Luci e ombre della nuova Messa pro custodia creationis.
QUI il video.
Luigi
4-8-25, Gaetano Masciullo
Questo articolo è stato pubblicato per The Remnant Newspaper, 12 luglio 2025.
Il 9 Luglio 2025, Papa Leone XIV ha celebrato la prima Messa pro custodia creationis, “per la custodia della Creazione”. Si tratta di un nuovo formulario e letture bibliche che il Sommo Pontefice ha ufficialmente approvato lo scorso 8 giugno con decreto del Dicastero per il culto divino a firma del cardinale Arthur Roche.
Formulario e letture in questione vanno ad aggiungersi alle Messe pro variis necessitatibus vel ad diversa (“per varie necessità o scopi diversi”) della forma ordinaria del Messale Romano, ovvero quei formulari liturgici pensati per celebrare la Messa in circostanze particolari e fuori dai tempi liturgici ordinari. Non si tratta, dunque, dell’istituzione di una giornata liturgica particolare dedicata alla custodia della Creazione, bensì di uno strumento flessibile che permette alla Chiesa di pregare e rispondere spiritualmente a quella che Leone ritiene essere un’esigenza del mondo contemporaneo.
Il contenuto del nuovo formulario
Il nuovo formulario liturgico approvato da Papa Leone XIV per la Messa pro custodia creationis non presenta, in se stesso, nulla di scandaloso. Non introduce dottrine nuove, elementi ambigui o contrari alla Fede cattolica, né si presenta come veicolo diretto dell’ideologia ambientalista. Si muove recuperando espressioni importanti circa il rapporto tra Dio e il creato, come pure l’uomo e la sua responsabilità verso di esso. È una Messa, in sostanza, che parla di Dio creatore e dell’uomo come custode, non come artefice né redentore del mondo.
La collecta richiama Cristo come “primogenito di ogni creatura” (Col 1,15), sottolineando che il mondo non esiste autonomamente, ma in dipendenza dal Logos. L’invocazione dello Spirito Santo come spiraculum vitæ richiama Genesi 2,7: il soffio vitale viene da Dio, non dall’equilibrio dell’ecosistema. La preghiera post communio è forse la parte più moderna nella formulazione, ma anch’essa cautamente ortodossa: l’attesa dei “nuovi cieli e nuova terra” è escatologicamente fondata (cfr. 2Pt 3,13), e il vivere “convenientemente” con tutte le creature può benissimo essere inteso in maniera tale da non evocare necessariamente Greta Thunberg.
Per quanto riguarda la scelta delle letture bibliche, interessante la scelta di Sapienza 13,1-9, una dura critica all’idolatria della natura e monito contro chi contempla la bellezza del creato senza saper risalire al Creatore. Colossesi 1,15-20 è uno dei testi più alti di “cristologia cosmica”: tutto è stato creato per mezzo di Cristo e in vista di Cristo. Infine, i brani di Vangelo proposti – il discorso sulla Provvidenza (Mt 6, 24-34) e il brano della tempesta sedata (Mt 8, 23-27) – sottolineano la signoria di Cristo su tutto il creato.
Certo, pur non essendo scandaloso in sè, questo formulario potrebbe prestarsi a manipolazioni ideologiche se inserito in un contesto pastorale inficiato da ambientalismo gnostico, visioni neomalthusiane, o retoriche anti-umane. Questo, tuttavia, non è un difetto del formulario in sé, ma un pericolo d’abuso. Come molte altre Messe pro variis, il pericolo è nell’intenzione soggettiva di chi celebra, non nell’oggettivo contenuto liturgico.
L’ecologismo e la Rivoluzione
Mentre Leone parlava della creazione in rapporto al peccato e alla Redenzione, molti curiali di formazione bergogliana strepitavano per conservare lo status quo dell’amministrazione precedente. La conferenza di presentazione del documento “Un appello per la giustizia climatica e la casa comune” (1° Luglio 2025), promossa da organismi episcopali del Sud globale, è indicativa della deriva ideologica che ancora affligge una parte consistente dell’attuale Curia vaticana. Il testo, presentato dai cardinali Jaime Spengler, Filipe Neri Ferrão e Fridolin Ambongo Besungu, insiste esclusivamente su concetti come conversione ecologica, imminente collasso climatico, debito ecologico, decrescita e urgenza della transizione energetica, trascurando completamente i fondamenti della fede cristiana: peccato originale, Redenzione, Grazia e conversione a Cristo. Abbiamo di fronte una visione naturalistica e secolarizzata, che svuota la fede del suo contenuto trascendente e la riduce a un’etica ambientale priva di riferimento al soprannaturale.
Per comprendere nella sua essenza l’ecologismo come fenomeno culturale contemporaneo, dobbiamo tenere a mente che esso è una tappa necessaria del processo storico rivoluzionario che l’umanità sta vivendo da circa cinque secoli. Consideriamo per un momento le cinque fasi della Rivoluzione. Riprendo brevemente ciò che spiegavo QUI.
Queste fasi sono cinque perché cinque sono i grandi sistemi di relazione che ogni individuo instaura con la realtà che è al di fuori di sè. A cominciare dal sistema più esterno per arrivare a quello più intimo, abbiamo la religione (relazione tra l’uomo e Dio), la politica (relazione di diritto e giustizia tra gli uomini), l’economia (relazione di scambio tra gli uomini), la società (relazione di ciascun uomo con il proprio prossimo e soprattutto con la famiglia), l’umanità (relazione di ciascun uomo con la propria natura). La civiltà cristiana aveva costruito cinque mura che proteggevano l’uomo secondo questi cinque sistemi di relazione. La Rivoluzione ha assediato partendo dal muro più esterno. I punti apicali di questi cinque assedi sono stati il protestantesimo (religione), il giacobinismo e il bonapartismo (politica), il marxismo (economia), il sessantottismo (società) e ora il transumanesimo (antropologia).
L’ambientalismo è da considerare come un momento interno e necessario della fase rivoluzionaria antropologica. La nuova visione dell’ambiente è, infatti, profondamente intrisa di gnosi. Lo gnostico vede nella materia qualcosa di intrinsecamente cattivo, ma, allo stesso tempo, qualcosa di divino. La divinità coincide con l’universo (panteismo), che racchiude in sè bene e male (dualismo). Da ciò nasce l’apparente paradosso dell’ecolatria, la divinizzazione dell’ecosistema.
L’ambiente diventa un dio impersonale ma spesso ostile, che impone sacrifici per mantenere il proprio equilibrio. Da questa mentalità scaturisce la retorica degli organismi internazionali: denatalità, spopolamento, e persino – nei casi più estremi – proposte di estinzione volontaria dell’umanità, la quale viene percepita come l’unico vero cancro del pianeta. L’intero spettro dell’ecologismo, da quello più moderato a quello più radicale, converge su una stessa soluzione: più Stato, meno libertà. Si colpiscono le famiglie, le piccole imprese, la proprietà privata, e si impongono nuove tasse e regolamentazioni in nome dell’ambiente.
Come in ogni fase della Rivoluzione, anche l’ambientalismo si fonda su un conflitto dialettico (non dimentichiamo che Hegel è il filosofo per eccellenza della Rivoluzione): stavolta non tra classi sociali, bensì tra l’uomo e la materia. E anche qui si pretende che ciò che è in basso trasformi ciò che è in alto. L’ordine del creato, che vede l’uomo al vertice in quanto essere razionale, viene rovesciato da una visione antispecista, che rifiuta ogni gerarchia naturale. È l’ennesima perversione concettuale e spirituale. L’ecologismo come ideologia e come prassi, però, è sono una fase verso il vero obiettivo, la vera rivoluzione antropologica, cioé la rifondazione stessa della natura dell’uomo (transumanesimo).
L’ecologia ha posto nella Teologia?
Alla domanda se l’ecologia abbia o meno un posto nella teologia cattolica, la risposta è sì, ma in modo subordinato e ordinato alla teologia della Creazione, del peccato e della Redenzione. La riflessione proposta da Papa Leone XIV nella sua prima omelia per la Messa pro custodia creationis si distingue proprio per questo: non parte dall’ideologia, ma dal Mistero di Cristo.
Nel denunciare “tanti disastri naturali” causati anche (non solo) dagli “eccessi dell’essere umano”, Papa Leone non cade nella retorica colpevolizzante dell’ambientalismo radicale. Non parla dell’uomo come di un cancro della terra, ma come di un peccatore bisognoso di conversione. La sua lettura è profondamente teologica: la crisi ecologica è una conseguenza della crisi morale, non il contrario. Non si tratta, dunque, tanto di ridurre le emissioni, quanto di riformare i cuori.
Nel commentare il Vangelo della tempesta sedata, il Pontefice sembra rifiutare profondamente il catastrofismo ecologista. L’umanità non è destinata all’estinzione, ma alla Redenzione. La speranza non è nelle tecnologie verdi né nei trattati climatici, ma in Gesù Cristo, Signore del creato. È Lui che domina i venti e il mare. È questa certezza che fonda una teologia del creato: la natura non è padrona dell’uomo, ma serva, e il Figlio di Dio è il suo Signore. Ogni visione che reintroduca un fatalismo cosmico è già, in sé, anti-cristiana.
Quando Papa Leone parla della “missione di custodire il creato” come parte della missione della Chiesa, egli non la riduce mai a una funzione tecnico-ambientale. La custodia è parte della vocazione dell’uomo rinnovato in Cristo: portare pace e riconciliazione, non semplicemente piantare alberi o ridurre rifiuti. Si tratta di ristabilire un ordine relazionale, spezzato dal peccato. Sembra, dunque, che il Papa parli di una custodia antropocentrica in senso cristiano, e quindi in definitiva cristocentrica, perché mette al centro l’uomo redento, trasfigurato a immagine dell’Uomo-Dio Gesù Cristo, e non l’ecosistema idolatrato. È l’esatto rovesciamento delle premesse ideologiche dell’ecologismo moderno.
Non meno importante è il riferimento del Papa al “potere distruttivo dei prìncipi di questo mondo”. In un’epoca in cui la religione ecologista viene usata proprio dalle élite tecnocratiche e sovranazionali per imporre nuovi paradigmi totalitari e maggiore tassazione e limitazioni al diritto naturale alla proprietà privata, il Pontefice osa porre la Chiesa in una posizione profetica e quasi di resistenza. L’ecologia cristiana che Leone intende proporre non è complice del potere, ma sua correttiva.
La chiave di volta di tutta l’omelia è nella frase finale: “Solo uno sguardo contemplativo può cambiare la nostra relazione con le cose create”. Qui si rivela la distanza abissale tra la teologia cristiana del creato e l’ambientalismo ideologico. La soluzione alla crisi ecologica non è politica, né tecnologica, ma religiosa: solo riconoscendo la bellezza della creazione corrotta ontologicamente dal peccato originale, il Creatore che la sostiene e che solo può redimerla, l’uomo può tornare a comprendere il proprio posto nel mondo e anche a custodire la Terra. Non il capitalismo, ma il peccato è il vero problema. E la sola vera conversione è quella a Cristo.
Gaetano Masciullo
