Gli amici di Romualdica hanno pubblicato poche ora fa il testo originale in italiano dell'importantissimo intervento di Mons. Georg Gaeswein alla Camera ieri, in cui ha parlato di 11 settembre della Chiesa e ha adombrato l'Anticristo (VEDERE IL RESOCONTO IERI DI MIL) .
Ne pubblichiamo ampi stralci rimandando al testo completo di Romualdica (QUI).
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[L’11 settembre 2018, a Roma, presso Palazzo Montecitorio, si è svolta una presentazione del volume di Rod Dreher, L’opzione Benedetto. Una strategia per i cristiani in un mondo post-cristiano (trad. it., Edizioni San Paolo, Milano 2018). Nel corso della conferenza, S.E. Mons. Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, ha svolto una relazione, il cui testo in lingua italiana riproduciamo qui integralmente.]
Ringrazio cordialmente per l’invito alla Camera, che ho accettato volentieri, a presentare il volume di Rod Dreher che viene dall’America e del quale avevo già sentito molto parlare. Benedetto da Norcia, il padre del monachesimo al quale il libro deve il suo titolo programmatico, mi ha molto stimolato a venire qui oggi. Ma mi ha anche molto toccato e commosso la data in cui ci incontriamo con il valoroso autore qui a Roma.Perché oggi è l’11 settembre che in America, dall’autunno del 2001 in poi, viene chiamato solo e semplicemente “Nine/Eleven”, per ricordare quella sciagura apocalittica nella quale allora membri dell’organizzazione terroristica Al Qaida, attaccarono gli Stati Uniti d’America a New York e a Washington di fronte agli occhi del mondo intero, utilizzando come granate degli aerei di linea dirottati in volo pieni di passeggeri.Quanto più, nel turbine di notizie delle ultime settimane, mi curvavo sul libro di Rod Dreher, tanto più – a seguito della pubblicazione del rapporto del Grand Jury della Pennsylvania – in questo nostro incontro non potevo non scorgere un vero e proprio atto della Divina Provvidenza: oggi, infatti, anche la Chiesa cattolica guarda piena di sconcerto al proprio “Nine/Eleven”, al proprio 11 settembre, anche se questa catastrofe non è purtroppo associata a un’unica data, quanto a tanti giorni e anni, e a innumerevoli vittime.[...]E tuttavia, le notizie provenienti dall’America che ultimamente ci hanno informato di quante anime sono state ferite irrimediabilmente e mortalmente da sacerdoti della Chiesa cattolica, ci trasmettono un messaggio ancor più terribile di quanto avrebbe potuto essere la notizia dell’improvviso crollo di tutte le chiese della Pennsylvania, insieme alla “Basilica del Santuario Nazionale dell'Immacolata Concezione” a Washington.Dicendo questo, ricordo come se fosse ieri quando il 16 aprile 2008, accompagnando Papa Benedetto XVI proprio in quel Santuario Nazionale della Chiesa cattolica negli Stati Uniti d’America, egli in modo toccante cercò di scuotere i vescovi convenuti da tutti gli Stati Uniti: parlava chino per la “profonda vergogna” causata “dall’abuso sessuale dei minori da parte di sacerdoti” e “dell’enorme dolore che le vostre comunità hanno sofferto quando uomini di Chiesa hanno tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali con un simile comportamento gravemente immorale”. Ma evidentemente invano, come vediamo oggi. Il lamento del Santo Padre non riuscì a contenere il male, e nemmeno le assicurazioni formali e gli impegni a parole di una grande parte della gerarchia.E ora Rod Dreher è qui fra noi e inizia il suo libro con queste parole: “Nessun vide arrivare l’alluvione, un autentico diluvio universale”. Nei suoi ringraziamenti, egli esprime particolare gratitudine a Benedetto XVI. E a me sembra che abbia scritto ampie parti del libro quasi in un dialogo silenzioso con il Papa emerito che tace, rifacendosi alla sua forza profetico-analitica, come ad esempio quando scrive: “Nel 2012 l’allora Pontefice disse che la crisi spirituale che sta colpendo l’Occidente è la più grave dalla caduta dell’Impero Romano, occorsa verso la fine del V secolo. La luce del cristianesimo sta spegnendosi in tutto l’Occidente.”[...]Drammatici sono i numeri relativi alle uscite dalla Chiesa. Ma ancor più drammatico è un altro dato ancora: secondo gli ultimi rilevamenti, dei cattolici in Germania che ancora non sono usciti dalla Chiesa, solo il 9,8% la domenica si incontra nelle rispettive Case di Dio per la comune celebrazione della santissima Eucaristia.Ancora una volta questo mi riporta alla mente le parole di Benedetto XVI pronunciate durante il primo Viaggio dopo la sua elezione. Era il 29 maggio 2005 quando, sulle rive del mar Adriatico, rivolgendosi a un pubblico prevalentemente di giovani venuti ad ascoltarlo, ricordò che la domenica, quale “Pasqua settimanale”, è “espressione dell’identità della comunità cristiana e centro della sua vita e della sua missione”. Il tema scelto dal Congresso eucaristico (“Senza la domenica non possiamo vivere”) lo riportava però indietro, disse il Papa, all’anno 304, quando l’imperatore Diocleziano proibì ai cristiani, sotto pena di morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l’Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee. E proseguì:“Ad Abitene, una piccola località nell’attuale Tunisia, 49 cristiani furono sorpresi una domenica mentre, riuniti in casa di Ottavio Felice, celebravano l’Eucaristia sfidando così i divieti imperiali. Arrestati, vennero condotti a Cartagine per essere interrogati dal Proconsole Anulino. Significativa, tra le altre, la risposta che un certo Emerito diede al Proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l’ordine severo dell'imperatore. Egli rispose: "Sine dominico non possumus": cioè senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eucaristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Dopo atroci torture, questi 49 martiri di Abitene furono uccisi. Confermarono così, con l’effusione del sangue, la loro fede. Morirono, ma vinsero: noi ora li ricordiamo nella gloria del Cristo risorto”.Che significa? Significa che quello che noi ancora da bambini, nelle così dette Chiese popolari, avevamo conosciuto come il così detto “obbligo domenicale”, in realtà è il più prezioso segno distintivo dei cristiani. E che è più antico di tutte le Chiese popolari. È dunque veramente una vera crisi degli ultimi tempi quella nella quale la Chiesa cattolica si trova immersa ormai da tempo; una crisi, però, che credettero di percepire nei loro giorni anche mia madre e mio padre – “vedere l’abominio della desolazione stare nel luogo santo” – e che d’altronde forse ogni generazione nella Storia della Chiesa ha scorto al proprio orizzonte.[...]In questa sensazione evidentemente non sono solo. In maggio, infatti, anche Willem Jacobus Eijk, cardinale arcivescovo di Utrecht, ha ammesso che, guardando all’attuale crisi, pensa alla “prova finale che dovrà attraversare la Chiesa” prima della venuta di Cristo – descritta dal paragrafo 675 del Catechismo della Chiesa cattolica – e che “scuoterà la fede di molti credenti”. “La persecuzione – continua il Catechismo – che accompagna il pellegrinaggio della Chiesa sulla terra svelerà il ‘mistero di iniquità’.”Con questo “mysterium iniquitatis” Rod Dreher ha la familiarità di un’esorcista, come ha dimostrato con le sue ricostruzioni degli ultimi mesi, con le quali anch’egli ha favorito – forse come nessun altro giornalista più di lui – la rivelazione dello scandalo dell’ex arcivescovo di Newark e Washington. E tuttavia Dreher non è un giornalista investigativo. E nemmeno un visionario, ma un sobrio analista che da tempo segue in modo vigile e critico la condizione della Chiesa e del mondo, ma nonostante questo mantenendo comunque sul mondo lo sguardo amorevole di un bambino.Per questo Dreher non presenta un romanzo apocalittico come il famoso “Signore del mondo” con il quale nel 1906 il presbitero inglese Robert Hugh Benson scosse il mondo anglosassone. Il libro di Dreher, invece, assomiglia più a delle istruzioni pratiche e praticabili per la costruzione di un’arca: perché egli sa che non c’è alcuna diga con la quale si possa ancora arginare la grande alluvione; un’alluvione che non solo da ieri è in procinto di inondare l’antico Occidente cristiano al quale per lui è ovvio che appartiene anche l’America.Da qui emerge subito con chiarezza una triplice differenza fra Dreher e Benson: in primo luogo, da americano autentico qual è, Dreher è più pratico dell’alquanto bizzarro britannico di Cambridge nell’epoca precedente alla Prima guerra mondiale. Inoltre, da cittadino della Louisiana, Dreher è per così dire a prova di uragano. E infine egli non è affatto un religioso, ma un laico che cerca di conquistare anime al Regno di Dio che Gesù Cristo ha annunciato per noi non sulla base di un incarico ingiuntogli da altri, quanto sulle ali di un entusiasmo e di una volontà assolutamente personali. In questo senso è un uomo che corrisponde completamente al desiderio e al gusto di Papa Francesco, perché nessun altro a Roma quanto lui sa che la crisi della Chiesa, nel suo nocciolo, è una crisi del clero.E che dunque è scoccata l’ora dei laici forti e decisi, soprattutto nei nuovi mezzi di comunicazione cattolici indipendenti, esattamente come incarnati da Rod Dreher.[...]Negli ultimi giorni spesso all’interno della Chiesa si è sentito ripetere il concetto di terremoto associandolo a quel crollo per il quale, come affermo, ora anche la Chiesa ha sperimentato il suo “Nine/Eleven”, il suo 11 settembre.Rod Dreher invece descrive la risposta dei monaci di Norcia alla catastrofe che ha ridotto in macerie il monastero nel luogo di nascita di san Benedetto con poche parole che sento l’obbligo di leggervi, per quanto sono significative ed eloquenti:“I monaci benedettini di Norcia sono diventati un segno per il mondo in tanti modi che non prevedevo, quando cominciai a scrivere questo libro. Nell’agosto 2016, un terremoto devastante scosse la loro regione. Quando la scossa arrivò nel bel mezzo della notte, i monaci erano svegli a pregare il mattutino e fuggirono dal monastero riparando per sicurezza nella piazza aperta.Più tardi, padre Cassiano rifletté che il terremoto simboleggiava lo sbriciolarsi della cultura cristiana dell’Occidente, ma che c’era un secondo simbolo di speranza quella notte: ‘Il secondo simbolo erano le persone raccolte attorno alla statua di san Benedetto, in piazza, per pregare’, scrisse ai sostenitori. ‘È l’unico modo di ricostruire’”. Dopo questa testimonianza di padre Cassiano vorrei confidarvi che anche Benedetto XVI dal momento della sua rinuncia si concepisce come un vecchio monaco che, dopo il 28 febbraio 2013, sente come suo dovere dedicarsi soprattutto alla preghiera per la Madre Chiesa, per il Suo successore Francesco e per il Ministero petrino istituito da Cristo stesso.Perciò, con riguardo all’opera di Dreher, quel vecchio monaco dal monastero Mater Ecclesiae dietro la Basilica di San Pietro rimanderebbe a un discorso che l’allora Papa in carica tenne al Collège des Bernardins di Parigi il 12 settembre 2008 – cioè esattamente domani di dieci anni fa – di fronte alla élite intellettuale di Francia. Per queste ragioni vorrei presentarvi brevemente questo discorso citandone alcuni passi.Nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione dei popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi, i monasteri erano i luoghi in cui sopravvivevano i tesori della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva lentamente formata una nuova cultura, disse allora Benedetto XVI, e si chiese: “Ma come avveniva questo? Quale era la motivazione delle persone che in questi luoghi si riunivano? Che intenzioni avevano? Come hanno vissuto? Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione creare una cultura e nemmeno conservare una cultura del passato. La loro motivazione era molto più elementare. Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio. Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio. Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile. Si dice che erano orientati in modo ‘escatologico’. Ma ciò non è da intendere in senso cronologico, come se guardassero verso la fine del mondo o verso la propria morte, ma in un senso esistenziale: dietro le cose provvisorie cercavano il definitivo. […] Quaerere Deum, cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati. Una cultura meramente positivista che rimuovesse nel campo soggettivo come non scientifica la domanda su Dio, sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell'umanesimo, le cui conseguenze non potrebbero essere che gravi. Ciò che ha fondato la cultura dell'Europa, la ricerca di Dio e la disponibilità ad ascoltarLo, rimane anche oggi il fondamento di ogni vera cultura.”Sin qui Benedetto XVI, il 12 settembre 2008, sulla vera “Opzione” di san Benedetto da Norcia. Così che, sul libro di Dreher, non mi resta che da dire questo: non contiene una risposta pronta. In esso non troverete una ricetta infallibile o un passepartout per riaprire tutte quelle porte che finora ci erano accessibili ma che adesso sbattendo si sono di nuovo chiuse. Fra la prima e l’ultima di copertina troverete però un esempio autentico di quello che Papa Benedetto dieci anni fa disse sullo spirito benedettino degli inizi. È un vero “Quaerere Deum”. È quella ricerca del vero Dio di Isacco e di Giacobbe che, in Gesù Cristo, ha mostrato il suo volto umano.Per questo qui mi viene in mente un’altra frase ancora del capitolo 4,21 della Regola di San Benedetto che in egual modo e tacitamente attraversa e anima l’intero libro di Dreher, come fosse il suo cantus firmus. Sono le leggendarie parole “Nihil amori Christi praeponere” che, tradotte, significano: Nulla si anteponga all’amore per Cristo. È la chiave alla quale si deve l’intera meraviglia del monachesimo occidentale.[...]Così, se questa volta la Chiesa con l’aiuto di Dio non saprà ancora rinnovarsi, ne andrà di nuovo dell’intero progetto della nostra civiltà. Per molti, tutto porta a credere già oggi che la Chiesa di Gesù Cristo non potrà più riprendersi dalla catastrofe dei suoi peccati che rischia quasi di inghiottirla.E proprio questa è l’ora in cui Rod Dreher da Baton-Rouge in Louisiana presenta il suo libro nei pressi delle tombe degli Apostoli; e, nel mezzo dell’eclissi di Dio che atterrisce in tutto il mondo, viene in mezzo a noi e dice: “La Chiesa non è morta, ma solamente dorme e riposa”.E non soltanto questo: la Chiesa “è giovane” sembra anche dirci, e con quella gioia e quella libertà con le quali lo disse Benedetto XVI nella Messa per l’inizio del ministero petrino il 24 aprile 2005. Ricordando ancora una volta la sofferenza e la morte di san Giovanni Paolo II del quale era stato collaboratore per così tanti anni, rivolgendosi a ognuno di noi in Piazza San Pietro disse:“Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva - essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto. Nel dolore, presente sul volto del Santo Padre nei giorni di Pasqua, abbiamo contemplato il mistero della passione di Cristo ed insieme toccato le sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci è stato dato di sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un breve tempo di oscurità, come frutto della sua resurrezione”.Non potrà indebolire o distruggere questa verità sull’origine della fondazione della Chiesa universale cattolica per mezzo del Signore risorto e vincitore nemmeno il satanico 11 settembre di essa.Per questo devo ammettere con sincerità che percepisco questo tempo di grande crisi, oggi evidente a tutti, soprattutto come un tempo di grazia; perché alla fine a “farci liberi” non sarà un particolare sforzo qualsiasi, ma la “verità”, come il Signore ci ha assicurato. In questa speranza guardo alle recenti ricostruzioni di Rod Dreher per la “purificazione della memoria” richiestaci da Giovanni Paolo II; e così, grato, ho letto la sua “Opzione Benedetto” come una, per molti versi, fonte di ispirazione meravigliosa. Nelle ultime settimane quasi nient’altro mi ha dato così tanta consolazione.Vi ringrazio per la vostra attenzione.
L'intervento evoca il profondo e profetico pensiero teologico di papa Benedetto che suscita, in tempi di povertà dottrinale e morale angosciante un'acuta nostalgia per il suo grande magistero, veramente petrino. L'Anticristo ha agito contro la missione del Cristo, manifestandosi pienamente nelle Tentazioni del deserto. La Chiesa, con sacrificio e martirio ha sempre cercato, e con successo, di allontanarlo con il sacrificio fino al martirio, prevedendo le mosse del Maligno, da oltre mezzo secolo insediatosi stabilmente anzi accarezzato con il 'dialogo' ( collusione con il mondo), l'ecumenismo inteso come cedimento all'eresia, riconoscimento dei 'valori' umani, svolta antropologica etc. E' arrivato il tempo di dare all'Anticristo, come aveva predetto Sololev, una bella laurea Honoris causa in teologia, ormai tutta 'nuova'.
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