto, aiuti a riflettere e a comprendere il giusto modo di essere presenti nel mondo in queste situazioni emergenziali, senza rinunciare alla nostra missione di accompagnare ogni uomo e ogni donna all'incontro con Cristo. 
Poiché Egli è l'unico Salvatore del mondo, l'unico cioè che può dare significato e compimento ad ogni vita umana che si apre a Lui. 
Se questa missione comportasse il rischio del contagio e della vita stessa, la Parola di Dio (Sal 62,4) ci ricorda una cosa molto bella e importante che il nostro mondo ha purtroppo dimenticato: "la tua Grazia Signore, vale più della vita". 

Padre Franco

Fonte: Bastabugie QUI