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mercoledì 16 novembre 2011

Assassinio della Cattedrale: "Il dibattito sull'adeguamento del Duomo" di Reggio Emilia. Maccarini, l'autore del libro-denuncia risponde alle critiche

Come ricorderete, avevamo dato annuncio che venerdì 11 novembre 2011, ci sarebbe stato un incontro per presentare i cambiamenti (a nostri dire scandalosi!) all'interno del Duomo di Reggio Emilia (nostro post qui).


Apprendiamo, grazie alla segnalazione di un nostro lettore, questo articolo sul quotidiano locale "Il Giornale di Reggio", che ci aggiorna sugli sviluppi.


Ve ne proponiamo il contenuto, con nostre sottolineature.


REGGIO EMILIA (13 maggio 2011) - Il punto non è l’attacco al vescovo, come riferisce don Emilio Landini, ma quanto delle modifiche liturgiche operate in Duomo rispondono a ciò che Papa Benedetto XVI sta facendo per eliminare gli abusi di questi anni e riportare la liturgia entro i suoi canoni e il suo vero significato. E’ questo il senso dell’incontro di presentazione del libro di Stefano Maccarini Foscolo "Assassinio della Cattedrale", edito da Fede e Cultura.
Il libro che ripercorre e critica le scelte di adeguamento liturgico della Cattedrale è da tempo al centro del dibattito. Inevitabile che nella sala del Capitano del popolo venerdì sera il pubblico fosse quello delle grandi occasioni.
Ad ascoltare Maccarini, affiancato dall’editore Giovanni Zenone e da Andrea Zambrano, caposervizio del Giornale di Reggio erano in tanti. Molti fedeli e alcuni esperti di arte, tra cui l’ex Sovrintendente Elio Garzillo, Giuseppe Adani e Alberto Agazzani. Maccarini ha idealmente risposto alle critiche di don Landini pubblicate venerdì.
Ha parlato del "silenzio assordante della Curia reggiana" e ha ribadito che "nessuno ha criticato il 'restauro architettonico', ma 'l’adeguamento liturgico', unico oggetto del contendere".
Sul piatto sono stati affrontati gli interventi più discussi: dall’altare avulso dal contesto architettonico del tempio, alla sede episcopale che sposta l’attenzione dei fedeli dal centro della celebrazione rappresentato dal presbiterio e dalla croce. Fino a toccare il discusso innesto di diverse opere di arte contemporanea, tra cui la contestata croce di Nagasawa che "solo grazie alle indiscrezioni pubblicate nei mesi scorsi si è addivenuti alla decisione di non esporla".

Maccarini ha rivendicato questa marcia indietro: "Dunque, in questo caso, qualcuno deve avere sbagliato: o chi ha fatto le critiche alla croce (pubblicandone qualche “indiscrezione”) - e quindi perché non esporla? - o chi ha commissionato l’opera (la curia) riconoscendone poi la non adeguatezza liturgica". E’ stato chiarito che il presunto "attacco al vescovo" non esiste. "Ho voluto criticare le idee e le opinioni, mai le singole persone coinvolte nella vicenda" anche se "si può e si deve talvolta mettere in discussione pensieri e tesi altrui, senza per questo venirne meno di rispetto".
Anche perché, le critiche sollevate non rientrano nell’attacco "al magistero episcopale; semmai sono solo un parere discordante con scelte artistiche, sperimentali e innovative che lo stesso Vescovo si è trovato, per ragioni diverse, a ratificare".
Ma è stato soprattutto un dibattito franco su quello che sta succedendo nella Chiesa oggi dove assistiamo ad esempio alla "preoccupante 'critica' rivolta al Papa da monsignor Giancarlo Santi, consulente per l’adeguamento liturgico della Cattedrale, che può permettersi di mettere in discussione la competenza liturgica del Pontefice, mentre sembra proibito dissentire pacatamente e con spirito polemico da chi ha deciso questo adeguamento».
Maccarini infine, ha ribadito la volontà di non creare alcuna spaccatura in seno alla Chiesa locale e ha annunciato che parteciperà alle iniziative di dedicazione dell’altare che prevedono anche l’intervento sabato 19 di Enzo Bianchi, priore della comunità di Bose.


I veri responsabili - di Andrea Zambrano


C'è chi come l’ex sovrintendente Garzillo ricorda che "la Cattedrale è svuotata".
Chi, è il caso del vicepresidente dell’accademia di Belle Arti di Bologna Alberto Agazzani, si chiede che senso del sacro possano trasmettere artisti di estrazione marxista e lontani dal sentimento cattolico.
Chi, come Giuseppe Adani vorrebbe che i preti tornassero ad occuparsi di cura d’anime e lasciassero perdere i beni culturali "dei quali non sanno nulla".
E un popolo di Dio vario di estrazioni culturali e sociali, che chiede, si informa, non si accontenta della favola che i tempi sono cambiati e che con essi devono cambiare anche le tradizioni, i sentimenti e il senso di bellezza che si è sedimentato nei secoli. Non è "quel gruppo di quattro contestatori", come riportava un alto prelato nei giorni scorsi.
Ma un popolo che si interroga sul senso dell’obolo per il restauro del Duomo, se poi il risultato è alieno da ciò che i fedeli cercano in una chiesa: preghiera e non effetti speciali.
Ma soprattutto c’è la consapevolezza che se le regole del gioco devono valere per tutti, allora è vigliaccheria dire che il Papa di liturgia non sa nulla, come ha inopinatamente sentenziato monsignor Santi, consulente della Cattedrale, novello Umberto Eco e poi bollare di mancata comunione col vescovo chi crede che invece il Papa sia un protagonista nel dibattito sulla liturgia, ormai da decenni avvizzita da abusi mai sanati.
A molti ha fatto comodo ricondurre il tutto alla critica ai restauri, nel merito dei quali nessuno è entrato non solo perchè sono piaciuti, ma anche perchè di fronte ai costosi lavori, c’è un comitato che ha lavorato con passione genuina per trovare i fondi (a proposito: quanti?) e un vescovo che lo ha promosso con sacrificio e zelo pastorale.
Il fatto è che in questo dibattito nel mirino non dovrebbe finire il vescovo, e nemmeno i progettisti che essendo pagati realizzano su commissione, ma quei monsignori di curia che seguendo le mode, spesso molto lontane dalla dottrina, si sono intestarditi per cercare soluzioni sperimentali in un luogo cristallizzato che ha parlato per secoli all’uomo. Sperimentazioni che il Papa attuale condanna e che non sono conformi a quanto il Magistero ha sempre detto sul corretto rivolgersi dell’uomo a Dio. E’ di questo che devono rispondere gli autori dello “stravolgimento liturgico”, non farsi schermo dietro al vescovo Caprioli, scaricandogli poi il peso della responsabilità di scelte e indirizzi, partoriti dalle loro elucubrazioni mentali e non dalla sensibilità dei fedeli.

fonte: IlGiornaleDiReggio.it

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