Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo del vaticanista Edward Pentin, pubblicato sulla sua pagina Substack il 18 novembre, in cui riporta la lettera aperta scritta da don Nicola Bux al card. Blase Joseph Cupich replicando alle sue recenti critiche pubbliche alla Santa Messa tradizionale, definita «più uno spettacolo che una partecipazione attiva di tutti i battezzati» (QUI).
Lorenzo V.
Di seguito il testo completo della lettera aperta che don Nicola Bux ha indirizzato al card. Blase Joseph Cupich, Arcivescovo metropolita di Chicago.
Esperto di liturgia ed ex consultore del Dicastero per la dottrina della fede, don Nicola Bux ha risposto a un articolo pubblicato il 22 ottobre da Vatican News in cui il card. Blase Joseph Cupich aveva criticato la Santa Messa tradizionale, sostenendo che si tratta «più uno spettacolo che una partecipazione attiva di tutti i battezzati» (QUI).
Leggi QUI il mio articolo sul sito National Catholic Register con la mia reazione all’articolo del card. Blase Joseph Cupich.
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A Sua Eminenza il card. Blase Joseph Cupich
Vostra Eminenza Reverendissima, «ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all’ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini» (1 Cor 4,9). Questa affermazione di San Paolo Apostolo descrive l’identità del Cristianesimo, sia come proclamazione del Vangelo che come culto pubblico della Chiesa. Concentrandosi su quest’ultimo aspetto, si può giustamente affermare che la liturgia è lo spettacolo offerto al mondo da coloro che adorano Cristo, l’unico Signore del cosmo e della storia, al quale appartengono e non al mondo. Ciò è richiamato dall’espressione «servizio liturgico», che è davvero appropriata – a differenza del termine «animazione», ora in voga – come se il culto non fosse già animato da Gesù Cristo e dallo Spirito Santo.
Dopo le persecuzioni, ciò divenne evidente, perché i Cristiani non bruciavano incenso all’imperatore romano, ma a Gesù, il Figlio di Dio. La liturgia cattolica ha quindi caratteristiche regali e imperiali – ce lo insegnano le liturgie orientali – perché il culto di Dio si oppone a qualsiasi culto dei governanti mondani del momento.
Non è vero che il Concilio Vaticano II desiderasse una liturgia povera, poiché chiede che «i riti splendano per nobile semplicità» (costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 34), perché devono parlare della maestà di Dio, che è la nobile bellezza stessa, e non delle banalità mondane. La Chiesa lo ha capito fin dall’inizio, sia in Oriente che in Occidente. Anche San Francesco d’Assisi prescriveva che nell’adorazione fossero usati i lini e i vasi più preziosi.
Che cos’è allora la «partecipazione» dei fedeli, se non essere parte e prendere parte allo «spettacolo» di una fede che afferma Dio e quindi sfida il mondo e i suoi spettacoli profani – che sono davvero spettacolari: pensiamo alle mega-conferenze e ai concerti rock. La liturgia esprime il Sacro, cioè la Presenza di Dio; non è uno spettacolo teatrale. La partecipazione auspicata dal Concilio Vaticano II deve essere piena, consapevole, attiva e fruttuosa (ibidem, 11 e 14) – cioè una «mistagogia», un ingresso nel Mistero che avviene per preces et ritus [attraverso preghiere e riti], che, come ci ricorda San Tommaso d’Aquino, devono elevarci il più possibile alla verità e alla bellezza divine (quantum potes tantum aude); o, nelle parole dell’allora padre Robert Francis Prevost O.S.A., Priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino: «La vera missione della Chiesa è quella di introdurre le persone alla natura del mistero come antidoto allo spettacolo. Anche la vita religiosa svolge un ruolo importante nell'evangelizzazione, indicando agli altri questo mistero, attraverso la vita fedele ai consigli evangelici. Di conseguenza, l’evangelizzazione nel mondo moderno deve trovare mezzi adeguati per riorientare l’attenzione del pubblico, spostandola dallo spettacolo al mistero» (11 maggio 2012). L’usus antiquior del rito romano svolge questa funzione; altrimenti non avrebbe potuto resistere alla secolarizzazione del Sacro che è entrata nella liturgia romana, al punto da far credere alla gente che fosse stata voluta dallo stesso Concilio Vaticano II. Questa è l’identità e la missione della Chiesa.
Infine, Eminenza, la invito a considerare che la liturgia, fin dai tempi antichi, era solenne per convertire molti alla fede, e per questo deve avere anche un valore apologetico e non imitare le mode del mondo, come ci ricorda San Cipriano (applausi, danze ecc.), fino alle «deformazioni della Liturgia al limite del sopportabile» che sono entrate nel novus ordo, come ha osservato Papa Benedetto XVI [QUI: N.d.T.]. Questa è l’autenticità della «sacra liturgia»; questa è l’ars celebrandi, come dimostra l’Offertorio della Messa, che viene celebrato per le necessità del culto e per i poveri.
Pertanto, Eminenza, le chiedo di impegnarsi in un dialogo sinodale per il bene dell’unità ecclesiale!
Nel Signore Gesù.
