Le origini di questa festa sono
del tutto assimilabili a quelle della festa del Santissimo Sacramento.
Nel Liber
Sacramentorum, la festa del Sacro Cuore si trova ancora nel ciclo
santorale, il traduttore ne dà la ragione: «Conformemente alle ultime rubriche,
questa festa dovrebbe trovarsi al Proprio del Tempo, tra l’II e la III Domenica
dopo la Pentecoste. Il tomo III del Liber Sacramentorum era stato
stampato già quando la decisione della S. C. dei Riti era stata promulgata.
Conserviamo dunque alla festa del Sacro Cuore il posto che occupava nelle
antiche edizioni del Messale, pur sostituendo al precedente il nuovo testo
della messa».
Il simbolismo del costato di Gesù, aperto dalla lancia di Longino e da
cui sgorgarono il sangue e l’acqua, è conosciuto già dagli antichi Padri della
Chiesa; sant’Agostino e san Giovanni Crisostomo hanno delle pagine splendide
sui divini Sacramenti, nati dal Cuore amante del Redentore, e sulla Chiesa che,
radiosa di giovinezza, esce dal costato del nuovo Adamo addormentato sulla
Croce.
La tradizione patristica fu conservata e sviluppata a cura della scuola
ascetica benedettina; anche, quando, nel XII sec., il santo abate di Clairvaux
orientò infine la pietà mistica dei suoi monaci verso un culto completamente speciale
reso all’umanità del Salvatore, si può dire che la devozione al Sacro Cuore,
nel senso che gli attribuisce oggi la sacra liturgia, era già nata.
Il Cuore di Gesù rappresenta, per san Bernardo, quell’incavo della roccia
dove lo Sposo divino invita la sua colomba a cercare un rifugio.
Il ferro del
soldato è giunto fino al Cuore del Crocifisso per svelarcene tutti i segreti
dell’amore.
Ci ha, difatti, rivelato il grande mistero della sua misericordia,
queste viscere di compassione che l’hanno indotto a scendere dal cielo per
visitarci (In Cantic. Serm. 61, nn. 3-4, in PL 183,
col. 1071-72).
I discepoli di san Bernardo svilupparono meravigliosamente la dottrina
mistica del Maestro, quando intervennero le grandi rivelazioni del Sacro Cuore
di Gesù a santa Lutgarda (+1246), a santa Gertrude ed a santa Mechtilde (Matilde).
Un giorno, il Signore scambiò il suo Cuore con quello del santa Lutgarda;
ed una notte che la santa, malgrado la malattia, si era alzata per l’ufficio
vigiliale, Gesù, per ricompensarla, l’invitò ad avvicinare le sue labbra alla
ferita del suo Cuore, dove Lutgarda attinse una tale soavità spirituale, che,
provò, in seguito, sempre forza e dolcezza nel servizio di Dio.
Verso il 1230 sopraggiunse la celebre rivelazione del Sacro Cuore a quell’illustre
Mechtilde di Magdeburgo, che, più tardi, fece parte della comunità di Helfta
dove vivevano santa Gertrude e santa Mechtilde (Matilde) di Hackeborn.
“Nelle mie grandi sofferenze, ella scrisse, Gesù mi mostrò la piaga del
suo Cuore e mi dice: Vedi qual male mi hanno fatto!”.
Quest’apparizione l’impressionò vivamente, tanto che, da allora, la
devota religiosa non smise di contemplare questo Cuore afflitto ed oltraggiato,
ma che, allo stesso tempo, gli appariva simile ad una massa di oro arroventato,
collocato dentro ad un’immensa fornace. Gesù avvicinò il cuore di Mechtilde al
suo, affinché vivesse della stessa vita di Lui.
Quando la Provvidenza condusse a Helfta la pia estatica di Magdeburgo,
questo avvenne per avvicinarla a due altre figlie di san Benedetto, Gertrude e
l’omonima Mechtilde (di Hackeborn), che erano state favorite da doni analoghi.
Il carattere particolare della devozione di santa Gertrude per il Verbo
Incarnato brilla specialmente nel suo rendere devozione al Sacro Cuore, che,
per lei, è il simbolo dell’amore del Crocifisso, ed un tipo di sacramento
mistico mediante il quale la Santa partecipa ai sentimenti di Gesù ed, al
medesimo tempo, ai suoi meriti.
Un giorno che Gertrude è invitata da san Giovanni a riposare con lui sul
Cuore sacro del Signore, chiede all’evangelista perché non ha rivelato alla
Chiesa le delizie ed i misteri di amore gustati da lui nell’ultima Cena, quando
appoggiò la sua testa sul petto del Divin Maestro. Giovanni risponde che la sua
missione era stata quella di rivelare agli uomini la natura divina del Verbo,
mentre il linguaggio di amore espresso dai battiti del Sacro Cuore sentito da
lui doveva rappresentare la rivelazione degli ultimi tempi, allorché il mondo,
invecchiato e raffreddato, avrebbe avuto bisogno di riscaldarsi per mezzo di
questo mistero di ardente carità (Ivan
Gobry, Margherita Maria
Alacoque e le rivelazioni del Sacro Cuore, Roma 20024, p. 15).
Gertrude comprese che l’apostolato del Sacro Cuore di Gesù era stato
affidato a lei stessa, perché, con le sue parole e nei suoi libri, ella
scrivesse tutta la teologia, per così dire, di questa ferita divina e sacra,
propagandone con ardore la devozione. In questa missione evangelizzatrice, ebbe
per compagna la devota cantrix Mechtildis,
la quale era stata invitata similmente dal Signore a stabilire la sua dimora
nella piaga del suo Cuore.
Come la sua compagna, santa Mechtilde mise pure lei
per iscritto le sue rivelazioni, dove paragona il Sacro Cuore ora ad una coppa
d’oro dove si dissetano i santi, ora ad una lampada luminosa, ora ad una lira
che diffonde nel cielo le sue dolci armonie.
Un giorno Gesù e Mechtilde
scambiarono i loro cuori, e da allora sembrò alla Santa che erano i battiti del
Cuore del suo divino Sposo che sentiva in se stessa.
Le rivelazioni delle due estatiche di Helfta furono accolte molto
favorevolmente, soprattutto in Germania, cioè in un luogo già risolutamente
orientato verso il Cuore di Gesù, grazie alla precedente influenza della scuola
benedettina. Gli scrittori della famiglia dominicana e francescana seguirono
anch’essi con ardore questo movimento, e lo diffusero soprattutto grazie a san
Bonaventura, al beato Enrico Suso, a santa Caterina ed a san Bernardino da Siena.
Si arriva così fino al tempo di santa Francesca Romana, che, nelle sue rivelazioni
sul Sacro Cuore, in cui ella si immerge anche come in un oceano arroventato di
amore, non fa che accentuare l’orientamento ascetico dell’antica scuola mistica
dei figli di san Benedetto. L’azione della fondatrice del monastero Turris Speculorum a Roma rimase, è vero,
circoscritta all’ambito romano; ma rappresenta uno dei più preziosi anelli di
tutta una catena di santi e di scrittori ascetici che, in Germania, in Belgio
ed in Italia prepararono le anime alle grandi rivelazioni di Paray-le-Monial.
Quando
infine queste furono comunicate ai fedeli, grazie soprattutto a san Claudio de
La Colombière ed al P. Croiset, il trionfo del Cuore di Gesù e del regno del
suo amore fu assicurato oramai alla devozione cattolica. I figli di sant’Ignazio
si dedicarono con uno zelo particolare a questa forma nuova di apostolato del Sacro
Cuore. Nel 1765, il papa Clemente XIII approvò un ufficio in onore del Sacro
Cuore di Gesù, ma fu concesso solamente ad alcune diocesi.
Nel 1856, Pio IX,
sullo spirito del quale aveva influito grandemente l’illustre restauratore dell’ordine
benedettino in Francia, Dom Guéranger, rese questa festa obbligatoria per la
Chiesa universale inserendola nel Calendario, nel ciclo del Santorale, dandone
il relativo formulario ed ordinandone la celebrazione sotto il grado di doppio
di II classe.
Nel 1889, Leone XIII l’elevò al rito doppio di I classe.
Quando, il 26 gennaio
1765, Clemente XIII autorizzò il culto liturgico del Sacro Cuore di Gesù per la
Polonia e per l’Arciconfraternita romana (sul contesto storico, cfr. Aa. Vv., La Chiesa nell’epoca dell’assolutismo e dell’illuminismo, in Hubert Jedin (dir. da), Storia della Chiesa, Milano 20075,
vol. VII, pp. 499-500), si avverava una predizione fatta trent’anni prima dalla
devota badessa di San Pietro di Montefiascone, la serva di Dio Maria Cecilia Baij.
Il Signore, mostrando
il suo Cuore a questa serva di Dio, le aveva detto: «Un giorno verrà, in cui il
culto del mio Cuore si estenderà trionfalmente nella Chiesa militante, e ciò
grazie alla festa solenne che se ne celebrerà, con l’ufficio del Sacro Cuore» (cfr.
Ursmer Berlière, La dévotion au Sacré-Cœur dans l’Ordre de Saint-Benoît, Paris, 1923).
«Tuttavia, aggiungeva la pia Benedettina, non so se ciò giungerà dai nostri
tempi».
Ella fu, del resto,
assai felice di vedere infine questo giorno desiderato, e si ricordò certamente
allora di queste altre parole che aveva sentito dal suo divino Sposo parecchi
anni prima: «Un tempo verrà in cui sarai molto gradita al mio Cuore facendo
adorarlo e conoscere da un gran numero di persone per mezzo del culto e degli
atti di devozione che gli sono dovuti».
Nel 1899, Leone XIII
pubblicò l’Enciclica Annum Sacrum,
nella quale prescriveva a tutto l’universo cattolico di consacrarsi al Sacro
Cuore di Gesù.
Il Pontefice si era deciso a quest’atto dopo un ordine formale
che una pia superiora del Buon Pastore di Oporto, la beata Maria del Divin
Cuore di Gesù (Maria Droste zu Vischering), diceva avere ricevuto dallo stesso
divin Redentore affinché fosse comunicato al Papa.
La rivelazione privata
presentava del resto tutti i caratteri dell’autenticità, e lo spirito della
religiosa era già stato provato dal saggio abate di Seckau, Dom Ildefons Schober
(1849–1918).
È così Dom Ildebrando de Hemptinne (1848-1913), abate di
Sant’Anselmo all’Aventino, prese l’affare in mano e presentò la supplica della
religiosa a Leone XIII.
L’8 giugno 1899, mentre le campane di tutte le chiese
del mondo cristiano annunciavano la festa del Sacro Cuore ed il nuovo atto di
consacrazione prescritto dal Papa, la veggente di Oporto rendeva la sua anima
purissima a Dio, a testimonianza del compimento della sua missione terrena.
La
festa del Sacro Cuore riceveva da Pio XI, poi, un sovrappiù di importanza e di
onore poiché si accordava a questa il privilegio dell’ottava, riservato alle
più grandi solennità del Signore. Semplice coincidenza o misteriosa disposizione
di Dio?
La nuova liturgia romana per l’ottava della festa del Sacro Cuore fu
approvata dal Papa allo stesso tempo del famoso Concordato, che metteva fine
alla funesta Questione romana, nel 1929.
Nella stessa epoca, il “perfetto amico
del divin Cuore”, il P. de La Colombière, era iscritto solennemente nel catalogo
dei beati (poi canonizzato da Giovanni Paolo II), e Pio XI, alcune settimane
più tardi, uscendo infine dal Vaticano, portò in trionfo Gesù Eucarestia, in mezzo
ad un glorioso corteo di ministri sacri nel numero di settemila.
Con
dotando la Festa di un’Ottava, Pio XI equiparava la stessa alle più importanti
feste del ciclo del Temporale (facendola uscire dal ciclo del Santorale).
L’eresia,
che caratterizza lo spirito dell’odierna società, potrebbe essere facilmente
chiamata laicismo, in quanto vuol
livellare, abbassare il divino ed il soprannaturale alla misura delle
istituzione umane, e tenta di far rientrare la Chiesa nell’orbita delle pure
energie statali.
Di fronte al giudaismo ed alla massoneria che persistono
ancora nel loro odio furibondo contro Gesù: tolle, tolle, crucifige, i cattolici infetti da questo laicismo e
liberalismi o cercano, come Pilato, una via mezzo, e sono pronti a rimandare
assolto Cristo, purché prima si lasci strappare il diadema sovrano che gli
cinge la fronte, e si contenti di vivere soggetto al nume di Cesare.
Contro
questo doppio insulto sacrilego il Pontefice Supremo (Pio XI) protesta in
faccia al cielo e alla terra che non v’è altro Dio che il Signore, ed
istituisce la doppia festa di Cristo Re e dell’Ottava del Sacratissimo Cuore di
Gesù.
L’una è la solennità della
potenza, l’altra quella dell’amore.
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Fonte : Scuola Ecclesia Mater
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