Di fronte alla crisi che nel quattro-cinquecento attanaglia la Chiesa cattolica, i suoi vescovi “vagabondi” e parte del suo clero, la riforma proposta dal monaco agostiniano Lutero viene a toccare il concetto stesso di sacerdozio, di gerarchia. L’attacco al papa, non nella singola persona, ma nell’istituzione in quanto tale, all’“idolo”, si accompagna alla proclamazione del sacerdozio universale e quindi alla negazione del Sacramento dell’Ordine.
A proposito di questo, a livello pratico, non si tralascia di far leva sull’anticlericalismo, particolarmente presente in un’epoca in cui il popolo cristiano poteva assistere alla confusione fra potere spirituale e potere temporale, alla bramosia di mondanità rappresentata, al sommo livello, da varie figure di principi vescovi, ma anche da sacerdoti intenti ad accumulare incarichi e prebende, più che alla cura animarum. È evidente che una nuova concezione del sacerdozio, unita alla dottrina della “sola fides”, porti con sé, consequenzialmente, la riforma di ciò che è compito precipuo del sacerdote, cioè l’amministrazione dei sacramenti e la celebrazione della Messa. “Io dichiaro - scrive lutero nell’Omelia della I di Avvento - che tutti i postriboli, gli omicidi, i furti, gli assassinii e gli adulteri sono meno malvagi di quell’abominazione che è la messa papista” .
E nel “Contra Henricum”: Quando la messa sarà distrutta, penso che avremo distrutto anche il papato... Infatti il papato poggia sulla messa come su una roccia. Tutto questo crollerà necessariamente quando crollerà la loro abominevole e sacrilega messa” . Comprendere la riforma liturgica proposta da Lutero significa allora cogliere le radici profonde, teologiche, della sua polemica. Poco serve il solito impelagarsi in una trattazione storica che si riduca ad una elencazione cronachistica, settoriale - che non coglie l’essenza - delle preghiere della messa cattolica mantenute e di quelle tolte, dei cambiamenti accennati e non realizzati, delle tappe successive e talora contraddittorie di un lento e progressivo delinearsi del rito... Fin da subito infatti Lutero ha presente il cardine, lo spirito della sua azione, ma chiaramente i “dettagli”, gli aspetti “secondari” tardano ad allinearsi, a chiarirsi nella sua mente, ad essere conformati in modo consequenziale. Talora è il conflitto coi discepoli, talora la volontà di non turbare le “coscienze deboli” che determinano ripensamenti, passi indietro, la non applicazione di principi teorici già espressi, o riforme realizzate tacitamente ma non esplicitate, non dichiarate .
Talora infine è la grande libertà nelle cerimonie, che Lutero ammette in linea di principio, a rendere poco proficua una analisi solo anatomica e diacronica della messa protestante. Per tutti questi motivi occorre identificare originari fili conduttori, immediatamente presenti al riformatore, ma che saranno dipanati nel tempo, un nucleo, lo spirito stesso, e non i dettagli, della riforma liturgica, che consiste principalmente nei tre aspetti della condanna della nozione di sacrificio, dell’altare versus populum e dell’uso del volgare.
A proposito di questo, a livello pratico, non si tralascia di far leva sull’anticlericalismo, particolarmente presente in un’epoca in cui il popolo cristiano poteva assistere alla confusione fra potere spirituale e potere temporale, alla bramosia di mondanità rappresentata, al sommo livello, da varie figure di principi vescovi, ma anche da sacerdoti intenti ad accumulare incarichi e prebende, più che alla cura animarum. È evidente che una nuova concezione del sacerdozio, unita alla dottrina della “sola fides”, porti con sé, consequenzialmente, la riforma di ciò che è compito precipuo del sacerdote, cioè l’amministrazione dei sacramenti e la celebrazione della Messa. “Io dichiaro - scrive lutero nell’Omelia della I di Avvento - che tutti i postriboli, gli omicidi, i furti, gli assassinii e gli adulteri sono meno malvagi di quell’abominazione che è la messa papista” .
E nel “Contra Henricum”: Quando la messa sarà distrutta, penso che avremo distrutto anche il papato... Infatti il papato poggia sulla messa come su una roccia. Tutto questo crollerà necessariamente quando crollerà la loro abominevole e sacrilega messa” . Comprendere la riforma liturgica proposta da Lutero significa allora cogliere le radici profonde, teologiche, della sua polemica. Poco serve il solito impelagarsi in una trattazione storica che si riduca ad una elencazione cronachistica, settoriale - che non coglie l’essenza - delle preghiere della messa cattolica mantenute e di quelle tolte, dei cambiamenti accennati e non realizzati, delle tappe successive e talora contraddittorie di un lento e progressivo delinearsi del rito... Fin da subito infatti Lutero ha presente il cardine, lo spirito della sua azione, ma chiaramente i “dettagli”, gli aspetti “secondari” tardano ad allinearsi, a chiarirsi nella sua mente, ad essere conformati in modo consequenziale. Talora è il conflitto coi discepoli, talora la volontà di non turbare le “coscienze deboli” che determinano ripensamenti, passi indietro, la non applicazione di principi teorici già espressi, o riforme realizzate tacitamente ma non esplicitate, non dichiarate .
Talora infine è la grande libertà nelle cerimonie, che Lutero ammette in linea di principio, a rendere poco proficua una analisi solo anatomica e diacronica della messa protestante. Per tutti questi motivi occorre identificare originari fili conduttori, immediatamente presenti al riformatore, ma che saranno dipanati nel tempo, un nucleo, lo spirito stesso, e non i dettagli, della riforma liturgica, che consiste principalmente nei tre aspetti della condanna della nozione di sacrificio, dell’altare versus populum e dell’uso del volgare.
CONDANNA DELLA NOZIONE DI SACRIFICIO
Ciò contro cui il monaco riformatore viene precipuamente a scontrarsi è la tradizionale nozione cattolica di messa, intesa sì come memoriale e banchetto, ma, prima e soprattutto, come rinnovazione incruenta del sacrificio della croce, come rievocazione - riattuazione mistica dell’offerta che Cristo fece di sé al Padre, per la salvezza degli uomini. Sacrificio che, come nel mondo ebraico, greco, romano... aveva anche una funzione di ringraziamento, sottomissione e di impetrazione alla divinità, dando luogo solo in un secondo momento alla consumazione e alla compartecipazione. “Vi è un rapporto sorprendente - scrive J.Hani - fra l’altare di Mosè e il nostro (cattolico, nda.) altare. Mosè costruisce un altare ai piedi del Sinai, offre il sacrificio e fa due metà con il sangue: una è data al Signore (più esattamente: è versata sull’altare che Lo rappresenta) e l’altra la asperge sul popolo...”.
Per Lutero, invece, “la messa non è un sacrificio, o l’azione del sacrificatore... Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del Signore o memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la si macchi col nome di sacrificio” . Il sacrificio quotidiano, rinnovato più volte ogni giorno nella Messa, toglierebbe infatti valore all’unico sacrificio di Cristo, avvenuto in un preciso momento storico e sufficiente da solo a cancellare i peccati del mondo, definitivamente. Questa concezione porta, soprattutto ne “L’abominio della messa silenziosa. Il cosiddetto canone”, del 1525, a modificare la parte essenziale del rito, eliminando i vari accenni al sacrificio presenti: soprattutto il “Te igitur”, nel quale si dice “haec dona, haec munera, haec sancta sacrificia illibata” ed il riferimento ad Abele. “Ora va rimosso anche il secondo scandalo, che è molto più esteso e appariscente, cioè la convinzione, diffusa un po’ dappertutto, che la Messa sia un sacrificio offerto a Dio. Anche le parole del Canone sembrano orientate in questo senso, dove dice «questi doni, queste offerte, questi santi sacrifici», e poi «questa offerta».
E ancora, si chiede in modo chiarissimo che il sacrificio sia gradito come quello di Abele, eccetera. Perciò Cristo è chiamato vittima dell’altare” . Nell’insegnamento cattolico, che Lutero trova riassunto in Pietro Lombardo, infatti, il sacrificio dell’agnello fatto da Abele, la morte di Cristo, “agnus Dei” sulla croce, e Cristo come vittima, “hostia”, nella Messa, sono collegati, in quanto il primo non è che la prefigurazione veterotestamentaria dei secondi. Da un punto di vista esteriore, tangibile, occorrerà allora abolire la lettura silenziosa del canone, in quanto essa esclude i fedeli, anch’essi sacerdoti, dalla partecipazione, e soprattutto mette in evidenza l’idea della messa come “azione del sacrificatore”. Implica infatti che il prete, e solo lui, sia concepito come “altro Cristo”, e quindi ad un tempo il sacerdote e la vittima: per questo legge silenziosamente il canone, separando nettamente, col cambiamento di tono di voce e di atteggiamento, la parte della narrazione (“Il quale nella vigilia della passione prese...”), da quella della consacrazione (“Questo è infatti il mio corpo”), e cioè il memoriale, cui tutti devono far riferimento, dalla azione attuale, reale ri-attuazione mistica del sacrificio. Con Lutero così il canone silenzioso perde di significato, divenendo tutta la cerimonia esclusivamente banchetto e memoriale, e come tale atto comunitario legato all’ascolto e alla rievocazione di un avvenimento storico e non più evento precipuamente soprannaturale, il sacrificio, intrinsecamente efficace (non necessitando della presenza dei fedeli), cui assistere, comunque, da silenziosi e adoranti spettatori, come ai piedi del Golgota.
“Atto comunitario”, si è detto, opposto ad un rito che può essere “privato”, ma che non vuole esserlo in senso assoluto: è il significato del termine “comunità” a mutare, ad assumere connotazioni diverse. Nel concetto protestante esso implica una presenza fisica, concreta, l’incontrarsi reale, attuale, che permette la con-celebrazione e l’ascolto. “L’idea basilare del Protestantesimo - così sintetizza Laura Ferrari - è la convinzione che Dio si manifesta nella comunità, in ciascuno dei suoi membri, convocati attorno alla Santa Mensa per celebrare la Cena e ascoltare la Parola...” .
Il rito cattolico, invece, sacrificale e solo secondariamente conviviale, comporta la supposizione dell’esistenza, sempre, della comunione fra Chiesa militante, purgante, negata dai protestanti, e trionfante, che si realizza, anche in assenza del popolo, per i meriti di Colui “che è il capo del corpo, che è la Chiesa”, attraverso la ricaduta benefica che ha la celebrazione, come la morte del Venerdì santo, sull’universo intero. La messa cattolica, scrive John Bossy, era intessuta di “preghiere di intercessione in vernacolo per le autorità... i frutti della terra, per gli amici” e “non faceva altro che unire i vivi coi morti nell’atto del sacrificio”: E papa Gregorio Magno (Dial. IV 58.2), scriveva: “nell’ora del Sacrificio, alla voce del sacerdote i Cieli si aprono... a questo Mistero partecipano anche i cori angelici... l’Alto e il basso si congiungono, il Cielo e la terra si uniscono, il visibile e l’Invisibile divengono una sola cosa”.
Per Lutero, invece, “la messa non è un sacrificio, o l’azione del sacrificatore... Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del Signore o memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la si macchi col nome di sacrificio” . Il sacrificio quotidiano, rinnovato più volte ogni giorno nella Messa, toglierebbe infatti valore all’unico sacrificio di Cristo, avvenuto in un preciso momento storico e sufficiente da solo a cancellare i peccati del mondo, definitivamente. Questa concezione porta, soprattutto ne “L’abominio della messa silenziosa. Il cosiddetto canone”, del 1525, a modificare la parte essenziale del rito, eliminando i vari accenni al sacrificio presenti: soprattutto il “Te igitur”, nel quale si dice “haec dona, haec munera, haec sancta sacrificia illibata” ed il riferimento ad Abele. “Ora va rimosso anche il secondo scandalo, che è molto più esteso e appariscente, cioè la convinzione, diffusa un po’ dappertutto, che la Messa sia un sacrificio offerto a Dio. Anche le parole del Canone sembrano orientate in questo senso, dove dice «questi doni, queste offerte, questi santi sacrifici», e poi «questa offerta».
E ancora, si chiede in modo chiarissimo che il sacrificio sia gradito come quello di Abele, eccetera. Perciò Cristo è chiamato vittima dell’altare” . Nell’insegnamento cattolico, che Lutero trova riassunto in Pietro Lombardo, infatti, il sacrificio dell’agnello fatto da Abele, la morte di Cristo, “agnus Dei” sulla croce, e Cristo come vittima, “hostia”, nella Messa, sono collegati, in quanto il primo non è che la prefigurazione veterotestamentaria dei secondi. Da un punto di vista esteriore, tangibile, occorrerà allora abolire la lettura silenziosa del canone, in quanto essa esclude i fedeli, anch’essi sacerdoti, dalla partecipazione, e soprattutto mette in evidenza l’idea della messa come “azione del sacrificatore”. Implica infatti che il prete, e solo lui, sia concepito come “altro Cristo”, e quindi ad un tempo il sacerdote e la vittima: per questo legge silenziosamente il canone, separando nettamente, col cambiamento di tono di voce e di atteggiamento, la parte della narrazione (“Il quale nella vigilia della passione prese...”), da quella della consacrazione (“Questo è infatti il mio corpo”), e cioè il memoriale, cui tutti devono far riferimento, dalla azione attuale, reale ri-attuazione mistica del sacrificio. Con Lutero così il canone silenzioso perde di significato, divenendo tutta la cerimonia esclusivamente banchetto e memoriale, e come tale atto comunitario legato all’ascolto e alla rievocazione di un avvenimento storico e non più evento precipuamente soprannaturale, il sacrificio, intrinsecamente efficace (non necessitando della presenza dei fedeli), cui assistere, comunque, da silenziosi e adoranti spettatori, come ai piedi del Golgota.
“Atto comunitario”, si è detto, opposto ad un rito che può essere “privato”, ma che non vuole esserlo in senso assoluto: è il significato del termine “comunità” a mutare, ad assumere connotazioni diverse. Nel concetto protestante esso implica una presenza fisica, concreta, l’incontrarsi reale, attuale, che permette la con-celebrazione e l’ascolto. “L’idea basilare del Protestantesimo - così sintetizza Laura Ferrari - è la convinzione che Dio si manifesta nella comunità, in ciascuno dei suoi membri, convocati attorno alla Santa Mensa per celebrare la Cena e ascoltare la Parola...” .
Il rito cattolico, invece, sacrificale e solo secondariamente conviviale, comporta la supposizione dell’esistenza, sempre, della comunione fra Chiesa militante, purgante, negata dai protestanti, e trionfante, che si realizza, anche in assenza del popolo, per i meriti di Colui “che è il capo del corpo, che è la Chiesa”, attraverso la ricaduta benefica che ha la celebrazione, come la morte del Venerdì santo, sull’universo intero. La messa cattolica, scrive John Bossy, era intessuta di “preghiere di intercessione in vernacolo per le autorità... i frutti della terra, per gli amici” e “non faceva altro che unire i vivi coi morti nell’atto del sacrificio”: E papa Gregorio Magno (Dial. IV 58.2), scriveva: “nell’ora del Sacrificio, alla voce del sacerdote i Cieli si aprono... a questo Mistero partecipano anche i cori angelici... l’Alto e il basso si congiungono, il Cielo e la terra si uniscono, il visibile e l’Invisibile divengono una sola cosa”.
CELEBRAZIONE VERSUS POPULUM; TAVOLA AL POSTO DELL'ALTARE.
Un’altra riforma “esteriore”, che è però conseguenza di premesse teologiche, è l’abolizione dell’altare “ad Deum”, inteso come ara sacrificale su cui un pontefice, nel senso etimologico, realizzi la consacrazione; così lutero condanna l’usanza di porre le reliquie dei martiri, immagine del sacrificio degli uomini che si unisce a quello di Cristo, all’interno dell’altare, in quanto esso va ora inteso non più come luogo di immolazione, del “martirio” rinnovato di Gesù, ma come semplice tavola su cui si realizza la “Cena del Signore”. “...nella vera messa - scrive nel 1526 - fra puri cristiani, l’altare non dovrebbe rimanere così e il sacerdote dovrebbe sempre rivolgersi verso il popolo, come ha fatto senza dubbio Cristo nell’Ultima Cena. Ma attendiamo che il tempo sia maturato per ciò” . Quasi chiosando il suo pensiero (che non fu però realizzato in tutti i gruppi protestanti) il riformatore anglicano Thomas Cranmer, 25 anni dopo, spiegherà che “la forma di tavola è prescritta per portare la gente semplice dalla idea superstiziosa della Messa papista al buon uso della Cena del Signore. Infatti, per offrire un sacrificio occorre un altare; al contrario, per servire da mangiare agli uomini occorre una tavola” . Ciò a maggior ragione nell’ottica luterana per cui “il sacerdozio non è niente altro che servizio” di predicazione della S. Scrittura e quindi un servizio rivolto al popolo (versus populum): la centralità dell’azione sacrificale del sacerdote, altro Cristo che si rivolge a Dio Padre, propria del rito cattolico, viene sostituita con la centralità della Parola, la “sola scriptura”. “Tutta la terra - sostiene polemicamente nel trattato intitolato “Sulla prigionia babilonese della Chiesa” - è piena di sacerdoti, di vescovi, di cardinali, di ecclesiastici, ma nessuno di loro ha il compito di predicare, a meno che non riceva una nuova chiamata speciale” . Questo stesso concetto, la preminenza della Parola e dell’ascolto scritturale, porta ad esclamare, nel medesimo scritto: “Perché deve essere lecito celebrare la Messa in greco, latino o ebraico e non anche in tedesco o in qualsiasi altra lingua?”
L'INTRODUZIONE DEL VOLGARE
L’introduzione del volgare al posto del latino è invero un’altra capitale innovazione, che risulterà funzionale anche alla formazione delle Chiese nazionali e ad accelerare la separazione del mondo protestante da Roma, della Germania dal suo passato latino, nella religione, nelle lettere e nella cultura in genere. Come l’evangelizzatore S. Bonifacio del Wessex, “Grammaticus Germanicus” e il vescovo Rabano Mauro, autore dell’inno liturgico “Veni Creator Spiritus” e soprannominato “praeceptor Germaniae”, avevano portato ai tedeschi, tramite il latino, la Fede cattolica e la cultura romana antica, “conquistando quella terra alla romanità”, è ancora in buona parte attraverso la lingua adottata nella liturgia e nei testi sacri che Lutero e Melantone, giustamente ribattezzati anch’essi “precettori della Germania”, attuano una rottura con il passato e danno vita ad una diversa stagione non solo religiosa, ma anche culturale e politica .
In ultima analisi l’adozione del volgare appare funzionale, in genere, a tutta la concezione della messa luterana, che potremmo definire orizzontale, contrapposta a quella verticale - dall’uomo a Dio, attraverso il sacerdote mediatore - del culto sacrificale cattolico, esteriorizzata, quest’ultima, negli altari notevolmente rialzati di molte chiese romaniche, nello slancio di quelle gotiche, con le loro vetrate vertiginose e i trittici dorati, nell’uso dell’incenso, nell’abbondanza delle luci, nella lussuosa ricchezza dei paramenti che distinguono notevolmente i ministri di Dio dai fedeli... L’“orizzontalità” del culto luterano, invece, nasce da precise convinzioni teologiche: la messa come cena; il sacerdozio universale comunitario, che si manifesta soprattutto nell’abolizione della messa privata : il rito non ha più valore intrinseco - come nel caso in cui, come sul Golgota, il vero attore sia Cristo, tramite il sacerdote, e non i fedeli - ma necessita, per la sua stessa validità, della presenza umana, ne è protagonista l’uomo di fede. Come a dire che la morte di Gesù non sarebbe servita a nulla, se non vi avesse assistito qualcuno.
È quindi il carattere soprannaturale e divino della cerimonia, completamente predominante nella concezione cattolica, che viene, per così dire, ridotto, a favore della dimensione umana, ancor più con riformatori come Zwingli e Carlostadio che ne assolutizzano il carattere memorialistico, negando ogni reale presenza divina nella particola. Questa orizzontalità, forse non completamente slegata dal pensiero antropocentrico degli umanisti, porta con sé, un po’ come l’architettura classicheggiante di un Brunelleschi, la ricerca di semplicità esteriore, che diviene freddezza, nell’addobbo dell’altare, nelle luci e nelle immagini. Una grande consequenzialità, ancora una volta, guida Lutero nell’istituire un legame fra Cena e semplicità, concezione sacrificale e solennità.
Scrive infatti: “Così quanto più la Messa è vicina e somigliante a quella prima messa che Cristo compì nella cena, tanto più è cristiana. Orbene, la messa di Cristo fu semplicissima, senza nessuna pomposità di paramenti, di gesti, di canti, di cerimonie: se fosse da offrire come un sacrificio, parrebbe che Cristo non l’avesse istituita in forma completa” . I tedeschi della Controriforma, ben più delle altre popolazioni cattoliche, risponderanno con la ricchezza e la pomposità dello stile barocco, con gli immensi altari centrali “ad Deum” e l’adozione, più che in passato e più che altrove, di altari laterali con sfondo dorato, del colore, cioè, che meglio di ogni altro poteva trasmettere l’idea della Divinità realmente presente; altri elementi architettonici, come il baldacchino e le balaustre, verranno usati abbondantemente per enfatizzare la centralità e la sacralità dell’altare, non tavola, ma Golgota. Una qualche opposizione ci fu, comunque, anche fra gli stessi seguaci della riforma.
Nel trattato “Sulla prigionia babilonese della Chiesa”, del 1520, infatti, Lutero propone di “eliminare... le vesti, gli ornamenti, i canti, le preghiere, la musica, le luci e tutto quell’apparato abbagliante”; sei anni dopo invece, nel volumetto citato, “Messa Tedesca...” scrive: “Conserviamo dunque i paramenti della Messa, l’altare, le luci finché si perdono da sé...”. Evidentemente il popolo rimaneva in parte legato alle tradizioni, ai suoi aspetti più visibili, e si ritenne più efficace e indolore una applicazione graduale delle innovazioni. Che comunque non furono sempre percepite, se è vero che ancora oggi, viaggiando nella Germania protestante, si incontrano chiese estremamente semplici e spoglie ed altre dove, per quanto possa sembrare incongruente con lo spirito protestante, rimangono ancora numerose immagini e statue di santi e Madonne. Il confronto fra i due passi sopra citati dimostra anche che il progetto di eliminare i “canti” e “la musica”, presente nel testo del 1520, era già stato abbandonato almeno a partire dal 1526. In un primo tempo infatti il monaco riformatore ritiene che “canti” e “musica” nuocciano alla semplicità e alla sobrietà del rito, come inutili orpelli, finché, scrive Ernesto Buonaiuti, non “sente istintivamente di dover fare qualcos’altro per ravvivare il culto e renderlo atto a riscaldare il cuore della massa credente. Ed ecco che egli scopre improvvisamente in sé delle inattese qualità poetiche e si dà a scrivere, dal 1523, canti sacri..." . La sua primitiva convinzione, che sopravvive solo nella personale avversione per l’organo, è però accolta da alcuni collaboratori e successori, come Zwingli, Calvino, Zwick: si va dalla riduzione delle parti cantate e della musica, al canto esclusivo di melopee salmodiche più o meno elaborate, dalla condanna della polifonia alla soppressione e distruzione degli organi .
La riforma liturgica non è dunque qualcosa di isolato e limitato, ma diventa, è bene ribadirlo, anche linguistica, culturale, musicale e soprattutto architettonica.
In ultima analisi l’adozione del volgare appare funzionale, in genere, a tutta la concezione della messa luterana, che potremmo definire orizzontale, contrapposta a quella verticale - dall’uomo a Dio, attraverso il sacerdote mediatore - del culto sacrificale cattolico, esteriorizzata, quest’ultima, negli altari notevolmente rialzati di molte chiese romaniche, nello slancio di quelle gotiche, con le loro vetrate vertiginose e i trittici dorati, nell’uso dell’incenso, nell’abbondanza delle luci, nella lussuosa ricchezza dei paramenti che distinguono notevolmente i ministri di Dio dai fedeli... L’“orizzontalità” del culto luterano, invece, nasce da precise convinzioni teologiche: la messa come cena; il sacerdozio universale comunitario, che si manifesta soprattutto nell’abolizione della messa privata : il rito non ha più valore intrinseco - come nel caso in cui, come sul Golgota, il vero attore sia Cristo, tramite il sacerdote, e non i fedeli - ma necessita, per la sua stessa validità, della presenza umana, ne è protagonista l’uomo di fede. Come a dire che la morte di Gesù non sarebbe servita a nulla, se non vi avesse assistito qualcuno.
È quindi il carattere soprannaturale e divino della cerimonia, completamente predominante nella concezione cattolica, che viene, per così dire, ridotto, a favore della dimensione umana, ancor più con riformatori come Zwingli e Carlostadio che ne assolutizzano il carattere memorialistico, negando ogni reale presenza divina nella particola. Questa orizzontalità, forse non completamente slegata dal pensiero antropocentrico degli umanisti, porta con sé, un po’ come l’architettura classicheggiante di un Brunelleschi, la ricerca di semplicità esteriore, che diviene freddezza, nell’addobbo dell’altare, nelle luci e nelle immagini. Una grande consequenzialità, ancora una volta, guida Lutero nell’istituire un legame fra Cena e semplicità, concezione sacrificale e solennità.
Scrive infatti: “Così quanto più la Messa è vicina e somigliante a quella prima messa che Cristo compì nella cena, tanto più è cristiana. Orbene, la messa di Cristo fu semplicissima, senza nessuna pomposità di paramenti, di gesti, di canti, di cerimonie: se fosse da offrire come un sacrificio, parrebbe che Cristo non l’avesse istituita in forma completa” . I tedeschi della Controriforma, ben più delle altre popolazioni cattoliche, risponderanno con la ricchezza e la pomposità dello stile barocco, con gli immensi altari centrali “ad Deum” e l’adozione, più che in passato e più che altrove, di altari laterali con sfondo dorato, del colore, cioè, che meglio di ogni altro poteva trasmettere l’idea della Divinità realmente presente; altri elementi architettonici, come il baldacchino e le balaustre, verranno usati abbondantemente per enfatizzare la centralità e la sacralità dell’altare, non tavola, ma Golgota. Una qualche opposizione ci fu, comunque, anche fra gli stessi seguaci della riforma.
Nel trattato “Sulla prigionia babilonese della Chiesa”, del 1520, infatti, Lutero propone di “eliminare... le vesti, gli ornamenti, i canti, le preghiere, la musica, le luci e tutto quell’apparato abbagliante”; sei anni dopo invece, nel volumetto citato, “Messa Tedesca...” scrive: “Conserviamo dunque i paramenti della Messa, l’altare, le luci finché si perdono da sé...”. Evidentemente il popolo rimaneva in parte legato alle tradizioni, ai suoi aspetti più visibili, e si ritenne più efficace e indolore una applicazione graduale delle innovazioni. Che comunque non furono sempre percepite, se è vero che ancora oggi, viaggiando nella Germania protestante, si incontrano chiese estremamente semplici e spoglie ed altre dove, per quanto possa sembrare incongruente con lo spirito protestante, rimangono ancora numerose immagini e statue di santi e Madonne. Il confronto fra i due passi sopra citati dimostra anche che il progetto di eliminare i “canti” e “la musica”, presente nel testo del 1520, era già stato abbandonato almeno a partire dal 1526. In un primo tempo infatti il monaco riformatore ritiene che “canti” e “musica” nuocciano alla semplicità e alla sobrietà del rito, come inutili orpelli, finché, scrive Ernesto Buonaiuti, non “sente istintivamente di dover fare qualcos’altro per ravvivare il culto e renderlo atto a riscaldare il cuore della massa credente. Ed ecco che egli scopre improvvisamente in sé delle inattese qualità poetiche e si dà a scrivere, dal 1523, canti sacri..." . La sua primitiva convinzione, che sopravvive solo nella personale avversione per l’organo, è però accolta da alcuni collaboratori e successori, come Zwingli, Calvino, Zwick: si va dalla riduzione delle parti cantate e della musica, al canto esclusivo di melopee salmodiche più o meno elaborate, dalla condanna della polifonia alla soppressione e distruzione degli organi .
La riforma liturgica non è dunque qualcosa di isolato e limitato, ma diventa, è bene ribadirlo, anche linguistica, culturale, musicale e soprattutto architettonica.
LA RIVOLUZIONE ARTISTICA
Non che Lutero abbia contrapposto “una sua nuova concezione architettonica a quella già esistente, ma automaticamente con la sua predicazione vennero posti in particolare rilievo determinati spazi architettonici (pulpito, altare), mentre altri diventavano inutili (cappelle laterali) o venivano utilizzati non più in ordine alla finalità per cui erano stati originariamente previsti, ad esempio il coro come luogo privilegiato riservato al clero” . Le differenze liturgiche si cristallizzano in differenze fisiche, materiali.
L’edificio cattolico è concepito come Domus Dei: tutto deve parlare di Lui, la grandiosità, la luminosità, la stessa posizione dell’edificio, spesso rivolto ad Oriente verso il “Sol Iustitiae” della parusia, e la sua pianta a croce; è Cristo stesso ad abitarla, nel Tabernacolo, rendendola Casa di Dio proprio per una presenza stabile e continua. In essa si rinnova, tramite il sacerdozio gerarchico, il sacrificio della Croce: “l’abside, con la cattedra episcopale e i seggi per il clero, è l’affermazione architettonica della gerarchicità della Chiesa; la centralità dell’altare sotto l’arco trionfale e sotto la solennità del ciborio è la dottrina plasticamente resa del primato del culto e perciò del sacrificio augusto su tutti gli altri interessi della comunità” .
La chiesa protestante è invece essenzialmente la casa dell’uomo-credente, del popolo, dell’assemblea egualitaria che si riunisce per la Cena del Signore. Scompare il tabernacolo, segno della Presenza divina; scompaiono spesso reliquie, santi e Madonne, abitatori della simbolica città di Dio, la Gerusalemme Celeste; non servono più, a rigore, la pianta a croce, la posizione ad Oriente, l’abside, il coro, il ciborio... Paradigmatiche a questo proposito la chiesa del Paradiso, il tempio di Rouen (1601), di Amsterdam (1630) e i settecenteschi templi di Wadenswill, Horgen e Kloten: sono infatti le prime costruzioni veramente aderenti allo spirito liturgico dei riformatori, che per lo più si erano dovuti servire di edifici cattolici preesistenti, limitandosi a singole modifiche e alla reinterpretazione degli spazi, come, ad es., l’esclusione dell’abside. “Un’ordinanza della chiesa di Hesse del 1526 esorta «tutti i fedeli a partecipare alla preghiera e alla lettura... e alla Cena del Signore. Questi atti non saranno più compiuti nel coro, ma in mezzo alla chiesa...»” .
Anche l’altare perde il vecchio significato e la vecchia forma: diviene mensa, solitamente semplice tavola, non più sopraelevata, distaccata da scalinate e balaustre, bensì posizionata in modo da creare un rapporto più diretto, partecipativo, comunitario, fra celebrante e popolo (a questo fine si abbandona anche la divisione in navate, che potrebbe impedire una visuale completa). Evidentemente a questi mutamenti materiali viene dietro l’attenuazione, la scomparsa o il mutamento dei valori simbolici da essi espressi; valori che tentano di esprimere l’ineffabile grandezza del Mistero e del sacro della creazione e del rito. L’edificio propriamente protestante, senza abside, senza tabernacolo, a pianta rettangolare circolare o ellittica, deve ricordare una casa umana, il salone dell’Ultima Cena e non assume quindi più il triplice significato di immagine dell’universo, dell’uomo, tempio vivente della divinità, e di Dio stesso, come sostenevano ad es. S. Massimo Confessore e Onorio d’Autun. Costui, nel suo “Specchio del mondo” - richiamandosi anche alla frase evangelica “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò” (Gv. 2,19) - sostiene che, come la Chiesa-comunità dei fedeli è il Corpo mistico di Cristo, così la chiesa-edificio ne rappresenta la fisicità: il coro è la testa, il transetto le braccia, la navata il busto e l’altare, centro di irradiazione e di convergenza di tutte le linee architettoniche, rappresenta il cuore.
Ancor più, esso è anche immagine di tutto il Corpo di Cristo, definito nella Bibbia “pietra di scandalo”, “la pietra che i costruttori hanno scartato”, “pietra” da cui sgorgarono il cibo e la bevanda “spirituale” per gli ebrei nel deserto (I Cor, 10,4). Per questo viene riverito, baciato, incensato. È il centro del mondo, come stanno a significare la semisfera perpendicolare del ciborio e quella del catino absidale, simboli dell’immensità della volta celeste sopra la terra: non così può essere per l’altare-tavola luterano, e soprattutto zwingliano, la cui centralità non è autonoma, ma dipende dall’essere il supporto dell’assemblea, vero centro e cuore del rito . Sono i riformatori stessi, come Carlostadio e Zwingli, a comprendere il profondo legame fra credenze ed esteriorizzazione, didascalismo visivo, e quindi a promuovere la distruzione di cori, altari, chiese intere, e la costruzione di nuove, di cui le più antiche e tipiche sono “Fleur-de-lys”, “Paradis” e “Terraux”, a Lione .
In questo quadro si inseriscono anche le tendenze iconoclaste variamente diffusesi nel mondo protestante, dalle posizioni moderate di Erasmo, alla forte avversione per le immagini di Zwingli, Calvino e Carlostadio. Quest’ultimo, proprio a Wüttenberg, la città delle 95 tesi, “inaugurò la “messa evangelica” abbattendo e bruciando le immagini” e dando così inizio ad un movimento iconoclasta “serpeggiante in tutta l’Europa del nord” . Benché l’atteggiamento di Lutero fosse alquanto più prudente, “quasi ovunque il primo sintomo visibile dell’incipiente grande trasformazione del cristianesimo fu il ripudio dei santi, espresso in forma di sistematica distruzione delle loro immagini su tela, su tavola o scolpite in pietra, intraprese per iniziativa della pubblica autorità, o di una folla inferocita reduce dai sermoni del cristianesimo riformatore” .
Ripudio dei santi, è bene ricordarlo, che nasce dal terribile pessimismo antropologico luterano, secondo il quale l'uomo non è capace di compiere alcunché di buono, ma è solo e soltanto un peccatore, senza libertà, conteso tra Satana e Dio.
(F. AGNOLI, La liturgia tradizionale. Le ragioni del motu proprio, Fede & Cultura, I parte)
L’edificio cattolico è concepito come Domus Dei: tutto deve parlare di Lui, la grandiosità, la luminosità, la stessa posizione dell’edificio, spesso rivolto ad Oriente verso il “Sol Iustitiae” della parusia, e la sua pianta a croce; è Cristo stesso ad abitarla, nel Tabernacolo, rendendola Casa di Dio proprio per una presenza stabile e continua. In essa si rinnova, tramite il sacerdozio gerarchico, il sacrificio della Croce: “l’abside, con la cattedra episcopale e i seggi per il clero, è l’affermazione architettonica della gerarchicità della Chiesa; la centralità dell’altare sotto l’arco trionfale e sotto la solennità del ciborio è la dottrina plasticamente resa del primato del culto e perciò del sacrificio augusto su tutti gli altri interessi della comunità” .
La chiesa protestante è invece essenzialmente la casa dell’uomo-credente, del popolo, dell’assemblea egualitaria che si riunisce per la Cena del Signore. Scompare il tabernacolo, segno della Presenza divina; scompaiono spesso reliquie, santi e Madonne, abitatori della simbolica città di Dio, la Gerusalemme Celeste; non servono più, a rigore, la pianta a croce, la posizione ad Oriente, l’abside, il coro, il ciborio... Paradigmatiche a questo proposito la chiesa del Paradiso, il tempio di Rouen (1601), di Amsterdam (1630) e i settecenteschi templi di Wadenswill, Horgen e Kloten: sono infatti le prime costruzioni veramente aderenti allo spirito liturgico dei riformatori, che per lo più si erano dovuti servire di edifici cattolici preesistenti, limitandosi a singole modifiche e alla reinterpretazione degli spazi, come, ad es., l’esclusione dell’abside. “Un’ordinanza della chiesa di Hesse del 1526 esorta «tutti i fedeli a partecipare alla preghiera e alla lettura... e alla Cena del Signore. Questi atti non saranno più compiuti nel coro, ma in mezzo alla chiesa...»” .
Anche l’altare perde il vecchio significato e la vecchia forma: diviene mensa, solitamente semplice tavola, non più sopraelevata, distaccata da scalinate e balaustre, bensì posizionata in modo da creare un rapporto più diretto, partecipativo, comunitario, fra celebrante e popolo (a questo fine si abbandona anche la divisione in navate, che potrebbe impedire una visuale completa). Evidentemente a questi mutamenti materiali viene dietro l’attenuazione, la scomparsa o il mutamento dei valori simbolici da essi espressi; valori che tentano di esprimere l’ineffabile grandezza del Mistero e del sacro della creazione e del rito. L’edificio propriamente protestante, senza abside, senza tabernacolo, a pianta rettangolare circolare o ellittica, deve ricordare una casa umana, il salone dell’Ultima Cena e non assume quindi più il triplice significato di immagine dell’universo, dell’uomo, tempio vivente della divinità, e di Dio stesso, come sostenevano ad es. S. Massimo Confessore e Onorio d’Autun. Costui, nel suo “Specchio del mondo” - richiamandosi anche alla frase evangelica “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò” (Gv. 2,19) - sostiene che, come la Chiesa-comunità dei fedeli è il Corpo mistico di Cristo, così la chiesa-edificio ne rappresenta la fisicità: il coro è la testa, il transetto le braccia, la navata il busto e l’altare, centro di irradiazione e di convergenza di tutte le linee architettoniche, rappresenta il cuore.
Ancor più, esso è anche immagine di tutto il Corpo di Cristo, definito nella Bibbia “pietra di scandalo”, “la pietra che i costruttori hanno scartato”, “pietra” da cui sgorgarono il cibo e la bevanda “spirituale” per gli ebrei nel deserto (I Cor, 10,4). Per questo viene riverito, baciato, incensato. È il centro del mondo, come stanno a significare la semisfera perpendicolare del ciborio e quella del catino absidale, simboli dell’immensità della volta celeste sopra la terra: non così può essere per l’altare-tavola luterano, e soprattutto zwingliano, la cui centralità non è autonoma, ma dipende dall’essere il supporto dell’assemblea, vero centro e cuore del rito . Sono i riformatori stessi, come Carlostadio e Zwingli, a comprendere il profondo legame fra credenze ed esteriorizzazione, didascalismo visivo, e quindi a promuovere la distruzione di cori, altari, chiese intere, e la costruzione di nuove, di cui le più antiche e tipiche sono “Fleur-de-lys”, “Paradis” e “Terraux”, a Lione .
In questo quadro si inseriscono anche le tendenze iconoclaste variamente diffusesi nel mondo protestante, dalle posizioni moderate di Erasmo, alla forte avversione per le immagini di Zwingli, Calvino e Carlostadio. Quest’ultimo, proprio a Wüttenberg, la città delle 95 tesi, “inaugurò la “messa evangelica” abbattendo e bruciando le immagini” e dando così inizio ad un movimento iconoclasta “serpeggiante in tutta l’Europa del nord” . Benché l’atteggiamento di Lutero fosse alquanto più prudente, “quasi ovunque il primo sintomo visibile dell’incipiente grande trasformazione del cristianesimo fu il ripudio dei santi, espresso in forma di sistematica distruzione delle loro immagini su tela, su tavola o scolpite in pietra, intraprese per iniziativa della pubblica autorità, o di una folla inferocita reduce dai sermoni del cristianesimo riformatore” .
Ripudio dei santi, è bene ricordarlo, che nasce dal terribile pessimismo antropologico luterano, secondo il quale l'uomo non è capace di compiere alcunché di buono, ma è solo e soltanto un peccatore, senza libertà, conteso tra Satana e Dio.
(F. AGNOLI, La liturgia tradizionale. Le ragioni del motu proprio, Fede & Cultura, I parte)
Leggete i prenotanda della 'Santa Messa Cattolica' riformata e vi troverete tutta la teologia dei 'riformati'.... è proprio vero che espressione della lex credendi è la lex orandi?.... ancora vogliono propinarci la bella storiella dell'ermeneutica della continuità.... 40 anni fa c'è stata una frattura!!! Espressione esatta delle lex credendi cattolica è la Santa Messa Apostolica Gregoriana e non l'attule e questo è un fatto.... la Chiesa si richiama alla sua ininterrotta tradizione magisteriale ma in quanto alla celebrazione del nuovo culto a cosa si richiama? La domanda allora sorge spontanea di quanto sia rimasto ancora di Cattolico all'interno della Chiesa se la manifestazione visibile del suo magistero non è altro che una Messa obbrobrio luteran-bugniniana? Messa di certo intatta nella sua validità ma sbandata nel suo complesso che ha pian piano allontanato nel mondo il rispetto dovuto alla SS Eucarestia e alla Chiesa....
RispondiEliminaNella "Mediator Dei" Pio XII diceva no all'altare trasformato in mensa, no alla Messa come cena, no all'archeologismo liturgico, no alla lingua volgare... I neo-liturghi non si sono arresi... Hanno atteso il Convegno pastorale liturgico di Assisi (1956), poi sono entrati tra i Padri conciliari e poi nel postconcilio hanno fatto quello che volevano... Hanno "obbedito" al ven. Pio XII con stridore e digrignìo di denti . Poi hanno pazientemente atteso... E hanno "vinto". Almeno finora. Il Concilio non ha eliminato il latino. Lo hanno eliminato i liturgisti neo-bugniniani... Hanno usato la tattica del togliere pian piano un pezzo alla volta, creando problematismi ed allarmismi del tipo: non si sa più il latino, la gente non capisce, l'uomo di oggi non capisce la teologia ecc...
RispondiEliminacarattere soprannaturale e divino ...ridotto ?
RispondiEliminabeh, con la Messa così "genialmente" riformata dentro la stessa Chiesa, imposta e celebrata per oltre 40 anni, con effetto de-sacralizzante INAVVERTITO E NON PERCEPITO PERCHE' GRADUALE, anche sub-liminale per il suo modo di agire nelle coscienze: rito valido sì, però...diluito nella sua vera sostanza, nel suo cuore, come un CIBO CHE NON NUTRE PIU' LA FEDE..., anno per anno sempre più asfittico, sempre più arido, sempre più staccato dal Dono Divino uscito dalle Mani del Signore, un rito sempre più BISOGNOSO DI ANIMATORI E...RIANIMAZIONE!, che perde dunque continuamente VITALITA', essendosi sganciato dalla Fonte della Vita e della Fede, il SACRIFICIO DIVINO nella sua integralità di PAROLE CHE SI COMPIONO, E DIVENTANO REALTA' VIVA E VIFICANTE...
....e vedendo così la china discendente che la Fede cattolica percorre a precipizio, io direi piuttosto, in prospettiva a breve termine:
ANNULLATO !
(salvo intervento eccezionale, diretto e imprevedibile, dello Spirito Santo)
caro benedikt, teniamo presente però che anche il Papa è un convinto sostenitore dell'<span>ermeneutica della continuità! (chi ce la potrà mai spiegare?.....)
RispondiElimina</span>
*DONT_KNOW*
caro benedikt<span>, teniamo però presente che anche il Papa è un convinto sostenitore dell'ermeneutica della continuità! (e chi ce la potrà mai spiegare?....)</span>
RispondiElimina*DONT_KNOW*
"Alla liturgia di Pio V si aggiunsero le riforme del '56/58 di Pio XII per la settimana santa e la veglia pasquale. Ai primi del '900 la pubblicazione delle opere dei Padri della Chiesa e il movimento biblico, nato per riscoprire le Sacre Scritture e ritrovare la parola di Dio, avevano ispirato il cammino del rinnovamento liturgico, culminato col convegno di Assisi, nel 1956, le cui proposte sono poi passate al Concilio Vaticano II, che non è certo stato un fulmine a ciel sereno."
RispondiElimina( Mons. Piero Marini in un'intervista del 2008)
---------------------
così disse dunque mons. Piero Marini:
"...il Vaticano II, non è certo stato un fulmine a ciel sereno"
(....dunque c'erano stati i tuoni, a suo avviso, prima del temporale!)
tratto da
http://www.webdiocesi.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_diocesi/151/2008-06/20-30/Mons%20Marini.rtf
Sarebbe più che opportuno aprire un dibattito sulla "riforma della riforma", più si va avanti e più riscontro tra i sostenitori della "continuità" la volontà di salvare o giustificare ciò che ha deformato la liturgia cattolica. Comprendo la posizione del Santo Padre che deve muoversi con prudenza e da "padre" di tutti i suoi figli, tuttavia la riforma della riforma stenta a decollare, boicottata da presbiteri e vescovi in modo sfacciato e supponente...., e poi i "saccenti" erano i Lefebvriani"!
RispondiEliminaRiguardo alla Mediator Dei, grandissima! Segnalo alla Redazione che persino certi comitati pro beatificazione PIO XII o comunque sostenitori del Pastor Angelicus (persino il postulatore Gumpel!), ora che si avvicina sempre più detta beatificazione, si definisce la Mediator Dei come documento che ha ispirato la Riforma liturgica e la Sacrosanctum Concilium. Addirittura si scrive che Pio XII voleva convocare un concilio e riformare il Messale.
Si trascinano persino i SANTI nella rete mortifera degli apostati.
Vigiliamo!
Roberto
Che dire... l'ereisa di Lutero (come tutte le eresie) è la scelta di una sola parte contro il resto. Non è automatico che tutto quanto sente come esigenza sia sbaglato. Purtroppo quando la chiesa si lacera si forma una cicatrice che rimane sensibile per secoli. Evidentemente nel CVII e nella riforma liturgica si è cercato di rivalutare tesi che fossero compatibili con la fede della Chiesa: nella prassi soprattutto si è andati troppo oltre. Continuo a ricordare che la fede della Chiesa è sempre et-et e ogni volta che si sottolinea solo un aspetto si va verso irrigidimenti inutili. Con questo capisco il Santo Padre che vuole sottolineare nuovamente alcuni aspetti tipicamente cattolici della liturgia attraverso l'affiancamento del V.O. al N.O. Non è che dentro il N.O. non ci siano tali aspetti "tridentini", solo sono attenuati nell'uso comune. Ma è il pendolo della storia: nella (giusta) reazione all'eresia anche particolari veri da essa propugati vengono negati e, quando si riscoprono, sono troppo sottolineati: spero vivamente che si arrivi ad un equilibrio veramente "cattolico", cioè universale.
RispondiEliminaIn comunione
Flavio
<span>un caldo invito ad aprire gli occhi, (per chi è ancora immerso nella narcosi indotta con efficacia dal Potere per oltre 40 anni, nella gran massa dei fedeli piccoli e grandi...), sorge dalla lettura della seguente pagina, sicuramente illuminante per cogliere i "nessi nascosti" nella storia recente della Chiesa e nei suoi attuali travagli talvolta indecifrabili (ma non troppo oscuri, a voler ben guardare....): </span>
RispondiElimina<span> </span><span><span></span></span>
Agnoli parla di Lutero...ma che differenza c'è col cammino neocatecumenale e con l'iconoclastia modernista della riforma conciliare?
<span>su
http://neocatecumenali.blogspot.com/
....................
mi pare da tempo giunta l'ora di aderire al severo monito intramontabile di Papa San Pio X, proclamato per la salvaguardia della vera Fede, mediante il discernimento dei falsi pastori e di tutti i perniciosi errori del MODERNISMO, monito rivolto ai fedeli, ma soprattutto ai pastori di OGNI TEMPO della Chiesa:
Fa dunque mestieri di uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa,
per far conoscere alla Chiesa tutta </span>
<span>chi sieno infatti costoro che così mal si camuffano.
(Da PASCENDI DOMINICI GREGIS
"Sugli errori del Modernismo", 08/09/1907)</span>
è evidente l'operazione occulta e palese di mistificazione: vogliono per forza trovare (inventare) la continuità dove c'è stata invece una reale, fatale rottura con la Tradizione, presentando agli sprovveduti il Venerabile Papa Pio XII come un "precursore del Concilio"!
RispondiEliminaTutta la storia della Chiesa "deve" convergere verso il punto focale "concilio", anzichè verso l'anno 33 di Cristo Signore! Secondo questi falsificatori del pensiero e dell'opera della Chiesa Magistra, tutto il Magistero bimilllenario non poteva che tendere verso l'evento "concilio" del 1962, oggi da tanti (finti o veri)ingenui definito e proclamato come la "profezia conciliare", annuncio di un momento storico inopinato che doveva fondare una nuova Chiesa
(cfr. la Nueva Iglesia ossessivamente proclamata e tenacemente impiantata dal 1968, in parole e fatti, ad opera di kiko&Co !...)
quale pendolo: quello di Foucalt....
RispondiEliminao quello di Hegel ?
Il discorso, non è così facile, non è un discorso protestante ma c'è dentro uno sviluppo della teologia che passa dalle teorie sulla genesi pre stesura evangelica, cioè sul sentire della primissima comunità giudaico critiana precedentemente all'anno 60 , anno della stesura siriana del Vangelo di Marco. Una delle teorie principali è quella di Leon Doufur, sul vero significato eucaristico, cioè di un cibo che ricrea una comunione ergo una nuova alleanza. Non è semplice, tutte le letture sulle prime evoluzioni cristologiche, dei primi tempi, portano gli stessi protestanti a mettere in discussione la validità del concetto luterano di ''sola Scriptura''. Lutero è superato da secoli anche per i luterani, la teologia cammina da sola senza di lui da molto tempo: il problema è dunque oltremodo complesso.
RispondiEliminaE guarda caso: che taglio ha voluto dare l'arcivescovo di Milano all'anno sacerdotale? Dopo aver elogiato il papa per l'augusta scelta ha annunciato che la diocesi di Milano nell'anno sacerdotale approfondirà il tema del sacerdozio comune dei fedeli!!! Invochiamo san Carlo che intervenga con la sua intercessione e la sua proverbiale durezza, perché qui nella diocesi ambrosiana la misura è colma.
RispondiEliminaSaluti, Claudio
Ma che Hegel!! E' solo che se uno si scotta poi ha paura del caldo!!! Gurdate all'esperienza semplice della vita e non solo ai pensieri.
RispondiEliminaGiovanni Paolo II scrivendo Ecclesia De Eucharestia, così descrive il problema:
RispondiEliminaPurtroppo, accanto a queste luci, non mancano delle ombre. Infatti vi sono luoghi dove si registra un pressoché completo abbandono del culto di adorazione eucaristica. Si aggiungono, nell'uno o nell'altro contesto ecclesiale, abusi che contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento. Emerge talvolta una comprensione assai riduttiva del Mistero eucaristico. Spogliato del suo valore sacrificale, viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il valore di un incontro conviviale fraterno. Inoltre, la necessità del sacerdozio ministeriale, che poggia sulla successione apostolica, rimane talvolta oscurata e la sacramentalità dell'Eucaristia viene ridotta alla sola efficacia dell'annuncio.
Di qui anche, qua e là, iniziative ecumeniche che, pur generose nelle intenzioni, indulgono a prassi eucaristiche contrarie alla disciplina nella quale la Chiesa esprime la sua fede. Come non manifestare, per tutto questo, profondo dolore? L'Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare ambiguità e diminuzioni.
Confido che questa mia Lettera enciclica possa contribuire efficacemente a che vengano dissipate le ombre di dottrine e pratiche non accettabili, affinché l'Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del suo mistero.
<span>teologia cammina da sola...</span>
RispondiElimina???????
<span> evoluzioni cristologiche</span>
????????
Mancuso docet....
forse Gesù Cristo non immaginava che sarebbe stato sottoposto ad interpretazione evolutiva della sua Parola e dell'intera Dottrina che Egli nell'anno 33 consegnò a Pietro e ai Dodici, dopo aver detto:
"I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!"
Ci avrebbero pensato i nuovi teologi dal 1960 in poi, a sottoporre il suo Vangelo , la Sua Chiesa e la sua Persona Divina al miserabile PANTA REI del fallace superbo pensiero umano, delle sue mode, dei suoi capricci, e del ciclo mortale della materia !
è la fatale deriva della superbia umana che fa dire a tali pensatori:
"Io dirò meglio di come Dio ha detto; la mia teologia camminerà da sola!
io, uomo, fabbricherò una Liturgia migliore, più "vera" e viva, di quella che Nostro Signore ha donato agli uomini!"
diocesi ambrosiana?...
RispondiEliminae se vieni a vedere ...dal Po alla Sicilia, che dovrai dire ??
parole di modernisti catto-evoluzionisti (post 10.23):
RispondiEliminala teologia cammina da sola
<span>???????
<span> evoluzioni cristologiche</span>
???????? </span>
<span>naturalmente: Mancuso docet....
forse Gesù Cristo non immaginava che sarebbe stato sottoposto ad interpretazione evolutiva della sua Parola e dell'intera Dottrina che Egli nell'anno 33 consegnò a Pietro e ai Dodici, dopo aver detto:
"I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!"
Ci avrebbero pensato i nuovi teologi dal 1960 in poi, a sottoporre il suo Vangelo , la Sua Chiesa e la sua Persona Divina al miserabile PANTA REI del fallace superbo pensiero umano, delle sue mode, dei suoi capricci, e del ciclo mortale della materia !
è la fatale deriva della superbia umana che fa dire a tali pensatori:
"Io dirò meglio di come Dio ha detto; la mia teologia camminerà da sola!
io, uomo, fabbricherò una Liturgia migliore, più "vera" e viva, di quella che Nostro Signore ha donato agli uomini!"</span>
<span>parole di modernisti catto-evoluzionisti (post 10.23):
RispondiEliminala teologia cammina da sola
<span>???????
<span> evoluzioni cristologiche</span>
???????? </span>
<span>naturalmente: Mancuso docet....
forse Gesù Cristo non immaginava che sarebbe stato sottoposto ad interpretazione evolutiva della sua Parola e dell'intera Dottrina che Egli nell'anno 33 consegnò a Pietro e ai Dodici, dopo aver detto:
"I cieli e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno!"
Ci avrebbero pensato i nuovi teologi dal 1960 in poi, a sottoporre il suo Vangelo , la Sua Chiesa e la sua Persona Divina, con la Liturgia e la SS.mo Sacrificio Eucaristico al miserabile PANTA REI del fallace superbo pensiero umano, delle sue mode, dei suoi capricci, e del ciclo mortale della materia !
è la fatale deriva della superbia umana che fa dire a tali pensatori:
"Io dirò meglio di come Dio ha detto; la mia teologia camminerà da sola!
io, uomo, fabbricherò una Liturgia migliore, più "vera" e viva, di quella che Nostro Signore ha donato agli uomini!"</span></span>
Claudio, puoi trovare un link a questa decisione di Milano?
RispondiEliminaErmeneutica della continuità!
RispondiEliminaEssere Cristiani nella contemporaneità! usare tutti gli strumenti possibili per evangelizzare! In un mondo in cui da una parte i nazionalismi e dall'altra gli individualismi sono predominanti, adottare strategie diverse per convertire! Con i nazionalismi si dialoga, si trova un modo comune di "stare insieme" e con gli individualismi si mostra la bellezza dell'appartenenza ad una realtà che ti permette di essere persona. altro è il traformare la Chiesa in un banchetto in cui non vi sia distinzione tra Vero e falso.
Questo fa il Papa, questo mi sembra si porti avanti su questo blog, questo NON fanno i tradizionalismi ed i progressismi!
Matteo Dellanoce
PS da qui le diverse forme di celebrazione che non devono negare gli "archetipi" da sempre donati da Cristo!
devo segnalare che sul link indicato non è più presente il post riguardante il libro di Agnoli, inserito stamattina alle ore 7:48.
RispondiElimina(probabilmente è stato eliminato dal gestore del blog per non creare un duplicato dell'argomento rispetto al presente post di blog.messainlatino)
tipico conio neocatecumenale... non servono ulterori commenti
RispondiEliminaTotalmente d'accordo!
RispondiEliminaFlavio
Il link è di nuovo attivo.
RispondiEliminastando alle suddette trite etichette...
RispondiEliminail parrocchiano che va a chiedere al parroco la Messa antica e viene malamente respinto (su incarico o "ispirazione" della curia diocesana) e diffidato dal ripeeter la richiesta,
come si classifica (secondo Bartimeo) ? tradizionalista...o che altro?
e quel parroco, come si classifica? e il Papa che ha voluto sdoganare la Messa antica, come si classifica ? e colui che volle di fatto impedire la celebrazione della Messa di S. Pio V, come si classifica ? e i fedeli che vorrebbero conoscere o riscoprire la Verità eterna presente nella Messa di "fino al 1969" come si classificano ?
http://blog.messainlatino.it/2009/11/30-novembre-1969-nigro-notanda-lapillo.html
RispondiElimina30 novembre 1969
quarantesimo anniversario di un tristissimo evento: la proibizione del Sacro rito della Messa che aveva fin'allora accompagnato la Chiesa dagli albori apostolici, e la sua sostituzione con un prodotto per ottenere il quale (usiamo le parole di Joseph Ratzinger) "si fece a pezzi l'edificio antico e se ne costruì un altro, sia pure con il materiale di cui era fatto l'edificio antico e utilizzando anche i progetti precedenti"(La mia vita)
Allocuzione all'udienza generale ai fedeli del 26 novembre 1969
Diletti Figli e Figlie!
Ancora noi vogliamo invitare i Vostri animi a rivolgersi verso la novità liturgica
[....]
Nuovo rito della Messa: è un cambiamento, che riguarda una venerabile tradizione secolare, e perciò tocca il nostro patrimonio religioso ereditario, che sembrava dover godere d’un’intangibile fissità, ...
[....]
Tocca questo cambiamento lo svolgimento cerimoniale della Messa; e noi avvertiremo, forse con qualche molestia, che le cose all’altare non si svolgono più con quella identità di parole e di gesti, alla quale eravamo tanto abituati, quasi a non farvi più attenzione. Questo cambiamento tocca anche i fedeli, e vorrebbe interessare ciascuno dei presenti, distogliendoli così dalle loro consuete devozioni personali, o dal loro assopimento abituale.
.......................
Voglia rileggere, di grazia, Bartimeo, quella pagina, le lucide parole dell'allora card. Ratzinger sull'edificio fatto a pezzi, il dibattito ad esso susseguente, e ci dica dove si possa ravvisare la cosiddetta "continuità" tra il vecchio e il nuovo.
(quanto all'assopimento citato da Paolo VI....beh, avrei la mia personale opinione riguardo all'assopimento in vigore da 40 anni, da cui dobbiamo sempre meglio essere riscossi da una salutare orchestrina di chitarra, bonghi, sonagli e coreutiche varie!....
teerapia di RI-ANIMAZIONE LITURGICA di un rito sempre più "inanimato", probabilmente!)
L'intero sito della chiesa di Milano è un prodigio di cerchiobottismo alla Martini in cui il linguaggio "ecclesialese" cerca di mascherare i distinguo e i puntini sulle i messi dal vescovo alle decisione del papa. Per l'argomento basta leggersi i titoli e guardare il manifesto delle giornate per la famiglia, il malato etc. che si trova a questo link:
RispondiEliminahttp://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2009/4_giornate.pdf
Una lettura anche alla lettera pastorale "Pietre vive" è significativa. Ma al di là dell'esplicito che cerca di salvare capra e cavoli, ai decani è stato indicato chiaramente che l'intera impronta dell'anno sacerdotale sarà il sacerdozio comune dei fedeli.
Se poi andiamo sulle iniziative concrete della settimana per l'unità dei cristiani o sulle annuali visite dei seminaristi alla chiesa valdese (sulle cui porte campeggia un foglio settimanale pieno di astio verso il papa) si può comprendere la mia preoccupazione che speravo non fosse estesa a tutta Italia come invece mi si dice. Mala tempora currunt.
Claudio
<p><span><span>
RispondiElimina</span></span>
</p><p><span> <span><span> </span>“Ante la iglesia actual (clero, liturgia, teología) el católico viejo se indigna primero, se asusta después, finalmente revienta de risa” (<span>Nicolás Gómez Dávila).</span></span></span>
</p>
Fermo che sono le domande che a volte tritano rispondo così. Tutto ciò che porta l'uomo a Cristo è Chiesa tutto ciò che lo allontana non lo è. Ma lo allontana anche quel tradizionalismo (ismo) che nega la stabilità della Chiesa ( e quindi la sua immutabilità) trasformandola in staticità e trasformandola in una sorta di idolo!
RispondiEliminaQuindi il parroco è un pirla, chi si allontana dalla Chiesa è per colpa di un pirla è pirla due volte! Chi vuol distruggere la Chiesa è pirla tre volte! Queste etichette vanno meglio, sono più chiare?
Basta cercare e si trova!
Matteo Dellanoce
PS logicamente redazione la parola pirla è da intendersi etimologicamente e non rivolta ad una persona nello specifico.
Faccio un esempio. Non c'era la luce elettrica, non c'erano i microfoni....sono stati portati in Chiesa. mi domando è una eresia' No! Ed allora voler usare strumenti nuovi per portare la Chiesa nel nuovo millennio non è eresia. Lo è sicuramente trasformare la Chiesa in una sorta di superstato o di acquario gioachimita!
RispondiEliminaMatteo Dellanocee
E' giunta l'ora che il nostro amato papa celebri od assista ad una messa pontificale papale all'uso antiquior. Fin a quando il papa non la celebrerà questa messa non sarà mai sdoganata nella Chiesa contemporanea. SANTITA' CELEBRI !
RispondiEliminamolti "altari" luterani non hanno avuto forma di mensa fino a dopo il Concilio Vaticano II, sarebbe opportuno ricordarlo. I riti "luterani" erano e qua e là ancor oggi sono celebrati in "altari" orientati
RispondiEliminaVorremmo definirci cattolici, ma ci contestano anche questo. la parola cattolico è ormai abusata e letteralmente stuprata...
RispondiEliminaNon sono d'accordo che chi si allontana è un pirla. Gesù dice che chi scandalizza le pecore dovrà renderne conto. non abbiamo solo responsabilità personali, ma anche istituzionali, tutti noi battezzati; un prete, un vescovo, un papa ne hanno maggiori di noi.
RispondiEliminaun conto è un microfono che non cambia la sostanza del rito; un conto diverso è proprio cambiare il rito, e in maniera profonda e sostanziale!
RispondiElimina...così come è stato ricordato che essi hanno maggior rispetto e considerazione di noi per la musica sacra: ma certi difensori dell'indifendibile non riescono ad osservare e riconoscere queste "evoluzioni" disastrose del gusto, della Fede e della Liturgia, che sarebbe più onesto chiamare "decadimento" o ancor più "degrado", "disgregazione" e "crollo"!
RispondiElimina(è di moda infatti, da trent'anni circa usare parole ritenute neutrali, per la grande paura di dover discernere il Bene dal male, il Vero dal falso, ecc.: guai a chi discerne, perchè verrebbe accusato di voler "giudicare"!, esercizio razionale della retta ragione, proibito ipocritamente in nome di una malintesa carità o rispetto; tale è l'origine del politically correct...)
Dipende dalla ragione dell' allontanamente. Non sempre è un Pirla...dici bene.
RispondiEliminaBartimeo ultimamente sta delirando.
RispondiEliminaLa messa originaria di Martin Lutero era molto più "tradizionale" dell' attuale NOM. Basta leggere il liber concordiae negli aspetti liturgici, nonchè ascoltare la musica sacra luterana.
RispondiEliminaIl testo dunque, per mero politically correct, dice di scagliarsi contro la Messa Luterana. In realtà però applica a questa "messa luterana" tutti gli aspetti del NOM odierno, ma non osa dire che si tratta molto semplicemente del NOM.
Il concetto mai spiegato di Ermeneutica della continuità, mai spiegato, porta le persone a fare questo tipo di salti mortali, al punto tale che esiste il serio rischio di dubitare della loro intelligenza.
<span>La messa originaria di Martin Lutero era molto più "tradizionale" dell' attuale NOM. Basta leggere il liber concordiae negli aspetti liturgici, nonchè ascoltare la musica sacra luterana.
RispondiEliminaIl testo dunque, per mero politically correct, dice di scagliarsi contro la Messa Luterana. In realtà però applica a questa "messa luterana" tutti gli aspetti del NOM odierno, ma non osa dire che si tratta molto semplicemente del NOM.
Il concetto mai spiegato di Ermeneutica della continuità porta ahimè alcune persone a tentare questo tipo di salti mortali, al punto tale che esiste il serio rischio di dubitare della loro intelligenza.</span>
La chiesa protestante è invece essenzialmente la casa dell’uomo-credente, del popolo, dell’assemblea egualitaria che si riunisce per la Cena del Signore. Scompare il tabernacolo, segno della Presenza divina; scompaiono spesso reliquie, santi e Madonne, abitatori della simbolica città di Dio, la Gerusalemme Celeste; non servono più, a rigore, la pianta a croce, la posizione ad Oriente, l’abside......
RispondiEliminama...come sarebbe, La chiesa protestante ?
non capisco: io vedo che questa è esattamente la descrizione di buona parte delle chiese della mia città, sia quelle fatte da poco, sia quelle ri-fatte, a pianta circolare, soprattutto come tendenza degli ultimi dieci-vent' anni... allora sarebbero chiese protestanti ??
*DONT_KNOW*
Cari Nike e C.C. ho come l'impressione che stiamo tutti testimoniando la stessa cosa. Il paradosso del microfono era in quel senso. Caro C.C. infine, vero che il sacerdote pagherà di più, ma uno che per colpa di un uomo rinuncia a Cristo ed alla battaglia per la Chiesa ribadisco è pirla una volta perchè confonde un uomo con la Chiesa e pirla una seconda volta perchè svuota la Chiesa! Ci sarebbe anche un terzo motivo per cui sarebbe ancor più pirla e sarebbe quello che non farebbe dei proseliti 8 parola che non mi spaventa...anzi!)
RispondiEliminaDetto questo grazie per le eventuali correzioni!
Matteo Dellanoce
PS io appartenevo alla stirpe dei pirla due volte....oggi dunencio i pirla una e tre volte!
<span>Non mi soingerò sin a dire che Matteo Dellanoce deliri, ma mi domando se ultimamente qualcuno non ha preso in preastito il suo nome e nick.</span>
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<span><span>Non mi soingerò sin a dire che Matteo Dellanoce deliri, ma mi domando se ultimamente qualcuno non ha preso in prestito il suo nome e nick.</span></span>
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RispondiElimina<span><span>Non mi spingerò sin a dire che Matteo Dellanoce deliri, ma mi domando se ultimamente qualcuno non ha preso in prestito il suo nome e nick.</span></span></span></span>
Se posso senza\provocare anatemi, vorrei ripartire dalle sensate osservazioni di Flavio. L'aspetto convivisale e quello del sacrificio sono compresenti nella messa fin dalle parole di Gesù nell'ultima cena: Prendete e mangiate ... fate questo in memoria di me ... questo è il mio corpo offerto in sacrificio". La reazione al protestantesimo ha portato ad accentuare eccessivamente l'elemento del sacrificio. Dico la reazione al protestantesimo perché prima un San Tommaso poteva permettersi di comporre una delle più belle preghiere eucaristiche senza\minimamente accennarvi ("O sacrum convivium in quo Christus sumitur , recolitur memoria passionis eius, mens impletur gratia et futurae gloria nobis pignus datur") e senza rischiare accuse di eresia. Il Concilio (e con lui il sensus Ecclesiae collettivo) ha di nuovo messo l'accento sull'aspetto conviviale. Del resto quando Paolo parla dell'eucarestia parla di una comunità che spezza il pane e nella frazione del pane riconosce, come i discepoli di Emmaus, la presenza viva di Cristo. Questo senza che nessuno voltasse le spalle ai fedeli o si inginocchiasse a ricevere la comunione. In questa osservazione non c'è nessun intento denigratorio. Per molti anni mi sono inginocchiato alla balaustra in timore e tremore e conosco bene tutti gli aspetti della devozione eucaristica preconciliare. Solo che mi sembra accessivo identificare gli altari barocchi e lo stare ad occhi chiusi alla consacrazione con il nucleo della fede cristiana. Ora, con un modo diverso di pormi davanti al Signore, prendo l'ostia nel cavo delle mani, come chi aspetta un dono, e fisso l'ostia e il calice con non minore intensità di adorazione. Non penso per questo di aver smesso di essere cattolico
RispondiEliminaSi. Hai smesso.
RispondiEliminaIo non mi permetterei mai di giudicare con tanta faciloneria e superficialità....
RispondiEliminaBuona notte
Flavio
P.S. io però, vedo nell'orientamento un fattore fondamentale.
Per C. con C. ed in C. a te Dio Padre...ecc. indica un movimento al Padre per Gesù nello Spirito: ergo > orientamento. Poi non esite nessuna liturgia cristiana delle origini non orientata a Dio.
La testimonianza di dubbioso fino a un certo punto non è è da giudicare in quel modo.
RispondiEliminaEgli è certamente rimasto cattolico.
Il problema della Nuova Messa va ben aldilà di orientamento e comunione tra le mani. E' la sciatteria generale ad essere preoccupante. Ed essa, nel 99% dei casi, prescinde da comunione nelle mani e orientamento.
Sul fatto che sia sciatto il modo con cui è celebrata concordo.
RispondiEliminaDa "senza peli sulla lingua"
<span>"I lettori dovrebbero conoscere la mia posizione in materia liturgica; chi volesse farsene un’idea può andare a leggersi il post If only... Praticamente, io sono convinto che, se la riforma liturgica fosse stata realizzata come il Concilio l’aveva concepita e se poi essa fosse stata attuata seguendo fedelmente le norme previste nei libri liturgici, probabilmente ora non ci sarebbe nessun nostalgico della vecchia liturgia. ...</span>
<span>Sono convinto che la riforma liturgica, cosí come è stata attuata (anche con le deroghe — sanzionate da Paolo VI — alla lettera della Sacrosanctum Concilium, p. es. riguardo alla lingua liturgica), sia stata provvidenziale. Come affermavo nel post citato all’inizio, la Chiesa percepiva che il suo futuro si sarebbe giocato non piú in Europa, ma in altre parti del mondo; e per questo ha sentito il bisogno di mettere la liturgia alla portata di tutti. Ma con ciò non ha voluto in alcun modo cancellare la liturgia solenne in latino e in canto gregoriano, anzi ha voluto restaurarla e renderla ancora piú bella di quanto già non fosse (ermeneutica della continuità...). Per cui dobbiamo ammettere che non esiste piú (o forse non è mai esistita) una sola liturgia, uniforme e monolitica, ma molte varietà liturgiche con diversi gradi di solennità. A questo proposito, l’Institutio generalis de Liturgia Horarum parla assai opportunamente, al n. 273, di un “principio di solennizzazione progressiva” che, secondo me, può applicarsi a tutta la liturgia. È ovvio che, secondo tale principio, le forme meno solenni sono un momento propedeutico a quelle piú solenni; ed è un diritto dei fedeli poter partecipare, almeno in alcune occasioni, a una celebrazione solenne della liturgia romana. Ed è nostro dovere, come pastori, educare i fedeli perché possano esercitare tale diritto. La mia concezione di educazione non è mai stata quella del docente che si abbassa al livello del discente (anche se questo va in ogni modo fatto), ma piuttosto quella del docente che, dopo essersi abbassato, innalza il discente al proprio livello." --- continua---
</span>
vedi anche http://querculanus.blogspot.com/2009/03/if-only.html
RispondiElimina"Vorrei concludere con un'esperienza avuta lo scorso ottobre [2007]. Una coppia di Filippini che vivono negli Stati Uniti e che di solito vanno a Messa in una chiesa della Fraternità San Pietro (da non confondersi con la Società San Pio X) a Phoenix in Arizona, mi ha chiesto se potevo celebrare una Messa tridentina in occasione del loro anniversario di matrimonio. Ho risposto che non potevo, innanzi tutto perché non sapevo come celebrare, in secondo luogo perché non avevo il Messale (non avevo ancora comprato il messalino di cui sopra). Cosí, ho proposto di celebrare la Messa in latino secondo il Messale di Paolo VI, in canto gregoriano e con le letture in inglese. Sono rimasti cosí soddisfatti, che ho pensato: se tutti i sacerdoti avessero sempre celebrato il <span>novus ordo</span> nel modo dovuto, forse a questo punto nessuno avrebbe nostalgia del vecchio uso e non ci sarebbe stato bisogno di nessun <span>motu proprio..."</span>
Pare esperienza comune: il tentativo di riforma del papa è proprio questo, al dilà di cambiamenti, pur necessari ritornare ad un rito degno. Ma per questo sarebbe necessario cambiare i preti!
Ma perchè i preti legati al rito tradizionale non celebrano il N.O. con la loro sensibilità? potrebbero insegnare qualcosa agli altri ed ai fedeli "normali"....
Buongiorno
Flavio
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Così prosegue la nostra Jonathan...
RispondiEliminaSe la Chiesa si protestantizza è perché, o anche perché, la Chiesa nel cnc, e non solo, la fanno i laici, con un dio a portata di mano.
I sacerdoti, i frati e monaci, e i vescovi e cardinali, e le suore anche, tutti questi uomini e donne che Dio ha messo da parte per Sé, cos’altro devono fare se non continuare a dire a tutti ‘convertitevi e credete al Vangelo’? Devono, loro prima e sopra chiunque altro, farsi eco di quell’unica Parola definitiva che è l’orizzonte della loro vocazione. Devono mettere il cuore e la testa dentro i Tabernacoli accesi delle loro chiese e poi raccontarci cosa hanno visto e incontrato. Devono parlarci di Dio con la Parola di Dio, così come è stata consegnata alle loro mani dalla Sua Chiesa. E celebrare la Sua Presenza e il Suo Golgota con l’ardore di chi sa di appartenerGli per sempre. Devono guardare al Cielo, non in basso quasi volessero rianimare un dio morente col frastuono di suoni e cembali e colori pastello. O come volessero aggiungere qualche proteina alla loro tiepidezza.
Non a caso questo è un anno sacerdotale. Dio lo voglia!
22 gennaio, 2010 11:55
In un esorcismo che riporta Domenico Mondrone nel suo libro "A tu per tu col Maligno" (La Roccia,Roma ), satana gli dice:
RispondiElimina"Non vedi che il suo regno (di Gesù) si sgretola e il mio si allarga giorno per giorno sulle rovine del suo? Provati a fare il bilancio tra i suoi seguaci e i miei, tra quelli che credono nelle sue verità e quelli che seguono le mie dottrine, tra quelli che osservano la sua legge e quelli che abbracciano le mie. Pensa soltanto al progresso che sto facendo per mezzo dell'ateismo militante, che è il rifiuto totale di Lui. Ancora poco tempo e il mondo cadrà in adorazione dinanzi a me. Sarà completamente mio. Pensa alle devastazioni che sto portando in mezzo a voi servendomi principalmente dei suoi ministri (la luce più è radiosa e più infastidisce Satana; non sono le lampadine spente dei poveri peccatori ad impensierirlo. Egli perciò si scatena contro i ministri di Dio! - n.d.a ). Ho scatenato nel suo gregge uno spirito di confusione e di rivolta che mai finora ero riuscito di ottenere. Avete quel vostro pecoraro vestito di bianco che tutti i giorni chiacchiera, grida, blatera. Ma chi lo ascolta? Io ho tutto il mondo che ascolta i miei messaggi e li applaude e li segue. Ho tutto dalla mia parte. Ho le cattedre con le quali ho dato scacco alla vostra filosofia. Ho con me la politica che vi disgrega. Ho l'odio di classe che vi dilacera. Ho gli interessi terreni, l'ideale di un paradiso di terra che vi accanisce gli uni contro gli altri. Vi ho messo in corpo una sete di denaro e di piaceri che vi fa impazzire e vi sta riducendo in un'accozzaglia di assassini. Ho scatenato in mezzo a voi una sessualità che sta facendo di voi una sterminata mandria di porci. Ho la droga che presto farà di voi una massa di miserabili larve di folli e di moribondi. Vi ho portati ad ottenere il divorzio per sgretolare le famiglie. Vi ho portati a praticare l'aborto con cui fate stragi di uomini prima che nascano. Tutto quello che può rovinarvi non lo lasco intentato, e ottengo ciò che voglio: ingiustizie a tutti i livelli per tenervi in continuo stato di esasperazione; guerre a catena che devastano tutto e vi portano al macello come pecore; e insieme a questo la disperazione di non potersi liberare dalle sciagure con le quali devo portarvi alla distruzione. Conosco fin dove arriva la stupidità degli uomini, e la sfrutto fino in fondo. Alla redenzione di quello che si è fatto ammazzare per voi bestie ho sostituito quella di governanti massacratori, e voi vi buttate al loro seguito come stupidissime pecore. Con le mie promesse di cose che non avrete mai sono riuscito ad accecarvi, a farvi perdere la testa, fino a portarvi facilmente dove voglio. Ricorda che io vi odio infinitamente, come odio Colui che vi ha creati". Poi aggiunse: "In un secondo momento mi lavorerò uno per uno i parroci rispetto al loro pastore. Oggi il concetto di autorità con funziona più come una volta. Sono riuscito a dargli uno scossone irreparabile. Il mito dell'ubbidienza sta tramontando. Per questa via la Chiesa sarà portata alla polverizzazione. Intanto vado avanti con la decimazione continua dei preti, dei frati e delle suore, fino ad arrivare allo spopolamento totale dei seminari e dei conventi; tolti di mezzo i Suoi "operai della Vigna", subentreranno i miei e avranno via libera nel loro lavoro definitivo". Quindi rivelò:
" ( J.Daniel, Lucifero smascherato, EP).
tratto da:
http://www.mariadinazareth.it/inferno%20libro%20a%20tu%20per%20tu....htm
vedi anche:
vorrei dire soltanto una cosa: ciò che espresse lutero, sull'uso della lingua volgare, sulla messa come cena, sull'altare rivolto al popolo, ovvero mensa e sulle reliquie non necessarie sull'altare, oggi sono una realtà nella nostra messa riformata. quindi può dirsi cattolica questa chiesa se di cattolico non è più rimasto nulla??? ancora vogliamo illuderci che la nostra messa sia cattolica?? andare a vedere nell'attuale "canone romano" volgarizzato un piccolo ma sostanziale verbo: "PRESE questo glorioso calice" nella messa cattolica invece si diceva: "PRENDE". nel primo "la memoria" nel secondo "il sacrificio".
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