di J. M. Gueullette |
Circa il PERCHÉ dell’attuale flagello virale che sta colpendo piuttosto duramente l’umanità, possono indicarsi, religiosamente, tre tipi di risposta.
Una risposta, che non va per la maggiore, è quella del “castigo”, della “punizione”, oppure dell’“intervento purificatore”, oppure, anche se con una certa attenuazione, di “monito” o “avvertimento” da parte di Dio, che così interverrebbe direttamente nella storia per riportare l’uomo peccatore sulla retta via, inducendolo al pentimento ed al cambiamento di vita. In questo caso la preghiera, oltre che per implorare la liberazione dal flagello, è praticata come invocazione della Grazia di Dio per riuscire in un pentimento integrale, onde poter davvero convertire il proprio vivere. Qui, l’impegno dell’uomo per corrispondere a Dio è indispensabile.
Un’altra risposta, che attualmente va invece per la maggiore, rigetta decisamente la precedente: Dio non è visto come il castigatore o l’ammonitore, ma esclusivamente come il liberatore. Il flagello è ritenuto indipendente da Dio, cioè dalla Sua volontà o permissione, e di conseguenza lascia in ombra l’uomo come peccatore e meritevole del flagello correttore. Dietro tale risposta c’è la concezione dell’uomo che è amato da Dio così com’è, e perciò occorre guardare più all’astrattezza del peccato che alla concretezza del peccatore. Dio è considerato soltanto in quanto Misericordia e non anche in quanto Giustizia, e pertanto la preghiera si riduce ad una richiesta di liberazione dal flagello, indipendentemente da un vero pentimento ed una vera conversione. Essendo la Misericordia di Dio che provvede a tutto, l’impegno dell’uomo per corrispondere a Dio non risulta indispensabile.
Un’altra risposta ancora che non va per la maggiore è quella secondo la quale il responsabile del flagello è soltanto l’uomo, il quale, disobbedendo a Dio nell’Eden e continuando a disobbedirGli fuori dell’Eden, ha provocato e continua a provocare sia lo squilibrio proprio, che sfocia nella malattia e nella morte, sia lo squilibrio della natura, che resta soggetta a cataclismi di ogni genere anch’essi portatori di morte e distruzione. Secondo questa risposta non è Dio che interviene direttamente nella storia dell’uomo per castigarlo o ammonirlo, bensì è l’uomo che liberamente trasgredisce la Legge Divina, e la trasgredisce AL PRESENTE, momento per momento, cioè pensiero per pensiero, atto per atto, con ciò contraendo immediatamente un’imperfezione di fronte a Dio che è PRESENZA ASSOLUTA. Ovvero: ogni pensiero e ogni atto passano al VAGLIO IMMEDIATO della Legge Divina, ed immediatamente ne subiscono le relative conseguenze (anche se non avvertite). Qui, la preghiera più efficace è il PRESENTARSI a Dio in un Silenzio che trascende tutte le formule che possono pronunciarsi e che realizza immediatamente ed in sublime sintesi tali formule. Il Silenzio è la Fiamma che arde la presunzione umana e ne incenerisce le “necessità” le “esigenze”, i “diritti”. La Fiamma del Silenzio introduce alla Contemplazione, o forse è esso stesso Fiamma e Contemplazione.
Essere PRESENTI-ALLA-PRESENZA-DI-DIO è CONTEMPLARE. La Contemplazione non ha bisogno di parole e non ha nulla da chiedere, da pretendere, da raggiungere, da acquisire, da evitare, da rifiutare, perché ALLA-E-NELLA nella Presenza di Dio, cioè del “Padre nostro che è nei Cieli”, l’uomo è figlio con il Figlio e con lo Spirito Santo. Nel Silenzio, il Segno della Croce non è più soltanto un “segno” ma un fatto.
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