"Una burla del pievano Arlotto" di B. Franceschini, detto il Volterrano, Palazzo Pitti (XVII sec) |
Il Piovano Arlotto (cioè il pievano Arlotto) è personaggio fisso della tradizione popolare toscana; alcuni suoi aneddoti e motti sono passati in proverbio e fanno tuttora parte del folclore contadino di quella regione. Dietro la tradizione c’era peraltro una persona autentica, un sacerdote di nome Arlotto Mainardi (1396-1484), parroco della chiesa di San Cresci a Macioli, nel Mugello. Una chiesetta molto antica, del secolo X, restaurata nel Quattrocento ma con un campanile che risale al 1273. Notissimo per le sue burle, i suoi scherzi da prete, lo spirito caritatevole che lo rese popolare e amatissimo dai suoi fedeli, l’arguzia e la spregiudicatezza delle storielle che dispensava ai suoi interlocutori attingendo a un repertorio amplissimo e originale, il Piovano volle persino predisporre per sé un’epigrafe funeraria (sul pavimento dell’attuale Oratorio di Gesù Pellegrino, a Firenze) degna della sua fama: “Questa sipoltura a facto fare il Piovano Arlocto per se e per tucte quelle persone le quali drento entrare vi volessino”.
Curato da un amico rimasto anonimo, un volume dal titolo Motti e facezie del Piovano Arlotto uscì poco dopo la morte del Mainardi, nei primi anni del secolo XVI. Vi sono raccolte 218 brevi storielle, alcune delle quali molto divertenti, interessanti comunque tutte come documento linguistico della Toscana popolare all’epoca di Lorenzo il Magnifico.
[Del volume esiste un’edizione moderna a cura di a cura di G. Folena, Ricciardi, Milano-Napoli, 1995), ma io ne ho consultato un’edizione elettronica nel CD-ROM Letteratura Italiana Zanichelli del 2001 (LIZ 4).]
Nella nostra rassegna il buon Piovano appare (con la sua facezia n. XL) per un motivo contingente: qualche settimana fa, in uno dei dibattiti di questo blog, un lettore polemizzava – se non ricordo male – contro il “malvezzo tridentino” di ripetere tre volte, nel rito della Messa, ciascuna invocazione “Kyrie eleison, Christe eleison, Kyrie eleison”. Come è noto, con la riforma Bugnini ogni invocazione (tradotta “Signore pietà, Cristo pietà, Signore pietà”) viene invece ripetuta due volte. Ecco: “malvezzo”, potrebbe anche essere (!) ma tridentino proprio no: la novellina qui riportata, che dice esplicitamente: “si dice nove volte”, è stata scritta e pubblicata un secolo prima del Concilio di Trento. Con dedica speciale del Piovano Arlotto per i nostri approssimativi, e livorosi, archeologisti da combattimento.
Giuseppe
Se non erro, s. Filippo Neri leggeva Motti e facezie prima di celebrare Messa per moderare l'ardore eccessivo che lo mandava spesso in estasi.
RispondiEliminaCosì ho letto anch'io. Se non è vera è ben trovata :) .
RispondiEliminaMi pare che Papini, in una lettera a Domenico Giuliotti, sostenga che San Filippo portava sempre con sé tre soli libri: la Vita del Beato Colombini di Feo Belcari, le Facezie del Piovano Arlotto e le Laude di Jacopone da Todi...
direi piuttosto: PIEVANO Arlotto.
RispondiEliminaQuanto al Kyrieleison, gli ortodossi lo ripetono nove volte in tutto, se non ricordo male, di sicuro almeno tre.
Luca, lo ripetono un numero di volte ben piu` grande. Poi ripetono la litania varie volte durante la Divina Liturgia. Pero`, a differenza che a casa nostra, nessuno ha mai osato dire loro che sono "ripetizioni inutili"!
RispondiEliminahttp://www.myriobiblos.gr/texts/greek/chrysostom_liturgy4.htm
senza scomodare i bizantini gli ambrosiani nelle celebrazioni solenni, prima di salire in presbiterio nella processione d'ingresso ne cantano 12 di kyrie. Ma loro possono!!!!!
RispondiEliminanelle Messe moderniste invece guai a cantare il Gloria e/o il Credo in Gregoriano, altrimenti la Messa diventa troppo lunga!
RispondiEliminaSalvo poi scartavetrarci le scatole con noiose e vuote omelie di 20 e passa minuti... non e' meglio una predica piu' corta?!?