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giovedì 20 novembre 2025

Caritas, Rapporto Povertà 2025: il buon cuore c'è, ma le proposte sono in stile Primo Maggio #300denari

Il 14 novembre è uscito il “Rapporto Povertà 2025” di Caritas, ventinovesima edizione. Ampio risalto sui maggiori quotidiani: Repubblica, Fatto Quotidiano, Corriere della Sera, ecc.
Il Rapporto mira a restituire una fotografia socio-economica della povertà nel Paese. Alcuni dati, raccolti dai centri Caritas, sono interessanti e rappresentano effettivamente una novità. Il resto invece si limita a rielaborare statistiche ufficiali e letteratura accademica già nota.
Si tratta di un album di buone intenzioni che però si invischia nella forma e nelle idee più ritrite dell'interventismo economico di stampo ex-comunista, da Camposanto Largo (cit. Seminerio). Se cambiamo la carta intestata con quella della CGIL, nessuno noterà la differenza. I quotidiani principali hanno rilanciato senza fiatare il riepilogo del Rapporto, dando per scontato che l’interventismo, l'intermediazione pubblica e la sovra-regolamentazione siano l’unico orizzonte possibile per aiutare i poveri. La proposta del post che segue, invece, è di sviluppare alcuni dei contenuti chiave senza darli per scontati.
Di seguito, un richiamo dei cinque capitoli, con citazioni* (dal documento principale o da quello di sintesi) seguite da alcuni nostri sintetici commenti. In chiusura, le "Conclusioni" complessive.

I CAPITOLI

1 - Diseguaglianza
Il Rapporto sostiene che le “disuguaglianze economiche, [sono] lungi dall'essere un inevitabile "prezzo della crescita" economica, o addirittura volano di quella crescita - un male, dunque, inevitabile o addirittura necessario a combattere la povertà e portare benessere”, proprio “Come ha ricordato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2022, ‘le disuguaglianze non sono il prezzo da pagare per la crescita, ma il freno a ogni reale prospettiva di crescita’". Ci si affida subito a slogan utopistici, ignorando una verità elementare: la libertà, proprio perché permette scelte diverse, genera inevitabilmente qualche forma di diseguaglianza. Sebbene solo una minoranza dei casi di povertà si possa ricondurre a questo caso, lo stesso San Paolo apriva in linea di principio alla possibilità delle diseguaglianze ("chi non vuol lavorare, non deve neanche mangiare", 2Ts). Il punto, com’è ovvio, non è eliminare la diseguaglianza, ma capire fin dove è accettabile.

Un altro monito politicamente corretto si riferisce alla scena statunitense: “Nell'ormai lontano gennaio 2025, il Presidente degli Stati Uniti uscente Joe Biden ha parlato del pericolo di una concentrazione estrema di potere e ricchezza nelle mani di pochi’, avvertendo che una simile deriva mette a rischio la democrazia, i diritti fondamentali e la possibilità stessa di garantire pari opportunità per tutti. Pericolo che di lì a poco si sarebbe palesato con dirompenza con la rielezione del Presidente Donald Trump”. Anche in questo caso, sono considerazioni discutibili visto che Biden stesso è milionario (già il figlio incassava 50.000 dollari di gettone di presenza dalla sola Burisma) e che la maggior parte dei magnati americani ha votato democratico. Oltretutto, come vedremo, emerge la contraddizione che il programma di questo Rapporto, in tanti punti, coincida con l'agenda di Davos.

Secondo uno studio di Hoffmann, Malacrino e Pistaferri l'aumento delle disuguaglianze salariali in Italia è da ricondurre alle riforme strutturali del mercato del lavoro che hanno aumentato la quota dei lavoratori con contratti atipici, a danno soprattutto delle nuove generazioni”. Queste affermazioni, ahimé, non colgono il nucleo profondo della questione: questi contratti sono la valvola di sfogo di imprese massacrate da tasse, burocrazia e vincoli. Non è sufficiente firmare un decreto legge che imponga il tempo indeterminato di 5.000 euro/mese per ciascun cittadino (ironicamente, ci immaginiamo la scena a dx). Occorre lasciare ai privati lo spazio per ricostruire un tessuto produttivo adeguato e, parallelamente, che si sviluppi una concorrenza tra imprese nell’aggiudicarsi i dipendenti con conseguente incremento dei loro salari.

Infine, la citazione dell' “economista francese Thomas Piketty [star della gauche statalista europea, che, come prevedeva] nel suo libro "Il Capitale nel Ventunesimo Secolo", sta emergendo una forma di capitalismo patrimoniale in cui la ricchezza di origine familiare influenza sempre più i destini dei figli”. L’obiettivo è chiaramente di “Perseguire un'inversione di rotta in questi spazi di azione delle politiche pubbliche [per creare] le condizioni per ridurre nuovamente le disuguaglianze economiche”; a fronte della richiesta di aumentare l’imposizione su patrimoni ed eredità, sarebbe stato interessante proporre parallelamente una riduzione del giogo fiscale su altri ambiti dell’economia. Nel documento, non se ne fa accenno.



2 - Povertà
Insieme al Forum Disuguaglianze e Diversità abbiamo pensato molto a come poter affrontare alcuni di questi nodi e abbiamo avanzato una serie di proposte per la giustizia sociale: dare al lavoro una voce ed un potere contrattuale più ampio; investire in lavori di qualità e in processi tecnologici che favoriscono il lavoro e non lo rimpiazzano; incentivare le nostre imprese ad essere più innovative e produttive, servendosi di manodopera specializzata coinvolgendo i lavoratori anche nelle decisioni strategiche; rinnovare la PA e curare l'ingresso di un numero sempre più alto di nuove leve; ridurre il fallimento educativo e assicurare a tutti livelli essenziali di istruzione, specie nelle aree marginalizzate”. In piena rivoluzione digitale e AI, Caritas propone davvero di investire “in processi tecnologici che favoriscono il lavoro e non lo rimpiazzano”? Intendete, ad esempio, rilanciare assunzioni per l'accensione manuale dei lampioni a gas? I nostri prodotti come competeranno con i paesi dove il costo del lavoro è molto più basso?

Inoltre, non una parola sul tema demografico. Il fatto che, anche grazie ad aborto&co, nel Mezzogiorno (o in città del Nord come Vercelli!) i lavoratori attivi siano meno che i pensionati, sembra non avere nessun impatto sull'aumento della povertà. Forse la difesa della famiglia e le posizioni pro-life non sono ammissibili nei circoli ideologici frequentati da Piketty e Biden? Occorre scegliere tra Dio e Mammona.



3 - Gioco d’azzardo
Il capitolo è ben strutturato e con dati interessanti.



4 - Violenza sulle donne
La definizione fornita dalla Convenzione di Istanbul riconosce la violenza di genere come una violazione dei diritti umani, collegata alla disuguaglianza storica tra i sessi.” "Storica", significa patriarcato, Cristianesimo e religioni? (perché allora aumentano le violenze sulle donne in concomitanza con la secolarizzazione della società?).

La soluzione è quella di negare le (belle ed affascinanti) differenze tra maschi e femmine invece di valorizzarle? Pare di sì: “Nei servizi educativi della prima infanzia e nella scuola primaria, ancora prima che nelle scuole medie, sono costantemente riprodotti stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell'essere donne e uomini. La scuola italiana continua a tramandare modelli di mascolinità e femminilità rigidi e anacronistici” (a dx, foto di Desmond Napoles, il bambino newyorkese drag queen dall'età di 10 anni).

La pornografia è citata solo di sfuggita, senza un'analisi critica. Poche menzioni sulla dissoluzione dei legami sociali, o sul narcisismo e il consumismo come matrici dell’abuso.



5 - Povertà energetica
La povertà energetica è quel fenomeno che interessa coloro che non possono usufruire di forniture adeguate e affidabili di energia elettrica e gas per indisponibilità di sufficienti risorse economiche. […] E una "nuova" povertà sulla quale pesano gli effetti della crisi climatica che ha creato nuovi rischi ambientali e sociali, che incrementano le disuguaglianze e producono nuove forme di povertà”.

La nostra partecipazione in guerra con la Russia non viene nemmeno messa in discussione (come invece ha provato a fare il perfido Trump) così come quella al New Green Deal, a cui fatalisticamente si accenna in relazione alle difficoltà relative alla “possibilità di accesso alle politiche per la transizione energetica”. Guerra e transizione sono i due elefanti nella stanza che vengono ignorati a favore, invece, della spiegazione a causa del cambiamento climatico. E sorgono alcune domande: (1) se il cambiamento climatico è davvero la causa principale, perché in Cina, Sudest asiatico e India milioni di persone continuano ad uscire dalla povertà? (2) Perché le regioni più fredde non traggono alcun beneficio dal minor costo del riscaldamento? Perché i nostri montanari soffrono di una "poverta energetica" oggi più forte di ieri?
Probabilmente perché il cambiamento climatico, ammesso che sia un fattore, non è comunque rilevante.

Continua il Rapporto: “I poveri sono anche coloro che, per effetto della riduzione progressiva delle risorse stanziate per i bonus (meno 1 miliardo tra il 2022 e il 2023), hanno ridotto più della media le spese per consumi energetici”. Si propone quindi “un insieme di misure di sostegno alla transizione ecologica, come sussidi per l'efficientamento energetico delle abitazioni, contributi per l'auto-produzione di energia da fonti rinnovabili, individuazione di spazi sociali con funzioni di aggregazione e allo stesso tempo di adattamento agli eventi climatici estremi, come per esempio i rifugi climatici [ndr: what?], e nei quali le persone si possono incontrare, scambiare conoscenze e condividere l'utilizzo dell'energia elettrica e termica”.

Anche in questo caso, il reale e le questioni più profonde, vengono accantonate a favore di una logica centralista che pretenderebbe di risolvere tutto a colpi di bonus; bonus di entità ridicola, che ormai riguardano tutto, forse pure le tombeAnche l’idea dei "rifugi climatici" è singolare: un’immagine apocalittica per descrivere servizi che esistono già, offerti normalmente da privati come bar, ristoranti e centri commerciali.



CONCLUSIONI

Il lavoro concreto di Caritas nel soccorrere i poveri è meritorio, spesso eroico. Allo stesso modo, non va mai smarrita la consapevolezza del legame che ci unisce in Cristo e nella Chiesa. Tuttavia si teme che il documento in discussione si riduca ad un’uscita simil-accademica con contenuti alla Landini o alla Toni-Negri-fuori-tempo-massimo, adatta tuttalpiù al palco del Primo Maggio (in copertina e in calce, per sorridere, riproponiamo il capolavoro di Elio).

Cara Caritas, suggerite ai poveri con cui siete in contatto di aprire un’attività in proprio: verranno massacrati da burocrazia e fisco. Se non per qualche multinazionale che riesce a strappare delle regolamentazioni di favore, “un'economia di mercato come quella in cui viviamo” semplicemente… non esiste.

Se i vostri riferimenti restano i politici di professione e gli accademici a stipendio pubblico, è inevitabile che i mezzi proposti siano quelli di intermediare l’aiuto ai poveri. E' per questo che i quotidiani cartacei che vivono di sussidi statali e comunitari, avvallano le vostre proposte. Volete che questi poveri diventino tecnici, professionisti, imprenditori, cittadini autonomi e responsabili? Oppure preferite mantenerli perennemente sussidiati (estorcendo denaro a chi ne è rimasto) a colpi di voucher, bonus e click day tanto simbolici quanto sterili e perversi? La soluzione è davvero quella di togliere “lo stigma sociale […] aggravato dalla criminalizzazione de facto delle strategie di sopravvivenza (occupazioni abusive, allacci illegali)”?

A queste persone va restituita la libertà che appartiene loro in quanto conferita da Dio con la creazione. Per questo, con tutta la stima e la gratitudine per il vostro servizio concreto, per terminare con un inglesismo logoro, let’s try to think outside the box! La vostra Fede e le vostre opere meritano di più di queste pubblicazioni.


* I virgolettati sono estratti dai documenti e si rintracciano agevolmente sui documenti originali con la funzione "cerca".




Gabriele
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