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lunedì 18 agosto 2025

USA. "La coscienza pro-life si risveglia"

La battaglia per la vita continua.
Luigi C.

30-7-25, Informazione Cattolica,  Angelica La Rosa

GLI STATI UNITI RISCOPRONO IL VALORE DELLA VITA

La verità, anche quando viene ostacolata, soppressa o distorta, possiede una forza misteriosa e invincibile: prima o poi riaffiora, penetra le coscienze e si fa strada nella storia.
È ciò che sta accadendo oggi negli Stati Uniti, dove – a tre anni dalla storica sentenza Dobbs v. Jackson Women’s Health Organization, che ha rovesciato l’iniqua Roe v. Wade – il vento della cultura della vita torna a soffiare con forza crescente.
I dati recentemente pubblicati dal sondaggio dell’Associated Press e del National Opinion Research Center (NORC), insieme alle rilevazioni Gallup, segnano un punto di svolta nel dibattito sull’aborto: per la prima volta da decenni, la percentuale degli americani che si identificano come pro-life è in aumento significativo. Non si tratta di un fatto isolato o passeggero, ma di una tendenza costante che si consolida malgrado – o forse proprio a causa di – l’aggressiva campagna propagandistica e allarmistica portata avanti dai media progressisti e dalle lobby abortiste.
Il dottor Michael New, una delle voci più autorevoli del mondo pro-life americano, ha sottolineato con chiarezza che il sostegno all’aborto legale in scenari ritenuti fino a ieri “intoccabili” sta diminuendo.

Sempre più cittadini si dicono contrari all’aborto quando la gravidanza non è desiderata, e un numero crescente di uomini – storicamente più esitanti sul tema – sta abbracciando la causa pro-life con convinzione.

È un segnale potente: la società americana, al di là delle bolle mediatiche e delle pressioni ideologiche, sta lentamente ma decisamente riscoprendo il senso del giusto e dell’ingiusto, del lecito e dell’illecito, della vita e della morte.

La sentenza Dobbs, lungi dall’essere un disastro politico o un ritorno al “medioevo” – come spesso urlato dai media mainstream – ha rappresentato un atto di giustizia storica.

Ha rimesso nelle mani del popolo e dei legislatori statali una questione che non è mai stata diritto costituzionale, ma tragico abuso travestito da progresso. Ha restituito spazio al dibattito, ha tolto la maschera all’industria dell’aborto e ha permesso, in molti Stati, l’adozione di leggi più rispettose della dignità del concepito.

E oggi, tre anni dopo, il quadro che emerge è chiaro: l’onda lunga della Dobbs decision ha cominciato a cambiare non solo le leggi, ma soprattutto i cuori. Questo è ciò che più conta. Perché solo quando la verità si radica nel cuore di una nazione, può portare frutti duraturi.

Nonostante una campagna mediatica senza precedenti – che ha cercato in ogni modo di dipingere le leggi pro-life come “pericolose per la salute delle donne” – il movimento per la vita ha retto il colpo e ha continuato a crescere.

Questo dimostra quanto sia profonda la motivazione che lo anima: non è un semplice schieramento politico, ma una battaglia antropologica, etica, spirituale. È la difesa del più piccolo, del più debole, del più innocente. È il grido silenzioso ma implacabile di chi non può difendersi da solo.

Il fatto che molte cliniche Planned Parenthood abbiano chiuso negli ultimi mesi è un altro segnale di speranza: il gigante dell’aborto, alimentato da miliardi di dollari e protetto dalle élite progressiste, sta perdendo terreno. E non per caso: sta accadendo perché sempre più americani stanno aprendo gli occhi sulla realtà cruda e violenta dell’aborto.

Certo, i pro-life statunitensi sono ancora lontani dalla vittoria finale. Ma sono sulla strada giusta. La cultura della vita non ha mai promesso successi facili, ma ha sempre creduto nella forza della perseveranza.

I dati dei sondaggi indicano che il sentimento pro-life non è un riflesso condizionato, né una moda passeggera: è il frutto di anni di testimonianza, di educazione, di impegno generoso nei centri per la vita, nei consultori, nelle marce, nei dibattiti pubblici, nella politica, nella preghiera.

Il compito che aspetta i pro-life ora è duplice: da una parte, consolidare i risultati legislativi ottenuti dopo Dobbs, difendendoli dagli attacchi sempre più sofisticati delle lobby abortiste; dall’altra, intensificare lo sforzo culturale per far comprendere che ogni vita umana è un bene, che nessuna circostanza può giustificare la soppressione di un innocente, che la vera compassione non consiste nell’eliminare chi soffre, ma nell’accompagnarlo e proteggerlo.

Il fatto che oggi il 43% degli americani si identifichi come pro-life, e che il numero di coloro che giudicano l’aborto “moralmente sbagliato” stia crescendo, dimostra che la speranza non è un’illusione, ma una realtà possibile. Quando la verità incontra il cuore sincero, produce conversione. Quando la giustizia è sostenuta dalla ragione e dalla fede, non può essere sconfitta.

Siamo davanti a un’opportunità storica: far rinascere una civiltà della vita, cominciando da chi non ha voce. Non si tratta solo di cambiare leggi, ma di cambiare una mentalità. E questo richiede tempo, pazienza, coraggio e carità. Ma vale ogni sforzo, perché in gioco c’è il futuro dell’uomo, il futuro di una nazione, il futuro della civiltà.

La sentenza Dobbs non è stata la fine di una battaglia. È stato solo l’inizio. Perché la vita vince. Sempre.