Nella
Newsletter precedente (N° 86) abbiamo pubblicato un’autorevole intervista a
mons. Filippo Iannone, ecclesiastico nominato dal 15 ottobre Prefetto del
Dicastero per i Vescovi, responsabilità coperta da Papa Leone XIV dal 30
gennaio 2023 fino alla sua elezione (8 maggio 2025). L’arcivescovo Filippo
Iannone, fino ad oggi è ancora Prefetto del Dicastero per i Testi Legislativi,
nominato da Papa Bergoglio il 15 aprile 2018.
Purtroppo,
un anno fa le dichiarazioni di mons, Iannone passarono inavvertite, sottobanco,
e la stampa una volta attenta a questa materia si trovava in un’altra fase
cognitiva. Ora che il canonista Iannone è salito alla ribalta per la nomina
ricevuta (Prefetto del Dicastero per i Vescovi) appare opportuno e interessante
leggere ancora questa intervista che allora, chiaramente, avvertita su
determinati fenomeni in corso nella Chiesa, poco trasparenti e insidiosi. Noi
lo facciamo ora tenendo lo sguardo fisso sul caso del prete sloveno Marko Ivan
Rupnik.
▄ Lo scandalo Rupnik: ferita sanguinante tuttora
Sulle dichiarazioni di
mons. Iannone moltissimi dei nostri lettori hanno scambiato con noi
riflessioni, domande e anche dubbi. Il quesito più frequente riguarda la
scomunica, la revoca della scomunica, i requisiti e i percorsi e perciò si va a
finire, inesorabilmente, nella vicenda dell’ex gesuita Marko Ivan Rupnik,
persona attualmente accusato per la seconda volta in un processo canonico.
Su di lui la Curia generalizia dei Gesuita, il 20 dicembre 2022, rivelò che nel mese di maggio 2020, nel primo processo canonico Rupnik venne scomunicato per aver dato l’assoluzione in confessione a una donna sua complice (sesto comandamento).
In concreto nel documento gesuita si legge:“Maggio 2020: La CDF (allora Congregazione per la Dottrina della Fede)
emette un decreto di scomunica; la scomunica viene revocata da un decreto della
CDF più tardi nello stesso mese.” (Fonte)
Due decreti
con la firma del card. Ladaria. Quindi, padre Rupnik nel giro di pochissimi
giorni fu scomunicato con un decreto e poi, questa scomunica, fu revoca con un
altro decreto. Due decreti a firma del Prefetto del Dicastero per la Dottrina
della Fede di allora, il gesuita cardinale Luis Ladaria, che ovviamente ha
avuto il consenso di Papa Francesco, o meglio ha eseguito la volontà del
Pontefice che è sempre intervenuto pesantemente nel processo cercando di
salvare il suo amico mosaicista, non poche volte anche suo consigliere.
Questi due decreti,
distanziati pochi giorni uno dall’altro, non esisterebbero senza l’approvazione
e richiesta di Papa Francesco. E’ impensabile che il Prefetto cardinale Luis
Ladaria possa aver cambiato di opinione di un momento all’altro dopo, secondo
indiscrezioni autorevoli di fonti vicine al dossier, aver chiesto da subito le dimissioni
dallo stato clericale del gesuita slovene
In questa conversazione
con Vatican News, quasi un anno fa, Mons. Iannone, risponde a domande precise in
cui non si cita il nome del prete sloveno Rupnik, ma il suo fantasma galleggia
dalla prima all’ultima parola. La stessa intervista del 19’ottobre 2024 non
avrebbe senso se non si capisse che era un modo di chiarire dubbi e perplessità
sulla vicenda del prete sloveno che circolavano con abbondanza e insistenza.
▄ Papa Francesco, a sorpresa, cambia di opinione
Insomma le principali
dichiarazioni di mons. Iannone si possono applicare perfettamente al caso Rupnik,
alla sua scomunica e alla sua successiva revoca. Queste parole del canonista possono
essere utili anche per capire la sentenza del secondo processo canonico in
corso per abusi di potere, coscienza e sessuale su numerose donne della
Comunità Loyola (oggi sciolta). Tempo fa, 2020, questo processo non sé stato
fatto perché i reati erano prescritti, e non si è neanche voluto da parte di
Papa Francesco, derogare a queste prescrizioni. Il Pontefice lo fece solo tre
anni dopo, il 27 ottobre 2023.
Il cambiamento di opinione
del Papa, inatteso, spiega il perché Francesco prima difende la prescrizione,
cosa che impedisce nel 2018 un processo canonico a Rupnik per gravissimi reati
sessuali, e poi invece (2023), ordina alla deroga di questa prescrizione
aprendo la strada al processo - tuttora in corso - che dovrebbe fare giustizia
a decine di donne abusate e umiliate per decenni. Non solo. Sono donne che per
quasi 30 anni sono state inascoltate da tutte le autorità più alte della
Chiesa. Per anni non hanno avuto neanche una misera risposte alle loro lettere
di denunce. In alcuni casi sono state screditate, dileggiate e offese.
Il
comunicato vaticano del 27 ottobre 2023 dice:
"Nel mese di settembre la Pontificia Commissione per la
Tutela dei Minori ha segnalato al Papa gravi problemi nella gestione del caso
di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime. Di conseguenza il
Santo Padre ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della Fede di esaminare il
caso e ha deciso di derogare alla prescrizione per consentire lo svolgimento di
un processo.”
Il testo della Sala stampa
vaticana concludeva così: “Il Papa è fermamente convinto che se c’è una cosa
che la Chiesa deve imparare dal Sinodo è ascoltare con attenzione e compassione
coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati dalla Chiesa.”
Intervista
con mons. Iannone
▄
Un sacerdote dimesso dallo stato clericale
non necessariamente è scomunicato.
Domanda: Un sacerdote dimesso dallo stato clericale è scomunicato?
Risposta di
mons. Iannone: No!
La tradizione canonica conosce due tipologie di pene applicabili a tutti i
fedeli, chierici e laici: le censure e le pene espiatorie. Tra le pene
espiatorie applicabili ad un chierico (diacono, sacerdote e vescovo) la più
grave e anche perpetua è la dimissione dallo stato clericale. Si applica, come
è facile dedurre, in presenza di reati di particolare gravità. Per dirlo in
termini più semplici il sacerdote dimesso dallo stato clericale non è
scomunicato, ma non potrà più esercitare il sacro ministero, mentre alle
condizioni di tutti gli altri fedeli potrà ricevere i sacramenti.
Commento. Stando così le cose al termine del processo canonico contro
Rupnik, se riconosciuto colpevole, la pena espiatoria massima che potrebbe
ricevere è la dimissione dallo stato clericale. Se “spretato” non è chiaro cosa
potrebbe succedere con un’eventuale seconda scomunica. Probabilmente non si
tornerà sulla questione.
Si parla, in parallelo, e
lo fecero capire gli stessi gesuiti, sulla possibilità di risarcimenti
economici alle vittime ma sino ad oggi nessuna fonte autorizzata ha confermato
l’indiscrezione. In concreto, il 26 marzo 2025 il delegato del Generale, padre
Johan Verschueren, in una lettera inviata alle vittime, manifesta l'intento di
avviare insieme a loro un percorso di riparazione, "orientato alla
guarigione delle ferite" causate "dall'operato di Marko Rupnik".
In questo contesto non del
tutto chiaro si parla anche di trattative con Rupnik, titolare dei copyright dei mosaici. Nella questione
dovrebbe essere coinvolto il Centro Aletti, quindi la diocesi di Roma.
▄ Rupnik nel maggio 2020 ha adempiuto tempestivamente
e seriamente
ai requisiti per ottenere che la scomunica
fosse
derogata in pochi giorni?
Domanda: Può spiegare come avviene l’eventuale remissione di una
scomunica? Ci sono procedimenti rapidi per questo? Quali soggetti vengono
coinvolti?
Risposta di
mons. Iannone: La
scomunica, che la legge canonica annovera tra le censure, è la pena con la
quale si priva il battezzato - che ha commesso un reato (tra questi:
profanazione dell’eucarestia, eresia, scisma, aborto, violazione del segreto
della confessione da parte del sacerdote) ed è contumace (cioè disobbediente) -
di alcuni beni spirituali, fino a quando cessi il suo permanere in questo stato
e sia assolto. I beni spirituali, o a questi annessi, dei quali la pena può
privare, sono quelli necessari per la vita cristiana, e cioè principalmente i
sacramenti. La scomunica ha una finalità strettamente “medicinale”, finalizzata
cioè al recupero, alla cura spirituale della persona colpita, perché pentito
possa di nuovo ricevere i beni di cui è stato privato (salus animarum suprema lex in Ecclesia - la salvezza delle anime è
la legge suprema nella Chiesa). Di conseguenza, per ottenere la remissione,
deve provare che tale finalità sia stata raggiunta. Non sono previsti termini
di tempo predeterminati. Il requisito necessario, pertanto, è che il soggetto
si sia veramente pentito del delitto e abbia dato adeguata riparazione allo
scandalo e al danno provocato o almeno abbia seriamente promesso di realizzare
tale riparazione. È ovvio che la valutazione di questa circostanza deve essere
fatta dall’autorità dalla quale dipende la remissione della pena, in spirito
pastorale, tenendo conto delle buone disposizioni del soggetto e dell’impatto
sociale che potrebbe avere tale decisione.
Commento. Se si leggono queste spiegazioni di mons. Iannone si deve
pensare che quando a Rupnik fu revocata la scomunica, in pochi giorni, il prete
aveva rispettato ‘intero e complesso percorso richiesto dalle leggi per
chiedere e ottenere la revoca della sua scomunica e l’assoluzione.
Ma, non si
sa niente. Nessuno ha mai detto nulla. Se di per sé una scomunica comminata per
un reato grave viene revocata nel giro di giorni è sorprendente. E’ ugualmente sorprendente
dover dubitare sul fatto che le norme o requisiti necessari per l’assoluzione
siano state rispettate e applicate.
Mons. Iannone precisa che
la “scomunica è la pena con la quale si priva il battezzato di alcuni beni
spirituali (principalmente i sacramenti), fino a quando cessi il suo permanere
in questo stato e sia assolto”. Dice ancora mons. Iannone che "la scomunica
ha una finalità strettamente “medicinale”, finalizzata cioè al recupero, alla
cura spirituale della persona colpita, perché pentito possa di nuovo ricevere i
beni di cui è stato privato (salus
animarum suprema lex in Ecclesia - la salvezza delle anime è la legge
suprema nella Chiesa).
Nel caso Rupnik, all’interno della sua parte più oscura,
nulla di quanto sottolinea il canonista appare chiaro e trasparente. Lo si vede
ancora meglio se si elencano i requisiti che Rupnik avrebbe dovuto rispettare
in pochi giorni per avere da Francesco la revoca e l’assoluzione:
a)
Per ottenere la remissione, lo scomunicato deve provare che il suo pentimento è
fuori dubbio e palese, cristallino.
b)
Pertanto l'autorità competente deve essere convinta che il soggetto si è
veramente pentito del delitto.
c)
Che il soggetto inoltre ha dato adeguata riparazione allo scandalo e al danno
provocato o almeno ha seriamente promesso di realizzare tale riparazione.
d)
L'autorità dalla quale dipende la remissione della pena, in spirito pastorale,
deve tenere conto delle buone disposizioni del soggetto e dell’impatto sociale
che potrebbe avere tale decisione.
Francamente a chiunque appare discutibile che nel maggio
2020, nell’arco di qualche giorno, sia accaduto tutto quanto abbiamo detto. Il
primo decreto era la sentenza dopo il processo, lungo, complesso e non facile.
Il secondo decreto invece è arrivato senza neanche il tempo minimo necessario
per espletare i requisiti di un pentito che chiede l’assoluzione.
Non
risulta a nessuno che Rupnik sia un pentito. Anzi le restrizioni che ha avuto
durante l’iter delle indagini sono state da lui disobbedite sistematicamente,
anche quelle minime.
E’ noto, che Rupnik non è stato mai collaborativo, non rese
mai una dichiarazione integrale e completa, non si presentò mai per essere interrogato
a fondo, le poche volte che spiegò qualcosa lo fece con mezze verità. Con la
sua condotta nel corso delle diversi indagini è stato il primo a far di tutto
per occultare le verità delle sue vicende.
I Gesuiti quando informarono che era stato espulso dalla
Compagnia denunciarono che il presbitero aveva disobbedito sistematicamente. C’è
da dire in più, è non una cosa qualsiasi, che non risulta che abbia chiesto
perdono alle vittime, alla Compagnia stessa; che abbia scritto alle vittime per
dare qualche spiegazione e tantomeno che abbia risarcito qualcuno. Eppure molte
delle vittime sono state operaie mite e silenziose nel montaggio dei mosaici in
centinaia di luoghi del mondo.
▄ Nel primo processo canonico contro Rupnik quali sacrifici,
con finalità
riparativa, sono state imposte a Rupnik?
Domanda: Potrebbe spiegare la differenza tra la scomunica e quelle che
vengono definite “pene espiatore”?
Risposta di
mons. Iannone: Oltre
alle censure di cui abbiamo parlato, la tradizione canonica conosce e prevede
un altro tipo di pene, chiamate espiatorie, le quali hanno per finalità
specifica l’espiazione del delitto. Di conseguenza, la loro remissione non è
solamente legata al pentimento o alla pertinacia del reo (cioè alla sua
ostinazione), ma principalmente al personale sacrificio vissuto con finalità
riparativa e di correzione. Esse comportano la privazione per un periodo di
tempo stabilito, indeterminato o perpetuo di alcuni diritti di cui il soggetto
godeva (per es. la proibizione di esercizio o la privazione di un ufficio o
incarico ricoperto), senza però impedirgli l’accesso ai beni spirituali, in
particolare ai sacramenti.
▄ Dopo la scomunica cosa fu richiesto da Rupnik
al Dicastero
per la Dottrina della Fede?
Domanda: Nelle ultime settimane, diversi articoli di stampa hanno
offerto varie interpretazioni riguardo le procedure canoniche relative ai
delitti riservati. Può spiegare quali sono queste procedure e come vengono
applicate?
Risposta di mons. Iannone: Stiamo parlando di delitti che per la loro gravità in materia di fede o di morale sono giudicati esclusivamente dal Dicastero per la Dottrina della Fede. La procedura seguita dal Dicastero può essere di due tipi: quella di natura cosiddetta “amministrativa” o quella giudiziale. Nel caso del processo amministrativo, una volta concluso il procedimento con il Decreto penale extragiudiziale, il condannato ha la possibilità di impugnare il provvedimento ricorrendo al Collegio dei Ricorsi, appositamente costituito presso lo stesso Dicastero. Il decreto di questo Collegio è definitivo. Nel caso di un processo giudiziale penale invece, dopo aver concluso i diversi gradi di giudizio, la sentenza passa in giudicato (res iudicata), quindi diventa esecutiva. In entrambi i casi, la persona condannata può chiedere la restitutio in integrum (cioè il ripristino della sua condizione originaria) sempre al Dicastero per la Dottrina della Fede. È anche possibile chiedere una revisione in forma di grazia; in questo caso, la procedura ordinariamente è espletata dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ma può essere anche affidata ad altri Organismi. Dato il carattere riservato di questo tipo di comunicazioni, è la Segreteria di Stato che provvede al coordinamento delle varie istanze e all’invio delle eventuali decisioni per l’esecuzione delle disposizioni adottate.
