Una Messa da manuale
Il teologo Nicola Bux spiega perchè in cima alle preoccupazioni di Benedetto XVI c'è il "crollo della riturgia. E perchè il restauro delle forme di culto passa necessariamente per il discusso Motu Proprio sul rito in latino.
di Valerio Pece
«In questo modo si impedisce pure “ai fedeli di rivivere l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: ‘E i loro occhi si aprirono e lo riconobbero’”». Ecco spiegato in modo mirabile di cosa si parla quando si parla di cattiva liturgia. La citazione è presa da Redemptionis sacramentum, documento fortemente voluto da Giovanni Paolo II.
Sono rimasti in pochi oramai a negare che in campo liturgico ai documenti ufficiali del Concilio Vaticano II si sia sostituito abusivamente un invasivo “Spirito del Concilio”. Due esempi su tutti: il canto gregoriano e il latino, l’uso dei quali era indicato tra le “consegne” liturgiche più importanti del Concilio. Non si sa bene come, nella prassi, com’è noto, tutto è svanito. «Effettivamente come questo sia successo se lo chiedono in molti», dice a Tempi il teologo don Nicola Bux. «È una pagina ancora da chiarire. I fatti sono questi: Paolo VI costituì il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, con il compito, appunto, di “eseguire” ciò che era nella Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Su questa esecuzione è poi accaduto di tutto, perché confrontando la lettera del testo e le applicazioni successive appaiono differenze notevoli. Prendiamo il gregoriano. Al numero 116 della Sacrosanctum Concilium si legge che la Chiesa lo riconosce come “il canto proprio della liturgia romana” e come tale gli riserva “il posto principale”. Ora, “canto proprio” è un’espressione specifica, significa che il gregoriano è tutt’uno con il rito latino. Eliminare il canto proprio è come strappare la pelle di dosso a una persona. È quello che è stato fatto». La ragione accampata è che non lo si saprebbe cantare. «Ma questo è un falso problema», spiega il teologo. «Se pensiamo a quanti mottetti la gente canta, solo perché questi sono stati custoditi e perpetuati: la Salve Regina, il Kyrie… E poi basta davvero che il canto sia in italiano perché la gente canti?».
La stessa Chiesa in tutto il mondo
I biografi concordano che il fascino esercitato dal cattolicesimo su convertiti quali Newman, Benson e Chesterton, fu dovuto anche a quell’universalismo della liturgia latina che ancora oggi gioca un ruolo importante nel persuadere molti anglicani a bussare alla Chiesa di Roma. Ebbene, oltre il gregoriano certi occultamenti hanno riguardato anche il latino. Eppure la Sacrosanctum Concilium al n. 36 prescrive espressamente: “L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini”. «Tradurre le letture nelle lingue parlate – sostiene don Bux – è stata cosa buona, dobbiamo capirla. Ma il Papa ha aggiunto che “una presenza più marcata di alcuni elementi latini aiuterebbe a dare una dimensione universale, a far sì che in tutte le parti del mondo si possa dire: Io sono nella stessa Chiesa”. Almeno alla preghiera eucaristica e alla colletta il latino dovrebbe tornare. Tra l’altro Paolo VI stabilì che i messali nazionali fossero pubblicati sempre bilingui, italiano e latino. Per permettere in ogni momento la celebrazione in latino, poi per tenere allenati i sacerdoti, e infine poiché l’italiano cambia e le traduzioni, spesso vere e proprie interpretazioni, tendono sempre più a tradire. C’era una lettera del Papa che lo prescriveva: non gli hanno obbedito».
La liturgia è sacra se ha le sue regole. E se da un lato l’ethos, cioè la vita morale, è un elemento chiaro per tutti, dall’altro lato si ignora quasi totalmente che esiste anche uno jus divinum, un diritto di Dio a essere adorato. Don Bux: «Si dice: Dio, anche se c’è, con la mia vita non c’entra. Invece Dio c’entra con tutto. “Tutto mi appartiene”, si legge nelle Scritture, anche la vita del regista Monicelli gli apparteneva. Attenzione, perché il Signore è geloso delle sue competenze, e il culto è quanto di più gli è proprio. Invece proprio in campo liturgico siamo di fronte a una deregulation». Per sottolineare quanto senza jus ed ethos il culto diventa necessariamente idolatrico, nel suo recentissimo libro (Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme) don Nicola Bux cita un passo dell’Introduzione allo spirito della liturgia di Joseph Ratzinger. Scrive Ratzinger: «In apparenza tutto è in ordine e presumibilmente anche il rituale procede secondo le prescrizioni. E tuttavia è una caduta nell’idolatria (…), si fa scendere Dio al proprio livello riducendolo a categorie di visibilità e comprensibilità». E ancora: «Si tratta di un culto fatto di propria autorità (…) diventa una festa che la comunità si fa da sé; celebrandola, la comunità non fa che confermare se stessa». Il risultato è irrimediabile: «Dall’adorazione di Dio si passa a un cerchio che gira attorno a se stesso: mangiare, bere, divertirsi». Un effetto domino.
È fondamentale notare – scrive don Bux – che «la caricatura del divino in sembianza bestiale» è un chiaro indice del fatto che «lo stravolgimento del culto trascina con sé l’arte sacra». Difficile non pensare all’architettura di tante chiese moderne. Decadimento che riguarda anche musica e costumi, visto che intorno al vitello d’oro si cantava e danzava in modo profano. Insomma, è tutto legato alla liturgia. Non per nulla nella sua autobiografia (La mia vita, San Paolo) Ratzinger dichiarava solennemente: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia» .
Un gesto di ecumenismo
Facilmente, frequentando la Messa per dieci domeniche in parrocchie diverse, capiterebbe di assistere a dieci differenti liturgie. E se è vero che cattolico significa universale, qualcosa forse non torna. Eppure l’enciclica Ecclesia de Eucharistia era stata chiarissima: «La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante, né della comunità». La tesi di don Bux è che in soccorso alla liturgia potrebbe andare quel Motu proprio Summorum Pontificum che nel 2007 ha liberalizzato la forma straordinaria del rito latino. Per il teologo «le due forme del rito possono arricchirsi a vicenda, proprio a partire da questo clima religioso di Mistero, il Sitz im Leben, l’ambiente vitale dove è possibile incontrare Dio». Ma si può già fare un primo bilancio del Motu proprio? Don Bux risponde così: «Una settimana fa ero a Parigi. La Messa che dietro richiesta ho celebrato in forma straordinaria era affollatissima di giovani. Il parroco di Sainte-Clotilde mi diceva che celebra tranquillamente con i due riti, senza alcun problema. La verità è che dovremmo tutti liberarci da questa deleteria contrapposizione tra vecchio e nuovo rito, il nostro amato Papa incoraggia e desidera la continuità. E celebrare sia in forma ordinaria che straordinaria significa mettere in pratica questa continuità della Chiesa. Seguiamolo!».
Non si può nascondere, però, che siano molti a boicottare il Motu proprio. Per tutti, l’ex vescovo di Sora, Luca Brandolini, che alla notizia della liberalizzazione del rito straordinario confidò a Repubblica di aver pianto per quel “giorno di lutto”. Eppure in una prospettiva ecumenica la liberalizzazione della Messa antica è un passo avanti. «Lo ha dimostrato – aggiunge don Bux – il defunto patriarca di Mosca Alessio II, il quale applaudì al Motu proprio con parole chiarissime: “Il Papa ha fatto bene. Tutto ciò che è recupero della tradizione avvicina i cristiani tra loro”».
Secondo il teologo «il movimento di giovani creatosi intorno al rito antico è in forte crescita». Ma nessuno, specie se nato negli anni Settanta-Ottanta, può essere “tradizionalista” in nome della nostalgia per i bei tempi che furono. «Molti giovani domandano una sola cosa: incontrare il sacro. Ecco la ragione del successo della Messa gregoriana. Ignorare questa richiesta, che ha un contorno tutto spirituale e per nulla ideologico (come invece si vorrebbe far credere), è almeno contraddittorio per chi, per definizione, dovrebbe “episcopein”, cioè osservare, scrutare». La situazione è paradossale: «Si era fatto di tutto per rinnovare la liturgia e attirare i giovani, e adesso proprio loro non si sentono attratti. È un fatto che con la forma straordinaria del rito non pochi di loro riescano maggiormente ad adorare il Signore. La liturgia serve per dare al Signore la lode e la giusta adorazione. Una liturgia che non mette al primo posto il Signore è una fiction, e loro se ne accorgono. Quando i sacerdoti recitano la preghiera eucaristica (cioè il momento culminante della Messa, quello del Suo sacrificio per noi) continuando a roteare lo sguardo sul popolo invece che guardare alla Croce dinanzi a loro, diventa allora chiaro che non stanno parlando col Signore, non sono rivolti a Lui. E ciò non è senza conseguenze: i fedeli saranno portati a distrarsi, a scapito della partecipazione».
Ma quali “spalle al popolo”
Sta nascendo un movimento liturgico nuovo che guarda al modo di celebrare di Benedetto XVI. «La cosa di gran lunga più importante che il Papa vuol farci comprendere – dice don Bux – è l’orientamento del sacerdote, del suo sguardo soprattutto. “Là dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento” scrive magnificamente Benedetto XVI, ed è appunto questo il nocciolo della questione: il giusto orientamento». Sembra dunque di essere arrivati a uno snodo rischioso. «“In alto i nostri cuori, sono rivolti al Signore”, lo diciamo ma non lo facciamo. Se il sacerdote guardasse la croce, o il tabernacolo, ci sarebbe per i fedeli un effetto fortissimo. Se proprio dall’offertorio alla comunione il sacerdote non vuol stare rivolto ad Dominum, cioè a Oriente, abbia almeno la Croce al centro dinanzi a sé. Si badi bene, questo sarebbe possibile anche con i nuovi altari, per cui senza tornare a distruggere nulla (abbiamo assistito già alla demolizione dissennata di tanti altari antichi e belli), basterebbe porre sull’altare la croce e voltarsi ad essa. Esattamente come fa Benedetto XVI, che interpone la croce tra sé e i fedeli, una croce ben visibile». In fondo Ratzinger aveva in mente proprio questo quando si rammaricava perché «il sacerdote rivolto al popolo dà alla comunità l’aspetto di un tutto chiuso in se stesso». Eppure – si obietta – dare le spalle al popolo o anche solo interporre la croce sull’altare fa venir meno il senso di convivialità. «Conosco l’obiezione: è l’idea di Messa-banchetto che fa tanto “comunità di base anni Settanta”, dura a morire. Per questo fu coniata l’espressione “Messa di spalle al popolo”. Davvero è pensabile che le spalle al popolo del sacerdote farebbero perdere il senso di comunione? Ma questa, per esser tale, non deve venire prima dall’alto? Davvero il mistero della comunione ecclesiale si risolve nel guardare l’assemblea?», chiosa don Bux.
Gli strani intenti di Bugnini
C’è poi la lezione silenziosa di Benedetto XVI sulla comunione data in bocca e in ginocchio. «Un atteggiamento di riverenza – osserva il teologo pugliese – che rallenta la processione di comunione e rende più consapevoli del gesto. Avendo sempre chiaro che la comunione sulla mano è un gesto permesso da un indulto, cioè un atto dalla durata limitata, che invece è diventato regola». Don Bux aggiunge: «Oggi anche il tabernacolo è diventato “segno di conflitto”. Come non comprendere che se il tabernacolo non è più al centro, non sarà più ritenuto nemmeno il centro?». Da qui la sua proposta ai sacerdoti: uno scambio tabernacolo-sede sacerdotale al centro del presbiterio. «La gente tornerà a credere nel santissimo Sacramento, noi preti guadagneremo in umiltà e al Signore sarà restituito il posto che gli spetta ».
Tornando al Concilio “tradito”, Annibale Bugnini, indiscusso protagonista della riforma liturgica, dichiarava tranquillamente all’Osservatore Romano: «Dobbiamo togliere dalle nostre preghiere cattoliche e dalla liturgia cattolica ogni cosa che possa essere l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri fratelli separati, ossia i protestanti». Anche al di là della sua discussa appartenenza massonica su cui tanto è stato scritto (tra gli altri, dal vaticanista Andrea Tornielli su 30 Giorni), la vera domanda è se un intento come quello riportato sia stato ininfluente rispetto alla situazione in cui oggi versa la liturgia, a quella cioè che Benedetto XVI chiama «deformazione al limite del sopportabile». «Delle sue responsabilità – afferma don Bux – Annibale Bugnini risponderà al Signore. Un aiuto a capire la riforma può arrivare dal libro di Nicola Giampietro che contiene la testimonianza del cardinale Ferdinando Antonelli, autorevole protagonista di quel Consilium deputato a eseguire i documenti della riforma. Antonelli ha scritto cose decisamente forti sul clima che aleggiava in quel Consilium di cui Bugnini era il factotum, nonché sul ruolo di quei sei esperti protestanti che ebbero una funzione molto maggiore di quella di semplici osservatori. Servirebbe certamente pubblicare i diari secretati di Annibale Bugnini. Non foss’altro che per una maggiore comprensione di cosa sia stata davvero la riforma liturgica postconciliare».
Sono rimasti in pochi oramai a negare che in campo liturgico ai documenti ufficiali del Concilio Vaticano II si sia sostituito abusivamente un invasivo “Spirito del Concilio”. Due esempi su tutti: il canto gregoriano e il latino, l’uso dei quali era indicato tra le “consegne” liturgiche più importanti del Concilio. Non si sa bene come, nella prassi, com’è noto, tutto è svanito. «Effettivamente come questo sia successo se lo chiedono in molti», dice a Tempi il teologo don Nicola Bux. «È una pagina ancora da chiarire. I fatti sono questi: Paolo VI costituì il Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia, con il compito, appunto, di “eseguire” ciò che era nella Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium. Su questa esecuzione è poi accaduto di tutto, perché confrontando la lettera del testo e le applicazioni successive appaiono differenze notevoli. Prendiamo il gregoriano. Al numero 116 della Sacrosanctum Concilium si legge che la Chiesa lo riconosce come “il canto proprio della liturgia romana” e come tale gli riserva “il posto principale”. Ora, “canto proprio” è un’espressione specifica, significa che il gregoriano è tutt’uno con il rito latino. Eliminare il canto proprio è come strappare la pelle di dosso a una persona. È quello che è stato fatto». La ragione accampata è che non lo si saprebbe cantare. «Ma questo è un falso problema», spiega il teologo. «Se pensiamo a quanti mottetti la gente canta, solo perché questi sono stati custoditi e perpetuati: la Salve Regina, il Kyrie… E poi basta davvero che il canto sia in italiano perché la gente canti?».
La stessa Chiesa in tutto il mondo
I biografi concordano che il fascino esercitato dal cattolicesimo su convertiti quali Newman, Benson e Chesterton, fu dovuto anche a quell’universalismo della liturgia latina che ancora oggi gioca un ruolo importante nel persuadere molti anglicani a bussare alla Chiesa di Roma. Ebbene, oltre il gregoriano certi occultamenti hanno riguardato anche il latino. Eppure la Sacrosanctum Concilium al n. 36 prescrive espressamente: “L’uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini”. «Tradurre le letture nelle lingue parlate – sostiene don Bux – è stata cosa buona, dobbiamo capirla. Ma il Papa ha aggiunto che “una presenza più marcata di alcuni elementi latini aiuterebbe a dare una dimensione universale, a far sì che in tutte le parti del mondo si possa dire: Io sono nella stessa Chiesa”. Almeno alla preghiera eucaristica e alla colletta il latino dovrebbe tornare. Tra l’altro Paolo VI stabilì che i messali nazionali fossero pubblicati sempre bilingui, italiano e latino. Per permettere in ogni momento la celebrazione in latino, poi per tenere allenati i sacerdoti, e infine poiché l’italiano cambia e le traduzioni, spesso vere e proprie interpretazioni, tendono sempre più a tradire. C’era una lettera del Papa che lo prescriveva: non gli hanno obbedito».
La liturgia è sacra se ha le sue regole. E se da un lato l’ethos, cioè la vita morale, è un elemento chiaro per tutti, dall’altro lato si ignora quasi totalmente che esiste anche uno jus divinum, un diritto di Dio a essere adorato. Don Bux: «Si dice: Dio, anche se c’è, con la mia vita non c’entra. Invece Dio c’entra con tutto. “Tutto mi appartiene”, si legge nelle Scritture, anche la vita del regista Monicelli gli apparteneva. Attenzione, perché il Signore è geloso delle sue competenze, e il culto è quanto di più gli è proprio. Invece proprio in campo liturgico siamo di fronte a una deregulation». Per sottolineare quanto senza jus ed ethos il culto diventa necessariamente idolatrico, nel suo recentissimo libro (Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme) don Nicola Bux cita un passo dell’Introduzione allo spirito della liturgia di Joseph Ratzinger. Scrive Ratzinger: «In apparenza tutto è in ordine e presumibilmente anche il rituale procede secondo le prescrizioni. E tuttavia è una caduta nell’idolatria (…), si fa scendere Dio al proprio livello riducendolo a categorie di visibilità e comprensibilità». E ancora: «Si tratta di un culto fatto di propria autorità (…) diventa una festa che la comunità si fa da sé; celebrandola, la comunità non fa che confermare se stessa». Il risultato è irrimediabile: «Dall’adorazione di Dio si passa a un cerchio che gira attorno a se stesso: mangiare, bere, divertirsi». Un effetto domino.
È fondamentale notare – scrive don Bux – che «la caricatura del divino in sembianza bestiale» è un chiaro indice del fatto che «lo stravolgimento del culto trascina con sé l’arte sacra». Difficile non pensare all’architettura di tante chiese moderne. Decadimento che riguarda anche musica e costumi, visto che intorno al vitello d’oro si cantava e danzava in modo profano. Insomma, è tutto legato alla liturgia. Non per nulla nella sua autobiografia (La mia vita, San Paolo) Ratzinger dichiarava solennemente: «Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia» .
Un gesto di ecumenismo
Facilmente, frequentando la Messa per dieci domeniche in parrocchie diverse, capiterebbe di assistere a dieci differenti liturgie. E se è vero che cattolico significa universale, qualcosa forse non torna. Eppure l’enciclica Ecclesia de Eucharistia era stata chiarissima: «La liturgia non è mai proprietà privata di qualcuno, né del celebrante, né della comunità». La tesi di don Bux è che in soccorso alla liturgia potrebbe andare quel Motu proprio Summorum Pontificum che nel 2007 ha liberalizzato la forma straordinaria del rito latino. Per il teologo «le due forme del rito possono arricchirsi a vicenda, proprio a partire da questo clima religioso di Mistero, il Sitz im Leben, l’ambiente vitale dove è possibile incontrare Dio». Ma si può già fare un primo bilancio del Motu proprio? Don Bux risponde così: «Una settimana fa ero a Parigi. La Messa che dietro richiesta ho celebrato in forma straordinaria era affollatissima di giovani. Il parroco di Sainte-Clotilde mi diceva che celebra tranquillamente con i due riti, senza alcun problema. La verità è che dovremmo tutti liberarci da questa deleteria contrapposizione tra vecchio e nuovo rito, il nostro amato Papa incoraggia e desidera la continuità. E celebrare sia in forma ordinaria che straordinaria significa mettere in pratica questa continuità della Chiesa. Seguiamolo!».
Non si può nascondere, però, che siano molti a boicottare il Motu proprio. Per tutti, l’ex vescovo di Sora, Luca Brandolini, che alla notizia della liberalizzazione del rito straordinario confidò a Repubblica di aver pianto per quel “giorno di lutto”. Eppure in una prospettiva ecumenica la liberalizzazione della Messa antica è un passo avanti. «Lo ha dimostrato – aggiunge don Bux – il defunto patriarca di Mosca Alessio II, il quale applaudì al Motu proprio con parole chiarissime: “Il Papa ha fatto bene. Tutto ciò che è recupero della tradizione avvicina i cristiani tra loro”».
Secondo il teologo «il movimento di giovani creatosi intorno al rito antico è in forte crescita». Ma nessuno, specie se nato negli anni Settanta-Ottanta, può essere “tradizionalista” in nome della nostalgia per i bei tempi che furono. «Molti giovani domandano una sola cosa: incontrare il sacro. Ecco la ragione del successo della Messa gregoriana. Ignorare questa richiesta, che ha un contorno tutto spirituale e per nulla ideologico (come invece si vorrebbe far credere), è almeno contraddittorio per chi, per definizione, dovrebbe “episcopein”, cioè osservare, scrutare». La situazione è paradossale: «Si era fatto di tutto per rinnovare la liturgia e attirare i giovani, e adesso proprio loro non si sentono attratti. È un fatto che con la forma straordinaria del rito non pochi di loro riescano maggiormente ad adorare il Signore. La liturgia serve per dare al Signore la lode e la giusta adorazione. Una liturgia che non mette al primo posto il Signore è una fiction, e loro se ne accorgono. Quando i sacerdoti recitano la preghiera eucaristica (cioè il momento culminante della Messa, quello del Suo sacrificio per noi) continuando a roteare lo sguardo sul popolo invece che guardare alla Croce dinanzi a loro, diventa allora chiaro che non stanno parlando col Signore, non sono rivolti a Lui. E ciò non è senza conseguenze: i fedeli saranno portati a distrarsi, a scapito della partecipazione».
Ma quali “spalle al popolo”
Sta nascendo un movimento liturgico nuovo che guarda al modo di celebrare di Benedetto XVI. «La cosa di gran lunga più importante che il Papa vuol farci comprendere – dice don Bux – è l’orientamento del sacerdote, del suo sguardo soprattutto. “Là dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento” scrive magnificamente Benedetto XVI, ed è appunto questo il nocciolo della questione: il giusto orientamento». Sembra dunque di essere arrivati a uno snodo rischioso. «“In alto i nostri cuori, sono rivolti al Signore”, lo diciamo ma non lo facciamo. Se il sacerdote guardasse la croce, o il tabernacolo, ci sarebbe per i fedeli un effetto fortissimo. Se proprio dall’offertorio alla comunione il sacerdote non vuol stare rivolto ad Dominum, cioè a Oriente, abbia almeno la Croce al centro dinanzi a sé. Si badi bene, questo sarebbe possibile anche con i nuovi altari, per cui senza tornare a distruggere nulla (abbiamo assistito già alla demolizione dissennata di tanti altari antichi e belli), basterebbe porre sull’altare la croce e voltarsi ad essa. Esattamente come fa Benedetto XVI, che interpone la croce tra sé e i fedeli, una croce ben visibile». In fondo Ratzinger aveva in mente proprio questo quando si rammaricava perché «il sacerdote rivolto al popolo dà alla comunità l’aspetto di un tutto chiuso in se stesso». Eppure – si obietta – dare le spalle al popolo o anche solo interporre la croce sull’altare fa venir meno il senso di convivialità. «Conosco l’obiezione: è l’idea di Messa-banchetto che fa tanto “comunità di base anni Settanta”, dura a morire. Per questo fu coniata l’espressione “Messa di spalle al popolo”. Davvero è pensabile che le spalle al popolo del sacerdote farebbero perdere il senso di comunione? Ma questa, per esser tale, non deve venire prima dall’alto? Davvero il mistero della comunione ecclesiale si risolve nel guardare l’assemblea?», chiosa don Bux.
Gli strani intenti di Bugnini
C’è poi la lezione silenziosa di Benedetto XVI sulla comunione data in bocca e in ginocchio. «Un atteggiamento di riverenza – osserva il teologo pugliese – che rallenta la processione di comunione e rende più consapevoli del gesto. Avendo sempre chiaro che la comunione sulla mano è un gesto permesso da un indulto, cioè un atto dalla durata limitata, che invece è diventato regola». Don Bux aggiunge: «Oggi anche il tabernacolo è diventato “segno di conflitto”. Come non comprendere che se il tabernacolo non è più al centro, non sarà più ritenuto nemmeno il centro?». Da qui la sua proposta ai sacerdoti: uno scambio tabernacolo-sede sacerdotale al centro del presbiterio. «La gente tornerà a credere nel santissimo Sacramento, noi preti guadagneremo in umiltà e al Signore sarà restituito il posto che gli spetta ».
Tornando al Concilio “tradito”, Annibale Bugnini, indiscusso protagonista della riforma liturgica, dichiarava tranquillamente all’Osservatore Romano: «Dobbiamo togliere dalle nostre preghiere cattoliche e dalla liturgia cattolica ogni cosa che possa essere l’ombra di una pietra d’inciampo per i nostri fratelli separati, ossia i protestanti». Anche al di là della sua discussa appartenenza massonica su cui tanto è stato scritto (tra gli altri, dal vaticanista Andrea Tornielli su 30 Giorni), la vera domanda è se un intento come quello riportato sia stato ininfluente rispetto alla situazione in cui oggi versa la liturgia, a quella cioè che Benedetto XVI chiama «deformazione al limite del sopportabile». «Delle sue responsabilità – afferma don Bux – Annibale Bugnini risponderà al Signore. Un aiuto a capire la riforma può arrivare dal libro di Nicola Giampietro che contiene la testimonianza del cardinale Ferdinando Antonelli, autorevole protagonista di quel Consilium deputato a eseguire i documenti della riforma. Antonelli ha scritto cose decisamente forti sul clima che aleggiava in quel Consilium di cui Bugnini era il factotum, nonché sul ruolo di quei sei esperti protestanti che ebbero una funzione molto maggiore di quella di semplici osservatori. Servirebbe certamente pubblicare i diari secretati di Annibale Bugnini. Non foss’altro che per una maggiore comprensione di cosa sia stata davvero la riforma liturgica postconciliare».
Fonte: settimanale Tempi.it (vicino al movumento di CL) del 22.12.2010
Quel libro lo raccomando vivamente a tutti! Molto interessante ed utile!
RispondiEliminaGrazie, Mons. Bux!!!
A Barletta queste parole sono eretiche e hanno creato il finimondo.
RispondiEliminaNon scoraggiamoci, Semplice Fedele! La nostra amatissima Puglia tornerà ad essere ciò che è sempre stata fin dai secoli antichi: la "Terra Santa" d'Italia! Una regione costellata di santuari, racchiusa tra due roccaforti della Fede Cristiana (Monte Sant'Angelo e Finibus Terrae) una terra benedetta dall'estasi dei Mistici e dal sangue di centinaia di Martiri...La Puglia è una perla preziosa fatta per adornare il diadema della Vergine Maria!!!
RispondiEliminaIo me lo sono comprato qualche giorno fa e adesso lo sto leggendo... è davvero fantastico!
RispondiEliminaHo acquistato il libro qualche settimana fa e l'ho letto in una serata. E' validissmo sotto tutti gli aspetti e dovrebbe essere diffuso soprattutto tra i giovani seminaristi. Vi rendete conto che cosa viene insegnato nei seminari e nelle Facoltà teologiche degli Istituti religiosi e quale formazione liturgica viene impartita ai giovani candidati al sacerdozio? Meglio non parlarne! Per questo, dico: "Bravo Don Bux", grazie per questo tuo libro e per gli altri che abbiamo letto e apprezzato.
RispondiEliminae ora che Papa Bnedetto ha deciso di beatificare il suio predecessore, come la mettiamo?
RispondiEliminaMultinick, e allora? Dov'è il problema della beatificazione di Wojtyla?
RispondiElimina<span>Infatti. Basti pensare che già in questo (molto bello) articolo, sono citati due documenti di GP II, che indicano come egli non approvasse certo l'abusivismo liturgico.
RispondiEliminaInoltre non dimentichiamo che i primi sdoganamenti della liturgia tridentina arrivarono proprio con Wojtyla: fu lui, con 2 documenti degli anni 80, a volere per primo la liberalizzazione dell'antica messa, invitando pure i vescovi ad essere larghi nel concedere permessi (ma questo fu purtroppo un errore, non teorico, ma pratico. L'episcopato di allora era in buona parte come quello di adesso e le iniziative papali rimasero lettera morta. Per questo B16 ha voluto che si 'scavalcassero' i vescovi).
Lei forse pensa alle messe show durante i viaggi? Ma intanto bisogna vedere se la celebrazione di tutte quelle messe era davvero un guazzabuglio di abusi ed eresie (non si lasci ingannare dalle immagini televisive, ad esempio, dei danzatori di questa o quella nazione, le tv tendono sempre a mostrare solo ciò che colpisce gli occhi). Inoltre Wojtyla aveva il senso della misura (in Zaire, nel 1980, rifiutò di partecipare ad una messa di 2 ore dove la cultura locale avrebbe eccessivamente invaso la liturgia) e poi bisogna pure vedere cosa voleva il papa e cosa invece fecero gli organizzatori (proprio come ad Assisi nel 1986, dove le critiche di Ratzinger erano rivolte non all'idea del pontefice, ma alla pessima organizzazione che sembrò avallare l'idea che tutte le religioni sno ugualmente valide).</span>
Appoggiata al muro perché non ha cavalletto, si diceva da ragazzi :-D
RispondiEliminae questa decisione di accelerare davvero un appoggio solido non ce l'ha !
RispondiElimina(soprattutto se continua a scavalcare quella riguardante Pio XII....)
e quando saranno pubblicati i diari secretati di Bugnini ?
RispondiEliminaSe è vero che farebbero un grande servizio alla storia del concilio, tutta da riscrivere, completa di un simile documento -dal vivo osservatorio in cantiere dei demolitores liturgici-, dobbiamo credere che i sommi vertici del Vaticano lo permetterebbero ? (se sono gli stessi che stanno spingendo il papa verso le strane direzioni che spesso ci sconcertano.....temo di no)
… <span>È fondamentale notare – scrive don Bux – che «la caricatura del divino in sembianza bestiale» è un chiaro indice del fatto che «lo stravolgimento del culto trascina con sé l’arte sacra»…</span>
RispondiEliminaEn effet… Et ceci parce que l'Art sacré est, lui aussi, un Rite: peindre une icône, construire une église, cela exige préparation et prière. Le vrai peintre d'icône jeûne avant de prendre ses pinceaux… Un tel Rite ne peut donc s'accomplir qu'au sein de la Tradition (qui sait, elle, de quoi elle parle) et ne peut, en aucune façon, être livré à la fantaisie ou à l'initiative individuelle. C'est toute la différence entre l'Art sacré et l'art religieux, qui n'est qu'une variété de l'art profane… Celui-ci exalte la créativité, le subjectivisme, se fonde souvent sur des pulsions désordonnées. L'Art sacré suppose, au contraire, l'humilité, la soumission aux "canons", le dépouillement de soi. En un mot: il suppose une ascèse. Comme la Sainte Messe, quand elle est dûment célébrée, et quand le prêtre a reçu une formation authentique, ce qui est hélas! rarement le cas aujourd'hui…
<p><span><span>Purtroppo difficilmente si può parlare di un libro, l’autore salta spesso di palo in frasca e come il 68ino che era, parte per la tangente e commette gravi imprecisioni.</span></span>
RispondiElimina</p><p><span><span>1. Omette di dire che l’esperienza dei due discepoli di Emmaus: è stata quella dello spezzare il pane. Paura di dare all’eucaristia la connotazione conviviale? Prendete e mangiatene tutti, chi l’ha detto? Il primo atto di adorazione è mangiare il pane della vita e bere del calice della salvezza? O no?</span></span>
</p><p><span><span>2. Perché usa “spirito del Concilio” quando vuole criticare il Concilio o le conseguenti decisioni di Paolo VI?</span></span>
</p><p><span><span>3. Dovrebbe trovare migliori argomenti per difendere il latino; l’argomento della universalità è erroneo. Perché non ricorrere ad una lingua viva e contaminabile come l’inglese? Perché non va bene il vernacolo? Il vernacolo è la lingua dell’eresia?</span></span>
</p><p><span><span>4. La sacralità-intangibilità della liturgia è storicamente smentita; la liturgia è sempre cambiata, in occidente e in oriente. </span></span>
</p><p><span><span>5. Il Concilio ha distinto le parti mutabili da quelle immutabili, niente dell’immutabile è stato tolto, il mistero sacrificale e salvifico è stato preservato; Quello che doveva essere aggiunto è stato aggiunto, così è la tradizione vivente: vedere http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-perche-celebrare-col-messale-di-paolo-vi-63641681.html</span></span>
</p><p><span><span>6. Dio con l’incarnazione del Figlio, ha scelto di farsi adorare in modo umano. Che scandalo c’è? Mica la liturgia è la pietra della Mecca. Non è idolatria avere un’idea sacrale e precristiana della preghiera? Adorare in Spirito e verità non deve mai confondersi con l’estetismo.</span></span>
</p><p><span><span>7. La liturgia non è proprietà dei singoli e dei gusti personali. Quanto c’è di gusto personale nel preferire alla normalità della Chiesa un forma rituale superata e inadeguata, non perché lo dico io, ma perché l’ha detto la Chiesa?</span></span>
</p><p><span><span>8. Cos’è questo sacro anonimo, precristiano che la gioventù vorrebbe incontrare? Spero Bux non ritenga il sacro preferibile al santo?</span></span></p>
<p><span><span>9. Perché si intestardisce a voler rivoltare di nuovo l’altare? L’altare verso il popolo non rende mica invalida la Messa. E allora?</span></span>
RispondiElimina</p><p><span><span>10. La sede del presidente ha un ruolo fondamentale nella liturgia, simbolizza Cristo che guida il popolo di Dio in cammino. Perché non dovrebbe avere una posizione centrale ed elevata? </span></span>
</p><p><span><span>11. Perché confonde contemplazione extraliturgica, devozione paraliturgica con la liturgia? Il tabernacolo non è un polo della celebrazione. Perché non dovrebbe stare a parte? La contemplazione non deve farsi in un luogo appartato e riservato? Non fa così anche Gesù nella sua preghiera personale?</span></span>
</p><p><span><span>12. Bisognerebbe trattare con più rispetto i sei esperti non cattolici. Uno di questi, Thurian, si è pure convertito. E già da calvinista di Taizè affermava la presenza reale e definiva l'Eucaristia: memoriale del Signore, sacrificio di azione di grazia e d'intercessione (e l’anafora di Taizè è totalmente ortodossa). Fr. Roger ha ricevuto la comunione direttamente dal papa attuale. Non è una cosa bella, invece che stare a rinfocolare i conflitti del passato?</span></span>
</p><p><span><span>In sintesi: un libro discutibile e pieno di scorrettezze. Non ci fate una bella figura a recensirlo.</span></span></p>
Altre "argomentazioni" trite e ritrite?
RispondiEliminaJ perchè non risponde?
RispondiEliminaPerchè non ho nè tempo nè voglia... oltretutto, siccome sono le solite lagne, non servirebbe nemmeno la migliore dissertazione per farle cambiare idea. (Con tutto il rispetto per lei, ma credo proprio sia così).
RispondiEliminaProvo a rispondere a qualche punto in modo estemporaneo:
3) in effetti il migliore argomento per la difesa del latino viene proprio da Sacrosantum Concilium al n. 36 "L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini".
4) la liturgia è sempre cambiata, ma non alla maniera del rito di Paolo VI... sono pratico un pochino di rito ambrosiano...tra i manoscritti e il messale del Card. Shuster non trovo questa grande differenza...o trovo piccoli adattamenti, ma sempre nell'ottica della conservazione di un rito con minimi adattamenti, e quando interviene una riforma essa è volta ad un "ritorno all'ordine", anche brutalmente parlando, con un corpus rubricale più restrittivo (vedi riforme di S. Carlo); la riforma di Paolo VI ha creato un ordo missae confuso perchè io non trovo che "l'ordinamento rituale della messa sia riveduto in modo che apparisca più chiaramente la natura specifica delle singole parti e la loro mutua connessione" (cfr sacrosantum concilium n 50), ma ha creato grandi confusioni (tipo scambiare il Kyrie per un atto penitenziale), e dà un corpus rubricale che consente di tutto e in più è costantemente disatteso in questo modo consente di tutto e di più.
5) non è un po' confusa alla luce dell'obiezione 4? E inoltre, perchè vogliamo pretendere di dir Messa come celebrava S. Pietro? Innovazioni recenti devono per forza essere negative?
Siete strani voi modernisti: esaltate la modernità ma pretendete di tornare all'antichità più remota (cavillando su misere fonti e presentando mere ipotesi come la quintessenza della liturgia) e poi rifiutate come terribilmente moderne e da censurare innovazioni di X secolo (recentissime, non vi pare)
Diciamo globalmente che dietro alle osservazioni 4 e 5 ci sta un grosso equivoco! No? O meglio lo si intende come rifiuto totale di ogni tradizione ed evoluzione (ebbene sì, è nel concetto di tradizione che vi sta compreso quello di evoluzione, non nell'"archeologia"
6) Io sono convinto (ma liberi di smentirmi) che l'adorazione "in spirito e verità" non c'entri un fico secco qui.
Mi spiego: siamo al vangelo della Samaritana, giusto? Ella chiede se bisogna adorare Dio al tempio (col sacrificio di pingui animali...cfr preconio pasquale ambrosiano, splendida summa sul Sacrificio di Cristo) o sul monte alla maniera dei samaritani.
Cristo risponde che si adorerà Dio in spirito e verità: non è forse questa la Messa? Il VERO sacrificio, che avviene SPIRITUALMENTE perchè l'agnello non è electus e grege, sed evectus e caelo (sempre il preconio)
7) La liturgia è della Chiesa. Benissimo. Perfettamente d'accordo. Bisogna spiegare a molti preti e vescovi che devono agire nel nome della chiesa, il che vuol dire anche piantarla di fare quello che vogliono ed essere docili a ciò che la chiesa chiede loro di fare.
Se la chiesa chiede di mettere la stola sotto la casula, perchè la si omette? E queste molte piccole omissioni non vanno a creare il defectus intentionis di "fare ciò che fa la chiesa" requisito base per la validità di ogni sacramento (per quel poco che ne so io...)?
9) certo che l'altare verso il popolo non rende invalida la messa, ma concorre a confonderne il senso, mi pare proprio che sia alieno alla tradizione cristiana, e invenzione protestante. Che poi vi fossero "altari al popolo" e vi sono ancora e di venerabile antichità, non vuol mica dire che celebrassero "verso il popolo"...ma qui rimando a studi più dettagliati e di persone molto più preparate di me, che ho leggiucchiato a spizzichi e bocconi, quindi non pretendo di saperne. Ma non c'era un libro di Klaus Gamber (mica mia zia!) in proposito?
RispondiElimina10) perchè il sacerdote esercita un ministerium...può il servo essere in posizione preminente rispetto al padrone?
Dimenticavo i saluti! ;)
RispondiEliminaE se ho sbagliato, mi corregirete!
RispondiEliminaLa liturgia non è proprietà di questo o di quello e non è fatta per soddisfare i gusti personali, concordo. Ma a Taizé si sono sentiti in diritto di "farsi" la loro anafora e a Bose si sono sentiti in diritto di "farsi" il loro rito, come mai?
RispondiEliminaSe sentivano la necessità di adattare il rito romano alla loro vita spirituale potevano fare le richieste del caso alla competente Congregazione, passando magari per le competenti conferenze episcopali no?
Lei è persona intelligente, dovrebbe però rispondere a tutti i punti, semprechè le vada... La ringrazio.
RispondiEliminaGiovanni Paolo II fu certamente un vescovo zelante, un papa di coscienza intemerata e uno spirito orante come pochi. Farlo passare come un demolitore della liturgia è grottesco. Bastava vederlo celebrare, anche negli ultimi anni, per capire su che basi teologiche e mistiche era fondata la sua visione liturgica: incontro mistico altro che palestra di sociologia. Aggiungo inoltre che egli non era affatto contrario alla tiara e che fu l'ultimo papa ad indossare il fanone e la croce patriarcale.
RispondiEliminaChe fosse circondato da novatori (Noé, Martini) è purtroppo vero ed è altrettanto vero che negli ultimi anni, col venir meno delle forze, essi abbiamo decisamente "forzato la mano" al pontefice. Al proposito sono convinto che, tutto preso nella sua eroica difesa dell'integrità della fede e della morale cristiana, il venerato pontefice abbia (ingenuamente) sottovalutato la questione liturgica e soprattutto la portata dell'esempio dato dalle liturgie papali. E' pur vero, come giustamente ricordato, che sull'uso del Messale giovanneo fu più generoso del suo predecessore e anzi in alcune occasioni ebbe modo di parlare con venerazione delle "bellissime preghiere" in esso contenute.
Di niente... è che non si può sapere tutto di tutto. Dovrei magari documentarmi,ma appunto, non ho tempo.
RispondiEliminaDimenticavo per il punto 11: sul tabernacolo. Mi par di ricordare uno scritto di Pio XII che indica come il luogo naturale del tabernacolo sia all'altare, perchè in fondo è "de eodem mysterio"! No? Adorazione in connessione al Sacrificio. Ora non ricordo dove lo dicesse, magari qualcuno mi può aiutare.
Inoltre è sempre questione del tema archeologismo/sviluppo: non è cosa sublime che la chiesa, approfondendo il mistero collo studio e la fede abbia intuito che il posto migliore per il tabernacolo sia connesso all'altare? Chi ci assicura che quelli che venivano prima di noi facessero meglio solo perchè venivano prima di noi? Bisogna chiedersi: meglio così o cosà? E perchè?
Oltretutto mi par d'aver visto altari di riti orientali (penso uniati) col tabernacolo sulla mensa.
Taizè nasce protestante e coltiva l'ecumenismo fino al punto di "raggiungere" (in diversi esponenti) la chiesa cattolica, rimanendo fedele a sè stessa. L'anafora di Taizè testimonia questo cammino.
RispondiEliminaLei cita una citazione dal vostro Breve esame critico. Ma il Bignami non è il Denzinger. Le distinzioni che ho scritto in 11, sono l'ABC della teologia liturgica. Bisogna prenderne atto. Altrimenti il 90% delle Basiliche dovrebbe essere considerata modernista ed eretica. Neppure Williamson è capce di arrivare a ciò e neppure voi. Almeno spero.
RispondiEliminaMah, Williamson sarà magari un pazzo...ma mica un cretino eh!
RispondiEliminaComunque, non mi pare si tratti del Breve esame critico e faccio presente che quel testo non è scritto nè da pazzi nè da cretini!
Sono estremamente convinto si tratti di Pio XII, solo non ricordo dove.
Niente da dire sulle basiliche: non mi scandalizzo che il tabernacolo nelle basiliche fosse in una cappella: vi scandalizzate di più voi per il tabernacolo sull'altare!
Aggiungiamo che lo stesso Caerimoniale Episcoporum (quello "vecchio"! Non quello nuovo...che rasenta un po' la barzelletta...mi chiedo se chi l'ha compilato abbia mai fatto il chierichetto!), ingiungeva di traslare in una cappella il Santissimo Sacramento quando all'altare dove lo si conserva normalmente si svolge un rito pontificale: e ciò per non voltargli mai le spalle, dato che spesso un pontificale può prevedere il faldistorio alla predella.
Quanto al Denziger, se me lo regala mi fa un piacere! Sono un povero studente squattrinato!
Saluti!
Mi associo a quanto osservato da J circa le deduzioni scandalizzate del Pastor Ille.
RispondiEliminaVorrei solo aggiungere due note riguardanti la sede c.d. presidenziale (parola oscena).
La tradizione di Oriente e Occidente prevedeva sempre lasede, anche del Patriarca, a unlato e mai al centro. Nell'Oriente così amato dai progressisti liturgici è ancora così.
Perchè tale sede dovrebbe avere la posizione centrale ed elevata che era del tabernacolo? Ma, di grazia, per sostituire il Signore con un suo ministro.
Bisogna solo riordinare le cose, mi pare dica don Bux nel volume che ho letto con molto piacere, e anche a proposito della lingua liturgica Pastor Ille non si rende conto che indicando il più usato inglese quale preferibile si pronunzia contro il Concilio.
Don Bux non critica affatto il Concilio e nemmeno Paolo VI.
Consiglierei a Pastor Ille, date le sue opzioni, di cambiare nome: magari That sheperd..... così lo riconosciamo meglio, anche in Terranova e in Induscezia.
Sììì!!!aspetta e spera che renderanno pubblici quei documenti!!!!!!mo' l'hai visti!!!!!!
RispondiEliminaSe poi dovesse venir fuori un diario tipo "versione-rocca-tarocca"del 3° segreto di Fatima "promulgata" dall'Emminentissimo Cardinal Sodano?
No,decisamente meglio di no!Lascia perdere!
è vero anche che Pastor Ille potrebbe sempre far notare che ad esempio, nella Papale Basilica di S. Giovanni capo e madre di tutte le chiese dell'orbe, la sede è nel centro dell'abside, così è, ad esempio anche nella Basilica di S. Ambrogio in Milano, e in innumerevoli altre basiliche.
RispondiEliminaMa noi lo preveniamo dicendo due cose:
1) tali sedi erano riservate AI VESCOVI
2) è molto diverso lo spirito che porta a fare le sedi in tale guisa...
Grazie a Don Magnifico per la compagnia nella confutazione.
Saluti a tutti! Etiam pastori illi!
Reverendi, cosa ne pensate della cripta della basilica di San Pietro a Perugia? Il cartello dice che e` una chiesa paleocristiana. Comunque, l'altare e` di tipo bizantino, staccato dalla parete, ma cosi` vicino da rendere la celebrazione versus populum impossibile. Ovviamente l'est e` verso il muro.
RispondiEliminaInfatti i bizantini non celebrano "verso il popolo" nemmeno a pagarli! A parte gli uniati "bugninizzati"...
RispondiEliminaPastor ille: lei crede ne Sacrificio eucaristico, nella Transustanziazione? Mi spiega perchè non dovremmo "irritare" i cosiddetti "fratelli protestanti". E più in generale, con tanti siti protestanti, cosa ci fa qui?
RispondiEliminamanca il punto n. 8
RispondiEliminaPastor ille mi ha fatto venire in mente una domanda che faceva un grande teologo: Dove è Gesù ?
RispondiEliminaRingrazio chi volesse rispondere.
<span>in realtà i tanti protestanti reali (ma non dichiarati), continuano a stazionare dentro la Chiesa, nelle parrocchie e dentro i media e i blog, col preciso scopo di scardinare la Fede della Chiesa, già da tempo obnubilata e vacillante, (v. lucignolo fumigante...), demolendone le Fondamenta Dottrinali e la Divina Liturgia nativa, istituita da Nostro Signore, stravolgendola e sostituendovi una umana-artificiale, che non alimenta più la Fede, oscurando totalmente il Santo Sacrificio di Gesù, Agnello immacolato immolato al Padre per i nostri peccati.
RispondiEliminaEssi fanno <span>con successo crescente, dall'interno</span>, lo stesso lavoro che hanno fatto i famosi 6 osservatori-consultori invitati al Concilio: demolizione efficace, molto al di là dei sogni di Lutero, che si stanno realizzando pienamente.
Fino all'estremo punto di dissoluzione della Santa Chiesa: allorchè Dio stesso interverrà tangibilmente nella travagliata vicenda di autodemolizione, con il suo "Basta", a riedificarla completamente rinnovata, "santa e immacolata al suo cospetto" con la mediazione-intercessione di Maria Santissima, che ne è pre-figurazione e Madre, generando e ri-generando i suoi figli in Cristo.</span>
i sostenitori bugniniani di una Messa sempre più-riformata, fino all'estremo oblio e scomparsa del Santo Sacrificio, i quali continuamente contestano la Liturgia di sempre, spacciando il loro stravolgimento per un ritorno alle orgini (v. insano archeologismo bollato da Pio XII) e per una più fedele interpretazione e celebrazione della vera Messa voluta da Nostro Signore (!),
RispondiEliminami ricordano da vicino i miei compagni contestatori 68ini i quali, mentre criticavano aspramente con discorsi sinistri, pieni di violenza rivoluzionaria, il parlamentarismo borghese della vecchia generazione dirigente, ne imitavano completamente i gesti e il linguaggio parlamentare, dalla A alla Z, compreso il lessico e gli intercalari.
Essi usavano la democrazia, e tutti i suoi strumenti, per scardinare il sistema stesso democratico-parlamentare.
cfr.
portare l'attacco al cuore dello Stato
far esplodere le contraddizioni del sistema...
così i rivoluzionari della Chiesa fanno ancora qui oggi, e da 45 anni (hanno usato lo strumento- concilio per scardinare la Chiesa dalle Fondamenta)
basta sostituire alla parola Stato : Chiesa
" " sistema : Liturgia del Sacrificio
(ma le contraddizioni, come lo scandalizzarsi per il tabernacolo sull'altare, e voler girare l'altare al popolo, per fargli "recepire" meglio il Mistero, le hanno inventate loro, ispirati e istruiti da satana....)
ovvero ancora: come distruggere la Casa, piazzandosi nei sotterranei, segandone piano piano le fondamenta....
<p><span>A proposito di "antico rito" o "rito tradizionale"...</span>
RispondiElimina</p><p><span>"Si deve sempre ricordare che anche il tradizionalismo è una delle forme con cui si pone fine a una tradizione. Se la tradizione è riducibile a un repertorio chiuso (di canti, di riti, di vesti, di norme, di testi …) ciò indica che la tradizione, in quanto tale, si è esaurita, è ridotta a museo, e l’unica via per accedervi non è più la vita e neppure la ragione, ma solo una modalità della “archeologia”, non importa se culturale o ecclesiale".</span>
</p><p><span>(A. GRILLO, La prospettiva escatologica del rito, in A.N. Terrin, La natura del rito. Tradizione e rinnovamento, Padova 2010, p. 259)</span></p>
J dice: 2) è molto diverso lo spirito che porta a fare le sedi in tale guisa...
RispondiEliminaQuale? Quello del papa-re o del vescovo conte? che altro?
Vorrei solo sottolineare che il concetto di Tradizione che abbiamo noi, diversamente a quello che sospetta Pastor Ille, è un concetto dinamico e non museografico: egli che, pur non amando il latino, dovrebbe conoscere l'etimo del termine, sa bene che "tradere" non implica un idea di fissismo e misoneismo (vediamo se i grecismi gli vanno meglio! slla scia di kerigma, presbiterio diocesano, etc etc).
RispondiEliminaPer quanto riguarda la musica, ad esempio, il canto gregoriano (in latino), canto proprio di entrambi i riti - ad aonta dei favoleggianti interpreti delle norme conciliari - è stato per secoli anc il odello e la fonte ispiratrice della musica liturgica (seria) da Perotinus a Frescobaldi, a Palestrina e fino a Perosi, Refice, Bartolucci.
Anche nel vigore dell'antico rito si sono consumati scempi musicali inenarrabili, a spese della liturgia e per colpa del clero alla moda connivente con i musicisti "benpensanti", ma eventualiintromissioni profane (ops! secolaristiche) venivano da un mondo tuttavia cristiano fin nelle viscere, quando oggi non è più così.
Il ripristino del gregoriano e della musica organitica o corale ad esso ispirata, di una sana polifonia anche conemporanea, magari in forme uove, ma ancorate alla Tradizione cattolica rituale, oggi permetterebbe di attuare le parole di Paolo VI all'AISC nel mai lodato assai 1968 "Tutto ciò che è fuori del tempio, non sempre è atto a varcarne lasoglia" e non voglio citare Pio XII, Pio XI, Pio X, Clemente XIII, Benedetto XIV, Urbano VIII, Alessandro VII, il Concilio di Trento, Giovanni XXII e tutti gli altri, per non sembrare pedante.
A quanto predicò - inascoltato! - Paolo VI si rifece Giovanni Paolo II in interventi e documenti sulla musica liturgica, ma anche lui restò inascoltato.
Oggi presumiamo cheil contagio buono che può venire dalla maggiore osservanza delle norme rituali, presupposta nell'Antico Rito, possa estendersi al Rito Nuovo che, se osservate le rubriche (ops! indicazioni del Messaale), e possibilmente - almeno in una chiesa per ogni città - in latino, può essere di straordinario frutto per i fedeli.
I preti si arrangino.....!
Comunque J ha ragione da vendere quando dice che i bizantini non celebrerebbero mai versus populum.
RispondiEliminaNemmeno per tutto l'oro del mondo, nonostante la tradizionale cupidigia dei popoli orientali.
A quella degli occidentali è bastato, evidentemente, molto ma molto meno per barattare antiche ed intatte tradizioni.
Sul ruolo furviante di Bugnini rtengo che il libro di Bux sia alquanto delicato e diplomatico.
Forse, quando gli archivi si apriranno, sapremo cose che ..... scagioneranno i sei osservatori protestanti!
Non avete ancoro spiegato quale differenza c'è tra la cattedra-(trono) centrale ed elevata del Vescovo di Roma e perchè va bene e invece perchè va male la sede centrale ed elevata del presidente della celebrazione.
RispondiEliminala viglila del 30 giugno 1988 (famoso giorno delle ordinazioni ai 4 vescovi di Econe) Radio Vaticana diceva
RispondiElimina"80% dei preti e dei fedeli abbandoneranno Mgr Lefebvre." In realtà il 93% dei sacerdoti presenti sono rimasti con monsignore.
Da quel giorno la tradizione "econiana" non ha cessato di crescere in numero di fedeli, priorati, seminaristi, scuole... nel mondo,
costituendo una vistosa eccezione nello scivolone postconciliare che ha svuotato la Chiesa di tutto!
se questo é per lei tradizionalismo che uccide la tradizione...
io la chiamo sana vitalità della Chiesa.
Ancora una volta va precisato che anche prima della riforma liturgica DI REGOLA l'altare non era affatto aderente al muro absidale (salvo gli altari laterali e quelli nelle chiese di piccole dimensioni). L'altare doveva essere collocato in modo tale da avere spazio sufficiente per consentire al celebrante di girarvi attorno durante l'incensazione.
RispondiEliminaSaluti
Si è passati dal concetto di Pontifex a quello di show-man... era più elegante prima, no?
RispondiEliminaLa stupidaggine qui è tutta farina del suo sacco.
Prima di tutto perchè avevano sede fissa solo i vescovi; inoltre quelle antiche sedi sono sempre fatte in modo da non togliere centralità all'Altare, e inoltre come ho già chiosato più sopra la differenza è tra Cathedra e sedia dello Show-man.
RispondiEliminaMa tanto non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Io non ho mai detto che non va bene la cattedra in mezzo: va bene ma con le dovute distinzioni!
Strano, significa che tutti gli altari principali in tutte le chiese ante CVII erano "fuori regola"?
RispondiEliminatutto preso nella sua eroica difesa dell'integrità della fede e della morale cristiana, il venerato pontefice AVREBBE (ingenuamente) sottovalutato la questione liturgica ????????
RispondiEliminanon é che stiamo impazzendo tutti ?
La liturgia é il cuore della Chiesa. L'integrità della chiesa e della morale cristiana passa, deriva, é garantita dalle grazie che scendono dal cielo durante le messe.
Adesso, non é che io semplice fedele da 2 soldi lo devo spiegare al papa... lo dovrebbe sapere! E' perché tante messe non erano piu degne che c'é stato tutto sto casino di una crisi senza precedenti!
Diciamo che il paziente aveva il cuore malato e la Chiesa operava i reni! Con tutto il rispetto, io direi che forse il chirurgo non aveva capito qualcosa...
Non sto inventanto INFATTI BXVI dice la stessa identica cosa e ha detto si uscirà dalla crisi RITORNANDO A UNA SANA LITURGIA - vedi appunto libro di Nicola Bux
Ho personalmente constatato che l'altare maggiore (antico) nelle cattedrali di Mantova, Ferrara, Brescia, Cremona, Venezia, Napoli - per non parlare degli altari nelle basiliche romane - è perfettamente staccato dalla parete absidale.
RispondiEliminaLascio ai vari partecipanti al forum, nelle loro rispettive città. verificare se questo è vero.
RispondiElimina8) la gioventù che cerca la liturgia tridentina applica (senza forse neppure saperlo esprimere) il principio del "lex orandi, lex credendi": c'è una correlazione strettissima tra senso del sacro e santità e, indubbiamente, il sacro si avverte di più nelle liturgie Vetus Ordo. Chi ha modo di partecipare ad entrambe le forme liturgiche si accorge che la più distratta delle Vetus Ordo arricchisce l'anima molto più della più ordinata delle Novus Ordo.
RispondiElimina9) apostrofare così dispregiativamente il ritorno alla Tradizione è indice di una mentalità da mafioso: creato abusivamente uno status quo (nessun documento ha mai imposto di "girare gli altari"), lo si difende a spada tratta, fingendo di non sapere che il problema non sta nel "rivoltare" l'altare, ma nel ripristinarne un significato originario: il sacerdote, al pari dei fedeli (e intermediario per questi ultimi verso Dio), rivolto "versus Deum".
10) la sede del "presidente" (una volta non si diceva "celebrante"?) posta in posizione centrale trasforma la liturgia "verso Dio" in una liturgia ping-pong tra il "presidente"-presentatore e l'assemblea-"pubblico". Cioè, di fatto, tradisce la liturgia (specialmente alla luce della mentalità contemporanea). Se qualcuno conosce un modo per mantenere il "presidente" al centro e convincere qualche centinaio di migliaia di sacerdoti a mettere al centro non sé stessi ma il sacramento, è il benvenuto.
11) cos'è questa roba? "contemplazione extraliturgica"? "devozione paraliturgica"? che significa tutto questo suo latinorum? Ma lo sa che lei parla proprio come un neocatecumenale? Dove sarebbe tutta quella "confusione" che lei accusa?
12) non si capisce cosa c'entrino i "non cattolici" con la liturgia. Come mai c'è bisogno di mendicare l'opinione del giocatore di calcio quando si intendono modificare le regole del gioco degli scacchi?
In sintesi: l'intervento dell'utente che si firma "Pastor Ille", pur di mettere in cattiva luce le scottanti questioni poste a tema da monsignor Bux, riversa un cumulo di "augiate" (dal verbo Augé) tra i commenti di questo blog.
Perché uno così non lo fanno vescovo?
RispondiEliminaDon Augè o don Bux?
RispondiEliminaAugé discepolo di Bugnini: somaro l'alunno e somaro il professore.
RispondiEliminaMa di quali restauri di forme andate cianciando! Alludete forse ai broccati delle pianete ed alle mitre ricamate a filo d'oro?
RispondiEliminaRispondo a b.T., che almeno è cortese, cominciando a rovescio,per comodità.
RispondiElimina12) Gli osservatori protestanti li tirano sempre fuori i tradizionalisti, come fossero ignoranti e in malafede; ne ho difeso uno, per tutti.
11) e 8) Ho già detto che la differenza tra liturgia e devozione è l'ABC della teologia liturgica. Differenza che i tradizionalisti ignorano bellamente, confondendo ciò che è azione sociale, con quello che è atteggiamento individuale; quello che conta nella liturgia è il noi (la chiesa) non l'io. Un esempio: quale è il modo dovuto per adorare il Corpo e il Sangue di Cristo? non certo quello di prosternarsi in inchini e genuflessioni, ma quello di prenderlo e mangiarlo (questo ovviamente non significa che non bisogna fare inchini e genuflessioni, ma che inchini e genuflessioni sono funzionali alla comunione con il Corpo e Sangue). Un altro esempio: quale è il modo proprio per accedere al sacrificio di Cristo? il modo tutto spiritualistico che qualche giorno fa ha detto il giovane 24enne, incongruamente sostenuto dal pur intelligente redattore? No! il modo proprio di accesso è sempre lo stesso: alla comunione con il Corpo e Sangue di Cristo.
Se si capisse e insegnasse questo, si potrebbero celebrare un miliardo di messe di Pio V, perchè sarebbero celebrate non contro lo spirito liturgico, contro la tradizione bimillenaria orientale-occidentale, ma nello spirito liturgico e nella tradizione vivente.
10) Se fosse veramente un ping pong, sarebbe un ping pong l'Ascolta Israele degli ebrei e l' Ascoltatelo della teofania del Giordano. Basta che il prete stia anche lui in ascolto della Parola e non un padrone della Parola.
9) L'altare verso il popolo serve a mostrare il comune rivolgersi di tutta l'assemblea in preghiera verso il Signore Gesù che viene; oggi l'altare girato col prete di spalle servirebbe solo a far riemergere tentazioni sacralizzanti, senza aggiunger niente al culto eucaristico.
7), 6) e 5) Il Concilio ha chiesto che la Chiesa non si arroccasse in sè, ma si mettesse in gioco verso gli uomini di buona volontà, anche lontani. Tutto quello che porta i lontani verso Gesù è buono; nessuno obbliga nessuno ad essere neocatecumenale, focolarino o rinnovamento dello Spirito; ma nessuno deve imprigionare la chiesa in modi di celebrare che allontanano e non avvivinanano più, quantunque oggi sembri purtroppo siano tornati di moda; le mode passano.
4) e 1) La liturgia attuale riprende meglio le modalità dell'Ultima cena, meglio rispetto al rito tridentino e consente la migliore partecipazione, non psicologica, ma pratica alla Croce di Cristo.
2) Come diceva il vostro cardinale Siri, leggete i testi del Concilio in ginocchio e resterete edificati.
Mi spiega il rev. Pastor Ille cosa voglia significare "oggi l'altare girato col prete di spalle servirebbe solo a far riemergere tentazioni sacralizzanti, senza aggiunger niente al culto eucaristico. "
RispondiEliminaFavorisce il culto eucaristico aver confinato funzionalmente il tabernacolo in un angolo o in una cappella laterale?
<span><span>è la solita potenza tenebrosa della menzogna, divulgata capillarmente e martellata per decenni dal potere effettivo insediato, per manipolare le masse acritiche e portarle all'oblio graduale del Santo Sacrificio, ad un unico preciso fine: condurle (ben ottenebrate) a quel giorno in cui, raggiunta la totale perdita del suo senso, significato e UTILITA' -davanti agli occhi e nelle coscienze- esso si potrà totalmente abolire: vero colpo da maestro di satana.</span></span>
RispondiEliminaCaro 1479,
RispondiEliminacapiamo il suo timore,
e ci eravamo posti il problema se intervenire o meno,
poi fortunatamente il lettore BT ha saputo intervenire con cognizione di causa, e ha confutato e corretto le teorie di pasto ille.
Ancora un pensiero al rev.mo Pastor Ille.
RispondiEliminaAd un vecchio come me sembra ancora strano che un cattolico parli con maggior reverenza degli osservatori protestanti più volte nominati, che del card. Siri o di altri presuli cattolici che hanno svolto funzioni di tutela e difesa della fede e sulla cui fedeltà a Pietro non si possa mai dire alcunchè.
Saranno ubbie legate alla mia età ......
Salutatemi Pastor Ille....
RispondiEliminaChe non si legge dopo le numerose smentite che ha avuto.
Avete letto che cosa ha scritto sul suo blog Liturgia opus Trinitatis?
Buona lettura.
Sono andato a leggerlo e ho parecchi dubbi in proposito, seppure debba osservare una generale moderazione di forme e garbo nel porgere molte cose (al limite del condivisibile).
RispondiEliminaSe è vero che Pastor ille fosse Augè, auspicherei un confronto pubblico fra lui e don Bux.
Sarebbe un bel vedere e un bel sentire.
Assicuro di non essere Augè. Ma finitela di darmi identità plurime :) ! Se volete approfondire, c'è un libretto http://www.queriniana.it/libro/beati-gli-invitati-alla-cena-dell-agnello/1881 che vi dice le cose come stanno, meglio di come le dico io. Niente di neocatecumenale, solo Concilio Vaticano II.
RispondiEliminaBeato Lei allora: uno, nessuno, centomila! :-D
RispondiEliminaVolevo replicare anche alle altre repliche di P.Ille ma sono sparite; si possono recuperare?
RispondiElimina