Post in evidenza

Messainlatino ha vinto la causa contro Google!

Il piccolo Davide-MiL ha fiondato Googlia, si parva licet componere magnis . (Per inciso: è significativo che l'aggettivo 'filisteo...

martedì 2 dicembre 2025

Lo Spiffero. "Cei, Sant'Egidio "vota" Repole"

Interessante analisi sui "giochi" CEI della Comunità S. Egidio: "La potente lobby ecclesiastica, vera artefice dell'elezione di Zuppi alla Conferenza episcopale, per la successione punta sull'arcivescovo di Torino. La posta dottrinale è la medesima: pensiero debole (anzi umile), orientamento politico univoco a sinistra".
Luigi C.


 Se qualcuno avesse la pazienza, che noi abbiamo, di confrontare le omelie e i discorsi dei vari vescovi italiani, soprattutto quelli più “in vista”, scoprirebbe qualcosa di davvero interessante. Per molti, infatti, esiste un filo rosso, un tema conduttore, che li lega nel linguaggio e nel contenuto. E non si tratta semplicemente, come tutti si aspetterebbero, della comune ispirazione al Vangelo o alla dottrina cattolica. Magari! Si tratta di qualcosa di molto più “originale”: è come un linguaggio completamente rivisto, nel quale al posto di Gesù Cristo si parla della «bellezza del Vangelo», al posto della Chiesa si parla di chiese «al plurale» e di «comunità del risorto», al posto dei Comandamenti spunta la Costituzione della Repubblica italiana e la morale è cambiata con le «consapevolezze soggettive».
Un esempio valga per tutti. Confrontando le omelie e gli interventi di due vescovi geograficamente lontani, ma probabilmente molto vicini, si potrebbe restare impressionati dalla somiglianza. L’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, e quello di Padova, Claudio Cipolla parlano degli stessi temi, con lo stesso linguaggio e persino negli stessi tempi. Ora è vero che Palermo e Padova hanno in comune la «P», ma forse, in questo caso, in comune potrebbe esserci altro. Chi scrive i discorsi dei due prelati? Perché è fuori di dubbio che ci sia una regia esterna, la quale, non solo in questi due casi clamorosi, sta influenzando, se non proprio condizionando i vescovi italiani.
La risposta a questa domanda è piuttosto semplice, anche perché gli stessi protagonisti (più a Palermo per la verità che a Padova) non ne fanno mistero alcuno: la “manina che scrive” è quella della Comunità di Sant’Egidio che, dalle dimissioni di papa Benedetto XVI, ha scatenato la propria “macchina da guerra ecclesiastica”, occupando, in modo metodico, invadente e programmato, moltissimi posti chiave della gerarchia vaticana ed italiana. Ed è chiaro che chi determina le nomine, poi pretende di controllare i nominati, ad ogni livello, secondo l’adagio: “Io ti ho messo lì e ora fai quello che dico io”. Il tutto a prescindere, ovviamente, da meriti pastorali o, peggio ancora, culturali, accademici e di pensiero. Servono solo uomini “utili alla caus”, ma saranno utili anche alla Chiesa?

Il colpo meglio riuscito a Sant’Egidio è stato piazzare, prima come ausiliare di Roma e poi come arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana poi, l'oscuro parroco di Trastevere, don Matteo Zuppi, il quale, senza alcuna preparazione accademica, né capacità comunicativa (avete mai assistito davvero a una sua conferenza, nella quale tenta di coordinare soggetto e verbo, aggettivo e sostantivo, senza riuscirci?), si è trovato a ricoprire l’incarico che fu niente meno che del cardinale Camillo Ruini, l’uomo del progetto culturale orientato in senso cristiano, colui che seppe governare la Cei e Roma in comunione con San Giovanni Paolo II per due decenni.

Dunque, c’è una regia sempre più invadente nell’episcopato italiano, e due note vanno evidenziate. La prima: avete visto la faccia di Andrea Riccardi – il grande dominus di Sant’Egidio – a San Giovanni in Laterano, all’ingresso del neoeletto papa Leone XIV, nella Messa in cui prendeva possesso della basilica? Andate a vedere che espressione! Appare evidente la delusione per non essergli riuscito la mossa di condizionare anche l’elezione del pontefice, e che lo Spirito Santo ha benedetto la scelta dei cardinali e non quella di Sant’Egidio. La seconda: su chi punta adesso il potentato ecclesiastico di Trastevere, dal momento che Zuppi sta terminando il suo mandato?

Ormai è chiaro a tutti i vescovi, anche per le chiare indicazioni di Assisi: Sant’Egidio punta sul cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino, come nuovo presidente della Cei. Ora è vero che Repole, a confronto di Zuppi, sembra Giovanni Crisostomo paragonato ad un balbuziente, tuttavia è bene non farsi ingannare. Se la “puntata”, la scommessa, la fa la stessa “agenzia”, è perché la posta dottrinale è la medesima: pensiero debole (anzi umile), difficoltà con la teologia del potere, orientamento politico univoco verso sinistra, inteso nella sua forma borghese radical-chic, minoritaria e perdente, e approccio possibilista ad ogni altra via di salvezza che non sia il solo Gesù Cristo (crederlo sarebbe esagerato!). Allora chi legge può stare a Palermo, a Padova, a Bologna o a Torino, ma chi scrive è Sant’Egidio. Forse il Santo Padre e i vescovi dovrebbero aprire gli occhi e mostrare maggiore autonomia da pressioni e invadenze.

[...]