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giovedì 1 dicembre 2016

AMORIS LAETITIA, I DUBIA. IL SILENZIO DEL PAPA È OPERA DELLO SPIRITO SANTO PER EVITARE ERRORI? L’IPOTESI DEL NEW YORK TIMES

 Sul fatto che lo Spirito Santo non c'entri nulla con i Sinodi dei Vescovi, avevamo già scritto pochi giorni fa. Solo il Concilio Ecumenico presieduto dal Papa è guidato dallo Spirito Santo. E comunque lo Spirito Santo non può essere "usato" come alibi per i propri comodi.
Sul punto riprendiamo un passo della Costituzione Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I, suggerita dal sempre attento e colto Mons. E. Favella, che con parole più degne e precise esprime che:
"Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con
la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede."
Conc. Vaticano I - Cost. Dogmatica "Pastor Aeternus", cap. IV (18 luglio 1870)
Questo, il Papa e la cricca di prelati a lui ruffianamente devoti lo sanno? lo hanno mai studiato? lo ricordano? 
 Roberto

 douthat Marco Tosatti
La situazione che la Chiesa cattolica sta vivendo, dopo l’Amoris Laetitia, le richieste di chiarimento formale di quattro cardinali, i cosiddetti Dubia, (voce di un bacino di perplessità enormemente più ampio, come testimoniano le firme della Supplica Filiale, e documenti di teologi e docenti) e il rifiuto di rispondere del Pontefice la porta a percorrere una “terra incognita”, secondo l’editorialista del New York Times Ross Douthat.
E in effetti, a oltre tre mesi dalla ricezione della lettera privata con cui i porporati chiedevano chiarimenti, che avrebbero provocato una sostanziale irritazione nel Papa (e lo crediamo, nonostante le smentite private) una risposta non c’è stata; definizioni non elogiative, accuse di rigidità, suggerimenti che dietro la rigidità ci siano problemi psicologici, dottrinarismo e chi più ne ha più ne metta. Ma una risposta netta, chiara e sincera no.
Da praticone ignorante, riassumo la questione per chi non la conosce. Amoris Laetita, l’esortazione del Pontefice dopo due Sinodi sulla famiglia, lascia capire, in una nota, senza abolire il magistero precedente, che lo escludeva, che una persona divorziata e risposata civilmente possa accedere all’eucarestia. Cioè qualcuno che è – formalmente – in peccato mortale, e senza cambiare la sua situazione, può comunicarsi. E’ una prospettiva che apre la porta a molte possibilità: perché non si può applicare la stessa soluzione ad altri peccati, anch’essi gravi? Insomma, un bel pasticcio. Che appare voluto.

E infatti come ricorda Ross Douthat, “I liberals hanno avuto il permesso di sperimentare, i conservatori di tenersi alla lettera della legge, e i vecsovi sono stati lasciati in sostanza a scegliere il loro personale insegnamento su matrimonio, adulterio e sacramenti – il che molti hanno fatto in quest’anno, oscillando fra i conservatori in Polonia e Filadelfia, i liberals a Chicago e in Argentina, con frizioni inevitabili fra vescovi di interpretazioni diverse”.
In effetti, a parte le accuse eccessivamente ripetute, e piuttosto deboli, da un punto di vista di contenuto, sulla rigidità, l’unica risposta è venuta con una lettera di approvazione indiretta all’interpretazione dei vescovi argentini. Indicativa, ma difficilmente spendibile come un atto di magistero autorevole in una crisi di queste proporzioni.
Questa obliquità importa, perché – scrive Douthat – nel cattolicesimo le parole formali del Papa, le sue encicliche ed esortazioni hanno un peso che ammiccamenti e accenni impliciti e lettere personali non possono avere…così evitare la chiarezza sembra essere inteso come un compromesso, una copertura”.
Ma questo strano spettacolo intorno ai Dubia “ci ricorda che questa non può essere un sistemazione definitiva”. La logica di Roma locuta, causa finita, secondo il commentatore del New York Times, è troppo connaturata nelle strutture cattoliche per permettere solo una temporanea decentralizzazione della dottrina. “Finché il papa rimane il papa, ogni controversia di grande importanza arriverà inevitabilmente su su fino al Vaticano”.
“Francesco deve saperlo. Per ora sembra scegliere la crisi minore di vescovi in contrasto e insegnamento confuso alla maggiore crisi che potrebbe venire (anche se chi può dirlo con certezza?) se offrisse le sue risposte personali ai conservetori sui Dubia e semplicemente chiedesse loro di obbedire. Sia l’obbedienza che lo scisma potrebbero venire dopo un poco, ma non finché il tempo e l’azione dello Spirito Santo avessero indebolito la posizione dei suoi critici nella Chiesa”.
In conclusione, Ross Douthat offre un’ipotesi interessante: “Nel frattempo il suo silenzio ha l’effetto di confermare i conservatori nella loro resistenza perché a loro sembra che il suo rifiuto di dare una risposta definitiva potrebbe essere esso stesso il lavoro della provvidenza. Cioè, lui pensa di essere machiavellico e strategico, ma in realtà è lo Spirito Santo che gli impedisce di insegnare l’errore”.
E’ un’ipotesi “teologicamente rara, che può essere facilmente confutata”; e il Papa “deve solo esercitare la sua autorità rispondere alle critiche e dire chiaramente ai fedeli che cosa vuole che credano. Ma finché non parla, l’ipotesi è aperta”.

6 commenti:

  1. Bergoglio tace perché le sue decisioni sono frutto di idee rivoluzionarie e confuse e si irrita non essendo in grado di rispondere ai chiari quesiti dottrinari dei cardinali e di tanti fedeli e sacerdoti disorientati.

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  2. Bergoglio tace perché non vuole definire nulla. Egli vuole dare indicazioni approssimative in modo che la prassi di dare i sacramenti a chi è in situazione irregolare si consolidi da sé. Un po' come è successo con i documenti del CV II e con la riforma liturgica.

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  3. In gioco c’è qualcosa di anche più grave della questione della comunione ai divorziati risposati: c’è l’ “intrinsece malum”, quindi l’esistenza stessa d’un ordine morale oggettivo e immutabile (non solo la morale cristiana, anche quella naturale). Esistono, sì o no, dei precetti immutabili, assoluti (per esempio, “Non commettere adulterio”)? Esistono, sì o no, degli atti cattivi in sé stessi, per la loro stessa natura, che non possono mai esser coonestati da un fine buono o da una qualunque circostanza buona? I quattro cardinali pongono soprattutto questa gran questione. A queste domande, l’unica risposta possibile, sia per la fede cattolica sia per la retta ragione, è un “sì” chiaro e netto.

    Maso

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  4. Non si bestemmia lo Spirito Santo!
    TEOFILATTO

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  5. In gioco c'è il sacramento dell'Eucarestia, in parole povere si arriverà a negare la Reale Presenza di Cristo, così si chiude il cerchio coi protestanti, sennò a che fare la cerimonia in pompa magna prevista per il 500nario luterano del prossimo anno?

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  6. A parte che i Luterani non negano la presenza di Cristo se mai la forma di questa presenza.

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