P. Serafino M. Lanzetta, Tota Pulchra. Un canto teologico all’Immacolata Concezione, Collana “I libri di Catholica Fides”, 2025, pp. 132.
Offriamo ai lettori di MiL l’Introduzione del libro:
«Tota Pulchra es
Maria et macula originalis non est in Te…», dice l’antico inno
all’Immacolata intonato dalle schiere serafiche, intrecciando, come un mazzo di
fiori variopinti, alcune antifone dei Vespri dell’Immacolata Concezione, tratte
dal Cantico dei Cantici (4,7: «Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non vi
è difetto») e dal libro di Giuditta (15,9: «Tu sei la gloria di
Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra
gente»). Gloria di Dio, vanto di Cristo, onore del Popolo fedele è
l’Immacolata. Sulle orme del Serafico Padre San Francesco che nel suo Saluto
alla Beata Vergine Maria[1] aveva già intravisto in Lei una pienezza di
grazia e di ogni bene, che fu e che è, che rimane, i suoi figli,
imbattibili vessilliferi dell’Immacolato Concepimento della Vergine, hanno
portato avanti senza sosta questa verità; l’hanno difeso a costo del sangue e
l’hanno vista poi proclamata dogma di fede dal terziario francescano, il Beato
Pio IX.
L’Immacolata è il capolavoro
di Dio, come esprime la tavola scelta per la copertina: olio su rame di Matteo
Cristadoro, dipinta nel 1659 e custodita nel Monastero di San Martino delle
Scale a Palermo. Il nostro canto teologico alla Tota Pulchra è
un pentagramma di note storiche, per seguire da vicino il percorso del dogma
dell’Immacolata Concezione, che si intrecciano con altre più speculative e
spirituali perché il mistero di Colei che è senza macchia risuoni quale
sinfonia mariologica in un tempo di scetticismo e di minimalismo mariani.
Già abbastanza gelido e lungo
l’inverno mariologico di queste ultime decadi, un recente e autorevole
intervento della S. Sede ha confermato che non ne siamo ancora fuori. Le
sentinelle vegliano e più che mai attonite si chiedono: «Quanto resta della
notte?» (Is 21, 11). Il cuore langue, la mente annaspa nel leggere la
recente Nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede, Mater
Populi Fidelis (4 novembre 2025). Si discute alcuni titoli riferiti
alla cooperazione di Maria alla salvezza, particolarmente quello di
Co-redentrice e di Mediatrice (di tutte le grazie). Alla Nota appiano ora
incomprensibili[2]. Sarebbero da sconsigliare perché inappropriati. È
chiaro che non si tratta di una puntualizzazione linguistica volta ad affinarne
l’uso, quanto invece di minimizzare, con la loro abolizione de facto,
la dottrina di cui sono portatori. La cooperazione attiva e diretta di Maria
alla Redenzione, quale Nuova Eva e Co-redentrice nostra, viene messa in dubbio.
Si sceglie una versione più ecumenica, meno incombente. Si privilegia una
cooperazione ricettiva, sul modello della Chiesa che tutto riceve da Cristo. Il
magistero dei Papi, l’insegnamento dei Santi e dei Dottori della Chiesa, che
dice invece l’esatto opposto, non è preso in seria considerazione.
Ebbene, facciamo una prova. Si
legga in modo sinottico due documenti mariani: da un lato, ad esempio, Fulgens
corona di Pio XII (1953, nel centenario di Ineffabilis Deus)
e dall’altro Mater Populi Fidelis. Basta poco per accorgersi della
cacofonia di quest’ultimo. Due mondi, due visioni antitetiche. L’esperimento si
potrebbe farlo anche confrontando la recente Nota con Redemptoris Mater di
Giovanni Paolo II (1987) o con l’omelia di Paolo VI tenuta nel santuario di
Nostra Signora di Bonaria, Cagliari, il 24 aprile 1970[3]. Papa Montini diceva in modo davvero profetico:
«Questo momento prezioso deve
segnare un punto di illuminata ripresa, per tutti, della nostra venerazione a
Maria, di quella speciale venerazione cattolica alla Madre di Cristo, che a lei
è dovuta e che costituisce un presidio speciale, un conforto sincero, una
speranza singolare della nostra vita religiosa, morale e cristiana. Perché,
oggi, che cosa è avvenuto? È avvenuto, fra i tanti sconvolgimenti spirituali,
anche questo: che la devozione alla Madonna non trova sempre i nostri animi
così disposti, così inclini, così contenti alla sua intima e cordiale
professione com’era un tempo. Siamo noi oggi così devoti a Maria come lo era
fino a ieri il clero ed il buon popolo cristiano? Ovvero siamo oggi più
tiepidi, più indifferenti? Una mentalità profana, uno spirito critico hanno
forse reso meno spontanea, meno convinta la nostra pietà verso la Madonna?».
Il libro che il lettore ha tra
le mani prova a porre rimedio alla sgradevole disarmonia incombente; un piccolo
sforzo per fare scudo al minimalismo imperante. Il nostro canto vuole diradare
le note stonate di un grido antimariano. Quando in modo maldestro si mette mano
sulla Madre di Dio, la Sempre Vergine Maria, Corredentrice e Mediatrice nostra,
è segno che si è scesi in basso, molto in basso. A ciò ogni cristiano ha il
dovere di reagire. Noi lo facciamo andando all’origine, al principio:
l’Immacolata Concezione. In questo volume ho raccolto alcuni miei saggi
pubblicati in passato, riveduti e organizzati in modo da costituire un tutto
organico. Le prime note dello spartito sono composte da uno studio pubblicato
originariamente nella rivista mariologica Immaculata Mediatrix, nel
volume 3 del 2004. Fu il mio primo lavoro mariologico. Ero alle prime armi.
Rileggerlo e aggiornarlo dopo tanti anni mi ha convinto di poterlo presentare
di nuovo al lettore quale lunga introduzione storico-teologica ad una partitura
più estesa, formata da altri articoli più brevi, ma spero non meno densi. Mi
auguro che il pezzo nel suo insieme diffonda sillabe d’armonia celeste che
ripetano: sia lode, gloria e onore all’Unitrino Signore per averci
donato una sì grande Madre Immacolata. Amen.
[1] Cf. Fonti Francescane 259.
[2] Per un’analisi critica di questo recente
documento, si veda il mio intervento pubblicato in italiano e inglese sul sito
della vaticanista americana Diane Montagna: dianemontagna.substack.com e
sul mio sito: catholicafides.org.
[3] Si veda Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano 1970, vol. 8, pp. 359-362.